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Giulio Douhet
Il dominio dell'aria

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  • LIBRO PRIMO
    • PARTE TERZA   LA GUERRA AEREA
      • CAP. XVI   L'AVVENIRE
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CAP. XVI

 

L'AVVENIRE

 

 

Quanto ho esposto, fino ad ora, rappresenta possibilità attuabili, e facilmente attuabili, coi mezzi disponibili sul momento; cioè la semplice applicazione ragionata, a scopo di guerra, dei mezzi aerei esistenti, applicazione che qualunque nazione può fare, purché ci pensi e si convinca della sua convenienza. Fissato questo punto, noi possiamo spingere lo sguardo più oltre, verso l'avvenire - verso un prossimo avvenire, s'intende - non a scopo di pura esercitazione dell'immaginazione, ma per renderci ragione delle tendenze verso cui siamo diretti, tendenze che costituiscono finalità prossime dei tecnici ed indicano l'indirizzo dei perfezionamenti che essi intendono raggiungere.

Il problema tecnico-pratico che si impone all'aviazione è quello di rendere la navigazione aerea sempre più sicura, più certa, più economica, più rispondente ai bisogni generali. Gli studi sono perciò essenzialmente rivolti:

 

1) Ad accrescere la sicurezza del volo e la facilità della partenza e degli atterramenti;

2) Ad escludere nella costituzione della macchina aerea tutti quei materiali facilmente deformabili e deperibili che ancora attualmente si impiegano;

3) Ad accrescerne la portata;

4) Ad accrescerne la velocità ed il rendimento.

 

Tutti i perfezionamenti che si potranno ottenere in tali ordini di idee conferiranno all'aeroplano non solo un più alto valore negli impieghi di pace, ma anche in quelli di guerra.

Esaminerò brevemente queste tendenze.

1) Ad accrescere la sicurezza del volo e la facilità di partenza e di atterramento.

Nell'aria, l'aeroplano è autostabile, cioè gode delle proprietà di tendere automaticamente a rimettersi in equilibrio tutte le volte che, per una causa qualunque, viene a perdere il proprio equilibrio. Perciò, se l'aeroplano ha spazio sotto di sé, e se il pilota non agisce in contrasto colla tendenza dell'aeroplano stesso a rimettersi nella sua posizione di equilibrio, qualunque posizione abbia preso, finisce sempre col riprendere la sua posizione normale di volo.

Su questo fenomeno si basano essenzialmente tutte le così dette acrobazie (looping, avvitamento, ecc.). Per eseguire una determinata acrobazia, il pilota deve agire sui comandi in modo da far perdere, in un determinato modo, all'aeroplano il suo equilibrio. Per riportarlo nelle condizioni normali, il pilota non ha altro da fare che cessare dalla sua azione perturbatrice e lasciare che l'apparecchio riprenda automaticamente il suo equilibrio normale.

L'aeroplano può venir posto in condizioni di squilibrio per effetto di moti disordinati dell'aria in volo, ma, anche in questo caso, cessata l'azione perturbatrice dell'aria, esso riprende automaticamente il proprio equilibrio.

L'aeroplano può dunque perdere il suo equilibrio normale nell'aria sia in causa di moti disordinati che vengono a verificarsi nell'aria stessa, sia per l'azione del pilota.

I moti disordinati dell'aria si verificano essenzialmente a bassa quota, cioè dove l'atmosfera risente della vicinanza della superficie. Come, nel mare, le onde risultano più irregolari presso la spiaggia, così i movimenti atmosferici - per quanto possano essere generati da cause completamente diverse - risultano più irregolari nella prossimità della superficie che, appunto, dell'atmosfera rappresenta una specie di spiaggia.

Il pilota può far perdere l'equilibrio al suo apparecchio sia per sua volontà determinata, nel qual caso è logico pensare che lo faccia solo in condizioni di essere sicuro di poterlo rimettere in equilibrio, sia per errore di manovra.

L'errore di manovra può, naturalmente, capitare a qualunque quota, ed all'errore di manovra il pilota, che conservi sangue freddo, può riparare se ha abbastanza spazio sotto di sé. Se invece manca di sangue freddo, può insistere sull'errore di manovra e, non ostante la quota sufficiente, perdersi ugualmente.

Dal complesso risulta che la navigazione aerea è tanto più sicura quanto più si svolge ad alta quota.

Ma si osserva che, se si riuscisse ad impedire che il pilota, colla sua azione volontaria od involontaria, mettesse l'apparecchio fuori delle sue condizioni di equilibrio, si toglierebbe più della metà delle cause che producono accidenti di volo.

Vi è perciò una tendenza a rendere automatico l'equilibrio degli apparecchi in volo, mediante vari sistemi che qui è inutile riferire.

L'aeroplano ad equilibrio automatico ridurrebbe la sua conduzione alla semplicità della conduzione di un'automobile, e cioè ad un acceleratore onde accrescere la potenza del motore per salire o diminuirla per discendere, e ad un volante di direzione per piegare a destra od a sinistra.

A questo perfezionamento si giungerà certamente. Fino dal 1913 venne costruito nelle officine militari di Vizzola un apparecchio che, appunto, semplicemente con un acceleratore ed un volante di direzione, partiva, volava ed atterrava 5.

Tale apparecchio, che non consentiva al pilota di fargli perdere l'equlibrio e reagiva convenientemente sotto l'impulso delle forze perturbatrici dell'atmosfera, segnò il record mondiale del volo automatico di maggiore durata (oltre un'ora).

Si immagina facilmente quale portata pratica avrebbe un tale perfezionamento, una volta stabilmente realizzato.

La partenza e l'atterramento rappresentano due momenti difficili del volo - come rappresentano due momenti difficili della navigazione marittima l'uscita e l'entrata nei porti - sia perché contengono l'istante in cui l'aereo passa da un mezzo fluido ad un mezzo solido o viceversa, sia perché, necessariamente, si debbono svolgere vicino a terra, cioè dove i perturbamenti atmosferici sono più forti e più disordinati.

Naturalmente, fra i due, più difficile è l'atterramento, e tanto più difficile quanto più grande è la velocità colla quale l'apparecchio tocca terra, dato che, in quell'istante, avviene un urto, e l'urto è proporzionato al quadrato della velocità.

Conviene quindi che l'apparecchio sia capace di atterrare colla minima velocità. D'altra parte si richiedono sempre più grandi velocità di volo: i 300 chilometri all'ora sono già stati superati, e km. 300 all'ora equivalgono a circa m. 83 per secondo, un poco più del quarto della velocità del suono6.

Si tende, perciò, a realizzare apparecchi a grande scarto di velocità, cioè che possano volare a grande velocità ed atterrare e partire a piccola velocità.

Alla sicurezza del volo conferiranno, inoltre, notevolmente le predisposizioni che vanno prendendosi, poco alla volta, sulla superficie, costituendo campi di atterraggio e di fortuna adatti, sistemi pratici di segnalazione, ecc. ecc. 7.

2) Tendenza ad escludere nella costituzione degli aeroplani tutti quei materiali facilmente deformabili e deperibili che ancora si impiegano.

Per quanto l'aeroplano abbia già fornito risultati meravigliosi, esso è ben lungi dall'avere assunto l'aspetto di una vera e propria macchina, perché, salvo rari tentativi fatti in questi ultimi tempi, nella sua costituzione entrano ancora materiali, come il legno e la tela, che sono generalmente esclusi nelle macchine ben definite.

Il legno e la tela presentano, ancora oggi, certe caratteristiche di elasticità e di leggerezza che non si è ancora riusciti a far presentare da materiali metallici; ma, da un altro lato, presentano una mancanza di omogeneità ed una grande facilità a deformarsi ed a deteriorarsi per cause variabili, come possono essere quelle meteorologiche, sì che lasciano sempre un certo grado di incertezza sia nella costruzione che nella conservazione.

La vera macchina deve essere metallica, perché il metallo presenta caratteristiche precise e definite, non facilmente alterabili.

Perciò si tende all'aeroplano interamente metallico, che, oltre ad una maggiore sicurezza di costruzione e di conservazione, non richiederà sempre di venire ricoverato in hangars, ciò che dal punto di vista dell'impiego guerresco segnerà una notevolissima facilitazione8.

3) Tendenza ad accrescere la portata.

Questa tendenza risponde ad un concetto economico ed al desiderio di accrescere il raggio d'azione degli apparecchi stessi.

La grande portata diminuisce le spese generali; un apparecchio che trasporti due passeggeri invece che uno, non ha necessità di raddoppiare il suo personale di bordo. Costa meno quindi trasportare dieci passeggeri, o dieci quintali di merci, con un solo apparecchio che non con dieci apparecchi.

L'accrescimento della portata, potendo inoltre far variare entro limiti maggiori la proporzione fra il carico utile ed il peso dei materiali di consumo dell'apparecchio motore, allarga il raggio d'azione degli apparecchi. Un servizio regolare transoceanico non potrà effettuarsi che con aeroplani di portata superiore all'attuale.

Gli aeroplani sono sostenuti dalle ali: il loro peso totale si ripartisce sulla superficie alare, ma il peso sopportato da ogni metro quadrato di ala non può superare determinati limiti; perciò, più si vuol far portare da un aeroplano, più superficie si deve dare alle ali.

Sembrava che la massima superficie alare si potesse ottenere mediante i triplani, ma anche questo massimo non poteva superare certi limiti.

Ma, recentemente, in Italia, è stato costruito e provato un aeroplano basato su principii nuovi, sul quale è possibile collegare, l'una di seguito all'altra, una serie di cellule triplane, abolendo la coda ed ottenendo la manovra con altri sistemi. Tale apparecchio ha volato, superando l'esperimento pratico.

Apparecchi di un tal peso non potranno, probabilmente, atterrare che su di una superficie liquida, e ciò indurrà forse, un giorno, a costituire, ove non si disponga di altre superfici liquide in vicinanza, laghetti artificiali di atterramento. Il che, del resto, sarà militarmente utile, perché, in caso di guerra, l'avversario mediante bombardamenti può facilmente mettere fuori servizio campi d'atterramento, mentre nessuna azione potrebbe esercitare, nello stesso senso, su superfici d'atterramento liquido9.

4. Tendenza ad accrescere la velocità ed il rendimento.

Le grandissime velocità raggiunte dagli aeroplani si devono essenzialmente ai motori sempre più potenti che si adattano agli apparecchi. È chiaro che, più si accresce la potenza del motore, più facilmente l'aeroplano vince la resistenza che l'aria gli presenta, e più veloce diventa. Ma si comprende subito che questo sistema non può risultare economico.

Bisognerebbe potere accrescere la velocità, non accrescendo la potenza dei motori ma diminuendo la resistenza dell'aria. Ciò non sta in noi: la resistenza dell'aria è quella che è: tuttavia sta il fatto che la resistenza dell'aria diminuisce mano mano che ci si innalza nell'atmosfera, perciò più si vola alto, conservando la stessa forza motrice, più si vola velocemente, cioè economicamente.

Ma la cosa non è così semplice come a prima vista può apparire, ed il difficile sta appunto nel conservare la stessa forza motrice.

Uno dei fattori della potenza di un motore a scoppio è rappresentato dal volume della cilindrata, ossia dal volume della miscela aria-benzina che ogni cilindro utilizza ad ogni aspirazione. Supponiamo che la cilindrata sia di un litro: vuol dire che, ad ogni scoppio che avviene in un cilindro, viene utilizzato un litro di miscela carburata.

Ma la densità dell'aria varia a seconda della quota alla quale si considera. Se questa densità è uno al livello del mare, alla quota di m. 5000 è, all'ingrosso 1/2 ed a quella di 18.000 metri all'ingrosso 1/4. Ciò vuol dire che un motore a m. 5000, per quanto conservi inalterato il volume della cilindrata, assorbe una quantità (peso) di miscela carburata metà di quella che assorbe al livello del mare, ed a 18.000 ne assorbe un decimo. Perciò se la potenza di un motore è uno al livello del mare, scende, salendo, gradatamente a 1/2 raggiungendo i m. 5000, e ad 1/10 raggiungendo i m. 18.000 di quota.

Il fenomeno è più complesso, ma quanto ho detto basta a far comprendere come, in causa della rarefazione dell'aria, la potenza di un motore decresce man mano che si solleva di quota.

Ciò spiega perché ogni tipo di aeroplano possiede, come si dice, un determinato plafond, ossia non può salire oltre ad una certa quota. A quella quota, il motore ha perduto tanta parte della sua potenza da non averne più per far salire l'aeroplano.

Per conservare inalterata la potenza del motore alle diverse quote - in linea teorica - occorrerebbe, dunque, che esso potesse assorbire, a qualunque quota, aria alla stessa densità, ed alla densità che ha l'aria al livello del mare. Per ottenere ciò - sempre in linea teorica - sarebbe sufficiente, man mano che la densità dell'aria diminuisce, comprimere l'aria di alimentazione del motore fino alla densità uno - densità al livello del mare.

Gli studi per risolvere praticamente questo problema sono in corso presso tutti i tecnici del mondo, e nulla vieta pensare che, un giorno o l'altro, venga risolto felicemente, se non raggiungendo il limite teorico, avvicinandosi ad esso sufficientemente.

Ma siccome la resistenza dell'aria è proporzionale alla sua densità, se la resistenza è uno al livello del mare, diventa, all'ingrosso, 1/2 a m. 5000 ed 1/10 a m. 18.000.

Quindi, se si riuscisse a mantenere la potenza del motore indipendente dalla quota, un aeroplano, capace di volare a livello del mare colla velocità di km. 150 all'ora, teoricamente, volerebbe colla velocità di km. 300 all'ora alla quota di m. 5000, e con quella di km. 1500 all'ora alla quota di m. 18.000, e non avrebbe più plafond perché, più si innalzerebbe, più avrebbe facilità di innalzarsi.

Naturalmente questi sono limiti teorici che la pratica non potrà mai raggiungere, ma verso cui il progresso tende, ed i tecnici, di fatto, non disperano che, in un prossimo avvenire, si possa, normalmente ed economicamente, viaggiare alla quota di 10.000 metri ed alla velocità di km. 500 all'ora.

Naturalmente, quando il volo normale si svolgesse ad una tale altezza, le persone dovrebbero trovarsi in cabine perfettamente chiuse, nelle quali l'aria sarebbe mantenuta alla pressione costante del livello del mare, come quella di alimentazione dei motori.

La possibilità di trasportare cogli aeroplani pesi molto rilevanti e di raggiungere economicamente grandi velocità permette di allargare il raggio d'azione degli aerei e di fornirli di ogni comodità di bordo.

Ciò che si può intravedere circa i prossimi perfezionamenti tecnici assicura che la navigazione aerea assumerà necessariamente un grande sviluppo, specie per i lunghi percorsi. Verrà un giorno in cui nessuno penserà più di servirsi dei piroscafi per attraversare l'oceano, come oggi nessuno pensa di attraversare l'oceano con una nave a vela.

Parallelamente andrà accrescendosi la potenza offensiva degli aerei considerati come macchine da guerra, e nulla vieta pensare che in un non lontanissimo avvenire il Giappone possa attaccare gli Stati Uniti per via d'aria, o viceversa.

Ma io ho voluto parlare dell'avvenire solo per dimostrare, con maggiore evidenza, le necessità del presente, e nel presente ritorno immediatamente.


 

 

 




5 Non solo si è realizzato questo perfezionamento, ma sono state concretate macchine aeree volanti senza pilota mediante comandi trasmessi da terra per mezzo di onde elettromagnetiche.



6 Ormai sono stati superati i 400 Km.



7 Ormai si vola nella nebbia e nella notte mediante la guida radiogoniometrica.



8 Ormai tela e legno rappresentano un anacronismo e già riesce difficile immaginare una macchina aerea non completamente metallica.



9 Ormai sono in esercizio apparecchi da 2000 HP e se ne costruiscono da 6000 HP con 6 o 12 motori.






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