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Sentieri dell'odio
(La ragazza Ra-de)
Camminiamo da oltre dodici ore. Il confine
col Vietnam è molto vicino, a est, lungo la dorsale che ci sovrasta. Sappiamo
che nella zona sono nascosti molti reparti del Vietminh, piazzati da Hanoi a
controllare la frontiera, ma è difficile incontrarli. Gli abitanti dei villaggi
laotiani ne parlano con ammirazione. Da loro hanno imparato a scavare
grotte e cunicoli sotto le montagne, per difendersi e trasferirsi
nel sottosuolo, quando restare in superficie diventa troppo
rischioso. Le viscere della terra accolgono ospedali, piccole fabbriche di
manutenzione delle armi, magazzini per il cibo e persino scuole.
Al tramonto, arriviamo in vista di un
villaggio, avvolto da una folta boscaglia. Il luogo è nascosto e ben
protetto, ideale per una sosta. Resta da scoprire se sia abitato da gente
ostile.
Ci fermiamo a ridosso delle prime capanne,
pronti a ogni evenienza. Dopo qualche minuto un gruppo di uomini
dall'aria pacifica avanza verso di noi. Sono il chau meuang e i
suoi dignitari che vengono a darci il benvenuto. Il nostro comandante gli va
incontro e viene accolto con inchini riverenti, a mani giunte. «Doi Knoi»,
ripete più volte il capo villaggio. Possiamo stare tranquilli. Ci offrono del
cibo e alla sera danze, canti e tamburi festeggiano il nostro arrivo.
Al mattino seguente, prima che il caldo
umido diventi insopportabile, scendo verso il ruscello a lavare i vestiti e a
darmi una pulita. Lontano dagli sguardi dei bambini, mi spoglio e vado a
sdraiarmi dove l'acqua è più fonda. Sembra di non poter desiderare altro.
Invece, butto uno sguardo sulla riva e vedo una ragazza ra-de, bellissima, che
mi osserva curiosa. Cerco di coprirmi con le mani ma per tutta risposta lei
sfila il vestito, entra in acqua e viene a lavarsi con cura proprio di fianco a
me.
La osservo meglio. Capelli neri e occhi
verdi, lineamenti raffinati, labbra carnose, un seno rigonfio e prepotente.
Senza dubbio, la ragazza più bella che mi sia capitato di vedere.
Durante le soste, capita di ricevere
l'invito di una donna, spesso troppo giovane o troppo vecchia. Fino ad ora, non
ho mai approfittato di loro, ma adesso sono davvero confuso, incapace di
resistere all'impulso di afferrarla.
Mentre sto lì incantato, è lei a rompere gli
indugi, sdraiandosi su di me e abbracciandomi stretto. Anch'io la stringo,
forte, fino a sentire contro il petto i battiti veloci del suo cuore.
Allora mi accorgo di avere tra le braccia
una bambina impaurita e triste, di una bellezza terribile. Mi blocco, incapace
di seguire l'istinto. La prendo per mano, camminando verso riva. Ci rivestiamo
e restiamo abbracciati. Lei piange e mi accarezza il viso, io non smetto di
baciarla.
Il giorno dopo, riprende la marcia.
La ragazza ha ottenuto di accompagnarci, anche se dovrà restare nel gruppo dei
portatori. I compagni indigeni mi hanno raccontato qualcosa di lei: ha perduto
entrambi i genitori in un bombardamento, mentre i due fratelli maggiori sono
morti quattro anni fa, nella battaglia di Ban Mai.
Ma in guerra non c'è spazio per tenerezze.
Nei giorni seguenti il pensiero di lei mi distoglie da quello che devo
fare. Non riesco più a concentrarmi, mi distraggo con facilità, anche ad occhi
aperti la sogno nuda tra le braccia. I compagni capiscono e si
preoccupano. Una delle doti per cui mi stimano è la capacità di
avvertire i pericoli in anticipo. L'ho ereditata da mia madre, che è in grado
di sentire quando qualcuno della famiglia si trova in difficoltà. Allo stesso
modo, quando divento all'improvviso nervoso, agitato, significa che sta per
succedere qualcosa: un'imboscata, una zona minata, un serpente in agguato,
qualche brutta notizia. Il comandante sa che il mio grido «Up! Up! Go!»,
ha salvato la vita di tutti in più di un'occasione.
Per questo, un giorno mi si avvicina e dice:
«Tu sei un buon amico, sei arrivato da molto lontano per aiutarci e io invece
ti devo rendere triste. Ho mandato a casa la tua ragazza, questa notte, con
alcuni del villaggio. Tu non eri più attento come prima e lei è troppo
fragile.»
Non trattengo le lacrime, so bene che non la
rivedrò mai più. Come unica consolazione, penso che se fosse rimasta avrei
potuto perderla in un combattimento e non me lo sarei mai perdonato.
Il comandante ha ragione. Sono venuto in Laos
per fare una cosa, e devo farla al meglio.
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