CONCLUSIONE
Ritengo che oggi non vi
possa più essere alcuno che, in coscienza, ritenga di secondaria importanza il
problema aeronautico. Il mezzo aereo si consolida ogni giorno di più, i suoi
raggi d'azione si allargano, le sue capacità di trasporto si accrescono, mentre
l'efficacia dei materiali distruttivi aumenta sempre di valore.
Data la nostra
situazione geografico-politica, tutto il nostro territorio e tutto il nostro
mare si trovano soggetti ad eventuali offese aeree avversarie partenti da basi
terrestri, e cioè che possono presentarsi imponenti.
L'arco delle Alpi
abbraccia le nostre province più ricche e più industriose che tutte possono
essere raggiunte da offese aeree partenti da nemici situati sull'opposto
versante, e gli stretti mari che ci circondano non ci proteggono da attacchi
aerei partenti da coste nemiche.
La nostra produzione
industriale eccessivamente raggruppata, i grandi centri popolosi esposti, la
facilità colla quale possono venire interrotte le nostre comunicazioni
ferroviarie più importanti, la stessa intensa utilizzazione delle nostre
risorse idriche, ci mettono nelle condizioni di temere più che altre nazioni le
offese aeree. La barriera delle Alpi, se da un lato ci rende agevole sbarrare
le porte di casa nostra, dall'altro, per il terreno difficile che presentano e
per le poche strade che vi si internano, rende agevole ad un avversario,
convenientemente armato nell'aria, il tagliare le nostre forze terrestri
operanti in alta montagna dalle loro basi di pianura.
Se si pensa seriamente a
tutto ciò, è giocoforza convenire che, per l'Italia, è condizione
indispensabile di sicurezza il dominare il proprio cielo.
Eppure, ancor oggi, chi
tenta dimostrare tutta l'importanza che, in un eventuale futuro conflitto, può
assumere l'azione di una Armata Aerea, si sente dare del miracolista. Si
ammette che il nemico possa mediante l'offesa aerea costringerci a sgombrare
delle città, e non si ammette che questo risultato possa gravemente pesare
sull'esito della guerra, come se un esercito schierato sulle Alpi non
risentisse alcunché, per esempio, dallo sgombero di Milano, Torino e Genova,
come se lo sgombero di una città si potesse paragonare a quello di un
appartamento sia pure a due entrate. Si ammette che mediante l'offesa aerea si
possa arrestare la produzione industriale, e si ritiene di poter ovviare a
questo piccolo inconveniente trasferendo più lontano qualche stabilimento,
quasi che, in guerra, tutti gli stabilimenti non dovessero intensificare la
loro multiforme produzione. Si dichiara paradossale che una guerra possa venire
decisa dallo spezzarsi delle resistenze morali di un popolo; eppure la grande
guerra non si è ancora allontanata nei secoli, e la grande guerra non venne
decisa che dallo spezzarsi delle resistenze morali dei popoli che vennero
sconfitti.
Gli eserciti non furono
che i mezzi coi quali i popoli cercarono di disgregare le resistenze dei popoli
avversari: tanto è che furono vinte quelle nazioni i cui eserciti conseguirono
le più numerose e grandi vittorie e, quando vennero meno le resistenze dei
popoli, gli eserciti o si sbandarono o si lasciarono disarmare ed una intera
flotta si arrese intatta al nemico.
Il disgregamento delle
resistenze delle nazioni che, nella grande guerra, venne conseguito per via
indiretta attraverso l'azione degli eserciti e delle armate, nelle guerre
future verrà compiuto direttamente mediante l'azione delle armi aeree. In ciò
consiste la differenza fra le guerre del passato e quelle dell'avvenire.
Ed, in ordine al conseguimento
della vittoria, avrà certamente più influenza un bombardamento aereo che
costringa a sgombrare qualche città di svariate centinaia di migliaia di
abitanti che non una battaglia del tipo delle numerosissime che si combatterono
durante la grande guerra senza risultati di apprezzabile valore. Una nazione
che, perduto il dominio dell'aria, si venga a trovare soggetta, senza
possibilità di reagirvi con qualche efficacia ad offese aeree ripetute ed
incessanti, che la colpiscano nei suoi elementi più delicati e più sensibili,
qualunque cosa possano fare le sue forze di terra e di mare, deve
necessariamente giungere alla convinzione che tutto è inutile e che ogni
speranza è morta. Questa convinzione è la disfatta.
Ma, anche ammesso, e non
concesso, che il dominio dell'aria esercitato con forze adeguate, non possa,
indipendentemente da altre circostanze, determinare la sconfitta
dell'avversario è indiscutibile che il dominio dell'aria può apportare
gravissimi danni materiali e morali al nemico, contribuendo efficacemente alla
sua sconfitta.
Quindi,
indipendentemente dal valore che si voglia dare al dominio dell'aria, è di
somma importanza che noi ci mettiamo in condizioni di dominare in qualsiasi
circostanza il nostro cielo.
L'Esercito e la Marina hanno il massimo
interesse a che la propria aviazione conquisti il dominio dell'aria, perché
tutte le loro azioni verrebbero ad essere gravemente perturbate da un
avversario che dominasse l'aria.
Già ora - pur non
avendosi completa coscienza del valore dell'arma aerea - le forze terrestri e
marittime sentono la necessità di prendere speciali provvedimenti per ripararsi
dalle offese e dalle ricognizioni aeree. Il solo fatto che è possibile volare
e, volando, compiere operazioni di guerra deve necessariamente determinare
modificazioni nel modo di combattere per terra e per mare, specialmente nei
sistemi intesi a far vivere ed agire le forze terrestri e marittime.
Un solo esempio: oggi
non si può più concepire un deposito di nafta a cielo scoperto.
Occorre quindi decidersi
a considerare molto seriamente il fattore aereo in sé e nelle sue ripercussioni
sulle forze armate terrestri e marittime nonché su tutto l'assetto civile del
Paese.
Ma se noi ci mettiamo
nelle condizioni di dominare il nostro cielo, automaticamente ci mettiamo nelle
condizioni di dominare il cielo mediterraneo, ossia di controllare realmente
questo mare che, se desideriamo crearci un destino imperiale, deve diventare
veramente nostro.
Perciò l'Armata Aerea deve
diventare il più saldo usbergo dell'Italia nostra e la spada più affilata del
suo divenire.
Nel presente periodo,
dunque, le idee si trovano ancora allo stato embrionale e, certo, la nazione
che per la prima saprà indirizzarle sulla via giusta, verrà ad avere un grande
vantaggio sulle altre.
Col tempo e
coll'esperienza, le Armate Aeree delle diverse nazioni verranno ad assumere una
forma simile, come, da tempo, hanno assunto una forma simile gli Eserciti e le
Marine. Oggi può ancora prevalere la genialità, allora prevarrà la qualità.
Oggi l'Italia, per
quanto meno ricca d'altre nazioni, può costituirsi, grazie al genio di sua
stirpe, una Armata Aerea capace di imporsi.
Sono anni che batto su
questa tesi, e vi ribatto oggi, sicuro di compiere un mio preciso dovere di
cittadino e di fascista e di fare insieme opera di sana collaborazione nel
periodo in cui il Governo Nazionale intende sospingere l'Italia verso la sua
meta luminosa.
Noi possediamo tutti gli
elementi necessari a costituirci una potenza aerea superba: tempre magnifiche
di volatori che stupiscono il mondo, tecnici geniali e maestranze di artefici,
una posizione geografica unica, ed un governo che sa fortemente volere e può
ciò che vuole.
Occorre raccoglierci in
un lavoro intenso e silenzioso, colla ferma intenzione di portarci alla testa e
dominare.
Ormai l'aviazione ha
perduto il suo primitivo carattere, direi quasi sportivo ed è entrata nel
periodo seriamente fattivo. Se prima la finalità si racchiudeva nel volare,
oggi si precisa nel volare per fare qualche cosa: per abbreviare i grandi
percorsi e raccorciare le grandi distanze in pace, per combattere in guerra.
Bisogna perciò che entriamo decisamente in questo secondo periodo, cercando di
fare, volando, qualche cosa meglio degli altri.
Roma, 1926.
NOTA. - Cause varie
hanno prodotto che, dalla consegna del manoscritto alla stampa di questo libro,
corresse quasi un anno. Durante questo anno vennero posti in esercizio, presso
diverse nazioni, apparecchi da 2000 HP, e sono stati messi in studio ed in
costruzione apparecchi da 6000 HP. Ecco i mezzi idonei a realizzare gli
apparecchi da battaglia - pari alle navi da battaglia - e le vere e proprie
Armate Aeree secondo i concetti da me esposti. Di fronte a questi apparecchi
formidabili, potentemente armati, potentemente blindati, aventi raggi d'azione
tali da permettere la traversata degli oceani, capaci di portare, ciascuno, un
carico di bombe sufficiente a distruggere una città, è possibile ancora
conservare i concetti d'impiego che prevalsero durante la grande guerra?
Cento apparecchi da 6000
HP costeranno quanto costa una dreadnought16, ma una
nazione che, conquistato il dominio dell'aria, possa ancora mantenere in linea,
non cento, ma cinquanta o venti di tali apparecchi, avrà vinto, decisamente
vinto, perché sarà in grado di spezzare, in meno di una settimana, ogni legame
sociale della nazione avversaria qualunque cosa possano fare esercito e la
marina di quest'ultima.
È possibile, di fronte
ad un tale stato di fatto, non ammettere che una radicale rivoluzione si è
compiuta; è possibile non ammettere l'affermazione che costituisce la base di
questo libro, e cioè che:
«Il dominio dell'aria
è condizione necessaria e sufficiente di Vittoria»?
Roma, 1927.
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