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Sentieri dell'odio
(Il convoglio)
Colonne blindate in transito continuo. Li ha
scrutato a lungo col binocolo l'andirivieni di automezzi e soldati, finché la
luce del giorno lo ha consentito. Magro, pallido, il viso trasmette la
sofferenza di un uomo sfinito. Non so quanto potrà andare avanti.
Eppure resta al suo posto, e attende paziente il momento di attaccare.
Appostati sul crinale che domina la strada
aspettiamo i suoi ordini.
Li ha scelto un punto vantaggioso per
l'imboscata: la strada si inerpica sulla montagna, costringendo i blindati a
usare le marce ridotte. Sul lato opposto al nostro c'è un precipizio, che
impedisce la ritirata. Il piano è isolare l'avanguardia, bloccando il
convoglio in due punti. Se fermiamo il primo automezzo e un secondo cinquecento
metri più indietro, possiamo spezzare la colonna e bersagliarne la testa con le
bombe a mano.
La notte trascorre gelida. I portatori
attraversano col favore dell'oscurità in un punto più a sud. Metà del gruppo
armato li accompagna, mentre noi restiamo indietro per l'attacco.
All'alba, Li divide parte della
truppa in gruppi di cinque uomini ogni cinquanta metri e tutti gli altri si
radunano nel punto di rottura della colonna blindata, dove l'impatto
sarà più forte.
Vengo assegnato a uno dei piccoli nuclei che
hanno il compito di annientare gli automezzi imbottigliati e poi convergere in
fretta sul punto di rottura a dare sostegno agli altri. Nel caso si mettesse
male, dobbiamo ripiegare verso nord-est, per far credere ai nemici che la
colonna di portatori sia là.
Li sceglie la mia squadra per colpire il corazzato
di testa e bloccarlo sulla strada.
Ci appostiamo.
Passa un'ora. Due.
Poi sentiamo lontano il rombo dei motori.
Avanzano lenti.
Il cuore batte veloce, fino a fare male, le
mani tremano, gola riarsa, infuocata. Vuoto la borraccia e riesco appena a calmare
la sete.
L'autoblinda viene avanti. Duecento metri.
Cento. Ottanta.
Fuoco.
Sparo un intero caricatore sulla feritoia
sopra il posto di guida, sbanda, le ruote sul ciglio del burrone, si ferma.
Ricarico veloce e sparo sulla ruota
anteriore destra per farla scoppiare. Nello stesso istante i compagni
lanciano le bombe a mano sulla colonna. La terra si frantuma sotto lo schianto.
Il fumo si dirada: l'autoblinda è capovolta,
come un pachiderma in agonia, le ruote sventrate girano a vuoto.
Urla strazianti.
Le bombe piovono sui cingolati, almeno la
metà sono fuori uso, gli altri ci cannoneggiano, i soldati si dispiegano lungo
la costa.
L'effetto sorpresa è finito, ci tirano
addosso.
Li ordina di ritirarsi verso nord-est. Da
qui non si passa più.
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