Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Vitaliano Ravagli -Wu Ming
Asce di guerra

IntraText CT - Lettura del testo

  • SECONDA PARTE
    • 71 Bologna, 23 giugno 2000, h.11.50 pm
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

71

Bologna, 23 giugno 2000, h.11.50 pm

 

 

Sulla carta geografica, il Laos occupa lo stesso spazio della Romania. Nella memoria collettiva, se la gioca con Mauritania, Malawi e Belize per evitare l'estinzione.

L'unico luogo comune che lo riguarda è l'assenza di notizie.

Sulle riviste di viaggi non compare mai, non conosci nessuno che ci abbia messo piede, se ti concentri a fondo affiora il ricordo di un servizio in TV di Milena Gabanelli, ma potrebbe essere un sogno, partorito per sbaglio poco prima della sveglia. C'entrava la guerriglia, la droga o tutti e due?

Se il Vietnam è uscito dalla Storia, il Laos non ci è mai entrato. Nel '54 lo dichiararono neutrale, cioè di tutti e nessuno, ci si faceva la guerra ma non si poteva dire. Nel giro di un decennio, qualcuno scoprì il segreto di Pulcinella e il paese ottenne un minimo di considerazione internazionale, nelle parole di presidenti americani che negavano la presenza del loro esercito in quel territorio. Fu una stagione breve. I segreti di stato, a Washington, reggono una ventina d'anni, poi diventano di pubblico dominio. Non è stupido, lo zio Sam: dopo quattro lustri, anche le vicende più esplosive hanno le polveri bagnate.

 Oggi, il volume XXVIII sugli Affari Esteri del Governo americano, periodo '64 - '68, è dedicato al Laos. La cosa non fa più notizia. Nel venticinquesimo anniversario della presa di Saigon, si può evitare di parlarne. In fondo, il leader dei comunisti laotiani era un principe, mica Ho Chi Minh, mica Pol Pot. Non funziona come eroe e nemmeno come mostro. Il 12 gennaio '95, con tre giorni di ritardo, l'agenzia tedesca Reuters annunciò al mondo che il principe rosso Sūphanuvong era morto, all'età di ottantasei anni. Nessun giornale italiano riportò la notizia.

 

L'afasia si interrompe non appena accendo il computer, apro un motore di ricerca e digito la parola "Laos". Una valanga di indirizzi, classico risultato di una richiesta troppo generica.

Sulla guerra in Laos, ho già visitato tutti i siti esistenti. Il migliore è quello di Ervin "Dave" Davis, sergente americano in pensione, reduce della "Guerra Segreta" in Laos, ritratto di fianco alla carlinga di un aereo sotto il titolo "My war, My secret". Appena lo apri, sei tentato di lasciar perdere: la prima schermata mostra la bandiera del Regno del Laos "che ha sventolato con orgoglio fino al 1975", mentre dalle casse esce il rumore di un esplosione e una voce ti invita a ricordare, in inglese e in una lingua sconosciuta che dev'essere lao, quindi parte una musichetta bucolica di sapore orientale. Azzeri il volume e ti sforzi di proseguire. Alla fine, ne vale la pena.

La bandiera reale ritorna più volte durante l'esplorazione: tutta rossa, con triplice elefante bianco al centro. Il Pathēt Lao dev'essere l'unico partito comunista del mondo ad aver preso il potere ammainando bandiere rosse, per issare sulla capitale le stesse tinte del tricolore francese. Nello stemma nazionale invece, un cocktail strepitoso di realismo socialista e arcadia: falce e martello, stella rossa, boschi e risaie, ruota dentata, una strada, un fiume, una centrale elettrica e una miniera.

Tralasciando la parte sulla "Guerra Segreta", già rovistata in lungo e in largo, mi concentro sui dati recenti, appoggiando la manina alla scritta "Laos Today" e dirigendomi con un clic verso le pagine di VientianeTimes.com.

Gli intenti del curatore sono chiari da subito: aprire "la strada verso la democrazia" contro il regime comunista di Vientiane, ma in fondo, quello che più gli interessa è archiviare ogni genere di notizia riguardo al suo paese. Centinaia di link sull'argomento, elenco telefonico dei ministeri del governo laotiano, previsioni del tempo nella capitale e rassegna completa, giorno per giorno, di tutte le notizie con riferimenti al Laos comparse sulla stampa on-line di lingua inglese. Ore e ore di potenziale navigazione. So che la curiosità non mi lascerà scampo. Allungo il braccio verso un plico di fogli, pronto a prendere nota delle scoperte più interessanti.

 

1) E' più facile che un bimbo lao nasca all'estero piuttosto che nella terra d'elezione del suo popolo, dove vivono in media soltanto diciotto persone per chilometro quadrato. Nascendo in Laos, nove volte su cento morirà nel giro di poche ore. In caso contrario, potrà aspettarsi di vivere fino a cinquantaquattro anni, con poco più di 60 mila lire al mese, mettendo al mondo cinque figli, quattro dei quali si dedicheranno alla loro risaia, tre impareranno a leggere e scrivere, mentre almeno due vivranno sotto la soglia di povertà .

 

2) Il Laos è il terzo produttore mondiale di droghe illegali, primo per il numero di bombe sganciate sul suo territorio (ma durante una guerra che porta il nome di un altro paese), centocinquantaduesimo, pari merito con il Lesotho, nella classifica delle 202 nazionali di calcio iscritte alla fifa.

Il Partito Rivoluzionario dei Popoli Lao si vanta di essere il primo al mondo ad aver decentralizzato l'economia di un paese socialista, aprendosi piano piano al libero mercato (1986). Da queste parti, la perestrojka si chiama Chintanakaan may, Nuovo Pensiero, anche se la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale l'hanno ribattezzata Nuovo Meccanismo Economico, da quando se ne sono fatti carico, nell ‘89, imponendo al governo nuovi obiettivi in cambio di finanziamenti.

Gli oppositori del regime sostengono che, in realtà, solo i dirigenti politici traggono vantaggio dall'investimento estero e dalle privatizzazioni, mentre il resto della popolazione ha il divieto di frequentare stranieri e non può nemmeno permettersi la tassa di proprietà sul televisore.

Il Laos è anche uno dei paesi più poveri del mondo. Tuttavia le statistiche economiche non tengono conto del mercato nero e dell'agricoltura di sussistenza, le voci principali nel reddito delle famiglie laotiane.

Il primo turista occidentale ha varcato ufficialmente i confini del paese nel 1989.

 

3) Il Laos è il paradiso della biodiversità. Dal punto di vista botanico è uno dei paesi meno conosciuti del mondo, più della metà del suo territorio è coperto da foresta, mentre il 10% è protetto da legislazione nazionale.

Sarà un caso allora che numerose fondazioni e Organizzazioni Non Governative, finanziate da industrie farmaceutiche e alimentari, siano interessate a questa ricchezza?

La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile di Novartis, multinazionale dell'alimentazione e del biotech, ha dato vita nel '94 a due progetti pilota, con lo scopo di "testare le possibilità di uno sviluppo su scala nazionale dell'agricoltura estensiva".

L'agricoltura di sussistenza, infatti, viene giudicata arretrata, "volta a minimizzare i rischi piuttosto che a massimizzare la produzione", poco incisiva per l'economia nazionale, "vulnerabile e inadeguata per i bisogni di una popolazione sempre crescente", troppo gravosa per le risorse naturali, "tutto tranne che sostenibile".

Un'analisi ineccepibile, ma non vorrà dire che i piccolissimi proprietari laotiani, che oggi hanno almeno da mangiare, potrebbero domani trasformarsi in braccianti con un salario da fame? E che cosa succederà alle foreste del Laos? Pesticidi e fertilizzanti faranno meno danni del defoliante orange?

Novartis giudica positivi i risultati del progetto pilota, anche se lamenta una scarsa collaborazione da parte del governo. Nuovi aiuti verranno stanziati solo se "il Dipartimento per l'Agricoltura dimostrerà una maggiore capacità di persuasione". Alla faccia della democrazia

 

4) Il 26 Ottobre 1999, per la prima volta dal ‘75, studenti e professori dell'Università di Vientiane sono scesi in piazza con cartelli e striscioni per chiedere riforme. Non ricordo alcun giornale italiano che ne abbia parlato. La polizia ha represso il corteo con durezza e incarcerato almeno cinque persone. Il governo nega che ci sia mai stata una manifestazione. Amnesty International chiede dove siano finite quelle persone. Vientiane non risponde.

 

5) Joe Cummings è l'autore della guida Lonely Planet per il Laos, uscita nel ‘94 e vincitrice di numerosi premi. Conosce il lao e il thai e ha vissuto molti anni nella zona. Nel paragrafo "Dissenso", scrive che "non esistemovimento democratico' o estese voci di malcontento". Come motivazione, cita diversi fattori: l'emigrazione del 10% della popolazione dal '75 a oggi, la paura di finire in un samana (seminario, cioè campo di rieducazione), la fede buddista che fa superare qualsiasi difficoltà con un baw pen nyang! (non importa!), ma anche la soddisfazione per il più lungo periodo di pace nella storia del paese e per le recenti riforme economiche.

 

6) Le bombe sono ancora un problema, per il Laos. Quelle dei "terroristi Hmong" (o degli "oppositori", a seconda di chi fornisce la notizia) sono in grande aumento, mentre quelle della zona di Xiang Khuang, la Piana della Giare, non smettono di colpire almeno dieci persone ogni mese. Si tratta di bombe a grappolo, le stesse sganciate dalla nato nell'Adriatico. Sparpagliano su un'area di 5000 metri quadri una pioggia di bombette riempite a loro volta con palline d'acciaio. Servono a mutilare, non a uccidere, perché un soldato ferito è più gravoso per il nemico di uno morto. Di ritorno dai bombardamenti su Hanoi, gli aerei delle basi americane in Thailandia si liberavano qui degli ultimi ordigni, tra le enormi giare di terracotta che punteggiano la regione, portate qui chissà da chi, chissà perché…

 

7) Qualsiasi forma di potere, in Laos, è nata all'ombra di altre potenze: Thai, Khmer, Birmani, Siamesi, Annamiti, Francesi, Giapponesi

Il dilemma di oggi è tra l'egemonia economica thailandese e la dipendenza politica da Hanoi. Subito dopo il ‘75 qualunque prodotto thai era stato bandito. Oggi la Thailandia è di gran lunga il primo partner commerciale di Vientiane e ospita una comunità lao quattro volte più numerosa che sull'altra riva del Mekong. Le lingue dei due paesi sono tanto simili  che gli adolescenti laotiani, a forza di musica e tv thai, rischiano di dimenticare la propria. I due governi si sforzano di collaborare: per ridisegnare i confini contestati, combattere il narcotraffico, fugare il sospetto di un appoggio di Bangkok all'opposizione laotiana. Dal '94 il Ponte dell'Amicizia unisce le rive del Mekong. Costruito da ingegneri australiani è la prima frontiera aperta tra uno stato e l'altro. Tuttavia, già su orari e corsie per il transito c'è stato da litigare: in Thailandia si guida a sinistra, in Laos a destra. I contrabbandieri, invece, non hanno avuto esitazioni: colonne di auto thailandesi senza targa percorrono il ponte all'alba, dirette in Cina. Al tramonto, camion cinesi sfilano indisturbati in direzione opposta. Nel ‘91, con l'ingenua intermediazione dell'agenzia onu per i rifugiati, il Laos ha accettato di rimpatriare numerosi profughi dal territorio vicino. Passata la frontiera molti si sono ritrovati in prigione, mentre la polizia thailandese ha arrestato gli indecisi, rivendendoli al governo di Vientiane per alcuni milioni di bhat. La merce è stata stoccata in un qualche samana.

Al di di queste intese, l'equilibrio diplomatico resta precario. Per romperlo basta una pop star thai, Nicole Thierrault, che in diretta tv offende le donne lao per la loro sporcizia. L'affaire finisce subito nell'agenda dei Primi Ministri, diventa pretesto per colloqui bilaterali e minacce di morte raggiungono la cantante.

L'amico di sempre è invece il Vietnam, fin da quando il Laos si mise sotto la tutela di Hanoi, nel ‘77, e un anno dopo finì per rompere i rapporti con la Cina pur di appoggiare l'intervento militare vietnamita in Cambogia. L'esercito del Vietnam è tuttora presente in territorio laotiano, per dare man forte ai governativi contro la guerriglia Hmong. In cambio, ottiene facilitazioni doganali per i suoi prodotti, in concorrenza con quelli tailandesi.

L'allontanamento dalla Cina non è durato a lungo. Coi Vietnamiti impegnati in Cambogia, il Laos si è trovato solo, e i Thailandesi hanno alzato la testa. Il governo di Vientiane ha finito per cercare protezione a Pechino, dove nessuno ha voluto respingere l'atto di sottomissione di un antico vassallo del Celeste Impero.

 

8) Vecchio proverbio di età coloniale: "I Vietnamiti piantano il riso, i Cambogiani lo guardano crescere, i Laotiani lo raccolgono".

 

9) Un aspro dibattito riguarda il nome del paese e dei suoi abitanti. "Lao" contro "Laos" e "Lao" contro "Laotiani". I sostenitori di "Lao", affermano tra l'altro che "Laos" assomiglia molto, nella pronuncia americana, a louse (pidocchio). Un grave attentato alle sacre regole del politically correct. Inoltre, la "s" in fondo al nome sarebbe solo un retaggio del plurale francese, nell'espressione Territoire des Royaumes laos (Territorio dei Regni laotiani). Gli altri affermano che il termine compariva già in un dizionario portoghese pubblicato a Macao, che è normale chiamare un paese con nomi diversi in lingue diverse (come per Deutschland, Allemagne, Germany), che allora bisognerebbe dire Viang Chan invece di Vientiane

Che destino può avere un paese che ancora non riesce a imporre il proprio nome?

Probabile che i Lao, o Laotiani, alzerebbero le spalle: baw pen nyang, non importa

 





Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License