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Vitaliano Ravagli -Wu Ming Asce di guerra IntraText CT - Lettura del testo |
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46 Tre fratelli, lo zio Ho e lo zio Sam (Storia disinvolta delle guerre d'Indocina. Laos)
Nel maggio 1954 manifestazioni di destra percorrono le vie di Vientiane e Luang Prabang. Protestano contro le concessioni al Pathēt Lao strappate da Pham Van Dong a Ginevra. Ma altri partiti "borghesi" sanno che una fugace scintilla basta a riaccendere la guerra civile, e replicano che il Pathēt Lao non può essere escluso da un accordo di governo. Prevale quest'ultima posizione, e si forma una commissione congiunta Governo Reale/Pathēt Lao per migliorare le condizioni dell'armistizio. L'altro corno del dilemma è il ruolo di consulenza garantito ai francesi. Il delegato del Governo Reale a Ginevra, Phuy Xananikôn, è al centro di attacchi convergenti da destra e da sinis… da un po' meno a destra. In realtà pare che le critiche siano pilotate da una cricca golpista anti-trattative annidata chissà dove, che intende rovesciare il placido Suvanna, forse (si vocifera) per insediare al suo posto il fratello più vecchio, Phetxarāt, ancora in auto-imposto esilio a Bangkok. Non è chiaro se Phetxarāt sia al corrente di tali piani. Nel corso del mese di giugno si registrano due tentativi di far insorgere le truppe della guarnigione di Vientiane. Entrambi falliscono, così qualcuno organizza un attentato contro Phuy. Il commando è formato da fuorilegge Lao e capeggiato da un criminale latitante che vive in Thailandia. Phuy torna da Ginevra in agosto. Il 18 settembre tre membri del commando attraversano il confine, eludono la sorveglianza della polizia e assaltano la casa di Phuy durante una cena. Phuy viene leggermente ferito da schegge di granata, ma il ministro della difesa Ku Voravong rimane ucciso nella sparatoria. Gli attentatori riescono a tornare in Thailandia. Il governo sprofonda in una crisi nera, mentre altri ministri ricevono minacce di morte e la polizia sembra rastrellare gente a caso (quaranta arrestati). Suvanna dà le dimissioni. Dopo sei settimane si forma il nuovo esecutivo, ne è premier Katāy Don Sasorit, già importante dirigente del Lao Issara in esilio, abile libellista e propagandista, in prima fila nelle polemiche contro Sūphanuvong e Kaisôn. Suvanna è vice-primo ministro. Le indagini sull'assassinio arrivano presto a un punto morto. Psicosi del complotto e accuse reciproche infiammano i diversi clan della vita politica laotiana. Le ripercussioni dell'attentato dureranno anni, e in parte distoglieranno l'attenzione dal dibattito reale, quello sull'unificazione amministrativa e culturale del paese. Il cessate-il-fuoco è in vigore dal 6 agosto. Nelle due province che occupa (la "zona di raggruppamento"), il Pathēt Lao prosegue il reclutamento: in un anno, dieci-quindicimila ragazzi si spostano a Phongsālī e Huaphan. Essendo vicine al confine orientale, le due province garantiscono frequenti contatti col Vietminh, che continua a consigliare e addestrare il Pathēt Lao. Nel ‘56 quest'ultimo arriverà a contare una quindicina di battaglioni regolari, più le unità di supporto. Dopo alcuni incontri tra Suvanna e Sūphanuvong, il Pathēt Lao ha riconosciuto l'autorità de iure del Governo Reale sulla "zona di raggruppamento", ma i negoziati si sono impantanati dopo l'assassinio di Ku e il conseguente cambio di governo. Sūphanuvong e il premier Katāy si detestano. La strategia della tensione ha funzionato. Il problema principale è: chi controllerà la "zona di raggruppamento", quasi tutti occupata dal Pathēt Lao, ma con sacche di guerriglia anticomunista? Per Sūphanuvong la risposta è ovvia: via dai coglioni le "Forze Speciali" (organizzate dai francesi e composte principalmente dai Hmong anticomunisti). Katāy invece vuole "congelare" la situazione all'istante della firma degli accordi di Ginevra, secondo la precaria logica del "c'è spazio per tutti", comunisti e Hmong. In realtà, più che di spazi, è un problema di tempi: il Governo Reale vorrebbe ristabilire il proprio controllo sulle zone liberate, per poter tenere le elezioni con la vigente legge elettorale (suffragio ristretto), dopodiché si potrà discutere dello status politico del Pathēt Lao. Sūphanuvong risponde, in sostanza: «Mi avete preso per un coglione?», rovescia l'assunto e dice che occorre un accordo preventivo col Pathēt Lao, per introdurre il suffragio universale e garantire un corretto svolgimento delle elezioni, ad esempio impedendo alle squadre Hmong di minacciare i votanti. Ognuno rimane sulle proprie posizioni, finché nell'aprile 1955 il negoziato viene interrotto. Katāy accusa Sūphanuvong di essere un servo del Vietminh, il principe rosso risponde che è semmai il Governo Reale a essere manovrato dagli Stati Uniti. Il 25 dicembre, nonostante le proteste di Sūphanuvong, si tengono elezioni in dieci delle dodici province del Laos. Non che Katāy registri un grande successo, anzi, il suo Partito Nazionale Progressista non riesce a raggiungere la maggioranza, anche a causa della sua intransigenza e scarsa elasticità nel condurre le trattative col Pathēt Lao. Tocca di nuovo a Suvanna Phūmā formare un governo. Quando s'insedia, dichiara: «La mia preoccupazione n.1 sarà risolvere il problema del Pathēt Lao.» Impresa ancor più difficile di quanto fosse due anni prima. Benché la maggioranza del parlamento (e di quel poco di "opinione pubblica" riconoscibile nel paese) sia neutralista e favorevole alla trattativa coi comunisti, gli Stati Uniti - che non hanno firmato gli accordi di Ginevra - non vedono certo di buon occhio un governo di coalizione che includa i comunisti, e a dire il vero intendono sabotarne la nascita con ogni mezzo. Siamo ormai all'antivigilia della "guerra segreta" della cia. Gli Stati Uniti già addestrano personale lao al lavoro di intelligence, infiltrazione, anti-guerriglia, sabotaggio, ma lo fanno in Thailandia per aggirare gli accordi di Ginevra, secondo cui sul suolo laotiano tali compiti spetterebbero ai francesi. Già da ora gli usa sostengono l'intero costo dell'esercito laotiano. Dal canto suo, il Pathēt Lao è interamente finanziato dalla Repubblica Democratica del Vietnam (cioè, indirettamente, da Urss e Cina). Ciò fa del Laos l'unica nazione del mondo in cui entrambe le fazioni di una guerra civile sono finanziate da potenze estere. Si chiama "neutralismo". Intanto continuano le scorribande Hmong, in Indocina operano i servizi segreti di tutte le principali potenze mondiali, cresce la tensione fra Vietnam del Nord e Vietnam del Sud. La Repubblica Democratica del Vietnam aiuta con rifornimenti clandestini e spedizioni di quadri del Vietminh l'opposizione al regime filo-americano di Ngo Dinh Diem. Le colonne dei rifornimenti sconfinano in Laos aggirando la zona smilitarizzata e rientrando in Vietnam sotto il 16° parallelo. In questo scenario viene catapultato Vitaliano Ravagli.
Suvanna tira diritto, conosce bene la storia e la geopolitica del proprio paese, e soprattutto conosce il proprio fratello minore. Sa che può spuntarla, ma deve camminare come in equilibrio su una fune, rischiando a ogni minuto di far esplodere la rabbia degli americani. I due fratelli si incontrano diverse volte nel corso del 1956. Ci si accorda sul reintegro de facto delle zone occupate nell'amministrazione del Governo Reale e sull'ingresso dei battaglioni del Pathēt Lao nell'esercito, in cambio di elezioni supplementari, formazione di un governo di unità nazionale e garanzie per la sicurezza e i diritti di tutti i cittadini (leggi: niente rappresaglie né minacce contro militanti e simpatizzanti del Pathēt Lao). All'indomani degli accordi, Suvanna cerca di rassicurare gli usa, dicendo che l'entrata del Pathēt Lao nell'esercito reale è il miglior modo per neutralizzare il movimento. Ma subito dopo (agosto ‘56) si reca in visita diplomatica a Pechino e a Hanoi, viaggio che reputa "essenziale per creare un clima favorevole alla prosecuzione delle trattative". John Foster Dulles non riesce a credere alle proprie orecchie. Si apre finalmente la strada per un governo di coalizione alla guida di un Laos davvero neutrale. Nonostante gli sforzi della cia per sabotare il negoziato e i litri di sudore versati dall'ambasciatore americano J. Graham Parsons, a dicembre si raggiunge l'intesa per formare il governo prima delle elezioni supplementari nelle due province della discordia. E' giunto il momento di invitare Phetxarāt a tornare a casa. Il più anziano dei tre ingegneri si dice felice dell'intesa raggiunta dai fratelli più giovani, che gli fanno restituire il titolo di uparat. Nel marzo 1957, dopo undici anni di esilio, l'orgoglioso principe riattraversa il Mekong senza aver perso un briciolo di stile e di dignità. Morirà il 15 ottobre 1959, due settimane prima del decrepito re Sīsavāngvong, il sovrano a cui s'era opposto con fermezza.
Battuta d'arresto: Suvanna si scontra col parlamento. Secondo la maggioranza dei deputati, la formazione del nuovo governo deve seguire le elezioni supplementari, non precederle. Il 30 maggio, dopo un voto di sfiducia pilotato dall'ambasciata americana, Suvanna dà le dimissioni. Il candidato favorito dagli usa è il solito Katāy, ma non ottiene la fiducia per un solo voto. Dopo due mesi di crisi non si trova nessun altro candidato, e la carica viene restituita a Suvanna. Con sommo dispiacere degli americani, riprendono le trattative col Pathēt Lao. Si arriva al cosiddetto Accordo di Vientiane. Il 18 novembre Sūphanuvong rimette formalmente le province di Huaphan e Phongsālī al principe della corona Savāngvatthanā, in rappresentanza del re. Il giorno dopo nasce il governo di coalizione, con due ministri del Pathēt Lao. Uno è proprio Sūphanuvong (ministro della ricostruzione e pianificazione urbana: non è forse un ingegnere?). Non durerà a lungo. Tra poco si tornerà a sparare. E ci sarà anche Vitaliano.
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