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Vitaliano Ravagli -Wu Ming
Asce di guerra

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  • PRIMA PARTE
    • 13 Bologna, 26 gennaio 2000
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13

Bologna, 26 gennaio 2000

 

 

Istituto storico provinciale della Resistenza. Sono l'unico utente della giornata. Sull'enorme tavolo della sala di consultazione, una dozzina di libri sparpagliati.

Rileggo gli appunti.

Decreto n. 4 del 22/4/1946 di amnistia e indulto. Verrà ricordata come "amnistia Togliatti", anche se il testo presentato dal guardasigilli comunista era molto più restrittivo, tanto da incontrare la dura opposizione di democristiani e liberali. La stesura definitiva è l'esito di una snervante mediazione, 16 articoli definiti "un necessario atto di clemenza", anche da pci e psi, che pur ritenendoli troppo magnanimi fanno buon viso a cattivo gioco.

Il Partito presentò l'amnistia come "un atto di forza". In realtà, era tutt'altro. Il decreto metteva sullo stesso piano la collaborazione col nemico e la lotta di liberazione: erano reati, ma vista l'eccezionalità della situazione venivano cancellati, salvo casi particolari, nell'interesse della "concordia nazionale". Ben diverso sarebbe stato affermare che nessuna azione partigiana era "fuorilegge", ad eccezione di quelle con scopi indipendenti dalla guerra di liberazione. Togliatti riuscì a indorare la pillola, le sottigliezze giuridiche erano inaccessibili ai più, mentre davano campo libero all'interpretazione dei magistrati, che non tardarono a intervenire.

L'art. 3 assolve la violenza organizzata e la collaborazione col tedesco invasore, fatta eccezione per  "i delitti compiuti da persone rivestite di elevate funzioni di direzione civile o politica o di comando militare; i delitti di strage; quelli commessi con sevizie particolarmente efferate; i saccheggi e gli omicidi; i delitti compiuti a scopo di lucro". Messa giù così, non suona nemmeno malissimo...

... poi rileggi e ti rendi conto che vengono salvati i delatori, forse l'anello più spregevole della catena collaborazionista.

... poi ti documenti, e vedi che i pezzi grossi del fascismo se la cavano in un modo o nell'altro. Per essere ritenuto collaborazionista non è sufficiente aver esercitato una carica o "elevate funzioni": occorre anche aver compiuto fatti specifici e concreti di sostegno militare o politico all'invasore (Cassazione, 27/7/1946). Tra i tanti scarcerati c'è Giorgio Pini, direttore de Il Resto del Carlino (settembre '43-aprile '45), nonché presidente del Tribunale straordinario provinciale di Firenze (gennaio-maggio '44), e - per ordine dello stesso Mussolini - sottosegretario agli interni della RSI (ottobre ‘44-aprile '45).

... poi leggi i sofismi con cui s'interpreta l'espressione "sevizie particolarmente efferate", allo scopo di amnistiare le cosiddette "sevizie semplici": l'amnistia viene concessa ai torturatori di un partigiano "il quale, mani e piedi legati, viene sospeso al soffitto e costretto a fare da pendolo mentre lo si colpiva con calci e pugni per indurlo a ‘cantare'". Vengono scarcerati fascisti che hanno strappato le unghie ai prigionieri. "Il contorcimento dei genitali di un partigiano e l'applicazione alla sua testa di un cerchio che veniva gradualmente ristretto" non sono torture particolarmente efferate poiché "non sufficienti a estorcere confessioni" e pertanto inflitte "a solo scopo intimidatorio". Se il seviziato tiene duro, il seviziatore non è punibile. Stupri di gruppo, persino con la donna "bendata e a mani legate", vengono retrocessi a "offesa all'onore della donna e al pudore" (Cassazione, sentenza del 10/03/1947). Infine, il 7 marzo 1951, la Cassazione si decide a spiegare cosa intenda per "sevizia particolarmente efferata": "soltanto quella che, per la sua atrocità, fa orrore anche a coloro stessi che dalle torture non sono alieni". Perfetto: il parametro dell'efferatezza diventa la sensibilità degli stessi seviziatori.

... poi vedi che viene concessa l'amnistia all'assassino di un partigiano ferito, perché il fatto va ritenuto "espressione di feroce odio politico, non mai atto vantaggioso alle operazioni militari del nemico" (Cassazione, 12/02/1947).

... non ti fa quasi più effetto constatare che vengono amnistiati le razzie e gli atti di sciacallaggio, perché si specifica che, ai fini della condanna, il lucro doveva "costituire il movente essenziale dell'attività di collaborazionismo e non un fine […] generico e […] concorrente" (Cassazione, 6/12/1946).

Scrive lo storico Mirco Dondi: «La Corte di Cassazione è composta da uomini che devono al fascismo la loro posizione [...]. Il ruolo prevaricatore della Cassazione non è che la rivincita di uomini che poco si sono discostati dal loro passato: una rivincita realizzata […] completando l'opera di totale smantellamento dell'apparato punitivo contro fascisti e collaborazionisti, applicando in maniera estensiva e indiscriminata l'amnistia

Un decreto del '46 commuta le pene per i delitti politici e connessi: la pena di morte si trasforma in ergastolo, l'ergastolo in trent'anni di carcere, vengono condonate tutte le pene pecuniarie o non superiori ai 5 anni.

Il decreto presidenziale n. 922 del 19/12/1953 si spinge oltre: l'ergastolo diventa dieci anni di carcere, vengono condonate le pene non superiori ai vent'anni, e ridotte a soli due anni quelle superiori.

Per non parlare della mancata epurazione amministrativa: poco più di millecinquecento licenziati in tutta Italia, riassunti già nel '46.

Il capolavoro di ingiustizia tocca vette inarrivabili grazie a una sentenza del Tribunale supremo militare (26 aprile 1954) secondo la quale "i combattenti della RSI hanno diritto di essere riconosciuti come belligeranti" mentre i partigiani no, "perché non portavano segni distintivi riconoscibili a distanza, né erano assoggettati alla legge penale militare". Secondo i giudici delle Forze Armate italiane «la RSI era un governo di fatto, ma poteva essere considerata un governo legittimo […]. Pertanto, non essendo punibile l'omicidio di partigiani […] in quanto persone non belligeranti, deve essere applicata l'amnistia al reato di collaborazionismo

A pensarci, si prova un senso di vertigine. Non mi sorprende sapere che qualcuno continuò a sparare.

Guido e mio nonno avevano ragione da vendere.

 

Altri dati.

Mentre l'amnistia manda liberi molti torturatori, squadristi e gerarchi, sull'altro fronte comincia lenta l'opera di incriminazione della Resistenza da parte dei tribunali.

 

 […] fatti di guerra rispolverati dopo anni come delitti comuni, sequestro di persona l'aver tenuto prigionieri, rapina la requisizione di derrate alimentari, estorsione il contributo alle Brigate, omicidio l'esecuzione di spioni, migliaia di patrioti gettati in carcere, […] il padronato baldanzoso e nuovamente arrogante, l'operaio umiliato. (G. Fiori, Uomini ex, p. 93)

 

E i fascisti che si riorganizzano. Le sigle spuntano come funghi: "Figli d'Italia", "Squadre d'Azione Mussolini", "Onore e Combattimento", "Audacia", "Vendetta Mussolini", "Movimento Tricolore", "Reparti Antitotalitari Antimarxisti Monarchici". Di nuovo al servizio dei padroni, degli agrari e dei carabinieri. Prediligono le bombe sulle sedi del PCI e dei giornali di sinistra.

 

"Triangolo Rosso". Bologna-Reggio-Ferrara. Ex-partigiani emiliani decidono di saldare i conti in sospeso. Non si tratta solo di fare pulizia dei fascisti imboscati, riverniciati, delatori scampati alla giustizia partigiana o rimessi in libertà dall'amnistia (tra l'aprile e il giugno del '45 sono 582 le persone che scompaiono o vengono ritrovate cadaveri). Ci sono gli agrari compromessi col regime fascista che rialzano la testa e si rifiutano di ripartire i raccolti secondo le direttive del governo provvisorio. I mezzadri e i braccianti insorgono e si arriva ai ferri corti. Solo nel luglio del '46 sono 21 i prelevati e gli uccisi per ragioni legate alla vertenza agraria; 15 i proprietari terrieri eliminati nel ravennate. Le vendette cedono il posto agli espropri e alle rapine, la giustizia partigiana colpisce anche ex-fascisti di ben scarso rilievo. I confini dell'azione politica armata si fanno labili e alla fine il fuoco raggiunge i "dissociati". O con noi o contro di noi.

Così nasce la leggenda del Triangolo della morte.

E il Partito? Finge di non sapere. La parola d'ordine è "democrazia progressiva", ma c'è anche il rischio reale di un colpo di stato in caso di vittoria elettorale della sinistra, e in questo caso sarà necessaria gente determinata, disposta a usare le armi degli arsenali clandestini. Non è possibile liquidare le "teste calde" con un atto d'imperio. Potrebbero tornare utili.

 

"Volante Rossa". Milano. Stesso copione. Ma qui l'organizzazione ha tanto di tessera, uniforme (vecchi giubbotti dell'aviazione americana) e copertura di comodo: servizio d'ordine del pci lombardo. Dal '46 al '49 svariati ex-fascisti cadono sotto i colpi di pistola. Tre anni. Un sacco di tempo, durante il quale cresce la leggenda dei giustizieri proletari. Ma nel nuovo ordine "democratico" non possono durare. I piani di Togliatti non lasciano spazio agli irriducibili. Le armi vanno messe da parte. E come sempre accade quando il clima diventa sfavorevole, gli irriducibili cominciano a fare cazzate, a colpire i pesci piccoli, le vendette politiche si "personalizzano", seguendo i sentieri di un odio che il paese vuole annacquare. Gli "eroi popolari" rischiano di diventare dei "folli". Gli ultimi fuochi dopo l'attentato a Togliatti, nel '48, quando l'Italia comunista insorge. Gli Sten e i Thompson tirati a lucido rispuntano dappertutto, si occupano le fabbriche e le piazze, volano pietre e proiettili, ci scappano i morti. Poi il richiamo all'ordine. Dietrofront, compagni. Un'insurrezione armata implicherebbe l'invasione americana: l'Italia rientra nella fetta di mondo sotto l'influenza occidentale, Stalin non può farci niente. La Volante Rossa da scomoda diventa scomodissima, pericolosa per il Partito stesso. All'inizio del '49 i suoi membri vengono identificati, alcuni vengono arrestati, gli altri saranno processati in contumacia. Il Partito deve sbarazzarsi degli irriducibili alla svelta e senza chiasso. L'organizzazione clandestina procura i documenti falsi e i canali per l'espatrio.

Nello stesso mese, il generale Borghese, ex-capo della Xa mas - i reparti repubblichini fedeli ai tedeschi fino all'ultimo - viene scarcerato e reintegrato nell'esercito. Passerà alla storia come autore del progetto di golpe che porta il suo nome.

 

Non è solo la rabbia per la piega che hanno preso le cose a far scattare in molti la voglia di sparare. Se scavi appena sotto le incrostazioni del tempo e della pura cronaca, trovi esistenze emarginate ed "eroi" scomodi. Scopri che è difficile lavare via il sangue. Lavarlo via dalla propria vita, quando lo si è visto scorrere. Quando si è stati costretti a sparare e uccidere. E' una cosa che ti marchia a fondo. La voglia di pace può subire il contrappeso del senso di potenza e possibilità che danno le armi. Si può arrivare a pensare che la giustizia armata e l'omicidio siano i mezzi più efficaci per raggiungere uno scopo. E senza dubbio, in certi casi lo sono. Ma quando cambia il contesto, quando la storia prende strade diverse da quelle sperate, abbassare la testa e sotterrare le armi può risultare molto difficile. Può apparire come una resa, dopo che per una breve stagione si è stati finalmente qualcuno: guerriglieri, vendicatori, combattenti per la libertà. Dopo aver riscattato col sangue dei despoti anni, forse secoli, di soprusi e ingiustizie, tornare nei campi o nelle fabbriche, alla miseria di sempre, può essere un'impresa ardua. Per qualcuno anche contraddittoria.

La storia rimossa degli "irriducibili" non è solo quella di vindici eroi popolari. Ma anche quella dell'incapacità di tornare a una vita normale, a un lavoro di merda, in bilico sul filo sottile tra lotta di classe e gangsterismo. E' una parentesi sporca, gente buttata fuori dalla storia a calci in culo, disadattata, che non sa trovare una collocazione nel mondo nuovo. La parte cattiva di una società che vuole dirsi risorta, in marcia verso l'avvenire.

 

Triangolo Rosso, Volante Rossa. Nomi che ricompaiono sui giornali a ogni tornata elettorale. Una storia che si è voluta dimenticare o rileggere ad uso e consumo della polemica più sciatta.

Scheletri negli armadi. Segreti sotto chiave, in un muffito cassetto, nella più vecchia scrivania di Botteghe Oscure.

Le parole di Guido: "Quelli che volevano continuare a farsi giustizia da soli li hanno mandati via, insieme a tanti altri che rischiavano la galera perché in tempo di guerra si erano ‘permessi' di fucilare dei fascisti".

Una rabbia che ha dovuto sfogarsi altrove. Esistenze fatte migrare nei paesi dove i comunisti avevano vinto. O dove ancora si poteva e si doveva sparare.

Difficile rovistare nella memoria altrui. Molti protagonisti sono morti.

Potrebbero essere passati secoli.





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