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Aeroporto di Punta Raisi, 18 gennaio
2000, 6.00 p.m.
La sala d'aspetto non è affollata.
C'è una signora grassa seduta di fronte a
me. Pesca pezzetti di pane da un sacchetto di carta e si porta le dita unte
alla bocca. Ha un cappello ridicolo, talmente appariscente da suggerire la
follia. Nessuno guarda.
Due file oltre, un uomo di mezza età legge Il
Giornale di Sicilia. L'aria del manager o del parlamentare.
Una giovane madre con il figlio neonato
attaccato al biberon.
Due poliziotti passeggiano svogliati.
Un tizio con gli occhiali neri a goccia che
sembra la caricatura del mafioso.
Due bambini si rincorrono ridendo.
Ho sete.
I piedi bruciano dentro le scarpe, i capelli
continuano a ricadere sulla fronte.
Come se non dormissi da giorni, e sono
partito soltanto stamattina.
La cicciona ha finito il panino, il rumore
del sacchetto accartocciato rimbomba nella sala.
Qualcuno si decide a voltarsi.
Domani devo telefonare a Kadisha e dirle come
stanno le cose. Questo è quello che passerei volentieri a un altro. Ma sotto di
me ci sono solo i passacarte dello studio.
No, tocca a me.
Dirle che sono arrivato tardi. Che Said
ormai è lontano e chissà quando lo rivedrà.
La faccia stolta del questurino era peggio
di una promessa tradita. Diceva già tutto.
Ore infinite e inutili. Occhi assenti di
custodi svaccati. Sguardi vacui a spiare il tuo inevitabile fallimento. E
carta. Montagne di carta insufficiente. Tutta la fortuna racchiusa in carta
bollata e fototessere da carcerato.
«Le ripeto che c'è stato uno sbaglio, la
questura di Bologna non ha trasmesso i documenti a Trapani. Li ho qui io».
Poi le sbarre. Non ci farai mai l'abitudine.
Centinaia, migliaia di sbarre. E dentro, ancora sguardi ottusi, di animali
fottuti. Poi, quando si sparge la voce che sei un avvocato, ognuno si avvicina
per mendicare aiuto, urlare qualcosa, darti una lettera, un biglietto.
«Noi applichiamo le direttive della
questura, dottore. Non è che ci possiamo inventare le cose… In teoria i
documenti possono andare bene, ma senza il nulla osta della questura di
Trapani, non si può fare niente. Per di più Murcabèlsaìd risulta
recidivo…»
«Senta, questa persona ha moglie e un figlio
a Bologna, e le cause a suo carico sono ancora in corso. Non c'è nessuna
condanna. Lei capisce che se lo mandate via…»
«Avvocato, non è competenza mia. Lo volete
capire o no? Non è che le posso fare una cortesia perché lei è lei, le pare?»
Cinque ore. Per scoprire che era già
partito. Rispedito trentasei ore fa.
Sono arrivato tardi.
Tanti saluti a Said Moukharbel.
Una hostess senza sorriso si posiziona al
cancello d'imbarco.
Chiamano il volo per Bologna.
Il mare. Luci di pescherecci in lontananza.
Mentre l'antiemetico fa effetto, guardo fuori dall'oblò. Il sonno scende sugli
occhi. Due aerei in un giorno sono troppo per uno che soffre di mal d'aria fin
da bambino.
Non ero mai stato in Sicilia e venirci così
non è quello che mi sarei aspettato.
Domattina chiamare Kadisha. Dirle che il
marito è scomparso su un aereo per la Tunisia, non si sa cosa ne sarà di lui.
Merda.
Dovrei andarci di persona. Che ne sarà di
lei e di Nidal? Sembra già tanto averli inseriti al centro di accoglienza. Che
schifo.
Le telefono, meglio una telefonata. Magari
parlo con i responsabili del servizio.
Non so cosa dirle.
Un legale senza parole. Bel paradosso.
Complimenti, avvocato Zani, ottima prestazione. Ti sei perso l'assistito in
giro per l'Italia, l'hai trovato, ma troppo tardi. Rimpatriato senza che
potessi muovere un dito.
Che cazzo di avvocato sei? Qui, su questo
aereo, ti arrovelli su come affrontare una donna sola, con un figlio, in un
paese straniero e zero prospettive.
Non mi riesce nemmeno di ricordare l'inizio di
questa storia. Eppure c'è stato. La telefonata di Meco. Quanto tempo fa?
«Senti, Daniele, c'è uno dei magrebini
denunciati per l'occupazione che ha bisogno di un avvocato.»
Eccolo il principio. L'anticamera di questo
bel fallimento.
Sono stanco. Mi fumano i coglioni.
Devo dormirci sopra. Forse domani sarà tutto
passato.
No, domani c'è Kadisha. Ho sbagliato
mestiere?
Merda. Non mi infognerò più in niente di
simile.
Vaffanculo tutti.
Voglio prendermi le ferie, qualche giorno da
mia madre, a rimpinzarmi e dormire fino a mezzogiorno. Svuotare la testa,
pensare a tutt'altro.
Vaffanculo tutto.
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