PREFAZIONE
Non deve parer soverchia
presunzione in me il titolo che pongo al mio libro.
Ho vissuto lungamente,
da fanciullo, su le Alpi e, più tardi, nella campagna
milanese. Il continuo contatto e la paziente benchè spesso incosciente
osservazione mi agevolarono il mezzo per istudiare a fondo le costumanze di
questi luoghi, onde le mie novelle sono ispirate alla
verità più che tessute dalla fantasia. Certamente chi ad esse
voglia chiedere emozioni violente si troverà ingannato. Benchè lo Zola in Francia ed un poco il Verga in Italia abbiano
dipinto la classe dei contadini a foschi e tetri colori, io invece, umilissimo,
non ho saputo ritrovarvi che le passioni più semplici e naturali, non ispoglie
talora di una graziosa attrattativa e destinate ad accaparrarsi, anzichè ad
alienarsi, la simpatia delle persone le quali passano per côlte ed
intelligenti. Non presumo, con questo, lanciare una vana frecciata alla scuola
dell'uno o dell'altro dei celebri autori ch'io prima
nominai. No, no. Mi basta conchiudere che, fortunatamente, i nostri contadini
lombardi non sono ancora corrotti come i francesi, o i siciliani, o i
napoletani, secondo le notizie che ne danno quegli scrittori; e, finchè no'l sono, giudico ridicolaggine immaginarli diversi.
Se l'interesse di
un'opera d'arte è in relazione col grado di verosimiglianza che l'artista ha
saputo donarle, non debbono mancar d'interesse le mie
modeste novelle, specchio fedele della realtà. Ed io
anzi mi sono meravigliato spesso che altri, prima e più valente di me, non
pensasse a descrivere i miei paesi ove pur durano tante consuetudini ignorate
alla maggior parte degli italiani, le quali hanno un profumo di verginità caro
all'anima, ispiratore di sentimenti affettuosi.
Due avvertimenti mi
restano a fare. Uno riguarda in particolar modo la novella che intitolo: Una vittima. Quando essa comparve la prima volta, stampata
sopra un giornale, furono persone che mi rimproverarono per avervi trattato un
argomento così delicato ed intimo. Quelle persone dimostrarono di non
aver inteso niente; cosa facile d'altronde, alla nostra epoca, per chi legge!
Non pensai io di pubblicare una solleticante pornografia, ma
bensì di commuovere le oneste anime al racconto di quella tragedia
campagnuola in cui, fatte le debite restrizioni, fu vittima una donna infelice
da me conosciuta. La novella è quasi storica: più storica che, per esempio, la
morte di Lucrezia di cui si fa pure esatta spiegazione, secondo i nuovi
regolamenti, ai fanciulli delle classi elementari. A
chi abbia, in mezzo a tanto sfacelo degli affetti
domestici, conservato sentimenti umani, troppo sacra dev'essere questa sublime
prova della maternità, perchè egli possa farne cinico stromento alla sua fama
letteraria.
La seconda delle
osservazioni concerne il mio stile. Ne ho adottato uno (se pur si voglia
riconoscermelo!) semplice come il tessuto delle stesse novelle, corrispondente
dunque alla indole loro. Nel dialogo riprodussi,
talvolta, alcune forme espressive e caratteristiche dei nostri dialetti
settentrionali o, meglio, lombardi, specialmente in ciò che riguarda
la costruzione del periodo: ma fu solo per dare colorito efficace alla
narrazione e
non, proprio, per ismania di novità. Le novità, in questo, come in ogni
altro genere, di buon grado io le abbandono a coloro che
sperano di rendersi notevoli con una originalità conseguita ad ogni
prezzo; gloria facile a chi abbia talento, ma breve assai più che la sua vita.
Avancinio
Avancini.
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