LIBRO PRIMO
PARTE PRIMA
LA NUOVA FORMA DELLA GUERRA
CAP.
I
NUOVI MEZZI
TECNICI
L'aeronautica aprendo
all'uomo un nuovo campo d'azione, il campo dell'aria, doveva, necessariamente,
portare l'uomo a battersi anche nell'aria, perché dovunque due uomini possono
incontrarsi, là una lotta è inevitabile.
E, di fatto, prima
ancora che l'aeronautica fosse, in un modo qualunque, impiegata negli usi
civili, venne largamente usata a scopi guerreschi, ed a ciò contribuì
singolarmente lo scoppio della grande guerra, determinatosi in un periodo di
tempo in cui l'aeronautica bambina cercava ancora la sua via.
Il fatto di avere a
disposizione, quasi improvvisamente, un nuovo mezzo di guerra, di carattere
ancora non perfettamente definito e con caratteristiche completamente diverse
da quelle di tutti gli altri mezzi di guerra, doveva, inevitabilmente, produrre,
come produsse, delle incertezze nel suo impiego.
Nel nuovo mezzo si vide,
più che altro, un qualche cosa che poteva riuscire utile per agevolare
l'impiego di altri mezzi di guerra già esistenti, e, per lungo tempo,
relativamente, si negò perfino la possibilità della lotta nell'aria.
Poiché l'aereo domina ed
ha grande velocità di traslazione, una delle prime idee che sorse fu quella di
impiegarlo come mezzo di esplorazione e di ricognizione. Poi sorse quella di
impiegarlo come mezzo di controllo del tiro d'artiglieria. Siccome dall'alto
non solo si vede bene, ma si colpisce anche facilmente, e dato che l'aereo può
sorvolare le linee nemiche, si pensò di usarlo come mezzo per offendere
l'avversario sulle sue linee ed oltre, ma, a questo genere di azioni non si
dette mai una grande importanza, anche perché, da principio, gli aerei più
usati - gli aeroplani - non potevano trasportare che un piccolo peso di
materiali offensivi.
Ma siccome si sente la
necessità di reagire contro qualsiasi azione il nemico compia, così si sentì il
bisogno di opporsi alle azioni aeree nemiche, e nacquero le difese antiaeree e
la così detta aviazione da caccia.
Mano mano, per
rispondere alle necessità aeree, fu necessario accrescere le forze
aeronautiche, e, poiché queste necessità venivano a manifestarsi durante una
guerra di carattere grandioso, l'accrescimento fu rapido e tumultuoso, ma non
sempre logicamente ordinato, e permase il concetto che i mezzi aerei avessero
essenzialmente lo scopo di agevolare ed integrare l'impiego dei mezzi
guerreschi di terra e di mare.
Solo verso la fine della
grande guerra sorse, in qualche nazione belligerante, l'idea che fosse
possibile e conveniente affidare a forze aeree missioni di guerra indipendenti;
ma questa idea non venne decisamente attuata da nessuno, forse anche perché la
guerra si chiuse prima che ne fossero pronti i mezzi adatti.
Ora questa idea risorge
e sembra affermarsi. Essa, di fatto, risponde ad un logico concetto analogico.
L'uomo vive essenzialmente sulla superficie terrestre, e, certo, incominciò a
battersi sopra di questa. Noi non sappiamo se, quando incominciò a poter
navigare sul mare, considerò i mezzi adatti alla navigazione marittima come
mezzi di guerra capaci di agevolare ed integrare i mezzi di guerra terrestri; sappiamo,
tuttavia, che, da lunghissimo tempo, si combatte per mare indipendentemente, se
pure in accordo, che per terra. L'oceano atmosferico interessa la superficie
terrestre più di quanto non lo interessino i mari, e perciò nulla vieta, a
priori, di pensare che esso possa costituire un campo di lotta di uguale
importanza.
L'Esercito, per quanto
combatta per terra, possiede mezzi galleggianti e può usarne per agevolare ed
integrare proprie operazioni, ma ciò non esclude che la Marina possa compiere
missioni di guerra coi soli suoi mezzi ed alle quali l'Esercito non può
concorrere in modo alcuno, la
Marina, per quanto combatta per mare, possiede mezzi
terrestri e può usarne per agevolare ed integrare proprie operazioni, ma ciò
non esclude che l'Esercito possa compiere missioni di guerra coi soli suoi
mezzi ed alle quali la Marina
non può concorrere in modo alcuno; analogamente l'Esercito e la Marina possono possedere
mezzi aerei, capaci di agevolare ed integrare le rispettive operazioni, ma ciò
non può, a priori, escludere che si possa, sia utile o necessario
costituire una forza aerea, capace di compiere missioni di guerra coi soli suoi
mezzi ed alle quali né l'Esercito né la Marina siano in grado di concorrere in modo
alcuno.
In tal caso, questa
forza aerea deve, logicamente, essere posta, nei confronti dell'Esercito e
della Marina, negli identici rapporti in cui sono rispettivamente posti
Esercito e Marina.
Evidentemente l'Esercito
e la Marina,
ossia chi si batte per terra e chi si batte per mare, debbono operare in vista
di una unica finalità: quella di vincere, e perciò debbono operare
concordemente, ma non dipendentemente. La dipendenza dell'uno dall'altra, o
viceversa, non farebbe che diminuire la libertà di azione di una delle parti, e
perciò il suo rendimento. Analogamente chi si batte per aria deve operare
concordemente, non dipendentemente, da chi si batte per terra o per mare.
Ho voluto accennare,
fino da queste prime pagine, al problema generale che si agita in questo
periodo di tempo, per dimostrarne subito l'importanza. Finita la guerra, ossia
l'urgenza di fare per ottenere un rendimento rapido, se pure minimo, è
necessario lavorare in modo tutto diverso; cioè studiare il modo di ottenere il
massimo rendimento col minimo mezzo.
La difesa dello Stato
deve venire predisposta per mettere lo Stato nelle condizioni di sostenere, il
più agevolmente possibile, un eventuale futuro conflitto. Ma, perché le
predisposizioni risultino efficaci, è necessario che esse forniscano i mezzi
adatti al carattere ed alla forma che presenteranno i conflitti futuri.
Fondamento, dunque, delle predisposizioni atte a procurare allo Stato una
difesa veramente efficace, sono il carattere e la forma che assumeranno i
futuri conflitti.
Le attuali forme sociali
hanno portato alle guerre di carattere nazionale, ossia alle guerre che
coinvolgono nella mischia popoli interi: e, poiché l'evoluzione dell'assetto
sociale si mantiene decisamente su questa via, è da prevedersi - nei limiti
entro i quali debbono contenersi le previsioni umane - che il carattere degli
eventuali futuri conflitti si manterrà nettamente nazionale.
Invece, pur restando
negli angusti limiti delle umane previsioni, si può, con tutta sicurezza,
affermare che la forma dei futuri eventuali conflitti verrà a mutare radicalmente.
La forma della guerra -
ed è la forma che interessa essenzialmente gli uomini di guerra - dipende dai
mezzi tecnici di cui si dispone. È noto quale influenza, sulle forme della
guerra, ebbe l'introduzione delle armi da fuoco; eppure l'arma da fuoco non fu
che un perfezionamento delle armi da gitto utilizzanti l'elasticità di
materiali solidi (archi, baliste, catapulte, ecc.). Siamo stati noi stessi
testimoni della influenza che ebbero, sulle forme della guerra terrestre, la
introduzione delle armi a tiro rapidissimo a piccolo calibro unitamente al filo
di ferro, e, su quelle della guerra marittima, l'impiego dei
sommergibili1. Abbiamo anche assistito all'introduzione negli usi di
guerra di due altri mezzi completamente nuovi: dell'arma aerea e dell'arma
venefica: ma essendo queste due armi ai loro principi e possedendo caratteri
completamente diversi da tutte le altre, non abbiamo ancora potuto renderci un
conto esatto della loro influenza sulle forme della guerra.
Certo tale influenza
sarà grandissima, ed io non esito ad affermare che essa sconvolgerà
completamente le forme della guerra fin qui conosciute. Le due armi nuove si
integrano a vicenda. La chimica, dopo aver fornito gli esplosivi più potenti,
riesce ora a fornire veleni di potenza terrificante e di efficacia superiore ai
più potenti esplosivi, e la batteriologia può fornirne ancora dei più
formidabili. Basti il pensare qual forza di distruzione verrebbe a possedere
quella nazione i cui batteriologi scoprissero il modo di propagare una mortale
epidemia nel paese avversario e, contemporaneamente, il siero per immunizzare i
propri.
L'arma aerea permette di
portare, oltre l'esplosivo, il veleno chimico o batteriologico in un punto
qualunque del territorio nemico, disseminando su tutto il paese avversario la
morte e la distruzione.
Se noi consideriamo
queste possibilità attuali - che l'avvenire non può se non perfezionare, cioè
rendere sempre più efficaci - dobbiamo, necessariamente, convincerci che l'esperienza
della grande guerra combattuta non può servirci che come un punto di
orientamento, già molto lontano da noi, non mai come un fondamento sul quale
basare la preparazione della Difesa nazionale, preparazione che si deve fare in
vista delle necessità future.
Bisogna anche tenere
presente che esistono condizioni di fatto le quali favoriscono l'intenso studio
e la larga applicazione di queste armi nuove di una efficacia ancora non vista,
e queste condizioni sono quelle nelle quali è stata posta la Germania.
La Germania è stata disarmata delle vecchie armi e
le si impedisce di tenere forze armate del vecchio stampo. Essa, che ben
difficilmente potrà rassegnarsi a permanere in uno stato di inferiorità, è
tratta, dalla necessità, a ricercare i mezzi per conseguire la propria
rivincita al di fuori di quelli che le sono stati tolti e proibiti. La Germania gode del primato
mondiale sia nel campo chimico-batteriologico sia in quello meccanico; si
manifestano sintomi dai quali si può inferire che la Germania pensa già a ciò,
ed è da prevedersi che essa riuscirà a perfezionare, con quella intensità e
serietà di lavoro che la distinguono, le nuove armi nei suoi gabinetti
scientifici e sperimentali, là dove ogni controllo - se simili controlli
potessero mai essere efficaci - è vano.
Indipendentemente da
quanto può fare la Germania,
sta il fatto che non è possibile non riconoscere un valore alle nuove armi e di
questo valore non tener conto negli apprestamenti della Difesa nazionale. Ma
per tenerne il giusto conto bisogna, anzi tutto, formarsi un'idea, per quanto
si può, precisa ed esatta di questo valore, sia in modo assoluto che in modo
relativo rispetto a quello delle armi di terra e di mare.
Tale è appunto lo scopo
principale di questo saggio.
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