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(Storia disinvolta delle guerre
d'Indocina. Vietnam)
Dopo la calata dei giapponesi nel 1940, l'amministrazione
coloniale francese in Indocina è rimasta intatta, benché svuotata di reale
potere. Il rapporto tra vecchi e nuovi padroni riflette quello tra il regime di
Vichy e la Germania
nazista.
La vera e propria occupazione manu
militari dal Giappone avviene nel marzo-aprile 1945.
Il cosiddetto "imperatore" Bao Dai
resta comunque al suo posto.
Quando i giapponesi si arrendono agli
Alleati (agosto 1945), le forze del Vietminh approfittano della confusione e
insorgono. A guidarle è Vo Nguyen Giap.
Giap nasce nel 1912 nella provincia di Quang
Binh, Vietnam centrale. Il padre è un contadino, ma vuole che i figli abbiano
un'istruzione, così si ammazza di lavoro per iscrivere Giap a una scuola
privata di Hué. Qui il futuro generale dell'Esercito del Popolo conosce Phan Boi Chau, leader
nazionalista agli arresti domiciliari. Da lui apprende i primi rudimenti di
politica.
A quindici anni è già un cospiratore, e la
polizia lo ricerca per aver organizzato una protesta studentesca. Si rifugia
nel villaggio natale, dove legge per la prima volta gli opuscoli clandestini di
Ho Chi Minh:
«Un giorno uno dei miei migliori amici di
Hué, venne a trovarmi nel mio villaggio. […] Mi passò qualche opuscolo
comunista della lega dei popoli oppressi stampato a Bruxelles e altri documenti
della riunione di Canton svoltasi con l'intervento di Nguyen Ai Quoc. Con
questo materiale, filai attraverso i campi e, trovato un luogo deserto, mi
appoggiai a un albero e divorai tutti i testi. Ogni pagina conteneva una
rivelazione. Scoprii l'internazionalismo: tutti i miei problemi si illuminarono
come alla luce di un nuovo giorno. »
La laurea in legge all'università di Hanoi,
la militanza comunista e la repressione del '39, l'esilio in Cina e il
rientro in Vietnam, gli anni di formazione nelle grotte di Pac Bo, la
fondazione del Vietminh… Intanto le tragedie familiari segnano Giap nell'animo:
la giovane moglie, militante nazionalista, muore in una prigione francese nel
1941, insieme al figlio piccolissimo. Nello stesso periodo la sorella,
arrestata per terrorismo, viene ghigliottinata a Saigon.
A Pac Bo, Giap legge L'arte della guerra
di Sunzi e tre opuscoli di Ho Chi Minh: Metodi della guerriglia, Esperienza
cinese nella guerriglia ed Esperienza francese della guerriglia.
Inizia il percorso di formazione teorica e
pratica che lo porterà a diventare uno dei più grandi strateghi del Novecento.
In realtà, e lo farà notare egli stesso,
l'elemento determinante per il successo del Vietminh non risiede nel
"genio" del suo generale:
«Gli strateghi borghesi si meravigliano
dell'esito della guerra di Indocina, e si domandano quali siano i motivi che ci
hanno consentito di sconfiggere una potenza imperialista come la Francia, spalleggiata
dagli interventisti americani. Hanno tentato di spiegare questa straordinaria
realtà attraverso la correttezza della strategia e della tattica adottate,
attraverso le forme di combattimento adeguate al tipo di guerra e attraverso
l'eroismo dell'Esercito popolare del Vietnam. E' evidente che tutti questi
fattori hanno contribuito al felice esito della guerra di resistenza, ma alla
domanda: come ha potuto vincere il popolo vietnamita?, l'unica risposta esatta
è: il popolo vietnamita ha vinto perché la sua guerra di liberazione era una
guerra di popolo.»
Che è o che non è, quando lo zio Ho lo mette
a capo della prima "unità armata di propaganda" del Vietminh, Giap dà
subito dimostrazione delle proprie capacità. Sono solo trentaquattro uomini, ma
alla vigilia di Natale del 1944 attaccano due postazioni francesi e si
impadroniscono di armi e munizioni.
Attacco dopo attacco, l'esercito popolare si
ingrossa e occupa diverse province del Vietnam settentrionale. Nello stesso
tempo l'influenza del Vietminh si allarga al resto del paese.
Con la notizia della resa giapponese, vi
sono sollevazioni spontanee in tutte le province.
Il 16 agosto il Vietminh occupa Hanoi.
Il 2 settembre, il "portatore di
luce" proclama la Repubblica Democratica del Vietnam, e, attingendo
alla propria conoscenza della cultura americana, manda un chiaro messaggio agli
Alleati:
«Tutti gli uomini sono nati uguali: dotati
dal loro creatore di alcuni diritti inalienabili tra cui la vita, la libertà e
la ricerca della felicità.
Questa affermazione è stata fatta una volta
per sempre nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America nel
1776. Intesa in un senso più ampio, significa che tutti gli uomini della terra
sono uguali per nascita, tutti hanno diritto alla vita e ad essere liberi e
felici.»
Confinato nel suo palazzo di Hué,
l'imperatore Bao Dai si ricorda della fine di Luigi XVI, così abdica e si
dichiara fedele alla nuova Repubblica. Non solo: va ad Hanoi per rendere
omaggio a Ho Chi Minh, e si spinge tanto in basso da rivolgersi a lui col
titolo di "venerabile". Forse mosso a compassione, lo zio lo nomina
"consigliere supremo" del governo provvisorio.
Appena la situazione si farà più seria, Bao
Dai si trasferirà a Hong Kong in un battito di ciglia.
Prima settimana di settembre: in base agli
accordi di Potsdam, truppe cinesi del Guomindang occupano Hanoi.
Il giornalista americano Stanley Karnow li
descrive così: «Affamati, laceri, a piedi nudi, devastati dallo scorbuto e
altre malattie… Entrarono nelle case private e negli edifici pubblici, rubarono
le installazioni elettriche, asportarono le maniglie delle porte, passarono per
i mercati rubando frutta e verdura, affondando i denti anche nelle saponette,
da loro scambiate per un genere di consumo alimentare. »
Ho Chi Minh si trova di fronte a un dilemma:
appoggiare i cinesi per evitare il ritorno dei francesi, o avviare una
trattativa coi francesi per liberarsi dei cinesi? Sceglie la seconda soluzione.
Intanto le truppe del generale Jacques
Philippe Leclerc sbarcano a Saigon, forzano il blocco imposto dal Vietminh alla
città e attraverso il delta del Mekong muovono alla riconquista del sud. Inizia
la guerriglia contro i nuovi occupanti… che poi sono quelli vecchi.
Il nuovo alto commissario per l'Indocina è
l'ammiraglio Georges Thierry d'Argenlieu, inquietante figura di cattolico
mistico. Tra le due guerre mondiali ha addirittura indossato il saio e si è
chiuso in un convento carmelitano. Ne è uscito solo per entrare nella Francia
Libera di De Gaulle.
Con fatica, si avvia il dialogo e si arriva
a un accordo. Il 6 febbraio la
Francia riconosce la Repubblica Democratica
del Vietnam come stato libero che comprende Tonchino e Annam, membro
dell'Unione Francese. Gli abitanti del Nam Bo, o Cocincina, decideranno
se farne parte votando un referendum. Ho Chi Minh accetta la presenza di
venticinquemila soldati francesi per i cinque anni successivi. Spiega ai suoi
collaboratori:
«I francesi sono degli stranieri. Sono
deboli. Il colonialismo sta morendo. I cinesi, invece, se si installano qui non
se ne andranno più via. Per quanto mi riguarda preferisco annusare merda francese
per cinque anni che mangiare merda cinese per il resto della mia vita. »
L'8 marzo le truppe francesi rilevano quelle
del Guomindang nel Tonchino.
Ora il negoziato deve proseguire a un
livello più alto, quindi in Francia. Il 31 maggio Nguyen Ai Quoc rivede Parigi
dopo vent'anni. Le trattative si svolgono a Fontainebleau. Dopo più di tre mesi
di discussioni sfibranti, lo zio Ho si imbarca per il Vietnam con in mano un modus
vivendi che perfeziona l'accordo di marzo.
Durante le quattro settimane di viaggio,
ostenta giovialità e cerca di convincere il cappellano di bordo che Dio non
esiste. Ma intanto i francesi hanno formato un governo autonomo in Cocincina, e
sembra che il referendum non si faccia più.
Nel resto del Vietnam la presenza dei due
eserciti produce un clima teso e si susseguono le provocazioni.
Il 20 novembre 1946, nel porto di Haiphong,
alcuni screzi su questioni doganali producono un effetto-valanga e l'arresto
reciproco di marinai francesi e miliziani del Vietminh. La Marina francese, agli
ordini del colonnello Debès, attacca le truppe vietnamite. I combattimenti si
estendono a tutta la città, la popolazione alza barricate e i francesi le
sfondano coi carri armati. Nell'edificio del teatro dell'opera, una compagnia
di attori vietnamiti resiste ai francesi combattendo con vecchi moschetti. Il
giorno dopo si negozia una tregua, ma da Parigi arriva l'ordine di chiedere il
ritiro da Haiphong di tutte le truppe del Vietminh. Quando i
vietnamiti si rifiutano, i francesi attaccano di nuovo con l'artiglieria
pesante, mentre l'aviazione e l'incrociatore Suffrenne bombardano la
città. La resistenza Vietminh dura parecchi giorni. Migliaia di morti riempiono
le strade di una città rasa al suolo.
Ho Chi Minh tuona contro la Francia, che sta violando
il modus vivendi. Da metà dicembre il nuovo primo ministro è il
socialista Léon Blum, suo vecchio amico dagli anni di Parigi. Blum sembra
favorevole a una "riconciliazione", ma non può opporsi a una macchina
militare che ha già convogliato gli sforzi verso la presa di Hanoi e la
sconfitta del Vietminh. Tanto vale seguire la corrente. In ogni caso, Blum
durerà appena qualche mese.
La battaglia di Hanoi comincia la sera del
19 dicembre. Presto la città è in fiamme e le strade si riempiono di cadaveri. Ho
Chi Minh, pur indebolito dalla malaria, scappa dal suo modesto bungalow prima
che i francesi lo catturino. Giap arringa i suoi trentamila uomini: «Ordino a
tutti i soldati e alle forze della milizia che si trovano nel centro, nel sud e
nel nord, di stare compatti, affrontare la battaglia, eliminare gli invasori e
salvare la nazione.»
I suoi uomini, armati solo di vecchi fucili
e armi bianche, affrontano nelle strade i carri armati francesi. La resistenza
è accanita, ma alla fine le ultime milizie dovranno evacuare Hanoi.
Gli organi della Repubblica Democratica si
sposteranno più a nord, si riorganizzeranno nelle campagne e sui monti. Ho Chi
Minh lancia un proclama:
«Per amore di pace, abbiamo fatto delle
concessioni, ma più ne facciamo, più i colonialisti francesi ne approfittano
per calpestare i nostri diritti… No! Piuttosto sacrificare tutto che perdere il
nostro paese, che ricadere nella schiavitù. In piedi, compatrioti!… Che colui
che ha un fucile si serva del suo fucile, che chi ha una spada si serva della
sua spada! E se non si ha una spada si prendano zappe e bastoni!»
Ha inizio la guerra d'Indocina.
Nel primo anno di guerra, il Vietminh non
solo regge all'urto, ma grazie alle strategie della guerriglia riesce spesso a
ridicolizzare un nemico indubbiamente più forte.
Alla fine del 1948 Bao Dai, tornato da Hong
Kong, forma a Saigon un governo centrale provvisorio (anticomunista, e almeno
sulla carta "nazionalista").
Quest'evento è stato preceduto da una vera e
propria farsa: quando ha appreso che i francesi volevano a tutti i costi
rigettarlo nell'agone politico, Bao Dai se l'è data a gambe. Per mesi l'alto
commissario francese Emile Bollaert ha dovuto dargli la caccia in diverse città
d'Europa. L'imperatore, per nascondersi, passava le giornate rintanato nei
cinematografi e le notti a bere nei locali più scalcinati. Finalmente Bollaert
lo ha trovato e riportato in Indocina trascinandolo per un orecchio.
Giap: «Il nemico infine comprese che la
guerra sarebbe stata di lunga durata e, a partire dal 1948, mutò strategia:
impiegò le sue forze nella "pacificazione" e nel rafforzamento delle
regioni già occupate, soprattutto nel Nam Bo, in base al principio di
combattere i vietnamiti con i vietnamiti […] Organizzò quindi un governo
centrale fantoccio, inquadrò unità militari collaborazioniste… [questo
cambiamento] ci indusse a promuovere una strategia che faceva delle retrovie le
nostre zone avanzate. Le nostre unità si disperdevano in compagnie autonome che
operavano in profondità nella zona controllata dal nemico per scatenarvi la
guerriglia, stabilirvi basi e proteggere il potere popolare locale […]
rovesciavamo i notabili collaborazionisti, eliminavamo i traditori e facevamo
un'attiva propaganda per ottenere il disgregamento delle forze ausiliarie […]
Sulla carta del teatro di operazioni, oltre alla zona libera, cominciavano ad
apparire, nel cuore stesso delle regioni occupate, "zone rosse" che
si estendevano e moltiplicavano incessantemente. Il suolo della Patria veniva
liberato centimetro per centimetro sul fronte stesso delle retrovie. In quella
guerra non vi era niente di definito, il fronte passava ovunque si trovasse il
nemico, non era da nessuna parte, era dappertutto.»
Nelle zone libere la Repubblica Democratica
cerca di sviluppare la sua politica agraria, che comprende la ridistribuzione
delle terre dei coloni francesi e dei collaborazionisti.
Il 23 aprile 1949 un'assemblea di 700
francesi e 1000 vietnamiti vota l'annessione della Cocincina al nuovo Vietnam
nazionalista.
Il 14 giugno Bao Dai si autoproclama
imperatore del nuovo stato.
Ma il mondo sta per assistere a ben altro.
L'1 ottobre 1949 Mao proclama la Repubblica Popolare
Cinese.
Il 14 l'Armata Rossa cinese occupa Canton.
Il 15 dicembre, si assesta sulla frontiera
col Tonchino.
Il 19 gennaio 1950 la Cina riconosce la Repubblica Democratica
del Vietnam.
Il 30 gennaio l'urss e i paesi del Patto di Varsavia riconoscono la Repubblica Democratica
del Vietnam.
Una settimana più tardi, usa e Regno Unito riconoscono il regime
di Bao Dai.
Nel giugno 1950 scoppia la guerra di Corea.
Finirà il 27 luglio 1953. La nuova Cina comunista interviene a sostegno dei
nord-coreani. Gli usa combattono
dall'altra parte.
A Washington viene coniata l'espressione
"contenimento del comunismo". Il rischio è che l'intero continente
asiatico si tinga di rosso.
Iniziano gli aiuti militari ed economici
degli usa alla Francia.
Nel biennio 1950-51 l'aiuto americano copre
solo il 15% delle spese di guerra; nel 1952 sale al 35%, nel 1953 al 45%, per
raggiungere l'apice con l'80%, nel 1954.
La cosa più buffa è che una parte
consistente di questi soldi finisce nelle tasche di Bao Dai, che riceve uno
stipendio di quattro milioni di dollari all'anno. E cosa ci fa? Cura la manutenzione
dei suoi quattro aeroplani privati, mantiene moglie e figli in Costa Azzurra,
ma soprattutto apre conti in diversi paradisi fiscali e compra proprietà
immobiliari in Francia e Marocco.
Nonostante il salasso ai danni dei
contribuenti nordamericani, Bao Dai si lamenta sempre di essere in bolletta.
Per potersi assicurare due pasti caldi al giorno, stringe alleanza con Bay
Vien, boss mafioso di Saigon. Lo nomina addirittura generale, e quel losco
figuro gli riserva una percentuale degli incassi di bische, bordelli e fumerie
d'oppio.
E come non notare che l'imperatore si porta
sempre appresso un codazzo di puttane, che qualifica come "membri
dell'unità cinematografica imperiale"?
Presto americani e francesi si rendono conto
che l'esperimento sta andando male: Bao Dai seppellisce i loro sforzi nel
ridicolo.
Chi invece fa sul serio è Giap. Tra luglio e
ottobre i francesi vengono sgominati a Cao Bang, Lang Son e Lao Ky. Il Vietminh è padrone
di tutto il nord-est.
Viene inviato in Indocina il generale De
Lattre de Tassigny, il cui piano è attuare la costruzione di una solida linea
di fortificazioni nel delta del Fiume Rosso. Ma a metà gennaio del 1951, Giap
attacca a Vinh Yen. I francesi reggono. A marzo l'offensiva riparte da Mao Khé.
Da novembre a febbraio, ad essere attaccata è Hoa Binh. Le "tre
battaglie del Delta" si risolvono in una cocente sconfitta del corpo di
spedizione francese.
Giap: «Da un lato, operavamo con azioni di
contenimento e annientamento sulla linea del fronte; dall'altro, approfittando
della debolezza del dispositivo nemico, le nostre divisioni si infiltravano
nelle stesse retrovie del Delta… Le nostre basi di guerriglia, già ampliate, si
ingrandivano ulteriormente, liberando complessivamente due milioni di abitanti.
»
Secondo Le Monde, Giap dispone ormai
di 120-150 mila uomini nelle forze "regolari" e di 170-200 mila
contadini-partigiani.
Il 24 maggio 1952 parte la "campagna
del nord-ovest", che spazzerà via i francesi da quella parte del paese
(13.000 perdite), liberando anche alcune province del Laos.
Quando l'Esercito Popolare raggiunge il
confine settentrionale col Laos (11 ottobre), la Francia risponde con
l'operazione "Lorraine", 30.000 uomini lanciati contro le basi
Vietminh nell'alto Tonchino. Un clamoroso fallimento.
Finora la Francia ha speso 1.600 miliardi di franchi per la
guerra d'Indocina.
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