VIII.
L'orologio di papà
Gedeone.
Dovete sapere che
l'orologio di papà Gedeone era un orologio svizzero dell'età di cento venti
anni circa, acquistato da lui a Dresda e inchiodato su la muraglia della sua
bottega da quasi mezzo secolo.
Meraviglioso per un orologio!
esso in tanti anni mai non aveva sofferto il minimo guasto, non aveva mai
sbagliato di un attimo e non s'era mai dimenticato di suonar ciascun'ora
puntualmente. Il suo quadrante bianco con un poco d'acqua fresca perdeva sùbito
le macchie che le mosche vi avessero deposto; ed i suoi uscioli chiudevano così
bene il meccanismo da non lasciarvi penetrare nè meno un atomo di polvere. Le
sfere giravano tranquillamente da vecchie amiche di casa, pulite dalla spazzola
di papà Gedeone ed unte dalla penna d'oca di Martuccia: il pendolo ondulava col
suo sdegnoso tic tac, che papà Gedeone a furia d'abitudine sentiva nelle
orecchie anche di notte mentre dormiva, e la rubiconda faccia di Guglielmo Tell
dipinta sul dinanzi della cassa continuava a muovere, da destra a sinistra e da
sinistra a destra, i suoi occhi neri che spaventavano i fanciulli del paese.
In paese, da Lorenzo il
ferraio a compar Matteo il sindaco, tutti conoscevano l'orologio di papà
Gedeone; ogni giorno anzi ne tessevano il panegirico almeno quattro o cinque
volte e, quando non avevano da fare, or uno or l'altro si mettevano davanti ad
esso con la faccia per aria, a bocca aperta ed in rispettoso mutismo, a fine di
non disturbarne il lavoro.
La gente di campagna è
molto appassionata per gli orologi di qualunque genere; quel movimento nascosto
e continuo che segna il tempo con una esattezza a tutta prova è sempre oggetto
degno di attenzione e riverenza; ci deve essere alcunchè di sovrannaturale che,
invisibile, regola ed anima poche rotelle di stagno senza intervento d'opera
umana: e sarebbe ingratitudine non riconoscere l'ingegno superiore di colui che
ha saputo mettere insieme una macchina così bella ed intelligente.
Lorenzo ferraio era,
dopo Gedeone, il più entusiasta per l'orologio magnifico; egli, che aveva
l'incarico di custodir quello del campanile, veniva ogni mattina ed ogni sera a
consultarlo su l'ora precisa e ben si può asserire che tutte le operazioni, i
contratti, le partenze e financo le messe del paese, erano stabilite e quasi
dominate dagli occhi di Guglielmo Tell.
Guglielmo Tell
insuperbiva della propria onnipotenza; guardava ironicamente quei bietoloni che
lo ossequiavano e salutavano in mille maniere, sorrideva sotto la barba
rossastra ed il suo maggior divertimento era mostrare che per lui non finivano
mai gli anni, i peli non incanutivano mai, non si chiudevano mai le pupille.
Egli pareva dire: ecco, io son padrone di tutti quanti. Cenate quando voglio
io: andate a letto quando voglio io: vi alzate quando voglio io. So far di meglio
che abbattere le poma in capo ai fanciulletti. Prescrivo fior di leggi alle
persone autorevoli del paese. Il cappellano fa suonar l'avemaria quando glielo
dico io; il sindaco celebra i matrimoni quando glielo consento: il maestro apre
la scuola quando lo avverto. Nulla si può fare senza consultarmi. Anche il
sensale qui presso vende e compera le sue vacche dopo avermi chiesto consiglio.
Poveri diavoli! il cappellano morirà, il sindaco sarà destituito, il maestro
diventerà cieco e compare Folco perderà i suoi marsupî. Boba da riderne. Io
sono eterno, sfido la sorte, seguiterò a spadroneggiare ad un altro sindaco, ad
un altro cappellano, ad un'altra generazione di uomini e di donne.
Al mondo nessuno
potrebbe vantarsi d'altrettanto. Ed una persona che non dorme, che non mangia,
che non si ammala, che non invecchia e che insomma è immortale ha ben diritto a
qualche deferenza per parte de' suoi simili.
*
* *
Fu Tata il primo che,
una sera, si permise una ingiuria inperdonabile contro l'orologio di suo zio. Papà
Gedeone al deschetto batteva il cuoio per un par di suole, diritto sopra lo
sgabello imbottito, con gli occhiali sul naso ed i grossi baffi grigi da
vecchio militare pioventi verso le labbra. Narrava per la centesima volta la
storia della propria giovanezza, collegata naturalmente con la storia
dell'orologio. Parlando, la sua voce di mano in mano intenerivasi ognora più e
gli occhi brillavano come braci.
Lorenzo ferraio,
Toniello, Tata e Martuccia ascoltavano in silenzio alla lucerna: Martuccia
soffiava il naso ad ogni tratto, Lorenzo ferraio e Toniello giocherellavano coi
piccoli strumenti da lavoro e Tata, molto burbero, picchiava gli scarponi per
terra.
Oh! quell'orologio ne
aveva pur visto di belle! Da solo aveva girato il mondo più che tutti i presenti
insieme. Nella genealogia de' suoi possessori papà Gedeone sapeva essere stato
un russo, un danese, un maresciallo di Francia ed un sàssone. Il russo avevalo
comperato per quattro rubli dal fabbricatore di Ginevra; poscia, portatolo a
Nininovogorod, era stato costretto cederlo al danese. Costui, che si trovava
allora nell'esercito di Napoleone, voleva mandarlo in regalo alla propria
amante: ma la famosa ritirata gli tolse l'esistenza ed il pendolo passò nelle
mani d'un suo compagno, attendente presso il maresciallo. Quel maresciallo,
perdutosi con le proprie divisioni in mezzo alla neve, senza un villaggio ove
riposarsi, nè un'osteria per rifocillarsi, nè un'almanacco su cui misurare il
tempo, appendeva ogni notte l'orologio entro la tenda e fu in questo modo che
si potè conoscere la durata del viaggio oltre il numero dei militari morti di
freddo o di fame. Tutte le volte che Guglielmo Tell moveva gli occhi era una
vittima nuova caduta nel terribile deserto.
Lorenzo ferraio
rabbrividiva.
- Oh! non è qui tutto -
ripigliò allora papà Gedeone cessando di battere il cuoio. - Una mattina il
maresciallo abbandonato da' suoi dragoni fu raggiunto da un'orda intera di
cosacchi i quali me lo tagliarono a pezzi. L'orologio, ch'era legato ad un
gancio della tenda, nella mischia precipitò sul terreno; i miserabili non lo
videro e, quando un altro corpo dell'esercito passò per quelle contrade,
trovando il pendolo e guardando che ore segnavano le sfere, si potè indovinar
senza fatica il momento preciso dell'assassinio. Poichè il meccanismo, nel
percuotere contro il suolo, si era fermato. Così la vedova del maresciallo ogni
giorno, finchè visse, e visse a lungo, in quello stesso momento andò a pregare
per l'anima dell'infelice.
Gli altri fingevano
strabiliare.
- Guardate un po' se par
naturale una simile cosa? chi lo imaginerebbe? un orologio così bravo ed
istruito? che fa l'officio d'un indicatore? che serve alla pietà d'una vedova,
alla religione d'una donna onorata?
Toniello non riusciva a
capacitarsene.
- E quando penso -
proseguì papà Gedeone - quando penso che mio padre vedendomi arrivare, dopo
quasi undici anni di lontananza, con l'orologio sotto le ascelle, mi gridò
sùbito: cosa diavolo porti? Bel complimento, corpo di una saetta. Era questa la
maniera di riceverci? Ma è inutile; i vecchi non vogliono saperne di novità, nè
di cose buone e preziose.
Tata a questo punto non
si contenne più. La storia della vedova non gli piaceva.
- Oh! andate là, zio. Una grande trappola che è il vostro orologio!
Papà Gedeone lo guardò
furibondo. Gli diede proprio dell'ignorante, disse che i giovani della giornata
non se ne intendono di nulla eppure sono presuntuosi all'eccesso, minacciò di
mandarlo via e lo chiamò: razza di cane.
Tata divenne
pallidissimo.
- Razza di cane a me! a
me! perchè avete viaggiato un po' con lo zaino in ispalla! perchè siete stato
fantaccino undici anni! ah! giuraddio!
Insomma la voleva finir
male. E, se Martuccia spaventatissima non avesse guardato suo cugino con occhi
supplichevoli riuscendo a calmarlo, qualcosa di brutto succedeva davvero.
*
* *
Ma l'orologio di papà
Gedeone, se non ve l'ho detto, era anche munito d'una sveglia; bastava collocar
la sfera più corta sopra l'ora che si voleva; tiravasi il peso di piombo fin
sotto la cassa e, quando scoccava l'ora segnata, questo, perso l'equilibrio,
scendeva in giù quanto era lunga la funicella facendo suonar la batteria. Il
piccolo martelletto allora con un tremito convulso ed uniforme percuoteva
energicamente il campanello di bronzo, fatto a foggia di fungo e collocato
dietro la testa di Guglielmo Tell: era una musica fortissima, che stordiva e
lasciava per un pezzo il tintinnìo entro le orecchie. Bisognava scoppiar dalle
risa, tanto quella cosa era buffa.
Martuccia stessa aveva
l'incarico, ogni sera prima di coricarsi, di mettere la sferetta su le sei ore;
all'alba papà Gedeone veniva destato infallibilmente dalla sonora scampanellata
e, quand'era in vena, saltando con fretta dalle coltri mentre continuava il
fracasso, esclamava:
- Oh! Guglielmo Tell!
taci dunque! blaterone! le femminette non hanno certo la parlantina che hai tu.
Se ti sente Don Rocco, chi sa che predica, quando vai a confessarti!
E, dacchè la sveglia era
stata aggiunta all'orologio, la soneria non aveva mai anticipato nè posticipato
di un secondo il proprio avviso mattutino; onde nè il vecchio nè sua figlia si
erano mai alzàti un secondo prima o dopo le sei ore, sia d'inverno che
d'estate.
Ma adesso vi dirò in che
modo quella briccona di Martuccia, con la sua grazia di fanciulletta ed il suo
fare di monachella, si vendicò delle brutte parole che papà Gedeone aveva detto
a Tata, il cugino allegro ed interessante.
*
* *
Un dopopranzo di
novembre papà Gedeone era uscito un momento a pigliare il suo tabacco lasciando
sola in bottega Martuccia: faceva scuro molto, cadeva una fittissima nebbia e,
siccome egli non aveva preso il mantello, ritornò sùbito a casa strascicando le
ciabatte.
Aperto l'uscio
improvvisamente fece scappar sua figlia che era in piedi sopra una seggiola
dinanzi al pendolo. Egli non se ne accorse nè pure, accese la lucernetta e,
fumando tranquillamente, si accomodò al desco mentre Martuccia preparavasi a
pulir le stoviglie.
Ben tosto arrivarono
Tata e Nanno vaccaro, fratello di Lorenzo ferraio, il quale portava un par di
scarponi da mettere all'ordine. Venne anche Toniello e la conversazione tra i
quattro uomini si fece più viva che mai.
Papà Gedeone rammentò
loro i propri viaggi, le manovre che aveva fatto in Germania e la rivista che
aveva subìto davanti all'imperatore d'Austria col re di Sassonia. Erano in
ottantamila sotto le armi, quella volta, e per la vecchia città di Dresda non
si udivano che rulli di tamburi e squilli di tromba.
- Oh! i bei tempi! e che
buona birra! - mormorava papà Gedeone. - Per mezza zvanzica se ne aveva due
boccali ed inoltre ogni mattina i furieri distribuivano un'oncia di tabacco a
ciascun uomo. Nel giorno della rassegna mi diedero due zvanziche. Affrattellàti
insieme, ungaresi, boemi, danesi, tirolesi, croati, veneti e lombardi, percorrevamo
le vie cantando come pazzi: e ci lasciavano cantare. Fu un giorno fortunato.
Vidi allora per la prima volta il mio pendolo in una bottega d'orologiaio e per
ben tre anni lo vagheggiai attraverso la vetrina senza poterlo acquistare.
Finalmente ottenni il mio congedo: aveva quattro fiorini disponibili; entrai
dall'orologiaio: quanto volete? - Zwei gulden. - Hier sind sie. Geben Sie mir
die Uhr. - E partii trionfalmente col mio tesoro sotto il braccio, dopo averne
udita la storia per filo e per segno dal venditore. Egli me lo aveva garantito
fin da quel giorno, il buon tedescaccio, e non mi ingannò, sangue di mia nonna.
Gli italiani invece sono impostori e ladri. Bisogna averli conosciuti quei
croati per poterli giudicare come si deve. Erano duri; ma non mentivano mai, ma
non rubavano mai i denari a nessuno e non credo che in tutta la terra, non
faccio per vantarmi, ci sia un orologio compagno del mio.
Papà Gedeone voleva
proseguire il suo elogio dell'onestà croata, quando le parole gli furono
interrotte in bocca da un subitaneo oscillamento negli ingranaggi del pendolo;
tutti alzarono gli occhi e nel silenzio della bottega vibrò, lungo, straziante,
interminabile, il segnale della sveglia. Il cilindro di piombo s'abbassava a
poco a poco tremando nell'aria come in preda ad un brutto male ed il
martelletto picchiava barbaramente il bronzo a foggia di fungo. Le orecchie ne
erano intronate e il sangue si gelò sul cuore di papà Gedeone.
Finalmente il peso,
avendo percorso tutto lo spazio concesso dalla funicella, s'arrestò presso la
parete palpitando ancora per la paura presa; negli ingranaggi accadde come uno
scombussolamento generale e il martelletto si fermò interrogando il vuoto:
anche il pendolo cessò di ondulare e gli occhi di Guglielmo Tell rimasero immobili
di colpo, sbarràti, curiosi, senza saperne il perchè.
Nanno vaccaro corse a
chiamar suo fratello ferraio e Toniello accompagnò Gedeone presso l'orologio
tenendogli alta la lucerna: non c'era che dire, bisognava che ci fosse qualche guasto,
l'orologio era forse rovinato.
Ed intanto, nell'ombra
che facevano i due uomini, Tata e Martuccia frementi e raggianti di gioia si
baciarono due o tre volte su la bocca.
Poi Tata venne anch'egli
presso suo zio e con aria compassionevole2 disse:
- Vedete, zio, se non è
una trappola?
Martuccia sorrideva.
Quanto a papà Gedeone era proprio sconsolato.
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