VI.
Giustizia per
tutti.
Paolino ritornava
trafelato dal suo viaggio. Andò sùbito a sedersi in un canto del focolare e
divorò la zuppa che Maddalena gli aveva apparecchiato. Quando la pancia fu
sazia, egli si guardò intorno con quegli occhi sporgenti e cerulei, poscia
abbassando la voce domandò:
- Chi c'è stato?
- C'è stato Domenico -
rispose la moglie. - Vi cercava. Ha bisogno di parlarvi.
- Lo so - disse Paolino.
Ed accese la pipa fregando i zolfanelli su la coscia destra. - Va benissimo.
Siamo d'accordo. Se torna, lo avvertirai in mio nome che tutto è all'ordine.
Non impicciartene, ti raccomando. Io questa notte non dormo a casa. Debbo far
tanta strada!... - e trinciò la mano per aria. - Lascio però anche il cavallo.
Io solo e Domenico. Se torna, favorisci dunque avvertirlo che per le sei
partiamo: tenga una lanternetta, quella tale piccola che è molto comoda. E
d'altronde, addio.
Maddalena volle dargli
qualche ammonizione.
- Voi state per
commettere un'altra ribalderia! - proruppe lagrimevole. - Siete un uomo senza
visceri, siete proprio un birichino. Ma no, è inutile crollare il capo; la
cattiveria alle persone la si legge negli occhi. È un pezzo che vi conosco.
Vergogna! dopo due soli mesi che siete ritornato dal carcere! ingannare e
rovinare così una povera donna! ubbriacarsi un giorno sì ed uno no,
bestemmiare, giuocare, rubare! manigoldo, ve ne accorgerete presto o tardi; ed
è una fortuna che domineddio non mi doni figlioli, altrimenti!...
Paolino fumava tranquillissimo,
come se non ascoltasse la voce della moglie. La pipa gli pendeva, nerastra ed
umida, in un angolo della bocca socchiusa; e tratto tratto egli, dall'altro
angolo, faceva uscire uno sbuffo di nebbia cenerognola che si spargeva
nell'aria. Non si curò punto di Maddalena e rovistò entro i canterani scolpiti
dai quali tolse un piccolo falcetto affilatissimo ed un pezzo di corda.
- Il soldato non
affronta mai la battaglia senz'armi - soggiunse. E, fatto con la destra un
cenno amichevole alla moglie, senza ripulirsi gli abiti dalle pillacchere ed il
cappello dai ragnateli, scomparve rapidamente per ignoti luoghi.
Maddalena stette un poco
in pensieri, sedette al fuoco e poscia scoppiò in dirottissime lagrime. Ella
singhiozzava forte e col grembiale asciugavasi le guancie bagnate. Era uno
sfogo di cui da gran tempo sentiva bisogno.
- Oh! per amore - gemeva
piangendo. - In quali mani sono mai capitata!...
Verso le quattro del
pomeriggio ella udì giungere su la viottola un carro pesante, le cui assi cigolavano
rotolando nella mota. Quando questo fu presso la porta, sostò all'improvviso ed
il cavallo soffiò dalle narici il fiato grave. Poscia echeggiò un grande colpo
di scuriata.
- Ciao, Lena - gridò la
voce del mugnaio. - Posso prendere il grano giallo? ti fai viva una volta?
Maddalena scosse il
saliscendi ed aperse per metà il battente sinistro.
- Bene! - mormorò
fregandosi ancora le ciglia. - Ne ho ancora per un sacco circa. Sei o sette
staia. Più tardi bisognerà provvedere altrimenti. Se hai la pazienza di
scendere, in pochi attimi ti servo.
Andrea accondiscese e
saltò a terra.
- Mi farò una fiammatina
- disse. - Che tempaccio, cara mia. Sembra che non abbia piovuto da un anno.
Stamattina la cadeva a catinelle. E noi ce la siam tolta dalla prima all'ultima
goccia. Povero Flos! ne è madido. Mi vuol bene questo animale. Gli manca di
parlare per essere un cristiano fatto e finito. Certa gente del mondo è men
pieghevole e buona che il mio Flos. Peccato che abbia un male; guarda qua,
sotto il collo. Una piaga tanto larga. Deve produrgli uno di quei bruciori! Io
tutte le mattine gliela pulisco con l'aceto. Nè anche un calcio. Sta paziente
come se non sentisse nulla. Cosa vuol dire la forza di volontà!
Mentre faceva questi
discorsi Andrea aveva attaccato Flos, per le redini, ad un anello del muro, poi
era entrato nella cucina.
- Sai, Lena - soggiunse;
- ho trovato Paolo a Castelletto. Egli si era impancato sul portone
dell'osteria. È vero che ha faccende? mi dice che non dorme a casa ma va a...
a... to' che non mi ricordo. Non avrà mica la bestia con sè? mi pareva
alticcio. Quando si è in certe circostanze è meglio aver da comandare ad una
testa sola che a due.
Allora Maddalena si
sfogò. Una roba mostruosa. Quella canaglia certamente meditava uno dei tiri
soliti. Da alcuni giorni si mostrava in orgasmo. Scappava di casa la mattina
per tempo e ritornava a notte buia. Dove mangiava? dove lavorava? chi poteva
saperlo? Nel suo cassettone ella avevagli trovato una piccola tromba di quelle
che usano i saltimbanchi. Un mistero. Che faceva della tromba? aveva forse
esercitato su qualche fiera vicina? a Saronno? a Magenta? e perchè non
confidarle mai nulla, trattarla proprio come un'estranea, sospettar di lei come
di una nemica? Ah! le era toccato una grossa croce. Ecco dunque cosa significa
avere un padre troppo sciocco ed una madre impaziente di sbarazzarsi delle
figliole, temendo che invecchino e non trovino più marito. I presentimenti
l'avvertivano che non sarebbe felice con un tale uomo; quantunque egli allora
sembrasse tutt'altro, aveva però un certo sguardo, una certa faccia, una certa
maniera di esprimersi!
- Senza contare -
susurrava la disgraziata - senza contare che mi lascia qui senza quattrini,
senza roba per vestirmi, senza una difesa. E per la notte, caro il mio Andrea,
non c'è da stare allegri. La strada non è battuta; i carabinieri non passano
mai fuorchè dopo un disordine: i ladruncoli sono molti. Se mi sforzassero
l'uscio? se mi scalassero le finestre? se mi venissero in camera? quando mi
corico dò sempre un'occhiata al letto; ho sempre paura che sotto sia nascosto
un malandrino. Mi svesto di furia, balzo tra le coltri e mi rannicchio tutta
per la tema di sentirmi tirare i piedi. Mancherebbe una storia simile! e se
penso che la notte ventura!...
Ella tornò a piangere
disperatamente.
- C'è un rimedio -
continuò Andrea con grande serietà e nello stesso tempo timidezza. - Noi siamo
parenti, nevvero? dunque non si può dubitare. Una volta forse, quando tu eri
nubile... ma adesso, ormai, dopo tanti anni... La mia idea è questa; io come al
solito di ogni giovedì, stassera debbo recarmi a vendere le farine. D'ordinario
parto col mio fratello minore. Ebbene: per una volta, si potrebbe lasciarlo
viaggiar da solo... bisogna pur che si eserciti...
- E tu? - chiese
Maddalena indovinando.
- Io ti porterei un
bottiglione di quel dolce e, se mi apparecchi una frittata...
La donna strabiliava.
- Sei matto, Andrea? non
sono proposte da farsi.
Andrea sorrise.
- In fin dei conti una
frittata non è un delitto. Sai bene che non ho cattivi grilli per il capo. Se
vengo, è per farti un piacere. Trascuro le mie cose, arrischio che mio fratello
abbia qualche noia, perdo anche io una notte. Dunque, se non ti garba, sia per
non detto. Ma non garantisco di nulla, vedi? c'è intorno certi ceffi! ieri alle
otto, capisci? alle otto! fu derubata la vedova del cantoniere. Due tristacci
penetrarono nella sua stanza e, dopo averle cavato gli orecchini, me la
infagottarono tra le lenzuola, me la imbavagliarono e me la portarono fino al
pollaio. Che barbarie! il comandante è su le traccie dei miserabili, ma intanto
la povera infelice è a letto con una febbre da mulo.
- Davvero? - disse
Maddalena atterrita. E, dopo aver fatto i suoi calcoli: - Ma se passasse
qualcheduno per la strada?
Il mugnaio non si scompaginò.
- Passi pure. Chiuderemo
le imposte e sbarreremo l'uscio. Sfido io a vederci traverso le muraglie!
- E se Paolino tornasse
improvvisamente?
- Ho la gamba da
bersagliere. Balzerò nel cortile dietro la casa, mi nasconderò sui fienili e,
quando egli sarà coricato, scapperò via come il vento.
- E la frittata? e il
vino?
- Oh! senti! - soggiunse
l'altro, seccato: - se vuol venire, che venga: potrei anche prenderlo a
cazzotti, quell'asino. Sono tuo parente e basta.
Maddalena crollava il
capo.
- Poichè vuoi proprio,
sia. Mi fido in te. Ma non mi pare una cosa bella, scusami.
Frattanto Paolino aveva
fatto baldoria all'osteria di Castelletto. Comandò una piccola, mangiò
allegramente accompagnando il pranzo con un litro fino e poscia giocò alle carte
col proprietario. Era in vena, quel giorno; vinse e bevette il secondo litro a
credenza. Quantunque sopra un muro della cucina si vedesse dipinto un gallo con
le parole:
/* quando questo gallo
canterà credenza si farà, */
per gli avventori si
permettevano sempre eccezioni tanto da non iscontentarli. Bisogna sapere il
vivere del mondo.
Scoccarono le sei al
piccolo orologio della cappella. Paolino, barcollando leggermente, uscì dalla
porta maggiore. Intavolò un discorso con le femmine ritornanti dalla chiesa e
si lamentò che il tempo fosse orribile, che le strade non si potessero
praticare, che le pozzanghere impedissero il cammino.
Ecco arrivar lentamente,
con un malinconico fracasso di sonagliere, il carro del mugnaio. Flos trotterellava
filosoficamente, con la testa involta entro un cappuccio di cuoio nero, ed una
grossa coperta sul dorso, e le reni gocciolanti di pioggia. Le ruote, passando,
schizzavano mota a cinque passi di lontananza.
- Vanno a pigliare i
marenghi? - borbottò Paolino con disinvoltura. - Dove ce n'è, ce ne cresce.
Basta aver dieci biglietti di banca e sùbito si vedranno diventar cento. Ma
quando si portano le tasche vuote come le porto io, si sta sempre miserabili,
si sta sempre minchioni. Perchè gli interessi fruttino è necessario che non
manchino i capitali.
Andrea che sedeva sotto
la tenda lo salutò nella penombra. Egli teneva aperto dinanzi a sè un largo
parapioggia per evitar che l'acqua gli battesse in viso. Con la destra reggeva
le redini bagnate.
- State a Castelletto,
Paolino? - domandò.
Paolino rispose:
- Sto un corno.
- Volete un posto?
- Vo da tutt'altra
parte; accetterei se potessi: buon viaggio. Un bicchiere?
Andrea, aiutato dal
fratello Carlo che camminavagli di fianco, aveva spinto Flos alla corsa.
- Non abbiamo tempo -
gridò. - Sia per un'altra volta.
Ed il carro pesante,
pieno di sacchi, difeso dalla tela verde, svoltò l'angolo della contrada, poi
si perdette fra gli alberi umidi nella nebbia invernale.
Paolino trasse un fiato.
Rientrò nell'osteria e ricominciò una partita col padrone. Questi era di
cattivo umore; forse desiderava una rivincita. E fortunatamente la ebbe.
Paolino dovette far mettere in conto un terzo litro, buttò le carte in un
cantuccio, protestò giurando che non avrebbe più giocato in eterno e quindi
partì mezzo ebro. Doveva viaggiare, altro che storie! lo lasciassero in pace.
Mica tante noie, mica tante curiosità, altrimenti avrebbe fatto anche un buco
nella pancia a qualcheduno. In fin dei conti egli era un uomo giusto e ragionevole;
ma, se gli rompevano le tasche, sapeva difendersi e mostrare i denti. Uomo
avvisato è mezzo salvato.
Di fianco alla chiesa,
nelle tenebre della notte profonda, udì chiamarsi per nome.
- Domenico? - domandò
sforzandosi di essere calmo e sicuro su le gambe.
- Io stesso - rispose
una voce.
- Perchè non sei venuto
all'osteria? proprio bisogno di farti cercare a casa?
- Meglio non lasciarci
vedere insieme - rimbeccò l'altro.
- È vero. La lanterna?
- È qui.
- Niente di nuovo.
- Sono andati entrambi.
- Ho visto. Non
s'imaginano certo. La chiave dell'usciolo?
- Eccola.
- Il coltello?
- Per ogni buona sorte,
l'ho preso.
- Bravo! - continuò
Paolino. Possiamo arrischiarci.
E si misero in cammino.
Fecero circa tre chilometri in mezzo alla campagna deserta, non curandosi del
tempaccio e del fango che copriva la strada. Paolino sentiva l'acqua entrargli
per i fori delle scarpe.
- Se ci riesce - disse
egli quando furono presso al fiumicello - se ci riesce, compero un paio di
stivali. Ne berremo di botti! vero, Domenico?
Ma Domenico tacque. Più
serio, costui non si era permesso di ubbriacarsi. Guidò il suo compagno
nell'oscurità, evitando i pericoli ed infilando i sentieri come se avesse avuto
pupille di gatto. Udirono presto lo scrosciar della pioggia dentro l'acqua del
fiume.
- Eccoci - mormorarono
arrestandosi.
- E il mercante? -
chiese Paolino all'improvviso; - potremo fidarci?
- Stupido! - soggiunse
l'altro. - Lascia fare a me.
E scavalcarono una
siepe, traversarono un'ortaglia, si trovarono entro il cortile. Di fronte ad
essi alcune casupole ergevansi nel cielo bigio. Da una piccola finestra
scendeva qualche raggio tremulo e pensoso.
- Le mugnaie fanno la
calzetta - pensò Domenico. E trasse il proprio socio presso il porcile. - Hai
la corda? - gli domandò.
Paolino tirò fuor dalle
tasche la fune di cui si era munito durante il giorno.
- Va bene - continuò
Domenico; e con un grimaldello aperse l'usciolo. Penetrarono nella stalluccia
fetente ed accesero il lume. Svegliati così bruscamente, i maiali diedero un
grugnito e rizzarono le grosse teste con gli occhi stupidi e le orecchie
penzolanti. I due notturni visitatori si inquietarono.
- Zitti! - susurrò
Paolino brandendo il suo falcetto. - Volete che vi graffi?
Si precipitarono addosso
ad un paio di quelle povere bestie, ammorzarono la propria lanterna e con la
corda legarono loro le zampe anteriori. Poscia le imbavagliarono con certi
cenci portàti all'uopo, come si usava nel medioevo e si usa nei romanzi
medioevali verso le donne tradite o rapite. Domenico si caricò in ispalla il
suo peso e precedette il socio fuor del porcile.
- Bisogna mettercelo al
collo e sostenerlo per il didietro con le mani - suggerì egli. - In questo modo
ci stancheremo assai meno e potremo correre più liberamente.
Uscirono adagio adagio,
rinchiusero accuratamente la porticina e si dileguarono per le campagne. La
pioggia seguitava a cadere monotona, insistente, noiosa. Pareva che il cielo si
sfasciasse come cera o come ghiaccio. Un diluvio. I poveri maialetti non
dovevano trovarsi molto contenti della gita. E frattanto le gambe affondavano
entro il fango, le scarpe si facevano pesanti, gli abiti si appiccicavano alle
membra. Certe volte anche a rubare si fa tanta fatica! Domenico sapeva
contenersi e frenarsi, ma Paolino fremeva. Andarono, andarono, andarono,
Domenico davanti e Paolino alle sue calcagna. Quest'ultimo anzi moriva di
sonno.
- Io non posso più -
gridò finalmente, arrestandosi.
Ma Domenico teneva duro.
- Ci rovini - osservò
crudelmente. - Se non arriviamo per le quattro, addio i denari. E son tredici
miglia.
A Paolino si piegavano
le ginocchia. Erano arrivati presso il giardino del conte. Un muricciolo alto
poco più di un metro lo separava dalla strada.
- Io non voglio
scoppiare - disse Paolino. - Riposerò e poscia continuerò la via da solo.
Precedimi.
Domenico crollò il capo.
- Sei un asino. Bevi
troppo vino - soggiunse.
E via sempre, finchè il
rumore de' suoi passi fu sopito dalla pioggia precipitosa.
Paolino si era
appoggiato con la schiena al muricciolo. La sua bestia lo soffocava. Fece in
modo che questa potesse accoccolarsi comodamente su la pietra dello sporto;
allungò le gambe con una vera voluttà e trasse un sospiro di sollievo.
Poscia si addormentò.
Allora il maiale diede un
crollo, cadde all'indietro dalla parte opposta del muricciolo, strinse le zampe
allaccianti il collo del suo rapitore e lo strozzò come cinque e cinque fanno
dieci.
Maddalena ed Andrea
mangiavano tranquillamente la frittata e compiangevano Carlo, costretto a
viaggiar solo, quando furono scossi da alcuni colpi dati nella porta. Il
mugnaio diede un balzo e diventò livido; la donna più non sapeva in che mondo
si fosse.
- Presto, presto! -
proruppe una voce di fuori. - Lena! tuo marito è morto.
I campagnoli non usano
complimenti.
Elena scoppiò in un urlo
e corse ad aprire.
- Corri!... è là presso
il muro del signor conte. Morto stecchito. Ha la bocca piena di pioggia. Fu il
maiale ad accopparlo.
- Il maiale? un maiale?
che maiale? - disse Andrea comparendo coraggiosamente dal suo buco.
- Maiale o non maiale -
proseguì indispettito quell'uomo, - sta il fatto che Paolino è crepato.
Lena si mise a
strillare, Andrea corse a veder come stesse la faccenda. La quale poi io non so
come sia terminata.
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