VI.
I primi mesi dell'estate
passarono bene. Fu verso il settembre che un fatto penoso venne a turbare la
pacifica vita della famiglia Sant'Angelo.
Era già da gran tempo
che la signora Chiara non godeva più della sua antica salute. Le più brevi
passeggiate la stancavano fortemente e, causa il progressivo indebolirsi della
vista, aveva dovuto tralasciare del tutto di occuparsi di qualsifosse lavoro
d'ago e della lettura. Ma la signora Sant'Angelo, obbedendo alla sua vecchia
tempra coraggiosa, non voleva essere ammalata e de' suoi acciacchi aveva
più e più volte fatto argomento di scherzi col figlio e con la nipote.
Una sera di settembre,
mentr'era seduta nel suo seggiolone, ascoltando la lettura, che Loreta le
faceva secondo il solito, del Giornale di Udine, chiuse ad un tratto gli
occhi lasciandosi sfuggire un gemito e sarebbe caduta a terra se la giovane
rapidamente non fosse sorta a sostenerla.
Accorso subito alle
grida di Loreta il professore Mattia, questi, bianco in viso come un cadavere e
col presentimento di una sventura, fece del suo meglio per far rinvenire la
madre, mentre si correva precipitosamente al paese alla ricerca del medico.
La signora Chiara
ricuperò il sentimento e trovandosi fra le braccia di Mattia, si sforzò di
sorridere, ma solo a stento pervenne ad articolare poche parole:
- Non vi spaventate. Non
è nulla.... proprio nulla.
Ma il medico, giunto
senz'indugio, ritenne dover suo d'onest'uomo di non tenere celata al professore
la verità. Era stato un insulto apoplettico quello che aveva colpito la
signora: lieve per fortuna e tale da non dare peranco luogo a timori di una
imminente catastrofe: le estremità inferiori eran però paralizzate del tutto e,
attesa la tarda età dell'ammalata, il caso si presentava ad ogni modo grave
abbastanza.
Alle parole
confortatrici del medico, Mattia non credette. Tutte le terribili conseguenze
di una disgrazia si delinearono prontamente con crudele evidenza nel suo
pensiero. Alla possibilità di perdere la sua adorata madre non aveva mai potuto
riflettere. Ora, dinanzi a questa minaccia, egli sentì fiaccate tutte le
proprie forze.
Ma la speranza rinacque
ancora. A poco a poco la signora Chiara parve riaversi. La parola che nelle
prime settimane, dopo la sera fatale, le usciva con un po' di stento dalle
labbra, si rifece limpida e spedita; le idee si mantenevano ordinatissime e
precise. Soltanto gli occhi servivano ben poco alla signora e le gambe potevano
dirsi interamente perdute.
Il medico aveva incorato
Mattia a consolarsi.
- Vostra madre vi
rimarrà ancora per molto tempo. Con assidue cure è anche sperabile di poter
ottenere un qualche miglioramento. La cosa principale è quella di averla
strappata alla morte.
Il professore aveva
alzato gli occhi al cielo con uno slancio di contentezza.
- Ah! sì! purchè non me
la portino via! purchè io la veda, purchè io la sappia vicina a me!
La sua caldissima pietà
filiale gli metteva sulle labbra tali parole. Ed era un sentimento di
perdonabile egoismo al quale quest'uomo semplice e buono obbediva nel
pronunciarle.
Ma la vita, cui la
povera signora Sant'Angelo trovavasi ormai condannata, era per certo peggiore
d'ogni morte.
Stremata di forze, per
intere settimane non poteva abbandonare il letto. Passava notti angosciose,
insonni o tormentate da incubi penosi. Ne' giorni buoni, quando la temperatura
era mite e il medico aveva dato il suo consenso, la adagiavano sopra una grande
poltrona, in cui rimaneva, colle gambe ravvolte in una grossa coltre, per
qualche ora.
In pochi mesi ella fu
ridotta pressochè irreconoscibile. Il suo corpo sempre magro s'era quasi
ischeletrito; la pelle del viso s'era fatta grinzosa e di un pallore
cadaverico; paralizzata dal male ne' suoi movimenti, aveva una necessità di
cure continue, tanto che quando lasciava il suo letto conveniva recarla a forza
di braccia fino al seggiolone.
A tutto ciò attendeva
Loreta, forte, instancabile, paziente. Amorosa come una figlia, come un angelo,
resistente ad ogni strapazzo, ella non lasciava neppure per un momento la
signora Chiara. Dormiva accanto a lei, nella stessa stanza, molte notti senza
spogliarsi, attenta ad ogni chiamata. Quella vita di fatiche la sfiniva. Le
tracce della stanchezza si dipingevano sul suo volto. Ma rifiutava con
risolutezza ogni osservazione.
Una volta il medico,
profondamente impressionato, ne aveva tenuto parola al professore Mattia.
- Bisogna provvedere.
Questa giovane fa dei miracoli. Ma le forze di uno valgono per uno. Se continua
così si ammalerà anche lei.
E propose di far venire
una suora dall'ospitale di Udine.
Quando Loreta udì
questo, protestò energicamente. Non lo avrebbe permesso mai più. Non temessero
per lei: si sentiva forte; era giovane, non soffriva punto: anzi era per lei
una dolcezza il sentirsi utile, il potersi mostrare grata alla sua
benefattrice. D'altronde, qualunque disposizione avessero presa, sarebbe
riuscita dispiacevole anche alla signora....
Ed era vero. L'ammalata
non voleva che Loreta. Qualunque cura le fosse resa da altri di casa, la uggiva
e la rendeva malcontenta. Nelle sue veglie, nelle ore in cui era assalita da'
suoi dolori, ne' momenti in cui il male pareva aggravarsi, non chiamava che
Loreta. La voce di lei la pacificava, la mano di lei posata sulla sua fronte
pareva le inducesse la calma nello spirito.
- Loreta.... - le aveva
detto un giorno che si sentiva un po' meglio e l'avevano posta nel suo
seggiolone, accanto alla finestra aperta per la quale entrava il salubre
profumo della campagna, - Loreta, tu sei per me più buona d'una santa. Che cosa
mai potrei io fare per mostrarti la mia riconoscenza?
La giovane aveva
risposto, con un sorriso che illuminò la sua bella faccia magrissima:
- Che cosa dite,
signora! Io faccio il mio dovere: nulla più. Sono felice nel farlo e sono
sicura che Dio mi accorderà la grazia di vedervi presto guarita.
- Guarita!
La vecchierella alzava
gli occhi, che più non discernevano, verso il cielo, seria, con un tremito cupo
nella voce:
- Guarita!...
E la testa bianca le
ricadeva sul petto, gravemente, mentre una lagrima scorreva grossa tra le rughe
del suo povero viso.
Perchè, se nella signora
Sant'Angelo il male aveva infrante le forze, lo spirito conservava la sua pura
e serena limpidezza, interamente. E quelle immagini che già da lungo tempo la
assediavano, ora le apparivano dinanzi con più penosa e sinistra evidenza.
Una volta che don Letterio
Prandina era venuto da Udine per visitarla, - come del resto negli ultimi tempi
faceva con molta frequenza, - la vecchia signora si lasciò andare con lui ad
uno slancio di confidenza.
- Vedete, don Letterio,
tutti quelli che mi circondano vanno a gara perchè io non possa accorgermi del
mio stato.... Io mi sforzo di far credere a tutti ch'essi riescono nel loro
intento. Ma non è così. So che i miei giorni sono contati. E attendo senza
timori che Dio mi chiami. Ma il mio povero Mattia.... lasciarlo, lasciarlo
così!
Don Letterio aveva
procurato di consolarla con dolci parole:
- La Provvidenza non abbandona mai i buoni! Anche Mattia troverà un giorno la sua felicità!
- Avete ragione, Prè
Letterio: la provvidenza c'è, c'è per tutti. E bisogna sperare. Ah! se io
potessi sperare che Loreta resti per sempre accanto al mio figliuolo....
- Se questo sarà il
volere di Dio....
Prè Letterio troncò così
quel discorso. Egli comprendeva perfettamente quale sentimento di bontà
inspirava il voto della signora Sant'Angelo. Era un sentimento a cui egli con
tutto il suo cuore applaudiva. Ma da uomo pratico del mondo e della vita una
riflessione lo sopraffaceva. Ed era quella della gravità grandissima che quel
fatto avrebbe potuto avere nell'esistenza del professore: gravità che quella
madre amorosa, sotto l'impulso della sua passione, era ben lunge dal poter
misurare.
La signora Sant'Angelo
si acquietò alle parole del vecchio amico, limitandosi a commentarle con un
lungo sospiro, nel quale ella poneva tutto il fervore della sua anima piena di
fede. E per alcuni giorni non toccò più con alcuno quell'argomento.
Ma il suo stato di
prostrazione andava aumentando con rapido ed allarmante progresso. Distesa nel
suo lettuccio, colle spalle affondate ne' cuscini, rimaneva ormai lunghe ore
immobile, cogli occhi chiusi, colle mani piccole e bianche raccolte sullo
scarno petto. Loreta le stava accanto continuamente. Mattia, nervoso, col volto
pallido, andava e veniva per la stanza, girandosi spesso a sedere in un angolo,
donde fissava, cogli occhi ardenti, intensamente, la sua cara ammalata, in una
espressione di alto ed appassionato dolore. Quando poi la signora ridestavasi e
chiamava, accorreva al suo fianco, tergendosi rapidamente le lagrime; e più di
una volta Loreta doveva trattenerlo, perchè nell'impeto suo, non desse a
comprendere alla sofferente lo stato di angoscia in cui egli si trovava.
Una sera, che Loreta
erasi allontanata per pochi momenti, la signora Chiara aveva voluto accanto a
sè il figliuolo. Era una sera triste sul finire dell'ottobre. Sulla campagna
piovigginava. E per l'aria, già fredda, veniva lento dalle chiese di Tricesimo
e de' villaggi vicini il rintocco delle campane. La vecchia pareva si fosse
raccolta ad ascoltare que' suoni, poi quasi improvvisamente aveva chiamato il
professore:
- Sei qui? sei qui?
- Sì, mamma, sì.
Ella aveva sorriso.
Colle mani tremanti cercò la testa di suo figlio e gli accarezzò i capelli
brizzolati, con una lunga carezza, come avrebbe fatto una madre al più tenero
fanciulletto.
- Suonano laggiù....
suonano. Per poco ancora li sentirò. Forse domani sarà tutto finito!
- Che dici, mamma! -
esclamò il professore con voce soffocata, sforzandosi a celare il suo
struggicore.
Ma la signora colle sue
dita gli sfiorò la faccia bagnata di pianto:
- Tu piangi, Mattia. Sì.
Non ti veggo più, ma sento che hai le lagrime sul viso. Perche? Tu sei stato un
buon figlio sempre. Non ho che da benedirti. Se anche ti debbo lasciare resterà
con te la mia benedizione sempre, sempre....
Poi abbassando la voce:
- Ed ama Loreta, figlio
mio, - aggiunse la signora Sant'Angelo, - amala; essa è buona, ha sofferto, ha
pagato coi dolori ogni suo errore; amala: non è indegna di te.
Dopo quelle parole
reclinò il capo stanco, ricadendo in uno stato di dormiveglia placidissimo,
interrotto da qualche lieve scotimento nervoso. Si sarebbe detto ch'ella
riposasse in un tranquillo sonno se tratto tratto non avesse dischiuso gli
occhi volgendoli in giro, come cercando taluno.
Il medico, venuto nella
notte due volte, poi per tempissimo alla mattina seguente, avvertì che la fine
era giunta. Ed infatti, prima di sera, la signora Sant'Angelo si addormentò per
sempre, senz'alcuna agonia penosa, fra le braccia di suo figlio e di Loreta.
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