Premessa 2005
Quando nel corso di un'intervista per il New
Yorker dissi all'intervistatore (Mark Singer) che credevo che le storie
fossero oggetti trovati, come fossili nel terreno, rispose che non ci credeva.
Replicai che mi stava bene, l'importante era che ci credessi io.
Stephen King, On
Writing
Asce
di guerra non è un romanzo. E' il primo
dei nostri libri per cui abbiamo usato l'espressione
"oggetto narrativo" (a volte aggiungendo: "non
identificato"). E' anche il primo in cui abbiamo
inserito i "Titoli di coda".
Asce di guerraè per un
terzo l'autobiografia di Vitaliano Ravagli, per un terzo una miscela di fiction
e non-fiction (un personaggio immaginario in cerca di un personaggio
reale s'imbatte in storie vere) e per un terzo saggio (ancorché
"disinvolto") sulle guerre d'Indocina, sorta di reportage epico che
rimbalza continuamente tra Laos e Vietnam.
Non vi è alcun equilibrio fra queste tre parti, né vi è lo sforzo di produrre
una sintesi. Gli accostamenti sono eccessivi,
"strillati", il libro corre sempre il rischio di sfaldarsi e
sfarinarsi.
Asce di
guerra contiene alcune delle pagine peggiori che abbiamo mai scritto.
Asce di
guerra contiene alcune delle pagine migliori che abbiamo mai scritto.
Aliter
non fit liber, direbbe Marziale. Non è
altro che questo, un libro. Contiene tesori e schifezze.
Nella
seconda metà del 1999 eravamo al lavoro sul nostro secondo romanzo collettivo, 54.
Era la prima fase, quella della ricerca storica. Divoravamo
libri e materiali sugli anni Cinquanta, leggevamo i microfilm de L'Unità
e de Il Resto del Carlino alla Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna.
Una
sera il collega e amico Carlo Lucarelli ci invitò a
cena nella sua casa di Mordano. Parlammo dei rispettivi progetti. Carlo stava
scrivendo L'isola dell'angelo caduto, noi dicemmo
che eravamo in cerca di storie degli anni Cinquanta, storie poco note che
sfidassero i clichés su quel decennio.
- Qui a Imola c'è un tizio, si chiama Vitaliano Ravagli. Negli
anni Cinquanta è arrivato fino in Indocina, ha fatto
la guerriglia nella giungla. Ha scritto la sua storia in due libri e li ha
pubblicati a sue spese.
Ci
mostrò i libri di Ravagli, I sentieri dell'odio e Il prato degli uomini
spenti. Sfogliandoli, capimmo che dovevamo conoscerlo. Carlo si offrì di
organizzare l'incontro. Pensavamo fosse solo un buono spunto per una
sotto-trama di 54.
Qualche
giorno dopo, pranzammo con Ravagli in una pizzeria. Aveva sessantasei anni ed
era un grandissimo affabulatore. Ci rintronò di storie, aneddoti, invettive
condite di bestemmie. Una sua boutade avrebbe ispirato un personaggio di
54. Picchiettando sul tavolo con la punta dell'indice destro, esternò: -
Se il Sottoscritto avesse un bottone che lo spinge e sgancia un'atomica su
Washington, beh...
Vitaliano
era larger than life. Non potevamo infilare la
sua storia in 54, si sarebbe prodotta un'escrescenza, tutto il romanzo
ci sarebbe scappato di mano.
Decidemmo
di scrivere un libro a parte, insieme a Vitaliano.
Avremmo ri-narrato la sua storia, approfondendo i passaggi su cui era stato
frettoloso o reticente.
Fu così
che, da una costola del lavoro per 54, nacque Asce di guerra.
Poco tempo prima
avevamo conosciuto un editore milanese. Gli facemmo la proposta. Accettò.
Cominciammo a scrivere.
Intervistammo
a più riprese Vitaliano, che in pratica dettò i suoi
capitoli, rivedendone poi la stesura. Integrammo le trascrizioni
("sbobinature", le chiamavamo) con diversi passaggi dei suoi due
libri, modificati e arricchiti di dettagli.
Su
indicazione di Vitaliano intervistammo alcuni ex-partigiani dell'Imolese e del
Bolognese, per ricostruire il contesto in cui era
cresciuto il nostro nuovo amico. La "Resistenza
tradita", i regolamenti di conti del Dopoguerra, gli anni Cinquanta, lo
scelbismo. Ricerche utili anche per 54, la cui stesura
proseguiva.
Accanto
alla storia di Vitaliano facemmo scorrere un altro filone narrativo, più
"romanzato" e ancorato al presente. Sarebbe risultata
la parte più debole e discutibile del libro (ne parleremo nella postfazione).
Terminammo
il lavoro in un anno. Un battito di ciglia, per i nostri
standard produttivi. Asce di guerra uscì nel settembre 2000. Lo
portammo in giro per l'Italia, quaranta presentazioni in un Paese attraversato
da polemiche pre-elettorali sulla Resistenza, il "Triangolo della
morte", via Rasella, le foibe... Era l'inizio
dell'offensiva dei revisionisti d'accatto. Non c'era dubbio che il nostro libro
fosse in controtendenza.
La
prima tiratura andò molto bene, tanto che vi fu una ristampa. Nel frattempo,
però, con l'editore milanese si erano accumulati screzi, livori,
incomprensioni. Non ci piaceva il suo stile, a lui non
piaceva il nostro. Pazienza, troncammo il rapporto e chi s'è visto s'è visto.
Asce
di guerranon fu
più ristampato. I diritti tornarono agli autori, che ne proposero l'acquisto a Einaudi Stile Libero.
Con
tutti i suoi difetti, crediamo che questo "oggetto narrativo" meriti
di tornare in libreria. Nel frattempo, gli attacchi alla Resistenza (italiana e
non solo) si sono moltiplicati fino al parossismo. Leggende costruite da
"storici" di ultradestra manipolando
documenti e liste di caduti vengono "sdoganate" ogni giorno anche a
sinistra, prese per buone, commentate a cresta bassa. Una programmazione
televisiva da Min.Cul.Pop. batte la grancassa del "martirio" a opera dei "rossi", poi vai a controllare i nomi
delle vittime e trovi ufficiali nazisti, torturatori repubblichini,
collaborazionisti, delatori... E' tempo di reagire con forza. Anche su questo punto rimandiamo alla postfazione.
Vitaliano
ha avuto problemi di salute ma è ancora tra noi,
pronto ad attaccare tutti quei patacca, senza mai mandarla a dire.
L'oggetto
narrativo non identificato è di nuovo pronto al decollo. 5...4...3...2...1...
Certi uomini sono quello che i tempi richiedono. Si battono, a
volte muoiono, per cose che prima di tutto riguardano loro stessi. Compiono
scelte che il senno degli altri e il senno di poi
stringono nella morsa tra diffamazione ed epica di
stato. Scelte estreme, fatte a volte senza un chiaro perché,
per il senso dell'ingiustizia provata sulla pelle, per elementare e sacrosanta
volontà di riscatto.
La retorica degli
alzabandiera e la mitologia istituzionale offrono una versione postuma e
lineare della storia. Ma la linearità e l'agiografia
non servono a capire le cose. Le frasi fatte e le formule ripetute dai palchi,
come dai pulpiti, coprono la rabbia, lo sporco e la dinamite,
consegnando al presente quello che chiede.
Scavare nel cuore oscuro di
vicende dimenticate o mai raccontate è un oltraggio al presente.
Un atto spregiudicato e
volontario.
Le storie non sono che asce di guerra da disseppellire.
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