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Vitaliano Ravagli -Wu Ming
Asce di guerra

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  • SECONDA PARTE
    • 66 Tre fratelli, lo zio Ho e lo zio Sam (storia disinvolta delle guerre d'Indocina. Laos)
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Tre fratelli, lo zio Ho e lo zio Sam

(storia disinvolta delle guerre d'Indocina. Laos)

 

 

 

Anno cruciale, il 1958, iniziato con grandi speranze di pace, segnato dalle ingerenze americane per rovesciare il governo di coalizione e sovvertire la neutralità del paese, terminato con l'ascesa di una dittatura di destra.

I due ministri del Pathēt Lao, Sūphanuvong e Phūmī Vongvichit, lavorano bene, soprattutto rispetto alla sciatteria e corruzione di molti colleghi d'esecutivo. A gennaio l'esercito reale rioccupa Huaphan e Phongsālī senza colpo ferire, tutto si svolge con ordine e i funzionari del Pathēt Lao vengono integrati nell'amministrazione governativa.

Diverso l'atteggiamento delle forze armate, i cui vertici non desiderano l'integrazione degli ufficiali della guerriglia. Si temporeggia: due battaglioni dell'esercito popolare vengono confermati, uno a sud di Luang Prabang, l'altro nella Piana delle Giare, ma non integrati nella struttura di comando dell'esercito reale.

Anche il Pathēt Lao prende tempo: consegna al governo 5000 armi da fuoco, ma alcune tra le compagnie più importanti e meglio equipaggiate si ritirano in Vietnam, guidate dal solito Kaisôn Phomvihan. Non si sa mai. 

Oltre al clima di sospetto reciproco, c'è da sconfiggere lo scetticismo dell'amministrazione usa. Suvanna va in visita a Washington, dove spiega che "il Laos non può schierarsi coi nemici dei cinesi, per una mera questione geografica". Per tranquillizzare Eisenhower, afferma che il marxismo non potrà mettere radice in un paese buddista come il Laos, dove non esiste proletariato industrialec'è urgenza di una riforma agraria.

Non risulta persuasivo. Sono altre le assicurazioni di cui ha bisogno Washington. Perché continuare a spendere decine di milioni di dollari all'anno in un paese che non si schiera con noi nella guerra fredda? Chiamate i ragionieri!

Negli anni dal 1955 al 1958 gli Stati Uniti hanno dato al Laos più di 120 milioni di dollari. Questa pioggia di denaro ha creato un'artificiale atmosfera di prosperità tra le élites delle città: case di lusso, automobili americane, feste e ricevimenti, i figli che studiano nei collegi più prestigiosi d'Europa e Nord-America… Ben trenta milioni all'anno vengono assorbiti dall'esercito reale.

Solo una percentuale irrisoria degli "aiuti" americani è andata a migliorare le infrastrutture, l'industria rimane quasi inesistente, l'inflazione galoppa e il salario pro capite è di 4 dollari al mese. "Pro capite" significa che la media tiene conto dei ceti parassitari urbani. La maggior parte della popolazione guadagna molto meno.

Arrivano le elezioni supplementari del 4 maggio. Per la prima volta votano anche le donne. Il Pathēt Lao vince nove seggi su ventuno, più quattro che vanno ai suoi alleati pacifisti-neutralisti. Sūphanuvong è il candidato più votato in assoluto, e diviene presidente del parlamento. C'è forse qualcosa di cui il principe rosso non sia stato presidente?

Mentre i partiti di destra sono litigiose accozzaglie di arrivisti e parassiti, i cui programmi parlano solo alle classi benestanti che gozzovigliano coi soldi americani, il Pathēt Lao è forte nei villaggi rurali, ed è l'unico ad aver candidato donne ed esponenti di minoranze etniche. Inoltre ha il sostegno dei monaci buddisti. Votano per il Pathēt Lao persino molti soldati dell'esercito reale, senza stipendio da mesi perché i fondi vengono dirottati nelle tasche dei loro ufficiali.

Questa vittoria allarma gli Stati Uniti. E' ora di riorganizzare le forze anticomuniste: il 10 giugno nasce il Comitato per la Difesa degli interessi nazionali, sovvenzionato da Washington e appoggiato dal principe erede al trono Savāngvatthanā.

Negli stessi giorni gli Stati Uniti sospendono gli aiuti finanziari al Laos e la vendita di dollari alle banche laotiane. La crisi che ne consegue costringe alle dimissioni Suvanna Phūmā.

L'esperimento del governo di coalizione è durato appena otto mesi.

Il 18 agosto si forma il nuovo governo di destra, guidato da Phuy Xananikôn. La priorità, afferma esplicitamente il nuovo premier, è "combattere il comunismo". Addio neutralità: il Laos "può coesistere solo col Mondo Libero". Si stabiliscono relazioni diplomatiche col Vietnam del Sud e con Taiwan, ma non con l'Unione Sovietica, la Cina e la Repubblica Democratica del Vietnam. Tra i dipendenti statali, si licenzia in tronco chiunque sia sospettato di appoggiare il Pathēt Lao o esserne simpatizzante. Per condurre la caccia alle streghe nasce una nuova agenzia di intelligence, il Centro Nazionale di Documentazione.

 

 

 

Il 15 dicembre 1958 una pattuglia dell'esercito reale laotiano sconfina in Vietnam, nella zona smilitarizzata sul 16° parallelo. Forse è finita cercando di aggirare sul fianco una squadra di scorta ai convogli vietnamiti diretti a Sud. La squadra di Vitaliano?

La Repubblica Democratica del Vietnam protesta contro l'intrusione e manda un battaglione a presidiare la frontiera. Vitaliano: «Sappiamo che nella zona sono nascosti molti reparti del Vietminh, piazzati da Hanoi a controllare la frontiera, ma è difficile incontrarli

Phuy strumentalizza e gonfia l'episodio, parla di un concentramento di truppe comuniste lungo il confine, dichiara lo stato d'emergenza e imbavaglia ogni opposizione. In tutto il paese, ma soprattutto nel Phongsālī, numerosi militanti del Pathēt Lao vengono arrestati o uccisi. Centinaia di dirigenti si rifugiano nel Vietnam del Nord. Sūphanuvong resta a Vientiane, spera ancora di riuscire a organizzare l'opposizione, e vuole ritardare il più possibile una nuova entrata in clandestinità da parte del movimento.

Nel febbraio 1959 Phuy dichiara di aver assolto a tutti gli impegni previsti dagli Accordi di Ginevra, nessuno può più impedirgli di accettare aiuti militari stranieri, cioè statunitensi. Cina, URSS e Vietnam del Nord protestano e chiedono l'intervento della commissione internazionale di controllo. A marzo la polizia chiude il giornale del Pathēt Lao, Lao Hak Xāt. Sūphanuvong e altri tre dirigenti vengono messi agli arresti domiciliari. Nel frattempo il governo decide di "purgare" il clero buddista dai simpatizzanti della sinistra: tutta la corrispondenza interna al sangha (ordine monastico) dev'essere vagliata dal governo prima di essere inoltrata.

Il ministro della difesa Phūmī Nôsavan, "uomo forte" molto apprezzato dagli americani, decide di integrare e poi sciogliere i due battaglioni del Pathēt Lao di stanza nel Luang Prabang e nella Piana delle Giare. Ciascun battaglione conta circa 750 uomini. I soldati rifiutano l'integrazione. Phūmī dichiara che li circonderà e disarmerà con la forza. Il primo battaglione si arrende. Il secondo riesce a evitare l'accerchiamento e darsi alla macchia.

Riprende la guerra civile.

E Sūphanuvong?

Viene incarcerato il 17 luglio, assieme ad altri quattordici dirigenti del movimento. La leadership delle forze rivoluzionarie resta nelle mani di Kaisôn Phomvihan, la cui fuga in Vietnam in tempi non sospetti si è dimostrata un gesto di grande lungimiranza. Fidarsi è bene ma…

A ottobre il principe rosso è in prigione quando lo informano della morte del vecchio fratello Phetxarat.

Muore anche il vecchio re, e viene incoronato suo figlio Savāngvatthanā.

Un elemento di cui il regime non ha tenuto conto è il carisma di Sūphanuvong, che fa propaganda e proselitismo persino tra i secondini.

 

 

 

Il 24 dicembre, dopo aver diffuso la falsa notizia di un imminente attacco comunista a Vientiane, Phūmī Nôsavan fa occupare la capitale dall'esercito. In realtà è una sorta di "Marcia su Roma" laotiana: l'esercito circonda le residenze del re e del primo ministro. Il messaggio è chiaro: Phūmī vuole il potere per sé e per i suoi uomini. Una giunta militare. Il premier Phuy Xananikôn le dimissioni, re Savāngvatthanā sta per nominare Phūmī

… quando giungono proteste da parte dei governi di quasi tutti i paesi occidentali: un governo militare non sarà tollerato. Phūmī fa dietro-front, il re tira un sospiro di sollievo, ringrazia l'esercito e indice nuove elezioni, a cui potrà presentarsi anche ciò che rimane del Pathēt Lao.

Tatticamente, il movimento accetta di partecipare alla consultazione, ma intanto Kaison prosegue l'organizzazione della lotta armata. Anche se "a macchia di leopardo", le sue forze controllano già il 20% del paese.

Il 24 aprile 1960 la coalizione di destra vince le elezioni, ricorrendo a brogli, sabotaggi, intimidazioni. La regia è inconfondibilmente americana.

Phūmī Nôsavan rimane al ministero della difesa ma è di fatto il vero premier. Del primo ministro "ufficiale" pochi ricordano il nome.

"Processare pubblicamente Sūphanuvong e isuoi compagni", questa l'intenzione dichiarata del nuovo governo. Ma mentre i politicanti si spartiscono le poltrone, il principe rosso e altri quindici dirigenti, grazie alla complicità delle guardie convertite alla causa, evadono e fuggono nella giungla. Svaniti.

Quattro mesi e 500 chilometri dopo, ricompaiono a Xam Neua, quartier generale del Pathēt Lao. La loro marcia è uno degli episodi più incredibili della rivoluzione laotiana

 

 

 

La mattina dell'8 agosto 1960 tutti i ministri del nuovo governo si recano a Luang Prabang per essere ricevuti dal re. Mentre sono assenti, truppe del Secondo Battaglione Paracadutisti occupano Vientiane. Le comanda un capitano di 26 anni. Si chiama Kônglae.

Dopo il colpo di stato, Kônglae tiene un discorso in cui chiede la fine della "guerra fratricida", la destituzione di chi "è salito camminando sulle schiene del popolo", il ritorno del paese a una vera neutralità («Se siamo seduti  su una barca, dobbiamo stare seduti al centro») e la cessazione di ogni interferenza straniera. Un passaggio interessante del comizio è: «[…] aprire inchieste su comandanti e ufficiali dell'esercito le cui proprietà siano sproporzionate rispetto al salario».

Il 13 agosto, in un parlamento circondato dai parà e da una folla rumoreggiante, 49 deputati (su 51 presenti) tolgono la fiducia al governo e chiedono al re di dare l'incarico a Suvanna Phūmā.

Phūmī Nôsavan schiuma di rabbia: il dissenso gli è cresciuto sotto il culo senza che se ne accorgesse. Le truppe rimastegli fedeli occupano la città di Savannakhēt, nel sud del paese, decretano la legge marziale e insediano il quartier generale contro-golpista.

Intanto si forma il terzo governo presieduto da Suvanna Phūmā. Thailandia e Vietnam del Sud dichiarano l'embargo economico contro Vientiane. Da questi due paesi, aerei americani trasportano armi e munizioni verso Savannakhēt.

 

E il Pathēt Lao?

Sūphanuvong è ancora in marcia nella giungla, ma le vesciche ai piedi non gli impediscono di seguire ciò che accade a Vientiane. Il 24 agosto, la stazione radio del Pathēt Lao annuncia l'appoggio del movimento al governo di Suvanna Phouma. In cambio si chiede il cessate-il-fuoco, il rilascio dei prigionieri politici, la destituzione dei ministri compromessi con la destra e una chiara linea neutralista nelle relazioni internazionali. Suvanna invita una delegazione a Vientiane, per avviare i negoziati. In un'altra trasmissione, il Pathēt Lao comunica che non aggredirà le truppe neutraliste. Viene sancita un'alleanza di fatto contro la destra.

Nel frattempo gli Stati Uniti cercano di strangolare il governo, sospendendo di nuovo i finanziamenti. Tra gli eventi che li fanno uscire dai gangheri c'è l'entusiastica accoglienza riservata dai cittadini di Vientiane al nuovo (e primo) ambasciatore sovietico. Nonostante le pressioni americane, Suvanna si rifiuta di rompere le trattative col Pathēt Lao e avviarle con Phūmī e i fascisti di Savannakhēt.

 

A dicembre, le truppe fedeli a Phūmī muovono verso Vientiane. La loro superiorità militare è schiacciante. Il parlamento vota la sfiducia a Suvanna.

Il 9 dicembre Suvanna fugge in Cambogia coi suoi ministri e forma un governo in esilio. E' il secondo della sua vita. Quattro giorni dopo comincia la battaglia. Anche se i parà di Kônglae sono peggio armati e in inferiorità numerica, passano tre giorni prima che Phūmī riesca a espugnare la capitale. Ciò che rimane dell'esercito neutralista si ritira verso nord per unirsi alle forze del Pathēt Lao.

Nel gennaio del 1961 le truppe di Kaisôn e Kônglae occupano la Piana delle Giare, il miglior punto in cui ricevere rifornimenti cinesi e sovietici, per via aerea o attraverso il Vietnam del Nord. Per il momento si passa dalla guerra di guerriglia a strategie più tradizionali, con linee del fronte, retrovie e posizioni da mantenere.

Nei mesi che seguono la cia organizza e addestra il cosiddetto "esercito segreto", forza di guerriglia interamente composta da Hmong, comandato dal generale Vang Pao. La "guerra segreta" tra "Meo" e comunisti infurierà per tredici anni. Nemmeno con la proclamazione della Repubblica Democratica dei Popoli Lao (1975) gli scontri cesseranno del tutto.

 

D'ora in avanti la guerra civile in Laos si fonderà con la guerra in Vietnam. L'ex-Indocina francese sarà un unico teatro bellico.

Altri colpi di scena da qui fino alla presa di Vientiane da parte del Pathēt Lao: una mini-conferenza di Ginevra sul Laos, un secondo governo di coalizione, l'ennesima crisi politica, nuovi tentativi di colpo di stato, innumerevoli bombardamenti, l'occupazione della Piana delle Giare da parte del "Secret Army" di Vang Pao, un terzo governo di coalizione, l'insurrezione delle forze di sinistra dopo la caduta di Saigon, l'abdicazione del re Savāngvatthanā.

1975: Sūphanuvong presidente, Kaisôn primo ministro.

Suvanna Phūmā, benché ritiratosi dalla vita politica, resterà consigliere di stato nella Repubblica Democratica dei Popoli Lao. Passeggerà per le vie di Vientiane, completo bianco di lino, panama, bastone da passeggio e un fiore all'occhiello. Morirà nel 1984 all'età di 83 anni.

Sūphanuvong, il "compagno principe", l'irrequieto organizzatore, il presidente di tutto quanto e tutti quanti, l'uomo-simbolo della nazionemorirà nel gennaio 1995 all'età di 86 anni.

 

 

 

Da Il Manifesto di domenica 4 giugno 2000:

 

Hanoi interviene in Laos

 

Le forze armate del Vietnam stanno intervenendo in Laos, per aiutare il governo laotiano a venire a capo della guerriglia della minoranza Hmong. La notizia viene dall'agenzia France Presse che l'ha raccolta da diplomatici ocidentali [sic] a Vientiane, capitale del Laos. Alcuni testimoniano di aver visto veicoli militari con truppa e armi ai bordi della capitale. Ufficialmente il governo vietnamita afferma che tutto è calmo nel vicino (e alleato) Laos. Il sistegno [sic] militare vietnamita negli anni '70 e '80 aveva aiutato a eliminare i resti della guerriglia antyi-comunista [sic] reclutata dalla Cia tra l'etnia Hmong durante la guerra del Vietnam. Ora però l'Arrivo di armi di contrabbando attraverso la frontiera thailandese, finanziate dalla diaspora Hmong che aveva ottenuto asilo negli Stati Uniti, ha portato a una nuova escalation della ribellione. Le dimensioni della guerriglia sono difficili da stimare, dato lo stretto controllo sull'informazione imposto dal governo del Laos. Ma dopo l'esplosione di una bomba in un mercato di Vientiane domenica scorsa, anche le autorità hanno dovuto ammettere un problema di sicurezza interna.




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