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Giulio Douhet Il dominio dell'aria IntraText CT - Lettura del testo |
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CAP. IV
L'ARMA OFFENSIVA
L'aereo, per la sua indipendenza dalla superficie e per la sua velocità di traslazione, superiore a quella di qualsiasi altro mezzo, è l'arma offensiva per eccellenza. Il più grande vantaggio che presenta l'attitudine offensiva è quello di disporre della iniziativa delle operazioni, iniziativa che si concreta nella libera scelta del punto di attacco e nella possibilità di far concorrere, su tal punto, la massa delle proprie forze, mentre il nemico, sulla difensiva, nell'incertezza del punto ove sarà attaccato, è costretto a ripartire le sue forze fra tutti i punti attaccabili, colla riserva di farle, poi, accorrere sul punto che verrà realmente attaccato, non appena le intenzioni dell'avversario gli siano chiarite. In ciò, essenzialmente, sta tutto il giuoco tattico e strategico della guerra. Ora è chiaro che maggiori attitudini offensive possiede chi può più facilmente e più rapidamente raccogliersi in massa e gettarsi su di un punto qualunque dell'ordinanza nemica. Allorché la guerra impegnava piccole masse svelte e leggere, essa presentava un grande campo al giuoco tattico e strategico; ma il campo di questo giuoco venne sempre più a limitarsi crescendo la grandezza delle masse impegnate nella guerra, così che, nella grande guerra, diventate le masse enormi, enormemente lente ed enormemente pesanti, il giuoco strategico e quello tattico vennero ridotti ai minimi termini, e la guerra si ridusse all'urto brutale e diretto di forze opposte. L'aereo si sposta in qualunque direzione con uguale facilità e con una velocità superiore a quella di qualsiasi altro mezzo. Un aereo situato in un punto A minaccia ugualmente tutti i punti che si trovano sulla superficie racchiusa in un cerchio avente per centro A e per raggio il raggio d'azione, che può essere di centinaia di chilometri, dell'aereo. Aerei disseminati dovunque sulla superficie di questo stesso cerchio possono puntare contemporaneamente, facendo massa, sul punto A. Perciò le forze aeree minacciano ugualmente tutto il territorio compreso nel loro raggio d'azione, possono portarsi sul punto che intendono attaccare partendo da punti lontani fra di loro, possono giungere in massa al punto prescelto con una rapidità superiore a quella di tutti gli altri mezzi conosciuti; sono, perciò, forze squisitamente adatte all'attitudine offensiva, in quanto che è loro permesso di lasciare l'avversario, fino all'ultimo momento, nella più grande incertezza circa il punto che intendono attaccare e, quando l'attacco si è chiarito, non lasciano più tempo al difensore di far accorrere rinforzi sul punto attaccato, perché lo svolgimento di un attacco è rapidissimo, dato che, in generale, consiste semplicemente nel lasciai cadere masse di proiettili sul bersaglio prescelto. La capacità offensiva dell'aereo è talmente grande da portare a questa conseguenza in sé assurda: per difendersi da una offensiva aerea occorrono più forze che non per attaccare. Se il nemico possiede una forza aerea offensiva X, tale forza, anche se dislocata in diversi punti del suo territorio, può agire in modo da concentrare la sua azione, volta a volta, ed a suo arbitrio completo, su un certo numero di obbiettivi, situati nel nostro territorio o sul nostro mare, entro determinati limiti, dipendenti dal suo raggio d'azione. Supponiamo, per fissare le idee, che questi obbiettivi siano venti. Per difenderci da ciò che può fare la forza X, noi siamo costretti a dislocare, nella prossimità di ognuno di questi venti possibili obbiettivi, una forza difensiva corrispondente. Impiegando aerei a difesa, presso ognuno di questi venti obbiettivi, noi dobbiamo dislocare una forza aerea capace di vincere la forza aerea X, al minimo quindi uguale ad X. Cioè, a noi, per difenderci, occorre, al minimo, venti volte la forza aerea di cui il nemico dispone per attaccare: conclusione che ha dell'assurdo, dipendente dal fatto che l'aereo non si presta a scopo difensivo, essendo un'arma eminentemente offensiva. Nella passata guerra, l'improvviso apparire del nuovo mezzo, non permise di orientare perfettamente le idee, ed all'offesa aerea si tentò, istintivamente ed empiricamente, di contrapporre una difesa contraerea, sia agendo nell'aria, sia agendo da terra; nacquero così le artiglierie contraeree, le squadriglie da difesa e quelle da caccia. Ma l'esperienza dimostrò che tutti questi mezzi erano incapaci di adempiere realmente alle loro missioni, non ostante che le offensive aeree, che vennero svolte durante la passata guerra fossero di minima importanza, slegate e condotte senza un chiaro e preciso concetto direttivo. Tutte le volte che una offensiva aerea fu condotta risolutamente raggiunse il suo scopo: Venezia venne colpita dal principio alla fine della guerra, Treviso venne quasi distrutta sotto i nostri occhi, Padova dovette venire abbandonata dal Comando supremo. Fuori d'Italia, presso alleati e nemici, avvenne lo stesso. Non ostante i più complessi servizi di segnalazione, quando giungeva il nemico, le squadriglie di difesa, se non erano in aria - né potevano rimanere sempre in aria - difficilmente giungevano a sollevarsi in tempo: l'artiglieria sparava ma non colpiva che per combinazione, come si può anche colpire per combinazione una rondine sparando con un fucile a palla: l'autoartiglieria contraerea inseguiva, correndo per le strade, i velivoli liberamente scorazzanti per il cielo, agendo quasi come chi, in bicicletta, tentasse di raggiungere un colombo viaggiatore in volo; i proiettili dell'artiglieria, nel tratto discendente delle traiettorie si trasformavano in proiettili cadenti dall'alto, ed il tutto si traduceva in un vano sperpero di una quantità enorme di mezzi e di risorse, talvolta semplicemente in vista di un attacco possibile. Quanti cannoni rimasero per mesi e mesi, per anni, colle bocche spalancate verso il cielo, nella snervante attesa di un nemico che avrebbe potuto venire? Quanti aerei da difesa consumarono uomini e materiali senza mai avere neppure l'occasione di tentare una difesa? Quanta gente, dopo avere lungamente guardato invano verso il cielo, dormì saporitamente? Non so se si sia mai fatta la somma di tutti i mezzi e di tutte le risorse che vennero impiegate nella difesa contraerea disseminata sulla superficie del nostro territorio, ma è certo che l'insieme di tali mezzi e di tali risorse fu rilevante, riuscì vano, ed i mezzi di ogni genere così disseminati, molto proficuamente, avrebbero potuto altrimenti utilizzarsi. Questo disseminamento, contrario ai principi fondamentali della guerra, e questa inutilizzazione, contraria a qualunque principio economico di guerra, derivarono, come ho detto, da un disorientamento dovuto all'apparire improvviso dei mezzi di offesa aerea e che produsse un errato concetto difensivo. Allorché un cane rabbioso minaccia un villaggio, i villici non si mettono ognuno sulla porta della propria casa con un bastone in mano, per essere pronti ad accopparlo quando piaccia al cane di presentarsi, il che, mentre li distrarrebbe dal loro lavoro, non li assicurerebbe affatto, visto che, non ostante il bastone, l'animale potrebbe addentare qualcuno. Non fanno così, i villici, ma si riuniscono in tre, quattro, dieci, fra i più animosi, vanno alla ricerca del cane, fino nel suo ricovero, e l'accoppano. Per impedire che il nemico ci offenda mediante le sue forze aeree non c'è nessun altro mezzo pratico se non quello di distruggere le sue forze aeree. È ormai pacifico, e lo è da lungo tempo, che le coste non si difendono da attacchi dal mare disseminando lungo di esse navi e cannoni, ma si assicurano conquistando il dominio del mare, ossia impedendo al nemico di navigare. La superficie terrestre rappresenta la costa, in superficie, dell'oceano atmosferico. Le condizioni sono perfettamente analoghe, perciò la superficie terrestre - solida e liquida - si assicura dalle offese aeree nemiche, non disseminando su tutta la superficie cannoni ed aerei, ma impedendo al nemico di volare, ossia conquistando il dominio dell'aria. Tale è il concetto giusto, logico e razionale che deve venire riconosciuto anche in tesi di semplice difesa: impedire al nemico di volare, ossia di compiere qualsiasi azione nell'aria o dall'aria. Conquistare il dominio dell'aria implica un'azione positiva, cioè offensiva: quell'azione che meglio si addice all'arma dell'aria, negata all'azione difensiva.
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