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Sentieri dell'odio
(Confine Urss-Ungheria, 1956)
Pianura verde a perdita d'occhio. Dopo tre
giorni di aereo, il treno è un sollievo per lo stomaco. La guardia di
frontiera ha studiato a lungo il salvacondotto e la faccia che gli stava
davanti. La doccia non ha lavato via l'odore. Puzzo ancora di foresta, come un
animale.
Ha dato un'occhiata al bagaglio e ha
trovato solo stracci. Erano ancora lì ad aspettarmi, nel sacco col nome,
quando sono arrivato alla base. Incredibile.
I russi mi hanno permesso di lavarmi
e rimpinzato a dovere. Poi mi hanno accompagnato a una stazione sperduta,
in mezzo al niente, con il biglietto del treno, un lasciapassare per la
frontiera e un augurio di buon viaggio.
Devo tornare in Jugoslavia e fare il
percorso a ritroso. Rientrare in Italia clandestino, come sono uscito. Mi
ripresenterò alla caserma di Bari recitando la parte dello smemorato. Come fece
Teo.
Teo. Quando gli racconterò cos'ho visto,
farà fatica a credermi.
E ai miei? Niente. Dirò che sono scappato
dal militare e sono rimasto imboscato per un po'.
Il treno riparte. Più mi avvicino a casa più
il cuore si fa leggero.
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