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Tre fratelli, lo zio Ho e lo zio Sam
(Storia disinvolta delle guerre
d'Indocina. Vietnam)
Se proprio volete, fate
pure, andate a combattere nelle giungle vietnamite. I francesi ci hanno
combattuto per sette anni, ma alla fine hanno dovuto rinunciare. Forse voi
americani potrete durare un po' più a lungo, ma alla fine dovrete rinunciare
anche voi.
Nikita Krusciov , 1963
Il vecchio siede sull'uscio della capanna e
studia le abitudini dei soldati. Ha molto tempo a disposizione, con la figlia
in galera, il figlio al Nord e la terra confiscata. Dall'accampamento vicino al
villaggio, la soldataglia viene a razziare e a tormentare gente che non ha
nulla per difendersi. La necessità è madre dell'invenzione, e il Vietnam del
sud è una gigantesca fucina dove qualunque oggetto può trovare un utilizzo
inaspettato, diventare un'arma delle più temibili, o una trappola mortale.
Grazie all'immaginazione di tutti, una moltitudine all'apparenza inerme può
resistere alla più grande potenza militare mondiale.
Il vecchio vede che, appena rientrati
all'accampamento, i soldati si tolgono le scarpe e camminano scalzi. Un giorno
prende alcune manciate di fagioli e le mette a bagno nell'acqua. Quando sono
molli, ci nasconde dentro degli aghi, poi li mette a seccare al sole.
Qualche tempo dopo, fingendo di volersi
ingraziare gli ufficiali, porta un cesto di frutta all'accampamento e lascia
cadere i fagioli tutt'intorno. I soldati li calpestano, gli aghi si rompono
nella pelle indurita della pianta dei piedi. Nel clima vietnamita, le ferite
s'infettano subito. La mattina seguente, ben pochi soldati sono in grado di
camminare.
Ma il vecchio non è soddisfatto, pensa che
può fare di meglio: cerca nella giungla un piccolo serpente velenoso, poi lo
chiude in una bottiglia con acqua, sale e decine di aghi. Lascia l'animale a
macerare, quindi infilza i fagioli con gli aghi avvelenati.
Dopo qualche giorno, un terzo della
guarnigione è ricoverato in ospedale, e l'accampamento è senza difese. Il
vecchio avvisa l'unità partigiana, ancora male armata e disorganizzata, che
attacca di sorpresa e ottiene così la sua prima vittoria. Coi fucili
mitragliatori conquistati in quell'azione, di battaglia in battaglia, i
vietcong finiranno per sottrarre agli americani anche pezzi d'artiglieria.
Anni dopo, il vecchio dichiarerà a Madeleine
Riffaud: «I nemici non sono forti come si crede. Per sconfiggerli basta
riflettere e avere pazienza.»
Non è vero che la resistenza vietnamita non
abbia una forza aerea. I contadini hanno sistemato intorno ai villaggi molti
alveari di api selvatiche o enormi calabroni. Poche punture bastano per causare
uno shock anafilattico, che nella giungla è letale. I vecchi ammaestrano le
api: stando al riparo in una buca, battono sull'alveare con un bastone
comandato da un sistema di corde. Le api, furibonde, escono dall'alveare alla
ricerca dell'aggressore, ma fuori non c'è nessuno. I contadini continuano così
per giorni e giorni, fino a fare impazzire gli insetti.
Viene il giorno della "prova
generale": il contadino sacrifica un maiale, le api lo scambiano per
l'aggressore e lo crivellano di punture.
Un giorno i soldati si avvicinano al
villaggio. Il vecchio batte col bastone sull'alveare, e le api attaccano i
soldati. E' una morte dolorosissima. Quelli che non cadono subito scappano in
tutte le direzioni senza guardarsi intorno. E' così che trovano le trappole.
Trappole. I dintorni dei villaggi ne sono
pieni, e anche le risaie. Nei fossi o in buche perfettamente mimetizzate, sono infissi
pioli di legno o di bambù, spesso avvelenati. Un'altra trappola trapassa il
piede che vi si poggia sopra, poco importa se il malcapitato porta gli anfibi.
Ne esistono decine di "modelli". Nel luglio 1964 si svolge
addirittura un congresso dedicato a trappole e tagliole, con scambio delle
invenzioni e decorazioni ai delegati delle popolazioni più ingegnose
(soprattutto, quelle del Delta del Mekong e della provincia di Saigon).
C'è il "batticarne", una tavola
irta di frecce che piomba a picco sul sentiero dall'alto del fogliame.
Carri pieni di pietre investono i sentieri
quando si inciampa in una liana identica alle altre.
Tutti insieme, archi puntati sul solo punto
praticabile di un passaggio nella giungla scoccano una decina di frecce
avvelenate. Basta un piccolo graffio e si è morti.
Spesso vengono minati i corpi dei feriti
nemici, per far saltare in aria i soccorritori.
La maggior parte dei soldati americani non
vedrà mai un solo vietcong vivo per l'intero corso della guerra.
"Charlie" è sottoterra.
I tunnel non sono solo rifugi o passaggi
d'emergenza: sono veri e propri vilaggi nascosti, con tanto di infermerie,
tipografie, dormitori. Spesso gli accampamenti americani sono esattamente
sopra quelli dei vietcong.
Quando gli americani se ne rendono conto,
formano squadre speciali chiamate "tunnel rats", che hanno il compito
di esplorare le gallerie sotterranee. Generalmente, vengono decimati da
trappole e mine, segnalate da oggetti e messaggi per loro indecifrabili. A
volte i vietcong li attendono dietro pareti finte, e all'improvviso li
trafiggono con frecce o picche. A volte, come nel caso delle api assassine, le
trappole sono vive: enormi ratti affamati, scorpioni, rettili… «Un buco, il più
scuro in cui fossi mai stato. Per un attimo pensai d'essere impazzito, perché
il buco si muoveva, si stringeva intorno a me, e quando illuminai le
pareti scoprii che era un enorme groviglio di serpenti… Tutto l'ambiente, le
pareti, il soffitto… era tutta una massa nera di serpenti.»
Cifre e statistiche alla mano: ogni vietcong
ucciso costa agli USA dai 250.000 ai 325.000 dollari. Ogni americano ucciso
costa ai vietcong 27 centesimi di dollaro.
In città, la resistenza è altrettanto
invisibile e insidiosa. "Charlie" è ovunque, tutta la popolazione
partecipa in qualche modo alla guerra partigiana: vecchi, donne, bambini
preparano i diversivi, si fanno assumere dagli americani come interpreti,
fattorini, segretari, pushers di fiducia, e intanto raccolgono
informazioni per passarle alla guerriglia, sabotano, intralciano, boicottano.
Spesso un americano resta sgomento nel riconoscere il suo fedele braccio destro
nel vietcong appena caduto in uno scontro a fuoco.
E così aumentano i controlli di polizia: se
ogni vietnamita è un potenziale vietcong, gli americani si comportano di
conseguenza, perquisendo e maltrattando chiunque, creando sempre più diffidenza
e risentimento anche in chi non appoggiava la resistenza. Se il rivoluzionario,
come diceva Mao, deve muoversi "come un pesce nell'acqua", gli
americani non stanno separando il pesce dall'acqua, bensì, come dicono i
vietcong, "trasformano l'acqua in pesci".
Le donne sono fondamentali: sia in città sia
in campagna reggono sulle spalle buona parte del peso logistico. Altrettanto
spesso, svolgono delicate funzioni militari. Le chiamano "l'esercito degli
chignons", per via della tradizionale crocchia di capelli neri.
Quando il regime sud-vietnamita, per colmare
i vuoti delle diserzioni, ricorre alla precettazione forzata dei giovani di
Saigon, una folla di donne si sdraia di fronte ai convogli, a volte addirittura
li assalta, prende prigioniero qualche soldato sud-vietnamita e poi parlamenta:
«Se non liberate i nostri figli, ci terremo i vostri soldati.» Un'altra volta,
occupano una caserma tenendo in braccio i loro bimbi: «Dovete ridarci i nostri
mariti e fratelli! Ci servono braccia per il raccolto! Non possiamo andare
avanti senza di loro!» Minacciano il comandante: se non libera gli uomini
rastrellati, resteranno lì coi bambini che piangono e urlano a squarciagola,
forando i timpani dei soldati.
Quando le arrestano, le donne vengono
torturate come e peggio degli uomini. Eppure nessuna parla.
Nell'acqua in cui nuotano i vietcong, gli
americani possono solo affogare.
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