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Istituto storico provinciale della
Resistenza. Sono l'unico utente della giornata. Sull'enorme tavolo della sala
di consultazione, una dozzina di libri sparpagliati.
Rileggo gli appunti.
Decreto n. 4 del 22/4/1946 di amnistia e
indulto. Verrà ricordata come "amnistia Togliatti", anche se il testo
presentato dal guardasigilli comunista era molto più restrittivo, tanto da
incontrare la dura opposizione di democristiani e liberali. La stesura
definitiva è l'esito di una snervante mediazione, 16 articoli definiti "un
necessario atto di clemenza", anche da pci
e psi, che pur ritenendoli troppo
magnanimi fanno buon viso a cattivo gioco.
Il Partito presentò l'amnistia come "un
atto di forza". In realtà, era tutt'altro. Il decreto metteva sullo stesso
piano la collaborazione col nemico e la lotta di liberazione: erano reati, ma
vista l'eccezionalità della situazione venivano cancellati, salvo casi
particolari, nell'interesse della "concordia nazionale". Ben diverso
sarebbe stato affermare che nessuna azione partigiana era
"fuorilegge", ad eccezione di quelle con scopi indipendenti dalla
guerra di liberazione. Togliatti riuscì a indorare la pillola, le sottigliezze
giuridiche erano inaccessibili ai più, mentre davano campo libero
all'interpretazione dei magistrati, che non tardarono a intervenire.
L'art. 3 assolve la violenza organizzata e
la collaborazione col tedesco invasore, fatta eccezione per "i
delitti compiuti da persone rivestite di elevate funzioni di direzione civile o
politica o di comando militare; i delitti di strage; quelli commessi con
sevizie particolarmente efferate; i saccheggi e gli omicidi; i delitti compiuti
a scopo di lucro". Messa giù così, non suona nemmeno malissimo...
... poi rileggi e ti rendi conto che vengono
salvati i delatori, forse l'anello più spregevole della catena
collaborazionista.
... poi ti documenti, e vedi che i pezzi
grossi del fascismo se la cavano in un modo o nell'altro. Per essere ritenuto
collaborazionista non è sufficiente aver esercitato una carica o "elevate
funzioni": occorre anche aver compiuto fatti specifici e concreti di
sostegno militare o politico all'invasore (Cassazione, 27/7/1946). Tra i tanti
scarcerati c'è Giorgio Pini, direttore de Il Resto del Carlino
(settembre '43-aprile '45), nonché presidente del Tribunale straordinario
provinciale di Firenze (gennaio-maggio '44), e - per ordine dello stesso
Mussolini - sottosegretario agli interni della RSI (ottobre ‘44-aprile '45).
... poi leggi i sofismi con cui s'interpreta
l'espressione "sevizie particolarmente efferate", allo scopo
di amnistiare le cosiddette "sevizie semplici": l'amnistia viene
concessa ai torturatori di un partigiano "il quale, mani e piedi legati,
viene sospeso al soffitto e costretto a fare da pendolo mentre lo si colpiva
con calci e pugni per indurlo a ‘cantare'". Vengono scarcerati fascisti
che hanno strappato le unghie ai prigionieri. "Il contorcimento dei
genitali di un partigiano e l'applicazione alla sua testa di un cerchio che
veniva gradualmente ristretto" non sono torture particolarmente
efferate poiché "non sufficienti a estorcere confessioni" e pertanto
inflitte "a solo scopo intimidatorio". Se il seviziato tiene duro, il
seviziatore non è punibile. Stupri di gruppo, persino con la donna
"bendata e a mani legate", vengono retrocessi a "offesa
all'onore della donna e al pudore" (Cassazione, sentenza del 10/03/1947).
Infine, il 7 marzo 1951, la
Cassazione si decide a spiegare cosa intenda per
"sevizia particolarmente efferata": "soltanto quella che, per la
sua atrocità, fa orrore anche a coloro stessi che dalle torture non sono
alieni". Perfetto: il parametro dell'efferatezza diventa la sensibilità
degli stessi seviziatori.
... poi vedi che viene concessa l'amnistia
all'assassino di un partigiano ferito, perché il fatto va ritenuto
"espressione di feroce odio politico, non mai atto vantaggioso alle
operazioni militari del nemico" (Cassazione, 12/02/1947).
... non ti fa quasi più effetto constatare
che vengono amnistiati le razzie e gli atti di sciacallaggio, perché si
specifica che, ai fini della condanna, il lucro doveva "costituire il
movente essenziale dell'attività di collaborazionismo e non un fine […]
generico e […] concorrente" (Cassazione, 6/12/1946).
Scrive lo storico Mirco Dondi: «La Corte di Cassazione è
composta da uomini che devono al fascismo la loro posizione [...]. Il ruolo
prevaricatore della Cassazione non è che la rivincita di uomini che poco si
sono discostati dal loro passato: una rivincita realizzata […] completando
l'opera di totale smantellamento dell'apparato punitivo contro fascisti e
collaborazionisti, applicando in maniera estensiva e indiscriminata
l'amnistia.»
Un decreto del '46 commuta le pene per i
delitti politici e connessi: la pena di morte si trasforma in ergastolo,
l'ergastolo in trent'anni di carcere, vengono condonate tutte le pene
pecuniarie o non superiori ai 5 anni.
Il decreto presidenziale n. 922 del
19/12/1953 si spinge oltre: l'ergastolo diventa dieci anni di carcere, vengono
condonate le pene non superiori ai vent'anni, e ridotte a soli due anni quelle
superiori.
Per non parlare della mancata epurazione
amministrativa: poco più di millecinquecento licenziati in tutta Italia,
riassunti già nel '46.
Il capolavoro di ingiustizia tocca vette
inarrivabili grazie a una sentenza del Tribunale supremo militare (26 aprile
1954) secondo la quale "i combattenti della RSI hanno diritto di essere
riconosciuti come belligeranti" mentre i partigiani no, "perché non
portavano segni distintivi riconoscibili a distanza, né erano assoggettati alla
legge penale militare". Secondo i giudici delle Forze Armate italiane «la RSI era un governo di fatto,
ma poteva essere considerata un governo legittimo […]. Pertanto, non essendo
punibile l'omicidio di partigiani […] in quanto persone non belligeranti, deve
essere applicata l'amnistia al reato di collaborazionismo.»
A pensarci, si prova un senso di vertigine.
Non mi sorprende sapere che qualcuno continuò a sparare.
Guido e mio nonno avevano ragione da vendere.
Altri dati.
Mentre l'amnistia manda liberi molti
torturatori, squadristi e gerarchi, sull'altro fronte comincia lenta l'opera di
incriminazione della Resistenza da parte dei tribunali.
[…] fatti di guerra
rispolverati dopo anni come delitti comuni, sequestro di persona l'aver tenuto
prigionieri, rapina la requisizione di derrate alimentari, estorsione il
contributo alle Brigate, omicidio l'esecuzione di spioni, migliaia di patrioti
gettati in carcere, […] il padronato baldanzoso e nuovamente arrogante,
l'operaio umiliato. (G. Fiori, Uomini ex, p. 93)
E i fascisti che si riorganizzano. Le sigle
spuntano come funghi: "Figli d'Italia", "Squadre d'Azione
Mussolini", "Onore e Combattimento", "Audacia",
"Vendetta Mussolini", "Movimento Tricolore", "Reparti
Antitotalitari Antimarxisti Monarchici". Di nuovo al servizio dei padroni,
degli agrari e dei carabinieri. Prediligono le bombe sulle sedi del PCI e dei
giornali di sinistra.
"Triangolo Rosso".
Bologna-Reggio-Ferrara. Ex-partigiani emiliani decidono di saldare i conti in
sospeso. Non si tratta solo di fare pulizia dei fascisti imboscati,
riverniciati, delatori scampati alla giustizia partigiana o rimessi in libertà
dall'amnistia (tra l'aprile e il giugno del '45 sono 582 le persone che
scompaiono o vengono ritrovate cadaveri). Ci sono gli agrari compromessi col
regime fascista che rialzano la testa e si rifiutano di ripartire i raccolti
secondo le direttive del governo provvisorio. I mezzadri e i braccianti
insorgono e si arriva ai ferri corti. Solo nel luglio del '46 sono 21 i
prelevati e gli uccisi per ragioni legate alla vertenza agraria; 15 i
proprietari terrieri eliminati nel ravennate. Le vendette cedono il posto agli
espropri e alle rapine, la giustizia partigiana colpisce anche ex-fascisti di
ben scarso rilievo. I confini dell'azione politica armata si fanno labili e
alla fine il fuoco raggiunge i "dissociati". O con noi o contro di
noi.
Così nasce la leggenda del Triangolo della
morte.
E il Partito? Finge di non sapere. La parola
d'ordine è "democrazia progressiva", ma c'è anche il rischio reale di
un colpo di stato in caso di vittoria elettorale della sinistra, e in questo
caso sarà necessaria gente determinata, disposta a usare le armi degli arsenali
clandestini. Non è possibile liquidare le "teste calde" con un atto
d'imperio. Potrebbero tornare utili.
"Volante Rossa". Milano. Stesso
copione. Ma qui l'organizzazione ha tanto di tessera, uniforme (vecchi
giubbotti dell'aviazione americana) e copertura di comodo: servizio d'ordine
del pci lombardo. Dal '46 al '49
svariati ex-fascisti cadono sotto i colpi di pistola. Tre anni. Un sacco di
tempo, durante il quale cresce la leggenda dei giustizieri proletari. Ma nel
nuovo ordine "democratico" non possono durare. I piani di Togliatti
non lasciano spazio agli irriducibili. Le armi vanno messe da parte. E come
sempre accade quando il clima diventa sfavorevole, gli irriducibili cominciano
a fare cazzate, a colpire i pesci piccoli, le vendette politiche si
"personalizzano", seguendo i sentieri di un odio che il paese vuole
annacquare. Gli "eroi popolari" rischiano di diventare dei
"folli". Gli ultimi fuochi dopo l'attentato a Togliatti, nel '48,
quando l'Italia comunista insorge. Gli Sten e i Thompson tirati a lucido
rispuntano dappertutto, si occupano le fabbriche e le piazze, volano pietre e
proiettili, ci scappano i morti. Poi il richiamo all'ordine. Dietrofront,
compagni. Un'insurrezione armata implicherebbe l'invasione americana: l'Italia
rientra nella fetta di mondo sotto l'influenza occidentale, Stalin non può
farci niente. La Volante
Rossa da scomoda diventa scomodissima, pericolosa per il
Partito stesso. All'inizio del '49 i suoi membri vengono identificati, alcuni
vengono arrestati, gli altri saranno processati in contumacia. Il Partito deve sbarazzarsi
degli irriducibili alla svelta e senza chiasso. L'organizzazione clandestina
procura i documenti falsi e i canali per l'espatrio.
Nello stesso mese, il generale Borghese,
ex-capo della Xa mas - i reparti
repubblichini fedeli ai tedeschi fino all'ultimo - viene scarcerato e
reintegrato nell'esercito. Passerà alla storia come autore del progetto di
golpe che porta il suo nome.
Non è solo la rabbia per la piega che hanno
preso le cose a far scattare in molti la voglia di sparare. Se scavi appena sotto
le incrostazioni del tempo e della pura cronaca, trovi esistenze emarginate ed
"eroi" scomodi. Scopri che è difficile lavare via il sangue. Lavarlo
via dalla propria vita, quando lo si è visto scorrere. Quando si è stati
costretti a sparare e uccidere. E' una cosa che ti marchia a fondo. La voglia
di pace può subire il contrappeso del senso di potenza e possibilità che danno
le armi. Si può arrivare a pensare che la giustizia armata e l'omicidio siano i
mezzi più efficaci per raggiungere uno scopo. E senza dubbio, in certi casi lo
sono. Ma quando cambia il contesto, quando la storia prende strade diverse da
quelle sperate, abbassare la testa e sotterrare le armi può risultare molto
difficile. Può apparire come una resa, dopo che per una breve stagione si è
stati finalmente qualcuno: guerriglieri, vendicatori, combattenti per la
libertà. Dopo aver riscattato col sangue dei despoti anni, forse secoli, di
soprusi e ingiustizie, tornare nei campi o nelle fabbriche, alla miseria di
sempre, può essere un'impresa ardua. Per qualcuno anche contraddittoria.
La storia rimossa degli
"irriducibili" non è solo quella di vindici eroi popolari. Ma anche
quella dell'incapacità di tornare a una vita normale, a un lavoro di merda, in
bilico sul filo sottile tra lotta di classe e gangsterismo. E' una parentesi
sporca, gente buttata fuori dalla storia a calci in culo, disadattata, che non
sa trovare una collocazione nel mondo nuovo. La parte cattiva di una società
che vuole dirsi risorta, in marcia verso l'avvenire.
Triangolo Rosso, Volante Rossa. Nomi che
ricompaiono sui giornali a ogni tornata elettorale. Una storia che si è voluta
dimenticare o rileggere ad uso e consumo della polemica più sciatta.
Scheletri negli armadi. Segreti sotto
chiave, in un muffito cassetto, nella più vecchia scrivania di Botteghe Oscure.
Le parole di Guido: "Quelli che
volevano continuare a farsi giustizia da soli li hanno mandati via, insieme a
tanti altri che rischiavano la galera perché in tempo di guerra si erano
‘permessi' di fucilare dei fascisti".
Una rabbia che ha dovuto sfogarsi altrove.
Esistenze fatte migrare nei paesi dove i comunisti avevano vinto. O dove ancora
si poteva e si doveva sparare.
Difficile rovistare nella memoria altrui.
Molti protagonisti sono morti.
Potrebbero essere passati secoli.
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