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Tre fratelli, lo zio Ho e lo zio Sam
(Storia disinvolta delle guerre
d'Indocina. Laos)
La prima guerra d'Indocina scoppia nel
dicembre 1946. Di conseguenza, si rafforza la guerriglia nel Laos orientale.
Kaisôn Phomvihăn, figlio di un vietnamita e di una laotiana, acquista
sempre più importanza come dirigente del Partito Comunista Indocinese e
ufficiale di collegamento tra i movimenti di liberazione dei due popoli.
Sūphanuvong proprio non riesce a stare
fermo, riattraversa il Mekong e in Laos organizza unità miste Lao
Issara/Vietminh. Ma i problemi non cambiano: munizioni scarse, pochi soldi,
azioni sporadiche.
Per fortuna la Thailandia gli dà una mano:
nel settembre del '47, a Bangkok, si forma la "Lega dell'Asia Sud-orientale",
che unisce i nazionalismi radicali di tutta l'area, comprese Indonesia,
Malaysia e Birmania. Sūphanuvong (e chi altri?) ne è segretario generale.
Purtroppo, meno di due mesi dopo, un putsch
militare rovescia il governo di Bangkok e insedia il dittatore Phibunsongkhram.
Tutto l'asse politico del paese si sposta a destra, proprio in coincidenza con
l'inizio della guerra fredda.
Migliorano i rapporti fra Bangkok e Parigi e
gli esuli Lao si trovano di fronte a un aut-aut: restare in Thailandia cessando
ogni attività militare, o trasferire tutte le operazioni a est, lungo il
confine fra Laos e Vietnam. La seconda scelta implica maggior cooperazione col
Vietminh. Ovviamente, Sūphanuvong preme per lo spostamento sul fronte
orientale. I suoi fratelli sono a dir poco perplessi, non vogliono legarsi a
doppio filo col Vietnam né tantomeno col comunismo internazionale.
Nelle file del Lao Issara aumenta il
dissenso tra comando dell'est e comando dell'ovest; i dirigenti militari d'alto
rango che operano dalla Thailandia accusano Kaisôn di essere solo un agente del
Vietminh. Non capiscono che il Laos è soltanto uno dei teatri della
guerra d'Indocina, e che ormai il conflitto con la Francia riguarda tutta l'area.
E' già chiaro che prevarrà la linea di Kaisôn e Sūphanuvong.
Ma i dissensi fanno precipitare il morale
interno, soprattutto fra i non-comunisti. Si aprono squarci in cui s'infilano
agenti francesi: costoro contattano gli esuli più malleabili, offrendo loro
l'indulto e cariche di responsabilità in cambio dell'abbandono della causa e
del ritorno in Laos. E' la strategia retorica del "chi cazzo ve lo fa
fare?".
Nel gennaio ‘49, in Laos sud-orientale, si
forma la brigata Raxavong, primo nucleo del futuro Esercito di Liberazione del
Popolo Lao. Ne è comandante lo stesso Kaisôn, addestrato allo scopo
dall'Accademia Militare del Vietminh. Diventerà segretario generale del Partito
Rivoluzionario del Popolo Lao, nato dall'autoscioglimento del Partito Comunista
Indocinese.
Come in Vietnam, Partito ed Esercito
rimarranno indistinguibili. Vanno considerati "mente politica" e
"braccio militare" di un unico movimento, che passerà alla storia col
nome di "Pathēt Lao".
Col supporto del Vietminh, la guerriglia si
estende a tutto il Laos. Sūphanuvong combatte a nord, nella regione di
Luang Namtha, e tralascia di rendere conto delle proprie scelte strategiche al
governo in esilio.
A marzo, il "principe rosso" gioca
una carta a sorpresa e invita ufficialmente Vietminh, disertori cinesi
del Guomindang e volontari birmani a entrare in Laos per combattere i francesi.
Il suolo thailandese scotta sotto i piedi del governo in esilio, con la giunta
militare di Bangkok che minaccia di espellere il Lao Issara. Quest'ultimo è costretto
a dissociarsi pubblicamente dalle scelte di Sūphanuvong.
Per tutta risposta Sūphanuvong si
dimette da ministro, scrive al fratello Phetxarāt che rimanere in
Thailandia è un atto di "infantilismo" e "vigliaccheria".
Il governo in esilio replica accusandolo di agire in modo arrogante e credersi
ormai "un piccolo dio", nonché tacciandolo di incompetenza per come
ha organizzato le forze armate del Lao Issara, con uno Stato Maggiore pieno di
non-laotiani e fondi neri provenienti dal Vietminh. Per Sūphanuvong, il
governo in esilio è ormai irrimediabilmente fuori dalla realtà, è un governo
solo "nominalmente" e "su basi fittizie". Che cazzo si
credono? La resistenza è stata organizzata in condizioni d'emergenza, con
adesioni volontarie e abnegazione individuale, armata e finanziata con ogni
mezzo disponibile. Non c'era tempo di compilare libri mastri. Se lui stesso non
si fosse sbattuto a tenere i rapporti coi vietnamiti, sul fronte orientale non
ci sarebbe stata alcuna guerriglia.
A luglio, Francia e Governo Reale Laotiano
fanno un passo avanti rispetto agli accordi del '46: una nuova Convenzione
concede al Laos maggiore autonomia e sovranità, la co-gestione con l'Unione
Francese del controllo sulle frontiere e della politica estera, nonché il
diritto di chiedere l'ingresso all'ONU come stato indipendente. Ma l'esercito
francese rimane padrone del territorio, e può reclutare liberamente cittadini
laotiani.
Gli esuli del Lao Issara si dichiarano
soddisfatti del grado d'indipendenza raggiunto dal Governo Reale, proclamano la
cessazione delle ostilità e lo scioglimento del governo in esilio. A ottobre,
il Governo Reale risponde concedendo l'indulto ai più moderati, già cotti a
puntino dai negoziatori francesi.
Suvanna Phūmā torna in Laos con
l'idea di incontrare il fratello e trattare. Un possibile terreno d'intesa è il
neutralismo: tenere fuori il paese dalla guerra fredda, non schierarsi con
nessuno dei due blocchi.
E Phetxarāt? Il re si rifiuta di
restituirgli il titolo di vicerè, e lui reagisce con la cocciutaggine e
l'orgoglio che tutti gli riconoscono: decide di rimanere in Thailandia.
Negli stessi giorni d'autunno, Mao Zedong
fonda la Repubblica Popolare Cinese:
D'ora in avanti la nostra
nazione apparterrà alla comunità mondiale delle nazioni che amano la pace e la
libertà, e lavorerà con coraggio e abnegazione per costruire la propria civiltà
e il proprio benessere, e al contempo per favorire la pace e la libertà nel
mondo. La nostra non sarà più una nazione soggetta a ingiurie e umiliazioni. Ci
siamo alzati in piedi. La nostra rivoluzione si è guadagnata la simpatia e
l'ammirazione dei popoli di tutti i paesi. Abbiamo amici in tutto il mondo. (21
settembre 1949)
Tra breve scoppierà la guerra di Corea. Il
"contenimento" del comunismo diventa questione urgentissima. Stati
Uniti e Gran Bretagna riconoscono il nuovo Laos. Sulla loro scia si muovono
diversi paesi europei e latino-americani. Si adegua anche la Thailandia, ma non
le altre nazioni asiatiche, che considerano ancora incompiuta l'indipendenza
del paese e limitata la sua sovranità.
Nel febbraio 1950 si forma un nuovo governo.
Suvanna Phūmā è ministro della pianificazione e delle opere
pubbliche. Ma l'azione del governo viene paralizzata dai soliti scontri fra
clan.
Nell'agosto 1951 si tengono nuove elezioni.
Suvanna Phūmā diventa primo ministro. Sua priorità è trasferire al
Laos tutte le attività amministrative e militari ancora gestite dall'Unione
Francese. Senza la completa sovranità del Governo Reale, sarà impossibile riconciliare
tutti i Lao. Nel giro di un anno Vientiane rileva la gestione della polizia,
della giustizia, delle dogane e del Tesoro. Ciò che a Suvanna risulta
impossibile è estendere la partecipazione popolare alla vita politica, che
resta in mano a poche famiglie, e integrare nello stato le numerose minoranze
etniche.
E Sūphanuvong?
Torna in Vietnam subito dopo lo scioglimento
del Lao Issara. Indice un "Congresso dei Rappresentanti del Popolo", con
inviti spediti ai combattenti di tutte le regioni. Più di cento delegati
s'incontrano dal 13 al 15 agosto 1950.
Ci sono anche i cosiddetti "meo
rossi", fazione Hmong comandata da Faidāng Lôbliayao, alleato del Vietminh
già dal '46, acerrimo nemico dei Hmong anticomunisti di Tūbi
Līfūng, che controllano la coltivazione e il traffico d'oppio.
In quei tre giorni nasce il Pathēt Lao.
Sūphanuvong dirige il comitato centrale. In più è presidente e ministro
degli esteri del nuovo governo di resistenza. Kaisôn Phomvihăn è ministro
della difesa.
Il congresso approva un programma politico
in dodici punti, promette di "combattere i colonialisti francesi e i loro
lacchè, traditori della patria dei Lao", chiede: la piena sovranità e
indipendenza del Laos; la formazione di un governo di coalizione; l'uguaglianza
fra tutte le etnie e l'eliminazione degli umilianti lavori di corvée che
toccano in sorte alle minoranze. Viene anche posto l'accento sull'unità coi
popoli di Vietnam e Cambogia per la liberazione dell'Indocina.
Nel triennio 1951-'53 attivisti del
Pathēt Lao vanno nei villaggi più isolati lungo il confine tra Vietnam e
Laos, formano comitati di agricoltori, di donne, di giovani, aiutano a
costruire scuole e mense popolari, insegnano a leggere e a scrivere, promuovono
l'igiene personale e collettiva, suggeriscono nuovi metodi di coltivazione e
organizzano gruppi armati di autodifesa. Compagnie teatrali mettono in scena
gli eventi della guerra di liberazione. Ogni villaggio "conquistato"
è sottratto per sempre ai francesi o al Governo Reale. Quando i francesi
entrano in un paese, gli abitanti si chiudono in un mutismo indecifrabile. Per
i soldati non ci sono viveri né sorrisi.
Alla fine del ‘52 l'esercito di Giap
oltrepassa il confine col Laos e occupa le province di Phongsālī e
Huaphan. Inizia l'ultima fase della guerra d'Indocina, che culminerà con la
vittoria di Dien Bien Phu. Il Pathēt Lao ne approfitta per occupare tutto
il Laos nord-orientale, una grande "zona liberata" dove insediare il
governo di resistenza. Sūphanuvong dirige le operazioni dal Quartier
Generale di Xam Neua. Anche dopo il ritiro dei vietnamiti, la zona resta nelle
mani del Pathēt Lao.
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