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Bologna, 13 maggio 2000, 19.45
p.m.
Rapido bilancio del rientro a casa: luce
accesa in bagno, latte fuori dal frigo, una sfilza di messaggi in segreteria.
La scrivania è impraticabile, il tavolo di
cucina sul punto di esplodere, stracolmo di pentole, stoviglie e alimenti vari.
Libero il divano da un paio di pantaloni e tento di sfogliare i resti del Millwall
brick di Vasquez.
Una rivista sconosciuta, La Rocca, trimestrale
della Comunità Montana n.2 dell'Appennino forlivese, n. 31, anno X, novembre
1999. Il genere di cosa che Vasquez ama tenere in libreria: tutti i giornali
dei cinque partiti bordighisti sparsi per l'Italia, il settimanale dei
vetero-comunisti di Ischia (con elogi di Stalin accanto alle pubblicità di
alberghi), l'Almanacco del Re Ubu, dell'Associazione Patafisica
Interplanetaria, una rivista patinata di feticisti del piede, quella
degli ufologi radicali…
L'errore peggiore, per il cliente, è farsi
affascinare da una di queste stranezze e acquistarla. Nel qual caso non potrà
sottrarsi ad almeno venti minuti di disquisizioni vasqueziane sull'argomento.
La Rocca. A meno che non lo distribuiscano gratis nelle zone d'origine,
quanti lettori potrebbe avere? Cinque? Tre? Io e Vasquez? Miracoli
dell'editoria italiana.
Bando alle ciance però, sfoglio le pagine
stropicciate in cerca del famoso articolo. Dieci pagine sul nuovo acquedotto,
cinque sulla liquirizia di Camaldoli, sei foto di un lupo avvistato al Passo
dei Mandrioli…
- Personaggi
Una straordinaria
avventura tra Romagna e Indocina
Fa piacere constatare che Vasquez non si è bevuto
il cervello: l'articolo esiste e il protagonista è davvero romagnolo. Non può
essere Vitaliano, questo è sicuro, lui stesso mi ha garantito di non aver mai
rilasciato interviste e di aver raccontato la sua storia a pochissime persone.
Comunque, esiste, non ho passato mesi a inseguire un fantasma, e adesso sono
indeciso: continuare a leggere, e rischiare di farmi catturare dall'ennesima
storia, o accontentarmi e lasciar perdere il resto.
Giuro che non farò altre ricerche. Del resto
Vitaliano l'ho incontrato per caso, quando ormai avevo rinunciato a trovarlo.
Basta così, me lo sono già detto, quanti altri potrei trovarne? E poi, detta
come va detta, la precedenza ce l'avrebbe Zozzi Attilio…
Paride Storti, il fantasma ha nome e cognome.
E un nome di battaglia, "Raf", perché confidava sempre nei lanci di
armi da parte della Royal Air Force.
Raf fu partigiano con Bulow, tra il febbraio
e l'agosto del '44.
Nell'immediato dopoguerra raggiunge il
fratello, residente a Nizza da sedici anni, per lavorare nella sua officina.
Diventa molto amico di un altro operaio, Tran Loan, un immigrato vietnamita di
idee comuniste. Nel '51, a venticinque anni, sposa la sorella di Loan, Tran
Nhai. Due anni dopo si ritroverà ad Hai Phong, Nord Vietnam. I genitori della
moglie sono in fin di vita e Paride non se l'è sentita di farla partire da
sola: in Vietnam c'è la guerra. Tran Loan entra nell'esercito di Liberazione
mentre i due sposi si occupano dell'organizzazione dei rifornimenti. Loan muore
nell'assedio di Dien Bien Phu. Nhai e Paride rientreranno in Italia due
anni prima dell'inizio ufficiale della seconda guerra d'Indocina, dopo un
fallimento come importatori di biciclette cinesi. Vivono tuttora a Montasio
(Fo).
Chiudo la rivista e cerco da bere in un
frigo desolante. Dietro a un fossile di insalata di riso, pesco una
bottiglietta di acqua tonica dimenticata lì in epoca giurassica. Infilo nel
lettore cd una raccolta dei Jesus
Lizard e rinfrescato dalla bibita e dalla chitarra torrenziale di Duane
Denison, mi metto sulle tracce dell'elenco del telefono, finito chissà come tra
i volumi dell'Encyclopaedia Britannica.
Eccolo qua: una pagina intera dell'elenco.
"la
sicurezza dell'uomo prima di tutto". Poi l'immagine di un omino
stilizzato, e infine: "Assicurazioni Trentani. Dal 1952". Una grande
sede a Bologna, una a Milano, più un'altra ventina in giro per l'Italia. Un
impero.
La ricerca dei vecchi appunti presi
all'Istituto Parri occupa una mezz'ora, ma ne vale la pena.
…gli avvocati [d'ufficio] di
Renato Tartarotti devono cercare di difendere una persona accusata di 48
omicidi, diversi di questi maturati in seguito a sevizie, oltre a 15 accuse per
maltrattamenti e percosse, 3 partecipazioni a rastrellamenti, vari arresti
arbitrari e 17 addebiti tra rapine, estorsioni e appropriazioni indebite. Una
marea di circostanziati capi d'accusa che induce i difensori alla remissività:
gli avvocati di Tartarotti si limitano ad appellarsi alla clemenza della corte.
"…torturavano i
patrioti con ferri da stiro bollenti mentre altri ballavano al suono di un
grammofono". Il padre del Polischi descrive [...] le sevizie orrende
cui fu sottoposto suo figlio dal Tartarotti prima di essere impiccato, fra
l'altro alla vittima furono spenti gli occhi a furia di punzecchiature.
"il teste che ebbe a condividere le sofferenze e la prigionia del cognato
narra [...] gli ultimi istanti del congiunto, percosso a sangue e gettato in
una carbonaia, dove rimase a languire per due giorni e per due notti senza che
nessuno si occupasse del suo lamento agonizzante".
…Nella Compagnia autonoma
speciale di Renato Tartarotti questi erano i metodi di tortura più frequenti
contro i prigionieri: "la vittima veniva percossa da sei o sette individui
e quindi stesa su un tavolaccio e colpita sulle piante dei piedi con leve di
ferro; quindi energumeni le saltavano addosso per passeggiarle sul corpo; lo
bruciacchiavano con i mozziconi delle sigarette o con carta accesa. Tartarotti
con una autentica bacchetta da direttore d'orchestra batteva il tempo, mentre
Trentani intimava ai disgraziati di parlare."
…La fucilazione [di
Tartarotti] avviene alle 6 del mattino da parte di un plotone di 12 uomini. Sul
luogo della condanna il servizio di vigilanza non è appariscente, per evitare
la presenza di persone non autorizzate e continua anche dopo l'esecuzione per
evitare ingiurie alla salma, che viene trasportata senza incidenti al cimitero.
E' il 2 ottobre '45.
Sette anni dopo Gabriele Trentani fonda il
suo impero.
La sicurezza dell'uomo prima di tutto.
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