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Sentieri dell'odio
(A sud)
Dopo i combattimenti a nord-est del fiume
Muan, ripiegammo ancora più a est, verso la frontiera col Vietnam, per poi
puntare a sud. Dovevamo tenerci a ridosso del confine, sperando che i
governativi non si spingessero fino là.
La pista era faticosa, stretta tra montagne,
dominate a nord dallo Xailaileng, alto duemilasettecento metri.
Avanzammo per un'ottantina di chilometri nella provincia di Bolikhamxay,
cavandocela con sporadici scontri a fuoco, che non intralciarono il cammino
della spedizione.
Le valli erano immerse nella vegetazione
tropicale e attraversate da moltissimi fiumi e immensi acquitrini. Non c'erano
strade, era una marcia lenta, sul terreno molliccio, sotto il peso
dell'equipaggiamento.
La regione era meravigliosa quanto
disabitata, per cui non potevamo contare sulle popolazioni indigene,
come nelle regioni più a nord. I villaggi contadini erano sempre stati
fondamentali: ci potevamo lasciare i feriti che avevano bisogno di soccorso e
sapevamo che qualcuno si sarebbe preso cura di loro finché non fossero stati in
grado di tornare a combattere. Ma da quel momento entravamo in una zona del
tutto estranea. Protetti dalla vegetazione ci addentrammo in una valle
incassata tra i dirupi.
Fu lì che all'alba del secondo giorno ci
attaccarono.
Ci sparavano addosso da entrambi i versanti.
In pochi istanti la colonna si disperse e ognuno dovette difendersi
come poteva. Ci rifugiammo in ogni buco, come topi, e limitammo le
perdite. Ma eravamo bloccati in quella gola. Avremmo dovuto aspettare rintanati
l'oscurità per tentare di filarcela. Per fortuna vennero in nostro aiuto altri
gruppi, che ci seguivano distanziati. Lasciati pochi uomini a difesa dei
portatori, si inerpicarono sui due lati della valle e impegnarono i governativi
per consentirci di passare. Li costrinsero a ripiegare solo dopo alcune ore di
combattimento.
Così passammo oltre, ma l'imboscata aveva
fiaccato il morale della truppa e sapevamo di andare incontro al peggio. Solo
poche settimane prima un nostro gruppo operante ai confini con la Cambogia, di
cui facevano parte anche sei amici italiani, era stato sterminato da un
bombardamento: la colonna dei rifornimenti che scortavano aveva riportato grosse
perdite.
Più scendevamo a sud più ci spingevamo
nell'area battuta dagli elicotteri provenienti dalle basi thailandesi. Un
bombardamento col napalm non avrebbe lasciato scampo a nessuno: l'area trattata
restava impraticabile per molte ore e l'atmosfera si surriscaldava fino a
raggiungere centinaia di gradi di calore, bruciando tutto l'ossigeno. Questo
significava che anche se ti fossi trovato a cento metri dal punto colpito,
saresti morto per soffocamento.
Sapevamo inoltre che nella parte meridionale
della provincia, a sud del fiume Nhuong, c'erano piste abbastanza larghe da
permettere il transito dei cingolati e delle autoblindo, armate di tre
mitragliatrici calibro 7.7 e di un cannoncino da 35 millimetri, capace di
colpire a più di un chilometro di distanza.
Era la zona del Napaē Pass, punto
strategico di transito tra il Vietnam e il Laos, presidiato in forze dai
governativi. La strada che dal passo scendeva verso ovest, tagliando la
regione, era l'ostacolo da superare. Forse il più difficile. Dal momento che
quel passo montano era il luogo ideale per il passaggio dei rifornimenti
comunisti, la strada era pattugliata da autocolonne cingolate e percorsa nei
due sensi a ranghi frazionati.
Non era facile scegliere il momento migliore
per passare e un attacco ai convogli rischiava di finire male, perché non
sapevamo come sarebbero stati frazionati e quando sarebbe giunto il successivo.
Di solito un'autoblindo faceva da battistrada. Dietro, ogni cento metri, seguiva
un cingolato munito di una mitragliatrice per lato e molti soldati protetti
dalle lamiere rinforzate.
Dopo l'imboscata subita pochi giorni prima,
i portatori erano terrorizzati all'idea di dover attraversare quella strada.
Proprio per questo Li decise di attaccare.
Per risollevare il morale della spedizione e dimostrare che i nemici erano
vulnerabili anche quando guidavano le autoblindo.
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