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Storia di Soviet (1948-50)
Dai rapporti del Maresciallo dei
Carabinieri Gavino Garau:
«L'anno millenovecentoquarantotto, addì 21
del mese di settembre, alle ore 9,15
in questo ufficio stazione dei Carabinieri di
Castelfiorino, Legione di Bologna, io sottoscritto Garau Gavino, Maresciallo,
riferisco a chi di dovere quanto segue: alle ore 19,30 del 20 settembre 1948,
ignoti nascondevano una bomba dietro una cassapanca posta nella canonica della
chiesa SS. Pietro e Paolo, località Ca' del Rovere, frazione di Castelfiorino,
provincia di Bologna. Trattavasi di un tubo di latta di cm. 30 di lunghezza e
10 di diametro circa, riempito con chiodi e polvere da sparo, chiuso alle due
estremità. Accesa la miccia, gli ignoti si allontanavano senza che nessuno li
vedesse. Pochi minuti dopo, entravano in canonica don Gelindo Fantini, classe
1894, parroco di Ca' del Rovere, unitamente a Pancaldi Alfredo, classe 1939 […],
chierichetto, e Ferlini Dolores, classe 1930 […], bracciante agricola, giunta
allo scopo di confessarsi. Proprio in quel momento l'ordigno scoppiava,
mandando in frantumi la cassapanca, cosicché schegge di legno ferivano al
braccio destro il parroco e la
Ferlini al volto. Il piccolo Pancaldi veniva raggiunto alla
gola da un legno accuminato, e moriva soffocato prima che gli si potesse
prestare soccorso. Interrogati dal sottoscritto, i vicini affermavano di non
aver visto allontanarsi nessuno, in quanto che all'ora della detonazione era
già buio [...]»
«L'anno millenovecentoquarantotto, addì 3
del mese di ottobre, alle ore 10,40
in questo ufficio stazione dei Carabinieri di
Castelfiorino, Legione di Bologna, io sottoscritto Garau Gavino, Maresciallo, riferisco
a chi di dovere quanto segue: [...] il confidente G.A. informa che subito
all'indomani dell'atto criminoso tale Golinelli Francesco, classe 1912 […],
falegname e comunista di nota indole violenta e dubbia condotta morale
(separato dalla moglie, convive con altra donna), si esprimeva di fronte a
diversi testimoni, davanti alla di lui bottega, meravigliandosi che l'ordigno
avesse causato "meno danni di quanto ci si poteva aspettare". Il G.A.
riferisce altresì che il giorno prima dell'esplosione tale Beltrami Gerardo,
classe 1921 […], disoccupato, si presentava alla canonica di Ca' del Rovere e
chiedeva al parroco un catechismo, la qual cosa è sufficentemente strana in
quanto il Beltrami non è conosciuto come persona devota e anzi ha notorie
frequentazioni tra i comunisti [...]»
«L'anno millenovecentoquarantanove, addì 20
del mese di gennaio, alle ore 18,00
in questo ufficio stazione dei Carabinieri di
Castelfiorino, Legione di Bologna, io sottoscritto Garau Gavino, Maresciallo,
riferisco a chi di dovere quanto segue: [...] alla data odierna il
sottoscritto, accompagnato dal brigadiere Santoro Raffaele e dall'appuntato
Annichiarico Pietro, eseguiva personalmente il fermo di Golinelli Francesco
[...] e Beltrami Gerardo [...]. Entrambi i fermati sono di provata fede
comunista. Dopo lungo interrogatorio presso questa stazione, il Beltrami
confessava: di aver avuto parte nell'attentato dinamitardo del 20/9/1948,
visitando la canonica con un pretesto per stabilire dove posare l'ordigno; che
detto attentato aveva matrice politica atta a punire don Gelindo in quanto
ritenuto "spia delle Brigate Nere"; che l'ordigno era stato nascosto
e acceso dal Golinelli; che la bomba era stata preparata da un terzo complice,
Zani Sergio detto "Soviet", classe 1919 [...]. Già ribelle nelle
cosiddette "brigate Garibaldi", poi sindacalista dei braccianti, il
detto Zani è ben noto al sottoscritto, in quanto negli ultimi due anni si
distingueva nell'organizzazione di scioperi e comizi non autorizzati. Sempre a
detta del reo confesso Beltrami, era il Zani la "mente" dell'atto
criminoso. Il sottoscritto trasmetteva l'ordine di arresto del Zani, che però
risulterebbe contumace già dall'8 gennaio ultimo scorso. Dopo l'interrogatorio,
svoltosi in altra stanza, anche il Golinelli confermava [...]»
Dalla ritrattazione di Gerardo Beltrami,
resa al tenente Alberto Rizzi della stazione carabinieri di Castelfiorino in
data 16 marzo 1949:
«Ritratto la confessione resa al maresciallo
Garau il 20 gennaio ultimo scorso, in quanto non veritiera ed estortami per
mezzo di violenze e torture vere e proprie. Dopo avermi denudato e legato i
polsi dietro la schiena, dapprima il maresciallo Garau mi fece sdraiare di
pancia sul pavimento e mi percosse a lungo le gambe e le piante dei piedi
con un bastone nodoso, poi mi fece inginocchiare e mi costrinse a indossare una
maschera del tipo "anti-gas", con un lungo tubo al posto del filtro.
Il tubo terminava in un secchio contenente una soluzione di acqua e sale
canale, che serve a purgare i cavalli. Costretto a respirare e ingurgitare la
purga, in breve provai una forte nausea e intensi dolori allo stomaco. Per
tutto il tempo di quest'operazione, il Garau mi esortava a confessarmi
bombarolo e assassino, e a "fare i nomi" dei miei
"complici". In particolare, insisteva perché nominassi Zani Sergio
detto "Soviet". Al mio rifiuto di coinvolgere tale persona, che mi è
amica e che ha combattuto per la libertà del Paese contro i fascisti e
meritandosi anche la medaglia d'argento, il Garau mi puntò una rivoltella alla
tempia e mi disse che mi avrebbe ucciso se non avessi nominato Soviet, ché
tanto avere "un bolscevico di meno" sarebbe stato comunque un bel
guadagno. Alla fine cedetti. Garau mi costrinse anche a dichiarare di essermi
recato in canonica il giorno precedente all'esplosione, la qual cosa è del
tutto falsa in quanto non sono credente e non vado a messa da quando ho fatto
la cresima [...]»
Dalla ritrattazione di Francesco
Golinelli, resa al tenente Alberto Rizzi della stazione carabinieri di
Castelfiorino in data 16 marzo 1949:
«[...] ad opera di Garau, subii inaudite
sevizie: strappamento dei peli dello scroto, sputi in bocca, percosse con un
bastone nodoso, riportando lesioni al braccio e alla gamba e fuoriuscita di
sangue dalle orecchie. Le lesioni furono accertate dal dottor Argentesi [...]»
Dal memoriale del tenente Alberto Rizzi
sulla condotta del suo diretto sottoposto maresciallo Gavino Garau, consegnato
al Comando Generale dell'Arma in data 2 luglio 1949:
«[...] sotto la direzione di Malagodi (un
grosso agrario del luogo) e di Pettenati (segretario della Democrazia
Cristiana), Garau eseguiva spedizioni nella campagna di pretto stile fascista
[...] Nella primavera del corrente anno vi fu nella zona lo sciopero dei
braccianti. Un giorno il Malagodi, dopo aver criticato la debolezza delle
Autorità di Pubblica Sicurezza che non agivano con forza contro gli agitatori,
mi accennò che ci sarebbe stata sì una maniera per mandarli in galera, e quella
maniera sarebbe stata quella di far rinvenire una bomba nel fieno di qualche
agrario. Ritenendo che egli scherzasse, risposi sorridendo che il trucco
sarebbe stato troppo ingenuo, ed egli allora mi disse che la cosa era più
facile di quanto io non credessi e di averne anzi già parlato col mio
maresciallo, vale a dire Garau, il quale a sua volta aveva già trovato
l'individuo adatto per collocare l'ordigno. Ne chiesi ragione a Garau, il quale
mi fece credere che si era parlato della cosa col Malagodi soltanto a titolo
accademico. Ma il 14 maggio verso sera, a Manzolino, un libero lavoratore,
mentre falciava il fieno, rinveniva infissa nel terreno una carica esplosiva di
ignota natura. Immancabilmente Garau gridò allo scandalo e segnalò il rinvenimento
a tutte le Autorità superiori, dopodiché iniziò i primi fermi, tra cui quello
del Sindaco di Castelfiorino e di tutta la sua famiglia, del segretario del
Partito comunista, dei dirigenti della Camera del lavoro, nonché di altre
persone sospette e invise agli agrari e a Garau, al quale non sembrava neppur
vero di poter così sfogare tanti suoi personali rancori [...]» (pagg.114-115
copia)
Dall'ordinanza di trasferimento del
tenente Alberto Rizzi, trasmessa dalla Legione carabinieri di Bologna alla stazione
di Castelfiorino, in data 11 novembre 1949:
«[...] poiché è manifesta l'incompatibilità
ambientale [...] in quanto ingenerava sfiducia nell'Arma pregiudicandone la
credibilità, diffondendo sospetti su un proprio sottoposto e inimicizie verso
lo stesso tra gli stessi Carabinieri in servizio presso la stazione, nonché
commentando tali presunti fatti con noti attivisti di forze politiche
dell'opposizione e mettendosi a disposizione dell'Autorità giudiziaria
scavalcando le vie gerarchiche, senza chiedere il permesso al Comando Generale
dell'Arma [...] poiché inadempieva al proprio dovere di capitano di tenenza,
tralasciando di ricercare un latitante sospettato di efferato delitto [...]
dieci giorni di arresti di rigore, al termine dei quali verrà trasferito alla
stazione carabinieri di Strongoli, provincia di Catanzaro [...]»
Dal Giornale dell'Emilia del 16
febbraio 1950:
Castelfiorino, raccapricciante episodio
Ex-sindacalista
aggredisce e massacra ufficiale dei Carabinieri
Era sospettato della strage di Ca' del
Rovere - La bomba uccise un chierichetto di 9 anni
Castelfiorino. Ieri pomeriggio, sotto gli
occhi di una folla inorridita, il Maresciallo dei Carabinieri Gavino Garau - di
anni 42, originario di Oristano - veniva aggredito e picchiato a morte da
Sergio Zani, di anni 30, ex-sindacalista residente a Castelfiorino ma da tempo
latitante.
Zani era ricercato dalla giustizia per il
vile attentato di due anni fa, quando una bomba era esplosa nella chiesa di Ca'
del Rovere uccidendo il chierichetto Alfredo Pancaldi, di appena 9 anni, e
ferendo il parroco e una parrocchiana. Garau si era distinto nelle indagini,
risalendo in poco tempo agli esecutori materiali dell'attentato, Francesco
Golinelli e Gerardo Beltrami, attualmente in carcere a Modena e in attesa del
processo. Beltrami e Golinelli avevano confessato, facendo anche il nome di
Zani, in luogo meglio noto come "Soviet" per via della sua militanza
comunista. Zani, sposato e padre di due figli piccoli, era sfuggito all'arresto
e aveva fatto perdere le proprie tracce.
Solo ieri, inaspettatamente, Zani era
ricomparso in paese armato di rivoltella, e affrontava il maresciallo Garau
davanti al bar-trattoria "Da Guido". Diversi testimoni affermano che
Zani ha sfidato Garau a duello, il quale non poteva accettare in quanto vietato
dal codice militare. Zani aveva allora gettato a terra l'arma e s'era avventato
sull'ufficiale, tramortendolo a pugni e calci, e infierendo su di lui anche
quando aveva ormai perso i sensi, fino a provocarne la morte. Nessuno tra i
testimoni ha mosso un dito per salvare il Maresciallo. Interrogati dai
carabinieri sul perché non avessero agito, gli avventori della trattoria hanno
detto che Zani "sembrava pazzo ed era inavvicinabile". Dopo aver
consumato la sua vendetta, l'ex-sindacalista si presentava spontaneamente alla
caserma dei Carabinieri, dove si costituiva.
Il corpo del Garau verrà imbarcato domani a
Livorno per raggiungere la
Sardegna. A Oristano, gli verrà tributato il funerale
militare con picchetto d'onore. Quanto al suo carnefice, è stato tradotto al
carcere di Modena, dove si ricongiungerà ai suoi due complici.
Poco dopo il tragico evento, la Camera del Lavoro di
Castelfiorino ha reso noto che, solo pochi giorni prima, aveva presentato alla
Procura di Bologna una denuncia contro Garau, per reati che vanno dalla
simulazione di reato alle lesioni gravi causate a diversi sospettati di reato.
In un comunicato, Floridano Pettenati, segretario della Democrazia Cristiana
locale, ha parlato di "puro e semplice sciacallaggio da parte dei
comunisti e dei loro alleati, che con volgari calunnie profanano il corpo
ancora caldo di un valoroso servitore dello Stato", denunciando altresì
"il clima di intimidazione e violenza instaurato a Castelfiorino per colpa
di sobillatori di professione come Sergio Zani". (B.M.)
Lettera di Guido Cortesi a Caterina
Mengoli in Zani, 16 febbraio 1950:
Cara Caterina,
non ci devi credere a quello che scrive il
giornale. Quello, anche se ha cambiato nome per la vergogna, rimane sempre il giornale
delle ss e delle brigate nere,
degli agrari e della polizia. Non è andata come scrivono loro.
Soviet è tornato perché non sopportava più
di stare in un nascondiglio mentre quel pazzo maledetto di Garau continuava a
importunare te e a minacciare i compagni. Chi, come il tenente Rizzi,
denunciava le malefatte di quella bestia veniva isolato e punito, mentre lui si
copriva di gloria perché lottava contro il pericolo rosso. Soviet non è mai
stato un vigliacco, e ha fatto quello che deve fare un uomo quando si trova con
le spalle al muro. Devi essere sempre fiera di lui, e raccontare ai bambini che
il loro babbo non ha voluto marcire in un buco senza fare niente.
Io non lo so dov'è stato per tutto questo
tempo, ma ha bussato alla mia finestra tre notti fa, io mi sono svegliato, ho
aperto gli scuri e mi si sono rizzati i capelli in testa, sembrava di vedere un
fantasma. Aveva la barba lunga come quando eravamo in Brigata. Mi ha chiesto se
potevo dargli da mangiare e ospitarlo per un giorno o due. Non gli ho chiesto
niente. Lo sapevo perché era tornato, senza bisogno che me lo dicesse. Nella
vita di un uomo arrivano dei momenti che devi dire basta e fare quello che è
giusto senza pensare a come la pagherai.
L'ho tenuto in casa mia, nella camera sopra
il bar, fino a ieri all'ora di pranzo, quando si è presentato Garau, che ogni
tanto veniva a mangiare qui, sapeva che noialtri siamo tutti compagni e, da
grandissimo bastardo qual era, gli dava gusto infastidirci stando lì, e ce lo
diceva anche! Diceva che il nostro odio lo faceva sentire più forte. Sapeva che
la divisa lo proteggeva, io non potevo sbatterlo fuori e nessuno poteva
alzare un dito contro di lui. Nessuno all'infuori di Soviet. Quando ha sentito
la cadenza sardagnola, è sceso dalla scala con la rivoltella in mano. L'ho già
scritto prima, ma sembrava proprio l'apparizione di un fantasma. Uno alla
volta, man mano che si accorgevano che c'era, i clienti ammutolivano. Alcuni
hanno sorriso, uno lo ha salutato col pugno chiuso, e allora è stato lui a sorridere.
Avessi visto che faccia ha fatto Garau
quando se l'è trovato davanti!! Il gargarozzo gli ballava su e giù e non
riusciva più a dire niente. Soviet si è seduto al suo tavolo puntandogli la
rivoltella in faccia, lo ha disarmato e gli ha parlato a voce bassa, tanto
bassa che nessuno di noi ha sentito niente. Poi si sono alzati e sono usciti
sul piazzale, con tutti noi dietro. Soviet ha mostrato a tutti le due pistole
che aveva in mano, poi ha detto: "Queste non mi servono, ‘sto delinquente
non merita che si sprechi neanche un grammo di piombo" e le ha buttate per
terra. Poi ha guardato Garau e ha detto: "Ti ammazzo a mani nude".
Garau si è gettato su di lui urlando, e ha tirato fuori un coltellaccio a serramanico,
uno di quelli che usano dalle sue parti. Soviet gli ha stretto il polso, poi
gli ha dato una sventola in faccia, e un'altra, e un'altra ancora. Continuava a
picchiarlo in faccia mentre lo teneva in piedi. Tutti facevano il tifo per lui
mentre spaccava il naso e i denti a quell'animale. Alla fine ha lasciato andare
il braccio, e Garau si è afflosciato come un sacco vuoto, morto. Non è vero che
Soviet ha infierito su di lui quand'era già a terra.
Dopo aver ripreso fiato, Soviet si è fatto
portare un bicchiere di rosso, poi ha chiesto che lo accompagnassimo in
caserma, perché se lo scortavamo noi i carabinieri non lo avrebbero ammazzato
subito.
Dice il giornale che lo mandano nello stesso
carcere di Checo e Jerry. Lo accoglieranno a braccia aperte, e si
congratuleranno con lui per aver fatto fuori quel torturatore. Sono sicuro che
anche nel Partito e nel Sindacato la pensano tutti così, ma sono cose delicate,
non si può mica dirlo ai quattro venti e rischiare che i reazionari ci
dipingano come mostri assetati di sangue! Ma la pensano tutti così, stanne
certa, come è vero che tutti ti siamo vicini e se c'è bisogno siamo pronti ad
aiutarti. Non sarà facile per una donna sola tirar su dei figli col marito in
galera, per giunta un compagno che ha ammazzato un carabiniere. Ti faccio
questa proposta: a me serve una cameriera. Se tu venissi qui da me, potresti
anche portarti dietro i bambini e tenerli d'occhio, cosa che non puoi fare se
continui a lavorare in campagna. A me non mi darebbero fastidio, lo sai che mi
farei in quattro per i figli di Soviet. Dammi retta, e ce la caveremo, ce la
caveremo tanto bene che anche Soviet sarà fiero di noi, come noi lo siamo di
lui.
Un caro abbraccio,
Guido
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