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Vitaliano Ravagli -Wu Ming
Asce di guerra

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  • SECONDA PARTE
    • 75 Tre fratelli, lo zio Ho e lo zio Sam (Storia disinvolta delle guerre d'Indocina. Vietnam)
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75

Tre fratelli, lo zio Ho e lo zio Sam

(Storia disinvolta delle guerre d'Indocina. Vietnam)

 

 

 

Se proprio volete, fate pure, andate a combattere nelle giungle vietnamite. I francesi ci hanno combattuto per sette anni, ma alla fine hanno dovuto rinunciare. Forse voi americani potrete durare un po' più a lungo, ma alla fine dovrete rinunciare anche voi.

 

Nikita Krusciov , 1963

 

 

Il vecchio siede sull'uscio della capanna e studia le abitudini dei soldati. Ha molto tempo a disposizione, con la figlia in galera, il figlio al Nord e la terra confiscata. Dall'accampamento vicino al villaggio, la soldataglia viene a razziare e a tormentare gente che non ha nulla per difendersi. La necessità è madre dell'invenzione, e il Vietnam del sud è una gigantesca fucina dove qualunque oggetto può trovare un utilizzo inaspettato, diventare un'arma delle più temibili, o una trappola mortale. Grazie all'immaginazione di tutti, una moltitudine all'apparenza inerme può resistere alla più grande potenza militare mondiale.

Il vecchio vede che, appena rientrati all'accampamento, i soldati si tolgono le scarpe e camminano scalzi. Un giorno prende alcune manciate di fagioli e le mette a bagno nell'acqua. Quando sono molli, ci nasconde dentro degli aghi, poi li mette a seccare al sole.

Qualche tempo dopo, fingendo di volersi ingraziare gli ufficiali, porta un cesto di frutta all'accampamento e lascia cadere i fagioli tutt'intorno. I soldati li calpestano, gli aghi si rompono nella pelle indurita della pianta dei piedi. Nel clima vietnamita, le ferite s'infettano subito. La mattina seguente, ben pochi soldati sono in grado di camminare.

Ma il vecchio non è soddisfatto, pensa che può fare di meglio: cerca nella giungla un piccolo serpente velenoso, poi lo chiude in una bottiglia con acqua, sale e decine di aghi. Lascia l'animale a macerare, quindi infilza i fagioli con gli aghi avvelenati.

Dopo qualche giorno, un terzo della guarnigione è ricoverato in ospedale, e l'accampamento è senza difese. Il vecchio avvisa l'unità partigiana, ancora male armata e disorganizzata, che attacca di sorpresa e ottiene così la sua prima vittoria. Coi fucili mitragliatori conquistati in quell'azione, di battaglia in battaglia, i vietcong finiranno per sottrarre agli americani anche pezzi d'artiglieria.

Anni dopo, il vecchio dichiarerà a Madeleine Riffaud: «I nemici non sono forti come si crede. Per sconfiggerli basta riflettere e avere pazienza

Non è vero che la resistenza vietnamita non abbia una forza aerea. I contadini hanno sistemato intorno ai villaggi molti alveari di api selvatiche o enormi calabroni. Poche punture bastano per causare uno shock anafilattico, che nella giungla è letale. I vecchi ammaestrano le api: stando al riparo in una buca, battono sull'alveare con un bastone comandato da un sistema di corde. Le api, furibonde, escono dall'alveare alla ricerca dell'aggressore, ma fuori non c'è nessuno. I contadini continuano così per giorni e giorni, fino a fare impazzire gli insetti.

Viene il giorno della "prova generale": il contadino sacrifica un maiale, le api lo scambiano per l'aggressore e lo crivellano di punture.

Un giorno i soldati si avvicinano al villaggio. Il vecchio batte col bastone sull'alveare, e le api attaccano i soldati. E' una morte dolorosissima. Quelli che non cadono subito scappano in tutte le direzioni senza guardarsi intorno. E' così che trovano le trappole.

Trappole. I dintorni dei villaggi ne sono pieni, e anche le risaie. Nei fossi o in buche perfettamente mimetizzate, sono infissi pioli di legno o di bambù, spesso avvelenati. Un'altra trappola trapassa il piede che vi si poggia sopra, poco importa se il malcapitato porta gli anfibi. Ne esistono decine di "modelli". Nel luglio 1964 si svolge addirittura un congresso dedicato a trappole e tagliole, con scambio delle invenzioni e decorazioni ai delegati delle popolazioni più ingegnose (soprattutto, quelle del Delta del Mekong e della provincia di Saigon).

C'è il "batticarne", una tavola irta di frecce che piomba a picco sul sentiero dall'alto del fogliame.

Carri pieni di pietre investono i sentieri quando si inciampa in una liana identica alle altre.

Tutti insieme, archi puntati sul solo punto praticabile di un passaggio nella giungla scoccano una decina di frecce avvelenate. Basta un piccolo graffio e si è morti.

Spesso vengono minati i corpi dei feriti nemici, per far saltare in aria i soccorritori.

La maggior parte dei soldati americani non vedrà mai un solo vietcong vivo per l'intero corso della guerra. "Charlie" è sottoterra.

I tunnel non sono solo rifugi o passaggi d'emergenza: sono veri e propri vilaggi nascosti, con tanto di infermerie, tipografie, dormitori. Spesso gli accampamenti americani sono esattamente sopra quelli dei vietcong.

Quando gli americani se ne rendono conto, formano squadre speciali chiamate "tunnel rats", che hanno il compito di esplorare le gallerie sotterranee. Generalmente, vengono decimati da trappole e mine, segnalate da oggetti e messaggi per loro indecifrabili. A volte i vietcong li attendono dietro pareti finte, e all'improvviso li trafiggono con frecce o picche. A volte, come nel caso delle api assassine, le trappole sono vive: enormi ratti affamati, scorpioni, rettili… «Un buco, il più scuro in cui fossi mai stato. Per un attimo pensai d'essere impazzito, perché il buco si muoveva, si stringeva intorno a me, e quando illuminai le pareti scoprii che era un enorme groviglio di serpenti… Tutto l'ambiente, le pareti, il soffittoera tutta una massa nera di serpenti

Cifre e statistiche alla mano: ogni vietcong ucciso costa agli USA dai 250.000 ai 325.000 dollari. Ogni americano ucciso costa ai vietcong 27 centesimi di dollaro.

In città, la resistenza è altrettanto invisibile e insidiosa. "Charlie" è ovunque, tutta la popolazione partecipa in qualche modo alla guerra partigiana: vecchi, donne, bambini preparano i diversivi, si fanno assumere dagli americani come interpreti, fattorini, segretari, pushers di fiducia, e intanto raccolgono informazioni per passarle alla guerriglia, sabotano, intralciano, boicottano. Spesso un americano resta sgomento nel riconoscere il suo fedele braccio destro nel vietcong appena caduto in uno scontro a fuoco.

E così aumentano i controlli di polizia: se ogni vietnamita è un potenziale vietcong, gli americani si comportano di conseguenza, perquisendo e maltrattando chiunque, creando sempre più diffidenza e risentimento anche in chi non appoggiava la resistenza. Se il rivoluzionario, come diceva Mao, deve muoversi "come un pesce nell'acqua", gli americani non stanno separando il pesce dall'acqua, bensì, come dicono i vietcong, "trasformano l'acqua in pesci".

Le donne sono fondamentali: sia in città sia in campagna reggono sulle spalle buona parte del peso logistico. Altrettanto spesso, svolgono delicate funzioni militari. Le chiamano "l'esercito degli chignons", per via della tradizionale crocchia di capelli neri.

Quando il regime sud-vietnamita, per colmare i vuoti delle diserzioni, ricorre alla precettazione forzata dei giovani di Saigon, una folla di donne si sdraia di fronte ai convogli, a volte addirittura li assalta, prende prigioniero qualche soldato sud-vietnamita e poi parlamenta: «Se non liberate i nostri figli, ci terremo i vostri soldati.» Un'altra volta, occupano una caserma tenendo in braccio i loro bimbi: «Dovete ridarci i nostri mariti e fratelli! Ci servono braccia per il raccolto! Non possiamo andare avanti senza di loro!» Minacciano il comandante: se non libera gli uomini rastrellati, resteranno coi bambini che piangono e urlano a squarciagola, forando i timpani dei soldati.

Quando le arrestano, le donne vengono torturate come e peggio degli uomini. Eppure nessuna parla.

Nell'acqua in cui nuotano i vietcong, gli americani possono solo affogare.

 





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