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Giulio Douhet
Il dominio dell'aria

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  • LIBRO PRIMO
    • PARTE PRIMA     LA NUOVA FORMA DELLA GUERRA
      • CAP. III   IL CAPOVOLGIMENTO
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CAP. III

 

IL CAPOVOLGIMENTO

 

La grande guerra fu lunga ed esaurì quasi completamente le Nazioni più direttamente interessate al conflitto, sia vincitrici che vinte.

Questi fenomeni si devono, anzitutto, ad una causa di ordine tecnico: al perfezionamento delle armi da fuoco, perfezionamento che avvantaggiò in modo formidabile l'attitudine difensiva; ed, in linea secondaria, ad una causa di ordine, dirò così, psicologico, alla non immediata comprensione dell'avvantaggiamento conseguito dall'attitudine difensiva appunto in causa del perfezionamento raggiunto dalle armi da fuoco.

La scuola offensiva trionfava ovunque in modo assoluto, al punto che si giungeva ad esaltare i vantaggi dell'offensiva, dimenticando che, anzitutto, per assumere tale attitudine, occorre possedere i mezzi per svolgerla. Della attitudine difensiva non si parlava che per incidenza, come a malincuore. Ciò indusse a ritenere che l'accresciuta potenza delle armi da fuoco avvantaggiasse l'offensiva, e lo si affermò altamente. Fu un errore: la verità era l'opposta; il ragionamento puro poteva farla prevedere e l'esperienza della guerra la dimostrò chiaramente.

La verità è questa: ogni perfezionamento delle armi da fuoco avvantaggia l'attitudine difensiva.

L'attitudine difensiva è quella che permette di conservare più a lungo l'efficienza delle proprie armi, mettendole, nel tempo stesso, nelle migliori condizioni per sviluppare la loro efficacia: una attitudine, cioè che conserva ed esalta l'azione delle proprie armi. Si comprende perciò come, in linea assoluta, più l'arma è potente - cioè efficace - maggiore valore acquistino quei dispositivi che valgono a conservarla in potenza e a darle mezzo di sviluppare tutta la sua potenza.

Da ciò derivò il fatto che mai, come nella grande guerra, ebbero largo e complesso sviluppo le sistemazioni difensive che vennero ad assumere una importanza formidabile. E, per riprova del fatto, basti il pensare che tutta la formidabile sistemazione difensiva che costituì, per lungo tempo, la saldezza delle linee di battaglia durante la recente guerra, avrebbe avuto un valore poco differente da zero se le fanterie e le artiglierie in contrasto fossero state armate come ai tempi di Gustavo Adolfo.

Ma la difensiva, dall'accrescimento dell'efficacia delle armi da fuoco, si avvantaggiava non solo in senso assoluto, ma anche in senso relativo, sull'offensiva. Supponiamo che un soldato sia appostato in una trincea preceduta da un reticolato, e che gli avversari, per percorrere il terreno di attacco, debbano impiegare un minuto primo. Se le due parti sono armate di un fucile a bacchetta, capace di sparare un colpo ad ogni minuto, per avere la sicurezza matematica di giungere nella trincea ove l'unico soldato si difende, basta attaccare con due uomini, poiché più di uno, durante l'attacco, non potrà venire abbattuto. Ma se le due parti sono, invece, armate di fucili capaci di sparare 30 colpi al minuto, per avere la stessa sicurezza occorre attaccare con 31 uomini. Tutto il fuoco che abbiano potuto eseguire questi uomini prima dell'attacco non interessa, se la trincea ripara convenientemente il difensore.

Nel primo caso, uno sulla difensiva equilibra uno all'offensiva: nel secondo caso ne equilibra trenta, unicamente perché l'arma è diventata trenta volte più efficace.

L'accrescimento della efficacia delle armi induce quindi la necessità di una maggiore sproporzione di forze tra l'offensiva e la difensiva per raggiungere quella rottura d'equilibrio che fornisce la vittoria, ossia rende più difficile lo svolgersi dell'offensiva, in quanto questa, per raggiungere il suo scopo, deve possedere una maggiore preponderanza di forze sul nemico, mentre facilita, corrispondentemente, la resistenza di chi si difende.

Di fatto, nella passata guerra, l'enorme efficacia acquistata dalle armi di piccolo calibro permise alla difensiva di lasciar giungere l'offensiva fino a brevissima distanza da sé per poi arrestarla, costringendola, se intendeva compiere ancora i pochi passi che la separavano dal suo obbiettivo, ad agire non più sugli uomini, ma sul terreno preparato a difesa, mediante il faticoso e costoso impiego delle artiglierie di ogni calibro, allo scopo di sconvolgere completamente l'assetto difensivo, sino a ridurlo in macerie, seppellendovi i difensori. Così avvenne che mai, come nella grande guerra, l'offensiva riuscì difficile, aspra e dispendiosa.

Dire che l'accrescimento della potenza delle armi da fuoco avvantaggia la difensiva, non è andar contro al principio indiscutibile che solo l'offensiva, atto positivo, può dare la vittoria. Vuol dire semplicemente che l'offensiva, per l'accrescimento della potenza delle armi da fuoco, esige una preponderanza maggiore di forze.

Ciò non fu riscontrato che tardi. Così avvenne che, durante la grande guerra, si svilupparono offensive senza possederne i mezzi adeguati e che, perciò, non riuscirono, o riuscirono a mezzo. Ciò portò ad un logoramento di forze e ad un prolungamento della guerra, per la necessità di raccogliere, volta a volta, le enormi quantità di mezzi e di forze necessarie a svilupparle.

È certo che, se gli eserciti fossero stati armati di fucili a bacchetta e di cannoni ad avancarica, non avremmo visto né trincee di cemento armato né reticolati di filo di ferro, e la grande guerra sarebbe stata decisa in pochi mesi.

Invece la grande potenza delle armi si urtò e si spuntò contro la ancor più formidabile resistenza della corazza che vi si oppose, e fu d'uopo battere e ribattere lungamente su tale corazza prima di giungere a spezzarla ed a mettere allo scoperto il cuore del nemico.

Questo fatto salvò l'Intesa, perché le dette il tempo di provvedere, e perfino di creare degli eserciti ex novo, ma, per converso, portò all'esaurimento quasi completo dei vincitori e dei vinti.

I tedeschi, nella loro preparazione alla guerra, tennero conto del valore che avrebbe assunto la difensiva in virtù dell'accrescimento delle armi da fuoco. Essi concepirono la guerra nella sua forma più offensiva, si provvidero delle armi più adatte - 305 e 420 - per sbarazzarsi al più presto la strada dagli ostacoli costituiti dalla fortificazione permanente in uso, ed iniziarono la lotta svolgendo l'offensiva più decisa: ma, quando le circostanze li costrinsero ad assumere la difensiva sulla fronte francese, si coprirono con una sistemazione così complessa e così adatta allo scopo che sorprese gli avversari e che non poteva essere improvvisata, ma studiata e predisposta da lunga mano.

La Germania, durante la sua preparazione alla guerra, dovette considerare il caso di essere costretta a far fronte a più nemici, ed il vantaggio che, in tale circostanza, essa avrebbe potuto ottenere da una sistemazione difensiva tale che le permettesse di trattenerne una parte col minimo delle forze per gettarsi contro l'altra col massimo delle sue forze. Studiò perciò questa sistemazione e l'attuò non appena le circostanze la dimostrarono necessaria, dando chiaramente a divedere come essa, se mantenevasi ben salda nel principio che la vittoria non può ottenersi che coll'offensiva, non disconosceva il valore della difensiva sia in sé, sia nei rapporti stessi coll'offensiva.

La grande preponderanza di forze che si dimostrò necessaria all'offensiva per rompere l'equilibrio, mentre rendeva più difficile l'offensiva, in modo indiretto l'agevolava, nel senso che permetteva rendere sottilissime le proprie linee difensive per raccogliere la maggior massa di forze nella zona in cui si intendeva svolgere l'offensiva. Tutto il giuoco strategico dei tedeschi si ridusse a ciò: trattenere, con poche forze ben sistemate a difesa, una parte dei nemici per attaccare l'altra parte colla massa delle forze; e questo giuoco riuscì loro abbastanza spesso e per lungo tempo.

L'Intesa, colta d'improvviso dalla sorpresa, si illuse, non appena vide che era riuscita, non ostante la sua manifesta impreparazione, ad arrestare la marcia tedesca verso il cuore della Francia e ritenne di poter vincere con sufficiente facilità così che non fece subito tutto ciò che sarebbe stato necessario fare e che fu costretta a fare successivamente. Nel campo puramente militare vi fu un ritardo nella comprensione esatta delle nuove necessità della guerra il che produsse una serie di offensive a risultato incerto, che, consumando i mezzi non appena se ne era raccolta una certa quantità, allontanarono, nel tempo, la costituzione di quella preponderanza di forze necessaria ad ottenere la decisa rottura d'equilibrio che solo poteva dare la vittoria.

L'opera di distruzione compiuta dalla grande guerra fu immensa, ma i popoli vi resistettero perché fu diffusa nel tempo sì che poterono, per lungo tempo, riparare alle perdite materiali e morali che vennero successivamente a subire, ed ebbero così agio di gettare, nel grande campo della lotta, tutte le loro risorse fino all'ultima. Non vi fu mai il colpo mortale, la ferita ampia e profonda, dalla quale il sangue sgorga a fiotti, irrefrenabile e dà la sensazione della morte imminente. Furono ferite reiterate ma relativamente leggere, che avevano il tempo di rimarginare, le quali, benché lasciassero i corpi sempre più anemizzati, permettevano ancora di conservare la speranza di vivere e di rimettersi in grado di dare all'avversario, anemizzato, l'ultimo colpo decisivo, l'ultimo colpo di spillo capace di sottrargli l'ultima goccia di sangue. Di fatto la decisione finale venne determinata da battaglie meno sanguinose di altre battaglie che, nel corso della guerra, ebbero risultati molto relativi. Certo la metà delle distruzioni prodotte dalla grande guerra sarebbe stata sufficiente, se si fossero verificate in tre mesi; il quarto, se si fossero verificate in otto giorni.

La forma speciale presentata dalla grande guerra fu dunque dovuta essenzialmente ai perfezionamenti conseguiti dalle armi da fuoco negli ultimi decenni. Ora, se non fossero intervenuti fatti nuovi, poiché il perfezionamento non si arresta, la forma della guerra avvenire dovrebbe presentare i caratteri generali della guerra passata, salvo una maggiore accentuazione. Ossia sarebbe lecito prevedere un ulteriore accrescimento dei vantaggi dell'attitudine difensiva, e, perciò, una difficoltà ancora maggiore per conseguire la rottura dell'equilibrio necessaria a fornire la vittoria.

Se ciò fosse, noi ci troveremmo in ottime condizioni, possedendo una salda frontiera e non nutrendo velleità di conquista. Noi potremmo cioè, con forze e mezzi molto limitati, provvedere alla difesa del nostro territorio, anche contro attacchi di forze molto superiori, sicuri di poter guadagnare il tempo necessario per far fronte alle ulteriori esigenze del conflitto.

Ma ciò non è. Le nuove armi, come vedremo, capovolgono completamente la situazione perché esaltano, in modo superlativo, i vantaggi dell'attitudine offensiva, deprimendo, se non annullando addirittura, quelli dell'attitudine difensiva, e togliendo, a chi non si trovi già preparato e pronto, il tempo ed i mezzi di provvedere. Nessuna corazza è possibile opporre a queste nuove armi che possono giungere, rapide ed improvvise, al cuore nemico, inferendogli il colpo mortale.

Di fronte a questo capovolgimento, che rende più facile il poter scendere in lotta e, perciò, più probabili le guerre perché più alla portata di quei popoli che tendono al predominio, e che non ammette esitazioni né pentimenti, è necessario arrestarci pensosi e chiederci, colla massima serenità, ma anche colla massima ansietà, quale è la via da seguire per provvedere alla Difesa nazionale in modo veramente efficace.

 

 

 




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