CAP.
III
IL
CAPOVOLGIMENTO
La grande guerra fu lunga
ed esaurì quasi completamente le Nazioni più direttamente interessate al
conflitto, sia vincitrici che vinte.
Questi fenomeni si
devono, anzitutto, ad una causa di ordine tecnico: al perfezionamento delle
armi da fuoco, perfezionamento che avvantaggiò in modo formidabile l'attitudine
difensiva; ed, in linea secondaria, ad una causa di ordine, dirò così,
psicologico, alla non immediata comprensione dell'avvantaggiamento conseguito
dall'attitudine difensiva appunto in causa del perfezionamento raggiunto dalle
armi da fuoco.
La scuola offensiva
trionfava ovunque in modo assoluto, al punto che si giungeva ad esaltare i
vantaggi dell'offensiva, dimenticando che, anzitutto, per assumere tale
attitudine, occorre possedere i mezzi per svolgerla. Della attitudine difensiva
non si parlava che per incidenza, come a malincuore. Ciò indusse a ritenere che
l'accresciuta potenza delle armi da fuoco avvantaggiasse l'offensiva, e lo si
affermò altamente. Fu un errore: la verità era l'opposta; il ragionamento puro
poteva farla prevedere e l'esperienza della guerra la dimostrò chiaramente.
La verità è questa: ogni
perfezionamento delle armi da fuoco avvantaggia l'attitudine difensiva.
L'attitudine difensiva è
quella che permette di conservare più a lungo l'efficienza delle proprie armi,
mettendole, nel tempo stesso, nelle migliori condizioni per sviluppare la loro
efficacia: una attitudine, cioè che conserva ed esalta l'azione delle proprie
armi. Si comprende perciò come, in linea assoluta, più l'arma è potente - cioè
efficace - maggiore valore acquistino quei dispositivi che valgono a
conservarla in potenza e a darle mezzo di sviluppare tutta la sua potenza.
Da ciò derivò il fatto
che mai, come nella grande guerra, ebbero largo e complesso sviluppo le
sistemazioni difensive che vennero ad assumere una importanza formidabile. E,
per riprova del fatto, basti il pensare che tutta la formidabile sistemazione
difensiva che costituì, per lungo tempo, la saldezza delle linee di battaglia
durante la recente guerra, avrebbe avuto un valore poco differente da zero se
le fanterie e le artiglierie in contrasto fossero state armate come ai tempi di
Gustavo Adolfo.
Ma la difensiva,
dall'accrescimento dell'efficacia delle armi da fuoco, si avvantaggiava non
solo in senso assoluto, ma anche in senso relativo, sull'offensiva. Supponiamo
che un soldato sia appostato in una trincea preceduta da un reticolato, e che
gli avversari, per percorrere il terreno di attacco, debbano impiegare un
minuto primo. Se le due parti sono armate di un fucile a bacchetta, capace di
sparare un colpo ad ogni minuto, per avere la sicurezza matematica di giungere
nella trincea ove l'unico soldato si difende, basta attaccare con due uomini,
poiché più di uno, durante l'attacco, non potrà venire abbattuto. Ma se le due parti
sono, invece, armate di fucili capaci di sparare 30 colpi al minuto, per avere
la stessa sicurezza occorre attaccare con 31 uomini. Tutto il fuoco che abbiano
potuto eseguire questi uomini prima dell'attacco non interessa, se la trincea
ripara convenientemente il difensore.
Nel primo caso, uno
sulla difensiva equilibra uno all'offensiva: nel secondo caso ne equilibra
trenta, unicamente perché l'arma è diventata trenta volte più efficace.
L'accrescimento della
efficacia delle armi induce quindi la necessità di una maggiore sproporzione di
forze tra l'offensiva e la difensiva per raggiungere quella rottura
d'equilibrio che fornisce la vittoria, ossia rende più difficile lo svolgersi
dell'offensiva, in quanto questa, per raggiungere il suo scopo, deve possedere
una maggiore preponderanza di forze sul nemico, mentre facilita,
corrispondentemente, la resistenza di chi si difende.
Di fatto, nella passata
guerra, l'enorme efficacia acquistata dalle armi di piccolo calibro permise
alla difensiva di lasciar giungere l'offensiva fino a brevissima distanza da sé
per poi arrestarla, costringendola, se intendeva compiere ancora i pochi passi
che la separavano dal suo obbiettivo, ad agire non più sugli uomini, ma sul
terreno preparato a difesa, mediante il faticoso e costoso impiego delle
artiglierie di ogni calibro, allo scopo di sconvolgere completamente l'assetto
difensivo, sino a ridurlo in macerie, seppellendovi i difensori. Così avvenne
che mai, come nella grande guerra, l'offensiva riuscì difficile, aspra e dispendiosa.
Dire che l'accrescimento
della potenza delle armi da fuoco avvantaggia la difensiva, non è andar contro
al principio indiscutibile che solo l'offensiva, atto positivo, può dare la
vittoria. Vuol dire semplicemente che l'offensiva, per l'accrescimento della
potenza delle armi da fuoco, esige una preponderanza maggiore di forze.
Ciò non fu riscontrato
che tardi. Così avvenne che, durante la grande guerra, si svilupparono
offensive senza possederne i mezzi adeguati e che, perciò, non riuscirono, o
riuscirono a mezzo. Ciò portò ad un logoramento di forze e ad un prolungamento
della guerra, per la necessità di raccogliere, volta a volta, le enormi
quantità di mezzi e di forze necessarie a svilupparle.
È certo che, se gli
eserciti fossero stati armati di fucili a bacchetta e di cannoni ad avancarica,
non avremmo visto né trincee di cemento armato né reticolati di filo di ferro,
e la grande guerra sarebbe stata decisa in pochi mesi.
Invece la grande potenza
delle armi si urtò e si spuntò contro la ancor più formidabile resistenza della
corazza che vi si oppose, e fu d'uopo battere e ribattere lungamente su tale
corazza prima di giungere a spezzarla ed a mettere allo scoperto il cuore del
nemico.
Questo fatto salvò
l'Intesa, perché le dette il tempo di provvedere, e perfino di creare degli
eserciti ex novo, ma, per converso, portò all'esaurimento quasi completo
dei vincitori e dei vinti.
I tedeschi, nella loro
preparazione alla guerra, tennero conto del valore che avrebbe assunto la
difensiva in virtù dell'accrescimento delle armi da fuoco. Essi concepirono la
guerra nella sua forma più offensiva, si provvidero delle armi più adatte - 305
e 420 - per sbarazzarsi al più presto la strada dagli ostacoli costituiti dalla
fortificazione permanente in uso, ed iniziarono la lotta svolgendo l'offensiva
più decisa: ma, quando le circostanze li costrinsero ad assumere la difensiva
sulla fronte francese, si coprirono con una sistemazione così complessa e così
adatta allo scopo che sorprese gli avversari e che non poteva essere
improvvisata, ma studiata e predisposta da lunga mano.
La Germania, durante la sua preparazione alla
guerra, dovette considerare il caso di essere costretta a far fronte a più
nemici, ed il vantaggio che, in tale circostanza, essa avrebbe potuto ottenere
da una sistemazione difensiva tale che le permettesse di trattenerne una parte
col minimo delle forze per gettarsi contro l'altra col massimo delle sue forze.
Studiò perciò questa sistemazione e l'attuò non appena le circostanze la
dimostrarono necessaria, dando chiaramente a divedere come essa, se mantenevasi
ben salda nel principio che la vittoria non può ottenersi che coll'offensiva,
non disconosceva il valore della difensiva sia in sé, sia nei rapporti stessi
coll'offensiva.
La grande preponderanza di
forze che si dimostrò necessaria all'offensiva per rompere l'equilibrio, mentre
rendeva più difficile l'offensiva, in modo indiretto l'agevolava, nel senso che
permetteva rendere sottilissime le proprie linee difensive per raccogliere la
maggior massa di forze nella zona in cui si intendeva svolgere l'offensiva.
Tutto il giuoco strategico dei tedeschi si ridusse a ciò: trattenere, con poche
forze ben sistemate a difesa, una parte dei nemici per attaccare l'altra parte
colla massa delle forze; e questo giuoco riuscì loro abbastanza spesso e per
lungo tempo.
L'Intesa, colta
d'improvviso dalla sorpresa, si illuse, non appena vide che era riuscita, non
ostante la sua manifesta impreparazione, ad arrestare la marcia tedesca verso
il cuore della Francia e ritenne di poter vincere con sufficiente facilità così
che non fece subito tutto ciò che sarebbe stato necessario fare e che fu
costretta a fare successivamente. Nel campo puramente militare vi fu un ritardo
nella comprensione esatta delle nuove necessità della guerra il che produsse
una serie di offensive a risultato incerto, che, consumando i mezzi non appena
se ne era raccolta una certa quantità, allontanarono, nel tempo, la
costituzione di quella preponderanza di forze necessaria ad ottenere la decisa
rottura d'equilibrio che solo poteva dare la vittoria.
L'opera di distruzione
compiuta dalla grande guerra fu immensa, ma i popoli vi resistettero perché fu
diffusa nel tempo sì che poterono, per lungo tempo, riparare alle perdite
materiali e morali che vennero successivamente a subire, ed ebbero così agio di
gettare, nel grande campo della lotta, tutte le loro risorse fino all'ultima.
Non vi fu mai il colpo mortale, la ferita ampia e profonda, dalla quale il
sangue sgorga a fiotti, irrefrenabile e dà la sensazione della morte imminente.
Furono ferite reiterate ma relativamente leggere, che avevano il tempo di
rimarginare, le quali, benché lasciassero i corpi sempre più anemizzati,
permettevano ancora di conservare la speranza di vivere e di rimettersi in
grado di dare all'avversario, anemizzato, l'ultimo colpo decisivo, l'ultimo
colpo di spillo capace di sottrargli l'ultima goccia di sangue. Di fatto la
decisione finale venne determinata da battaglie meno sanguinose di altre
battaglie che, nel corso della guerra, ebbero risultati molto relativi. Certo
la metà delle distruzioni prodotte dalla grande guerra sarebbe stata
sufficiente, se si fossero verificate in tre mesi; il quarto, se si fossero
verificate in otto giorni.
La forma speciale
presentata dalla grande guerra fu dunque dovuta essenzialmente ai
perfezionamenti conseguiti dalle armi da fuoco negli ultimi decenni. Ora, se
non fossero intervenuti fatti nuovi, poiché il perfezionamento non si arresta,
la forma della guerra avvenire dovrebbe presentare i caratteri generali della
guerra passata, salvo una maggiore accentuazione. Ossia sarebbe lecito
prevedere un ulteriore accrescimento dei vantaggi dell'attitudine difensiva, e,
perciò, una difficoltà ancora maggiore per conseguire la rottura dell'equilibrio
necessaria a fornire la vittoria.
Se ciò fosse, noi ci
troveremmo in ottime condizioni, possedendo una salda frontiera e non nutrendo
velleità di conquista. Noi potremmo cioè, con forze e mezzi molto limitati,
provvedere alla difesa del nostro territorio, anche contro attacchi di forze
molto superiori, sicuri di poter guadagnare il tempo necessario per far fronte
alle ulteriori esigenze del conflitto.
Ma ciò non è. Le nuove
armi, come vedremo, capovolgono completamente la situazione perché esaltano, in
modo superlativo, i vantaggi dell'attitudine offensiva, deprimendo, se non
annullando addirittura, quelli dell'attitudine difensiva, e togliendo, a chi
non si trovi già preparato e pronto, il tempo ed i mezzi di provvedere. Nessuna
corazza è possibile opporre a queste nuove armi che possono giungere, rapide ed
improvvise, al cuore nemico, inferendogli il colpo mortale.
Di fronte a questo
capovolgimento, che rende più facile il poter scendere in lotta e, perciò, più
probabili le guerre perché più alla portata di quei popoli che tendono al
predominio, e che non ammette esitazioni né pentimenti, è necessario arrestarci
pensosi e chiederci, colla massima serenità, ma anche colla massima ansietà,
quale è la via da seguire per provvedere alla Difesa nazionale in modo
veramente efficace.
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