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Giulio Douhet Il dominio dell'aria IntraText CT - Lettura del testo |
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LIBRO SECONDO
(AGGIUNTO NEL 1926)
Come ho detto nella prefazione a questa seconda edizione, allorché pubblicai per la prima volta «Il D. dell'A.» non ritenni opportuno enunciare tutto il mio pensiero sul problema aeronautico, per non urtare troppo violentemente contro idee fatte e dominanti, allo scopo di facilitare l'accettazione e l'attuazione di una specie di programma minimo che avrebbe dovuto, a suo tempo, costituire un nuovo punto di partenza per un ulteriore progredire. I lettori troveranno in questa seconda parte del presente lavoro il completamento della prima, che non è se non la ristampa integrale della prima edizione de «Il D. dell'A.». Nel 1921 non esisteva che l'aviazione ausiliaria - benché non portasse tale specificazione - ossia non esistevano che mezzi aviatori intesi a facilitare ed integrare azioni terrestri o marittime, e, non ostante i servizi che aveva reso durante la guerra, l'arma aerea veniva considerata, specie nell'ambiente militare, come una vera e propria superfetazione. Se erano tempi in cui poco si curavano l'Esercito e la Marina, erano tempi in cui dell'aviazione nessuno si curava. Tali essendo le condizioni di fatto, si trattava di far penetrare il concetto del dominio dell'aria, di dare una prima idea del suo valore, di indurre alla considerazione dei mezzi più adatti alla lotta per la conquista del dominio dell'aria, di far accettare la concezione di una forza aerea indipendente dall'Esercito e dalla Marina: tutto ciò dopo una grande guerra durante la quale l'aviazione non aveva agito che come ausiliaria, vale a dire contro le idee fatte e catalogate di tutti coloro - ed erano e sono legione - che preparano l'avvenire guardando al passato.
La cosa era ardua in sé, e lo dimostra il fatto che, non ostante la specie di marchio ufficiale dato a «Il D. dell'A.», dalla sua pubblicazione avvenuta a cura del Ministero della Guerra, nessuna delle alte autorità militari terrestri e marittime degnò occuparsi della questione, attorno alla quale si fece il più assoluto silenzio, fino alla marcia su Roma. Occorreva addirittura una rivoluzione per scuotere le menti! Evidentemente le idee contenute ne «Il D. dell'A.», dovettero apparire azzardatissime, se non addirittura stravaganti, a meno che l'indifferenza non derivasse da una generale congenita pigrizia mentale. Eppure io avevo compiuto un grande sacrificio per propiziarmi la dèa dell'incomprensione, ammettendo la conservazione dall'Aviazione ausiliaria! Precisamente. Ne «Il D. dell'A.» (vedi lib. I) io cercavo di dimostrare la essenziale importanza dell'Aviazione indipendente (Armata Aerea), ma ammettevo che contemporaneamente, potesse sussistere l'Aviazione ausiliaria mentre ero, come sono, convinto che questa è incompatibile con quella. Fu una vigliaccheria, ne convengo; ma che cosa non bisogna subire, talvolta, per far trionfare il senso comune! Del resto, chiunque avesse letto con qualche attenzione «Il D. dell'A.» avrebbe perfettamente compreso che io consideravo inutile, superflua e dannosa l'aviazione ausiliaria. Di fatto, nel Capo VIII - Armata Aerea ed Aviazione Ausiliaria - dopo essere giunto alla conclusione: «La D. N. non può essere assicurata che da una forza aerea adatta, in caso di conflitto, a conquistare il dominio dell'aria», aggiungevo, poco più oltre: «si comprende facilmente che tutti i mezzi aerei dell'Esercito e della Marina verrebbero annullati da una A. A. nemica che conquistasse il dominio dell'aria»; il che significa che l'aviazione ausiliaria risulta inutile se non si riesce a conquistare il dominio dell'aria. Ora, in guerra, ciò è inutile, è non solo superfluo, ma dannoso, perché potrebbe essere impiegato utilmente in altro modo. Tanto è che nel Capo VII affermavo: «ogni sforzo, ogni energia, ogni risorsa distratta da questo scopo essenziale (la conquista del dominio dell'aria), rappresenta una probabilità in meno di conquistare il dominio dell'aria, una probabilità in più di venire, in caso12 di guerra, sconfitti. Ogni distrazione dallo scopo essenziale rappresenta un errore. Consideravo quindi errore il conservare l'aviazione ausiliaria inefficiente alla lotta per il dominio dell'aria, ma ne ammettevo l'esistenza per non turbare troppo le menti sostenendo un salto troppo deciso e cioè la necessità di abolire l'aviazione ausiliaria - unica ammessa e concessa allora - e la costituzione di una sola aviazione indipendente rappresentante una novità assoluta che la guerra non aveva generato. Ma pur ammettendolo, per tattica non volli entrare in merito ad essa, e, di fatto, nel Capo XIX scrissi: «Avendo dichiarato che l'organizzazione dell'aviazione ausiliaria è di competenza dell'Ente che presiede alla organizzazione rispettivamente dell'Esercito e della Marina, non entrerò assolutamente in merito ad essa», e dichiarai che l'aviazione ausiliaria dell'Esercito e della Marina dovevano:
1°) comprendersi, rispettivamente, nei bilanci dell'Esercito e della Marina; 2°) venir messe alla diretta dipendenza, rispettivamente, dell'uno e dell'altra, in modo completo ed assoluto, a cominciare dall'organizzazione per finire coll'impiego»
Ciò era logico, ammesse le aviazioni ausiliarie, ma per me aveva uno scopo più lontano. Io pensavo che quando si fosse formata una A. A. di reale valore e quando l'Esercito e la Marina fossero stati costretti a trarre dai rispettivi bilanci i mezzi per costituire la propria aviazione ausiliaria, quando le autorità militari terrestri e marittime fossero state obbligate a studiare seriamente l'organizzazione e l'impiego delle proprie aviazioni ausiliarie, si sarebbe automaticamente giunti alla conclusione che dette aviazioni sono inutili e perciò, più che superflue, dannose all'interesse generale. Tali sono le ragioni essenziali che allora mi trattennero dal dichiarare, come dichiaro ora, che l'unica forza aerea che abbia ragione di esistere è l'Armata Aerea.
Coll'espressione «Armata Aerea», io intendo - e mi sembra di averlo ben chiarito fino dal 1921 - non una qualsiasi forza aerea capace di compiere una qualsiasi azione di guerra, ma bensì: una forza aerea adatta alla lotta per la conquista del dominio dell'aria; e coll'espressione «Dominio dell'aria» non intendo una qualsiasi supremazia nell'aria od una qualsivoglia preponderanza ma bensì: «quello stato di fatto per il quale ci si trova in condizioni di volare di fronte ad un nemico incapace di fare altrettanto» Ora, dato il significato che io dò a queste espressioni, la seguente affermazione risulta assiomatica: «Il dominio dell'aria fornisce, a chi lo possiede, il vantaggio di sottrarre tutto il proprio territorio e tutto il proprio mare alle offese aeree nemiche e di assoggettare tutto il territorio e tutto il mare nemico alle proprie offese aeree». Questo vantaggio è tale, data la portata ed il raggio d'azione dei moderni mezzi aerei e l'efficacia degli attuali materiali distruttivi, che, se si posseggono forze aeree adeguate, si può giungere a spezzare le resistenze materiali e morali dell'avversario, vale a dire a vincere, indipendentemente da qualsiasi altra circostanza. Ciò non si può negare, perché le resistenze materiali e morali del nemico si spezzano mediante offese, ed offese si possono arrecare mediante mezzi aerei. Sarà questione di definire la quantità e la qualità delle offese aeree necessarie per spezzare le resistenze materiali e morali dell'avversario, ma ciò, per il momento, non interessa, dato che coll'inciso «se si posseggono forze aeree adeguate», ho appunto voluto esprimere la condizione che le forze aeree debbono essere tali da corrispondere allo scopo, e cioè possedere la capacità di arrecare all'avversario quella quantità e qualità di offese che valgano a spezzare le resistenze materiali e morali. Ora, se il dominio dell'aria, esercitato con una adeguata forza aerea, assicura la Vittoria, indipendentemente da qualsiasi altra circostanza, ne viene di conseguenza logica ed immediata che la forza aerea adatta alla lotta per la conquista del dominio dell'aria, e cioè l'Armata Aerea, è il mezzo idoneo ad assicurare la Vittoria, indipendentemente da qualsiasi altra circostanza, quando risulti atta a vincere la lotta per la conquista del dominio dell'aria ed a esercitare tale dominio con forze adeguate allo scopo. Per negare questa verità assiomatica, dato che non si può negare che gli aeroplani volino e che i materiali distruttivi offendano, bisogna negare la possibilità della lotta per il dominio dell'Aria, oppure negare la possibilità di dominare l'aria nel significato che ho dato a questa espressione.
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Per giungere a dominare l'aria, ossia ad impedire all'avversario di volare conservando a sé stessi tale facoltà, è evidente che occorre privare il nemico di tutti i suoi mezzi di volo. Per il momento non interessa vedere come questo scopo può ottenersi, basta dimostrare la possibilità attuale di raggiungerlo. Ora questa possibilità esiste, perché i mezzi di volo avversari si possono distruggere sia nell'aria mediante altri mezzi di volo, sia a terra, là dove si ricoverano o si raccolgono o si producono, mediante offese aeree dirette contro la superficie. D'altra parte è evidente che queste azioni dirette alla distruzione dei mezzi di volo avversari devono provocare, per parte del nemico, una reazione intesa ad impedire lo svolgersi delle azioni stesse. Azione e reazione: quindi lotta. Quando io dico che l'A. A. deve essere una forza aerea adatta alla lotta per la conquista del dominio dell'aria, intendo appunto stabilire la condizione della sua capacità a vincere le reazioni avversarie ed a distruggere i mezzi di volo nemici.
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Dire: «impedire all'avversario di volare» non vuol dire impedire che anche le mosche avversarie volino. È certo che ben difficilmente si potranno distruggere tutti, in modo assoluto, i mezzi di volo dell'avversario. Ma il dominio dell'aria si sarà conquistato quando i mezzi di volo avversari saranno ridotti ad una quantità trascurabile, incapace di svolgere una qualsiasi azione aerea di importanza apprezzabile nel quadro generale della guerra. Una flotta può dire di avere conquistato il dominio del mare anche se al nemico restano dei sandolini; una A. A. potrà dire di aver conquistato il dominio dell'aria anche se all'avversario resta qualche campione di macchina aerea. Dicendo che il dominio dell'aria consente di volare di fronte ad un nemico reso incapace di fare altrettanto, intendo dire: «consente di volare per far qualche cosa di fronte ad un nemico incapace di fare qualche cosa volando».
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Mi si perdoni se insisto su ciò che intendo per dominio dell'aria, ma vi insisto perché sul valore di tale espressione, generalmente, si equivoca largamente. Molto spesso si confonde «dominio dell'aria» con «preponderanza o supremazia nell'aria». Ora si tratta di due stati di fatto ben differenti. Chi possiede una preponderanza od una supremazia nell'aria si trova nelle condizioni migliori per conquistare il dominio, ma finché non l'ha conquistato non lo possiede, né può esercitarlo.
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Durante l'ultima fase della guerra si udì spesso affermare che noi possedevamo il dominio dell'aria, mentre possedevamo semplicemente una preponderanza aerea e mentre dimenticavamo perfino di usare questa preponderanza aerea per conquistare il dominio dell'aria, talché, non ostante la nostra preponderanza aerea, non possedendo il dominio dell'aria, l'avversario seguitò ad offenderci dall'aria fino al giorno dell'armistizio. Alcuni, specie in questi ultimi tempi, hanno scoperto il dominio relativo dell'aria, ossia il dominio dell'aria ristretto ad una zona speciale del cielo, naturalmente confondendo ancora una volta preponderanza con dominio. Un tale concetto è veramente peregrino, dato il raggio d'azione e la velocità di traslazione dell'arma aerea, caratteristiche che impediscono di tagliare il cielo a fette. Essere più forti nell'aria non vuol dire dominarla, perché dominare esclude qualsiasi soggezione e significa essere i padroni, mentre finché ci si accontenta di essere solo i più forti, ci si accontenta di una condizione potenziale che non esclude affatto al meno forte di agire a nostro danno. La nostra bella lingua non ha sinonimi: diamo dunque alle parole il significato che hanno. Il significato che ho dato all'espressione «dominio dell'aria» non è se non quello che tale espressione ha nella lingua italiana. Perciò: L'A. A. rappresenta il mezzo idoneo ad assicurare la Vittoria, indipendentemente da qualsiasi altra circostanza, quando risulti idonea a vincere la lotta per la conquista del dominio dell'aria e ad esercitare tale dominio con forze adeguate.
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A due condizioni deve dunque rispondere l'A. A. per diventare fattore essenziale di vittoria:
1°) Risultare idonea a vincere la lotta per la conquista del dominio dell'aria. 2°) Risultare capace, conquistato il dominio dell'aria, di esercitarlo con forze idonee a determinare lo spezzarsi delle resistenze materiali e morali dell'avversario.
La prima di tali condizioni è essenziale, la seconda integratrice. Di fatto una A. A. che risponda solo alla prima di queste condizioni, cioè sia idonea a vincere la lotta per la conquista del dominio dell'aria, ma incapace di esercitarlo con forze adeguate a determinare lo spezzarsi delle resistenze del nemico, si trova in grado:
1°) di sottrarre tutto il proprio territorio e tutto il proprio mare alle offese aeree nemiche; 2°) di assoggettare tutto il territorio e tutto il mare nemico alle proprie offese aeree, senza tuttavia raggiungere quel grado di offese necessario a determinare lo spezzarsi delle resistenze materiali e morali del nemico.
Vale a dire una A. A. che risponda solo alla prima condizione non può decidere l'esito della guerra, esito che dipenderà da altre circostanze indipendenti dalla lotta aerea, mentre una A. A. che risponda alle due condizioni, essenziale ed integrativa, decide l'esito della guerra indipendentemente da qualsiasi altra circostanza. Allorché una A. A. risponde solo alla prima condizione, l'esito della guerra verrà determinato dalla lotta sulla terra e sul mare. In quali condizioni si svolgerà questa lotta per chi avrà conquistato il dominio dell'aria? Evidentemente in condizioni molto vantaggiose, e tanto più vantaggiose quanta maggior forza resterà all'A. A. dopo aver conquistato il dominio dell'aria, perché:
1°) avrà resi ciechi l'Esercito e la Marina nemica, pur potendo fornire occhi lungimiranti al proprio Esercito ed alla propria Marina; 2°) avrà la possibilità di arrecare offese aeree al nemico, offese che, se pure non raggiungeranno lo scopo di spezzarne completamente le resistenze materiali e morali, potranno gravemente danneggiarlo affievolendo tali resistenze.
Perciò una A. A. che risponda anche solo alla prima condizione, sarà in grado di sviluppare una azione efficacissima in ordine al conseguimento della vittoria. L'aviazione ausiliaria, per definizione, è quell'insieme di mezzi aerei che servono a facilitare od integrare azioni di guerra terrestre o marittima, ossia un insieme di mezzi aerei predisposti a rendere determinati servizi alle armi di terra e di mare ed a queste strettamente collegati. ma, e perciò, non intesi alla lotta per la conquista del dominio dell'aria. Di conseguenza l'aviazione ausiliaria non può comunque pesare sull'esito di tale lotta. D'altra parte, poiché conquistare il dominio significa mettere il nemico in condizioni di non poter più volare, così chi rimane soccombente nella lotta per la conquista del dominio dell'aria non può più impiegare la propria aviazione ausiliaria. Vale a dire: la possibilità di impiegare l'aviazione ausiliaria dipende dall'esito della lotta per la conquista del dominio dell'aria, esito sul quale l'aviazione ausiliaria non può comunque pesare. Di conseguenza: i mezzi aerei destinati all'aviazione ausiliaria sono mezzi distratti dallo scopo essenziale e che risultano inutili se tale scopo non viene conseguito. Ora, poiché una distrazione di forze dallo scopo essenziale può produrre il fallimento di tale scopo, il distrarre mezzi aerei per costruire un'aviazione ausiliaria può far rimanere soccombenti nella lotta per la conquista del dominio dell'aria e, di conseguenza, rendere inutile l'aviazione ausiliaria. Considerando, in fine, che una volta che si sia riusciti a conquistare il dominio dell'aria, nulla impedisce, qualora si creda utile, distaccare qualche mezzo aereo dall'A. A. per impiegarlo come ausiliario, si deve per forza concludere che l'aviazione ausiliaria è inutile, superflua e dannosa. Inutile, perché incapace di agire se non possiede il dominio dell'aria. Superflua, perché, se si possiede il dominio dell'aria, si può impiegare una parte dell'A. A. come ausiliaria. Dannosa, perché distrae mezzi dallo scopo principale rendendo più difficile il conseguimento dello scopo principale stesso.
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Affermare ciò mentre l'aviazione ausiliaria predomina e vaga è ancora quella indipendente, può sembrare audace, ma fu, forse, più audace affermare, nel 1909: «non meno importante del dominio del mare sarà, fra breve, il dominio dell'aria»... «le nazioni civili, per prepararsi alla nuovissima lotta, apparecchieranno e raccoglieranno i mezzi adatti e, come è avvenuto ed avviene, per gli eserciti e per le marine da guerra, avverrà, per le forze aeree, una gara incessante e frenata solo da contingenze di ordine economico»... «necessariamente, inevitabilmente, per la forza stessa delle cose, ed automaticamente, le forze aeree subiranno un vertiginoso crescendo»... «si combatterà, dunque, ed aspramente per la conquista del dominio dell'aria»... «l'aeronautica produrrà, inevitabilmente, la guerra aerea nel suo più largo significato»... «all'idea della guerra aerea è necessario abituarsi fin d'ora»... «i mezzi aerei debbono, fin d'ora, essere concretati informandosi ad un concetto simile a quello che presiede alla costituzione dei mezzi guerreschi terrestri e navali e cioè in vista della guerra aerea»... «essenzialmente di combattere nell'aria e contro aerei debbono essere capaci gli aerei da guerra, non di compiere missioni speciali quali l'osservazione, il trasporto di ordini, ecc. ecc.»... «la guerra aerea coinvolge, oltre alla risoluzione del problema tecnico del mezzo aereo più adatto, la risoluzione di una grande quantità di problemi di preparazione, organamento, impiego, ecc., delle forze aeree, e cioè richiede la formazione, ex novo, di una terza branca dell'arte della guerra, quella che appunto potrà definirsi: «l'arte della guerra aerea»... «l'esercito e la marina non debbono vedere negli aerei dei mezzi ausiliari capaci di essere utili in certe determinate circostanze, no, esercito e marina debbono invece vedere negli aerei il nascere di un terzo fratello, più giovane, ma non meno importante, della grande famiglia guerriera»... «noi, all'inizio della guerra aerea, avremo assistito ed a questo inizio avremo cooperato. E sarebbe davvero curioso che non ce ne fossimo neppure accorti! » (Vedi «La Preparazione, 1909). Eppure tutte queste affermazioni audacissime, ma figlie di una logica ferrea, sotto la ferrea forza dei fatti, sono ormai diventate di comune consenso, se pure non ancora comprese in tutto il loro spirito. Ciò mi permette di sperare, poiché poggiano sulle stesse basi, che diverranno di comune consenso anche quelle che enuncio ora, e che altro non sono se non un necessario sviluppo di quelle che enunciai allora.
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Si voglia seguire il seguente ragionamento a controprova. A e B sono due nazioni che, per la loro forza aerea, dispongono della stessa somma di risorse e si trovano alla stessa altezza della tecnica aeronautica; ma mentre la nazione A impiega tutte le sue risorse per costituire una A. A. adatta alla lotta per la conquista del dominio dell'aria, la nazione B impiega le sue risorse dividendole in due parti: una per costituire una A. A. e l'altra per costituire un'aviazione ausiliaria. Evidentemente l'A. A. della nazione A risulterà più forte di quella della nazione B, e perciò - dato che tutte le altre circostanze, abbiamo ammesso, sono uguali - in caso di conflitto il dominio dell'aria verrà conquistato dalla nazione A, e, dominata dall'aria, la nazione B non potrà impiegare la propria aviazione ausiliaria. Vale a dire: la nazione B risulterà soccombente nella guerra aerea unicamente perché ha distratto parte delle sue risorse dall'A. A. per crearsi un'aviazione ausiliaria, la quale diventa la causa essenziale della sconfitta aerea che la rende, di poi, inutile. Comunque si esamini la cosa, la conclusione è identica: l'aviazione ausiliaria è inutile, superflua e dannosa.
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Nella passata guerra i mezzi aerei vennero impiegati esclusivamente come ausiliari. È perfettamente vero. Ma che significa ciò? Significa semplicemente che non si era compreso il valore del dominio dell'aria, e quindi non si cercava tale dominio né si preparavano i mezzi adatti a conquistarlo. La guerra scoppiò quando l'aviazione era ancora in fasce. Pochissimi credevano in essa, e questi pochissimi non avevano voce in capitolo, anzi erano considerati degli esaltati e degli illusi. Le alte autorità militari delle nazioni impegnate nella lotta non credevano all'aviazione; peggio, la maggior parte di esse non sapeva neppure che fosse. Solo in Germania vi era qualche idea di guerra aerea, ma, fortunatamente, la Germania venne tratta sulla falsa strada da Zeppelin e, più che agli aeroplani, credette ai dirigibili, che non potevano, non possono e non potranno mai fornire armi da guerra, data l'esistenza del più pesante. L'aviazione entrò in guerra più per tolleranza che per convinzione, più in ossequio all'opinione pubblica - più chiaroveggente delle autorità tecnico-militari - che per la persuasione che potesse servire a qualche cosa. Essa venne completamente abbandonata a sé, trattata come un servizio secondario, - da noi, per un certo tempo, venne messa alla dipendenza dell'Intendenza Generale!!!, - e gli S. M. non cominciarono ad accorgersene che quando cominciarono a cadere bombe sui Quartieri Generali. In tali condizioni quale impiego di quest'arma nuovissima poteva concretarsi? Evidentemente un impiego empirico e rispondente a scopi parziali e particolari, cioè ausiliari. Tutto ciò che l'aviazione fece durante la guerra, lo fece per merito ed iniziativa del suo valoroso personale, non ostante, e talvolta contro, l'azione delle alte autorità militari. Ma il personale d'aviazione non poteva abbracciare, nel suo complesso, il campo della guerra e doveva quindi limitare le sue visuali agli stretti campi ad esso aperti. Allorché qualcuno, come feci io, proponendo nel 1915 la costituzione di una A. A. nazionale e nel 1917 proponendo la costituzione di una A. A. interalleata, tentò richiamare le alte autorità militari alla considerazione dell'importanza del mezzo aereo come mezzo a sé in ordine agli scopi generali della guerra, le autorità militari non degnarono neppure di prendere la cosa in esame. In tali condizioni non poteva svolgersi, come non si svolse, una vera e propria guerra aerea: potevano svolgersi, e si svolsero, azioni aeree di carattere empirico, disordinato e caotico, perché dominate più dall'istinto che dal ragionamento.
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Poiché dall'alto si vede bene ed è facile lasciar cadere qualche cosa, ecco la ricognizione ed il bombardamento; poiché danneggia l'essere riconosciuti e bombardati, ecco la caccia. Tutta l'azione dell'aviazione in guerra poggia su questo semplicismo istintivo, e non va più in là. Le opposte aviazioni riconoscono, bombardano e cacciano durante tutta la guerra. Chi ha la preponderanza nell'aria riconosce, bombarda e caccia più di chi si trova in inferiorità e l'aviazione, legata alle armi di superficie, non se ne distanzia e limita la sua azione nel campo di quelle armi ed al diretto servizio delle medesime. Non si comprende che questo legame vincola l'arma dell'aria, il cui campo d'azione è essenzialmente oltre quello delle armi di superficie, e non nasce l'idea che per farle dare tutto ciò che l'aviazione può dare quel legame va spezzato. Pur tuttavia e non ostante tutto, si fu costretti, dovunque, a riconoscere il grande valore dell'arma aerea. Che cosa non avrebbe potuto dare questa nuovissima arma nelle mani di qualcuno che l'avesse compresa! Dato ciò, che può dirci l'esperienza della passata guerra? Nulla. Anzi meno di nulla, perché può dirci solo che in essa l'aviazione venne impiegata senza alcun criterio, dato che nessun criterio sano può sorgere dall'impiego di un'arma che non si conosce e si lascia abbandonata a sé stessa. Perché durante la grande guerra l'aviazione venne impiegata empiricamente, senza criteri direttivi generali, dovremmo, per la futura guerra, preparare un'aviazione empiricamente, senza criteri direttivi generali? Affermare ciò sarebbe, a mio parere, più audace che non affermare che l'aviazione ausiliaria è inutile, superflua e dannosa.
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Ho detto che l'A. A. deve rispondere alle seguenti due condizioni:
1°) Condizione essenziale: risultare idonea alla lotta per la conquista del dominio dell'aria. 2°) Condizione integratrice: risultare idonea, una volta conquistato il dominio dell'aria, ad esercitarlo in modo da determinare lo spezzarsi delle resistenze materiali e morali del nemico. Ed ho dimostrato che, se si intende come io intendo - dominio dell'aria quello stato di fatto che consente di volare di fronte ad un avversario posto nelle condizioni di non poter volare:
1°) Una A. A. che riesca a conquistare il dominio dell'aria, pur non risultando idonea ad esercitarlo in modo da determinare lo spezzarsi delle resistenze materiali e morali dell'avversario, potrà sviluppare un'azione efficacissima in ordine al conseguimento della vittoria. 2°) Una A. A. che riesca a conquistare il dominio dell'aria e risulti idonea ad esercitarlo in modo da determinare lo spezzarsi delle resistenze materiali e morali del nemico, potrà assicurare la vittoria, indipendentemente da quanto può accadere sulla superficie.
Queste due proposizioni sono assiomatiche e non possono venire contraddette che alterando il significato da me dato - in omaggio alla lingua italiana - alle espressioni usate. Ora per riuscire a conquistare il dominio dell'aria - e cioè a mettere il nemico in condizioni di non poter più volare conservando a sé stessi tale facoltà - è necessario privare il nemico dei suoi mezzi di volo, il che non può essere ottenuto che col distruggerglieli conservando una parte dei propri. Per riuscire ad esercitare il dominio dell'aria in modo da determinare lo spezzarsi delle resistenze materiali e morali dell'avversario è necessario, una volta conquistato il dominio dell'aria, disporre ancora di una quantità di mezzi aerei sufficienti a portare sul nemico offese capaci appunto di determinare lo spezzarsi delle sue resistenze materiali e morali. Anche queste due proposizioni sono assiomatiche, ed io chiedo venia ai miei lettori di procedere nel mio ragionamento per tale via, considerando che, avendo l'intenzione di abbattere idee fatte, mi è necessario non lasciar adito ad alcun equivoco.
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I mezzi di volo dell'avversario possono trovarsi in aria o sulla superficie - centri di sosta, di raccolta, di produzione, ecc. - ma tanto nell'uno quanto nell'altro caso non possono venire raggiunti che mediante offese aeree. Vale a dire il dominio dell'aria non può venire conquistato che da mezzi aerei, ed a tale conquista né le forze di terra né quelle di mare possono comunque concorrere o cooperare. Le offese aeree che si possono esercitare sul territorio e sul mare nemico, una volta conquistato il dominio dell'aria non possono, evidentemente, esercitarsi che mediante mezzi aerei e ad esse né l'Esercito né la Marina possono comunque cooperare. Perciò, per tutto quanto riguarda la lotta per la conquista del dominio dell'aria e l'esercizio delle offese aeree, le forze aeree a ciò destinate, e cioè l'A. A., non possono e non devono comunque dipendere né dall'Esercito né dalla Marina. Ciò non vuol dire affatto che l'A. A. non debba coordinare le sue azioni a quelle dell'Esercito e della Marina in vista dello scopo finale comune, vuol dire semplicemente che tale coordinamento deve venire stabilito dall'autorità che provvede all'impiego di tutte le forze armate della nazione. Né vuol dire che in taluni casi l'A. A. non debba direttamente concorrere per agevolare speciali operazioni dell'Esercito o della Marina, analogamente a quanto già si è verificato più volte nei riguardi della Marina rispetto all'Esercito. Evidentemente, in taluni casi, l'autorità superiore che presiede all'impiego di tutte le forze armate della nazione, potrà se lo riterrà conveniente - una volta conquistato il dominio dell'aria - disporre che l'A. A., o la parte di essa a ciò destinata, passi temporaneamente alla dipendenza del comandante terrestre o marittimo interessato, perdendo così la sua indipendenza.
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Per riuscire a distruggere i mezzi aerei avversari, bisogna essere idonei a vincere le opposizioni che il nemico presenterà per impedire la distruzione dei suoi mezzi aerei. In questa lotta consiste la guerra aerea propriamente detta ed essa si esaurisce. Di fatto chi avrà conquistato il dominio dell'aria si troverà di fronte ad un nemico incapace di volare e non vi può essere guerra aerea contro chi è privo di mezzi aerei. Tutte le azioni che una A. A. può compiere dopo aver conquistato il dominio dell'aria dovranno necessariamente essere rivolte contro la superficie, avranno una grande, forse una decisiva influenza sull'esito della guerra, ma non si potranno mai, con precisione di linguaggio, classificare come azioni di guerra aerea. Quindi la guerra aerea è la lotta per il dominio dell'aria, e la conquista del dominio dell'aria è l'unico scopo che deve prefiggersi la guerra aerea.
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Per privare il nemico dei suoi mezzi di volo, bisogna distruggerglieli ovunque si trovino: nell'aria o sulla superficie. Quindi perché una A. A. risulti idonea alla lotta per la conquista del dominio dell'aria, bisogna che sia idonea ad esplicare la sua azione distruttiva sia nell'aria che sulla superficie. Nell'aria un mezzo aereo non può distruggerne un altro che mediante un combattimento aereo, cioè esercitando contro l'avversario una azione di fuoco più efficace di quella alla quale può venire sottoposto dall'avversario. Vale a dire: l'azione distruttiva nell'aria non può essere svolta che da mezzi aerei adatti al combattimento nell'aria, mezzi che, per semplicità, ho chiamato da combattimento. Per distruggere un mezzo aereo situato sulla superficie è necessario raggiungere la superficie con mezzi distruttivi. Ciò, in linea generale, non si può effettuare che mediante il bombardamento. Ne consegue che la distruzione dei mezzi di volo avversari che si trovino sulla superficie non può essere compiuta che mediante mezzi da bombardamento. Perciò l'A. A. deve possedere mezzi da combattimento e mezzi da bombardamento.
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Così per una via diversa sono giunto alla stessa conclusione formulata nella prima edizione de «Il D. dell'A.». Ma non è male insistere. Può una di queste due specie di mezzi annullarsi in una A. A.? Rispondo: assolutamente no. Di fatto:
1°) Una A. A. composta di soli mezzi da combattimento - ossia di mezzi capaci unicamente di esercitare azione distruttiva nell'aria contro aerei nemici - potrebbe essere posta nella condizione di non riuscire ad esercitare tale azione qualora il nemico sfuggisse l'incontro, il che l'avversario potrebbe fare semplicemente scendendo sulla superficie non appena avvistata l'A. A. nemica. Una A. A. provvista di soli mezzi da combattimento - anche trovandosi in condizioni di superiorità per quanto riguarda tali mezzi - potrebbe finire coll'esaurirsi in azioni vane perché puntati nel vuoto. Qualora poi tale A. A. si trovasse ad avere di fronte una A. A., sia pure inferiore come mezzi di combattimento ma provvista di mezzi da bombardamento, ben difficilmente potrebbe raggiungere anche il solo scopo negativo di salvaguardare il proprio territorio ed il proprio mare dalle offese aeree nemiche perché il nemico, valendosi della rapidità colla quale tali offese si possono portare, potrebbe tentare di apportarne di sorpresa e cercando di sfuggire il combattimento. E cioè una A. A. fornita di soli mezzi di combattimento non è una A. A., perché non è idonea né alla lotta per la conquista del domino dell'aria né alla semplice protezione, contro le offese aeree nemiche, del proprio territorio e del proprio mare. 2°) Una A. A. provvista di soli mezzi da bombardamento non potrebbe agire che evitando lo scontro aereo e di sorpresa e sarebbe inidonea a comunque opporsi alla volontà nemica. Se l'A. A. nemica possedesse mezzi da combattimento e da bombardamento, potrebbe portarsi impunemente nel cielo avversario per compiere azioni offensive contro la terra. Perciò, per quanto, fra i due mali, il minore sia la mancanza dei mezzi da combattimento, una A. A. provvista di soli mezzi da bombardamento non è una A. A. ma solo il principio. Di conseguenza in una A. A. debbono trovarsi mezzi da combattimento e da bombardamento. In quale proporzione? Perché una A. A. possa manovrare liberamente, e cioè sia in grado di imporre la propria volontà al nemico, è necessario che sia capace di portarsi, non ostante l'opposizione avversaria, nei punti da essa prescelti del cielo nemico. Vale a dire deve trovarsi in grado di vincere le opposizioni nemiche, opposizioni che si concretano nell'azione dei mezzi avversari da combattimento che, al massimo, possono derivare dalla massa di tali mezzi posseduti dall'avversario. Per mettersi in grado di vincere - a parità di altre circostanze - bisogna presentarsi più forti sul campo della lotta. Perciò, come mezzi da combattimento, bisogna tendere ad essere più forti dell'avversario. Per quanto riguarda i mezzi da bombardamento, poiché, in qualunque circostanza, conviene esplicare le maggiori offese, conviene, evidentemente, possedere la quantità massima possibile. Non vi può essere, quindi, fra mezzi di combattimento e da bombardamento una proporzione reciproca, dipendendo gli uni e gli altri da circostanze diverse ed indipendenti. Perciò si può dire solo che nella composizione dell'A. A.:
1°) I mezzi da combattimento debbono tendere a risultare più forti di quelli nemici. 2°) I mezzi da bombardamento debbono tendere alla capacità di produrre i massimi effetti; tenendo presente che, non potendosi, in una A. A., annullare né l'uno né l'altro tipo di mezzi, occorre evitare di far tendere l'uno o l'altro a condizioni prossime al loro annullamento.
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Supponiamo di possedere una A. A. che, in relazione a quanto è stato detto, disponga:
1°) di una potenza da combattimento superiore a quella dell'A. A. avversaria; 2°) di una potenza da bombardamento di una determinata capacità di offesa.
Con una tale A. A. noi potremo recarci dovunque nel cielo nemico, ossia sopra qualunque bersaglio ci piacerà scegliere, percorrendo il cammino che ci sembrerà più opportuno, perché:
1°) o l'A. A. avversaria non cercherà di opporsi, ed avremo via libera; 2°) o tenterà opporsi ma non riuscirà ad incontrarci, ed avremo via libera; 3°) o ci si opporrà con una forza di combattimento inferiore alla nostra, e saremo in grado di vincerla liberando la nostra via. Di conseguenza: a) nel primo e nel secondo caso, saremo in grado di operare impunemente contro la superficie arrecando all'avversario danni proporzionali alla nostra potenza di bombardamento; b) nel terzo caso, infliggeremo all'avversario una sconfitta aerea, dopo di che saremo in grado di arrecargli, sulla superficie, danni proporzionali alla nostra potenza da bombardamento. Se come bersaglio del nostro bombardamento avremo scelto mezzi di volo avversari (luoghi di sosta, di raccolta, di produzione, ecc. di mezzi aerei), in tutti e tre i casi infliggeremo al nemico danni che si concreteranno in una diminuzione della sua potenzialità aerea. Perciò la nostra A. A., ogni volta che muoverà direttamente all'offesa di un bersaglio superficiale interessante la potenzialità aerea dell'avversario, qualunque cosa questo faccia, apporterà una diminuzione della sua potenzialità aerea. La riduzione a zero della potenzialità aerea avversaria, ossia la conquista del dominio dell'aria, sarà ottenuta tanto più rapidamente quanto più la nostra A. A. agirà intensamente, possederà maggiori mezzi distruttivi contro la superficie e sceglierà più oculatamente i propri bersagli.
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Contro l'azione di questa nostra A. A. quale azione potrebbe svolgere l'A. A. avversaria? Tentare di opporsi direttamente alla nostra azione? Evidentemente no, perché o non riuscirà ad incontrarci ed agirà a vuoto, o riuscirà ad incontrarci e sarà battuta. Tentare, a sua volta, offensive aeree sul nostro territorio o sul nostro mare, cercando di sfuggire il combattimento? Evidentemente altro non può fare, perché, a meno che non riesca a sfuggire il combattimento, riuscirà ad arrecarci offese che si possono risolvere in una diminuzione della nostra potenzialità aerea.
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La lotta per la conquista del dominio dell'aria - ossia la guerra aerea - fra due A. A. di differente potenza in mezzi di combattimento presenterà queste caratteristiche:
1°) l'A. A. più forte in mezzi da combattimento, in grado di imporre la propria volontà, non vincolata all'azione nemica, agirà con piena libertà di manovra, scegliendo quei bersagli che riterrà più utili al suo scopo; 2°) l'A. A. meno forte in mezzi da combattimento tenterà la distruzione dei bersagli che crederà più utili ai suoi fini, cercando di sfuggire il combattimento. Vale a dire l'azione delle due A. A. sarà analoga, aggravata dalla preoccupazione, per quella meno forte, di mantenersi in potenza. Ammettiamo che durante una tale lotta l'A. A. meno forte riesca a mantenersi in potenza, cioè a sfuggire la battaglia. In questo caso ogni azione dell'A. A. meno forte produrrà, come produrrà ogni azione di quella più forte, una diminuzione, per effetti riflessi, sulla potenzialità aerea avversaria, e conquisterà il dominio dell'aria quell'A. A. che più rapidamente produrrà sull'altra una somma di danni riflessi tali da annullarne la potenzialità. Quindi, se conviene all'A. A. più forte di agire colla massima intensità, di possedere la maggior capacità distruttiva contro la superficie e di scegliere bersagli aventi una grande influenza sulla potenzialità aerea avversaria, a maggior ragione le medesime convenienze si paleseranno per l'A. A. meno forte. Da ciò si possono trarre diverse conseguenze praticamente interessanti:
1°) la guerra aerea deve svolgersi con la massima intensità, iniziandosi immediatamente non appena decise le ostilità, ossia l'A. A. deve essere sempre pronta e preparata a passare all'azione e, iniziata l'azione, trovarsi in condizioni di svolgerla, senza interruzioni, fino alla conquista del dominio dell'aria. Data la grandiosità delle offese che può svolgere una A. A. e data la intensità colla quale deve svolgerle, non è possibile sperare che sulla guerra aerea - ossia sulla conquista del dominio dell'aria - possano comunque pesare nuovi aerei non pronti all'atto dello scoppio della guerra. Vale a dire: la guerra sarà decisa dai mezzi aerei che potranno entrare in azione all'atto delle ostilità: quelli che potranno venire preparati in seguito, potranno, al massimo, servire per l'esercizio del dominio dell'aria, una volta conquistato tale dominio; 2°) se la scelta dei bersagli avrà una grande importanza avrà pure una grande importanza la disposizione dei bersagli che si presentano all'avversario. Vale a dire: la dislocazione di ciò che interessa la potenzialità aerea della nazione deve essere tale da non favorirne la distruzione per parte del nemico. Si comprende facilmente che se si raccolgono in pochi centri prossimi alla frontiera i mezzi che servono a mantenere in vita la A. A., si rende agevole all'avversario di ucciderla. 3°) l'esito della guerra aerea dipenderà, sì, dalle forze in contrasto, ma dipenderà essenzialmente dal come tali forze saranno impiegate, cioè dalla genialità dei Comandanti della A. A. dalla loro attività, dalla prontezza delle loro decisioni, dalla conoscenza esatta delle risorse aeree dell'avversario.
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Da quanto precede risulta che, in definitiva, la guerra aerea dovrebbe svolgersi fra due A. A. preoccupate solo di apportare il massimo danno all'avversario, senza curarsi del danno che l'avversario può, a sua volta apportare. Questa concezione di guerra, che avevo già enunciata nella prima edizione de «Il D. dell'A.», consiste nel rassegnarsi a subire le offese nemiche per utilizzare tutti i mezzi disponibili allo scopo di arrecare ai nemico le massime offese, ed è difficile a farla penetrare nelle coscienze perché si stacca completamente dalla concezione generale della guerra quale ci è apparsa nel passato. Noi siamo abituati a vedere, in ogni lotta, offese e difese, e perciò la nostra mente non riesce ad afferrare prontamente la visione di una lotta tutta offese, senza difesa. Eppure tale - e non diversa - deve essere la guerra aerea perché l'arma aerea presenta caratteristiche così eminentemente offensive da risultare assolutamente inadatta alla difesa. Il fatto è questo: coll'arma aerea si può facilmente offendere, ma non ci si può difendere.
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Prendiamo il caso più favorevole, ossia consideriamo una nazione che disponga di una A. A. più forte in mezzi da combattimento dell'avversaria. Può questa A. A. difendere la nazione dalle offese aeree dell'A. A. avversaria? Due modi si presentano a chi vuol difendersi: o andare alla ricerca dell'avversario, o attenderlo, per batterlo. Può una A. A. andare alla ricerca di quella avversaria? Certo che può; ma, pure andandone alla ricerca, può non trovarla, oppure trovandola, può non raggiungerla e quindi non avere l'occasione di batterla, specie se l'A. A. nemica ha interesse di evitare la battaglia. Ora tutte le volte che una A. A. si pone alla ricerca dell'avversaria e non giunge a batterla, avviene che punta nel vuoto, si esaurisce inutilmente, non produce danni al nemico, mentre l'A. A. avversaria, che è riuscita a non lasciarsi battere, può produrle danni indiretti. Quindi questo primo metodo di difesa è assolutamente illusorio e non fa che il giuoco nemico. Si potrà dire che nulla vieta all'A. A. che va alla ricerca dell'avversaria, coi suoi mezzi da bombardamento, di apportare danni al nemico. È vero; ma non avrà libera scelta dei suoi bersagli, perché questi rappresenteranno uno scopo secondario e dipendente dal trovarsi sulla rotta percorsa per cercare l'A. A. nemica.
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Può una A. A. nemica aspettare il nemico per saltargli addosso? Certo che può; ma quante probabilità avrà di raggiungere il suo scopo? Se l'A. A. nemica opera in massa, per saltarle addosso con probabilità di vincerla occorrerà prima raccogliere la propria massa. Può una A. A., specie se si sente più forte, attendere il beneplacito nemico, subire la sua iniziativa, senza avere nessuna sicurezza di giungere in tempo e colla probabilità di ricevere offese senza poterle restituire? Certo che no. Quindi anche questo secondo mezzo di difesa è illusorio e fa il giuoco nemico. Allora bisogna convenire che nella guerra aerea non c'è che un'unica attitudine da prendere: quella dell'offesa più intensa e più violenta, anche a costo di subire quella nemica. Unico modo per difendere il proprio territorio ed il proprio mare dalle offese aeree è quello di distruggere, colla maggior rapidità possibile, i mezzi aerei nemici.
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Qualunque mezzo di difesa si tenti contro l'azione aerea nemica risulta contraria al suo fine, e cioè in favore dell'avversario. Questa affermazione è di carattere generale, non solo adatta all'azione dell'A. A. già esaminata. Contro le offese aeree si pensa di opporre difese aeree, costituite da gruppi di mezzi aerei, e difese antiaeree, costituite da armi situate sulla superficie. La difesa aerea di un centro, per essere efficace, ossia perché riesca effettivamente ad impedire l'offesa sul centro, deve vincere l'azione nemica. Perciò la difesa aerea di un centro deve poter opporre all'avversario una forza da combattimento almeno uguale alla forza da combattimento che quello può presentare. Ora, se il nemico opera seguendo le sane regole di guerra, agisce in massa. La difesa aerea di un centro deve, per risultare efficace disporre di una quantità di mezzi da combattimento uguale alla massa dei mezzi da combattimento avversari, perché, se ciò non si verifica, la difesa aerea sarà battuta ed il centro offeso. Ma, poiché l'arma aerea ha un grande raggio d'azione, una A. A. può minacciare potenzialmente diversi centri; e poiché le offese aeree si svolgono con estrema rapidità, se si volesse avere una certa probabilità di riuscire a difendere i centri potenzialmente minacciati, occorrerebbe dislocare in diversi punti del territorio soggetto gruppi di mezzi di difesa aerea, costituendo ogni gruppo con una forza da combattimento uguale alla massa delle forze di combattimento avversarie. Oltre a ciò occorrerebbe stabilire tutta una complicata rete di segnalazioni e mantenere tutte le forze aeree costantemente pronte all'azione. L'arma aerea, ripeto, possiede un carattere così eminentemente offensivo che volendola impiegare difensivamente si giunge all'assurdo di dovere essere più forti dell'attaccante, e di dovere mantenere questa forza aerea preponderante completamente inattiva - perché incapace di conseguire un qualsiasi scopo positivo - e soggetta completamente all'iniziativa avversaria. Anche ammesso che la difesa aerea possa sempre giungere in tempo utile a soddisfare alla sua funzione, sarebbe conveniente utilizzare le proprie forze aeree in questo modo? Evidentemente no, perché ciò significherebbe un disperdimento di forze estremamente dannoso. Senza dubbio, conviene invece impiegare tutte le risorse aeree di cui si dispone per rafforzare al massimo la propria A. A., perché più l'A. A. sarà forte, più facilmente e più rapidamente sarà in grado di conquistare il dominio dell'aria, unico mezzo efficace per sottrarre il proprio territorio ed il proprio mare alle offese aeree avversarie. La difesa contraerea di un centro, per essere efficace, dovrebbe essere in grado di impedire l'esecuzione dell'offesa aerea sul centro protetto. Il raggio d'azione delle armi contraeree è limitatissimo (tratto utile della traiettoria), perciò occorrerebbe, per ogni centro da proteggere, una quantità di armi contraeree adeguata. Di conseguenza la difesa contraerea esigerebbe, per riuscire di qualche efficacia, una enorme quantità di armi contraeree disseminate su tutta la superficie, in attesa degli eventi. D'altra parte le armi contraeree possono facilmente venire neutralizzate dall'azione aerea, sia mediante attacchi a bassa quota, sia avvolgendole in nubi di fumo, ecc., sì che il loro rendimento effettivo non può riuscire che scarsissimo. Certamente se si impiegassero le risorse che costano le difese contraeree per accrescere la forza dell'A. A. agli stessi fini della difesa, si otterrebbe un maggior rendimento delle risorse stesse perché l'unico mezzo veramente efficace per sottrarre il proprio territorio ed il proprio mare alle offese è quello di conquistare il dominio dell'aria. Quindi niente difesa aerea e niente difesa contraerea: la superficie si difende dall'aria, come le coste si difendono dal mare, conquistandone il dominio. Nessuno pensa più a disseminare lungo la costa i mezzi navali e cannoni per difendere la costa dai bombardamenti: le stesse maggiori città marittime sono lasciate aperte, e la loro difesa, indiretta, è lasciata alla flotta. Quindi tutte le risorse disponibili per agire nell'aria e per difendersi dall'aria debbono essere impiegate per costituire l'A. A. più forte che sia possibile, e questa deve agire unicamente in modo offensivo intensivamente e violentissimamente, Io prego caldamente i miei lettori di fermare la loro mente su questa affermazione, che è di carattere fondamentale e non ammette deviazioni, né sottintesi, né reticenze, perché essa deve costituire la base della formazione della nostra potenza aerea e del suo impiego.
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Per giungere a questa conclusione, mi è bastato considerare la guerra aerea nei suoi caratteri generali, ossia in dipendenza delle caratteristiche essenziali dei mezzi aerei (grande raggio di azione, grande velocità di traslazione, capacità di combattere nell'aria, capacità di offesa contro la superficie), senza entrare in alcuna considerazione tecnica o particolare. Perciò tale conclusione è anch'essa di carattere generale ed indipendente dai particolari tecnici, che possono comunque variare le caratteristiche essenziali dei mezzi aerei disponibili, variazioni che d'altra parte, per il perfezionarsi dei mezzi tecnici, non potranno che maggiormente rafforzare la conclusione generale. La riprova della verità di tale conclusione è facile a farsi: basta mettere di fronte ad una qualsiasi altra concezione di potenza aerea una A. A. concepita ed agente secondo le mie idee.
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Supponiamo per un momento che contro una simile A. A. venga a trovarsi di fronte una aeronautica organizzata secondo le concezioni attualmente vigenti, ammettendo solo che l'A. A. sia stata costituita con una quantità di risorse uguale a quella colla quale è costituita detta aeronautica. È chiaro che l'A. A., avendo utilizzato tutte le risorse disponibili per crearsi forze da combattimento e da bombardamento disporrà di una quantità di forze da combattimento superiore a quella di cui dispone l'aeronautica che ha suddiviso le stesse risorse per provvedersi di una grande varietà di mezzi aerei destinati a scopi differenti, speciali ed escludenti generalmente il combattimento. Per la stessa ragione l'A. A. disporrà di una superiorità di mezzi da bombardamento. In queste condizioni l'A. A. inizierà immediatamente la sua azione proseguendola di poi intensamente ed ininterrottamente - mediante una successione di offensive eseguite colla massa delle sue forze - contro la superficie, senza preoccuparsi di incontrare il nemico, senza cioè cercarlo né sfuggirlo. Contro questa azione l'aeronautica considerata non potrebbe rispondere che opponendovi direttamente i suoi elementi da caccia - che se si impegneranno a fondo verranno battuti - ed indirettamente i suoi elementi da bombardamento agenti in modo da sfuggire il combattimento ed inferiori come capacità di offesa all'A. A. Tutta la grande massa delle forze aeree ausiliarie, non adatta al combattimento ed al bombardamento, non potrà pesare efficacemente sull'esito della lotta per il dominio dell'aria, e dovrà rimanere pressoché inattiva, cercando di sfuggire alla distruzione, specialmente sulla superficie. Perciò, a parità di altre condizioni, il dominio dell'aria sarà necessariamente conquistato dall'A. A. Di fronte ad una A. A. composta secondo le mie concezioni, non si può opporre che una A. A. composta analogamente ed agente cogli identici criteri. Qualunque altra formazione di A. A. e qualunque altro criterio di azione risultano impropri alla guerra aerea, e sfido chiunque a provarmi il contrario.
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Tutte le conclusioni ottenute sono state tratte stabilendo semplicemente che:
1°) I mezzi da combattimento debbono risultare idonei al combattimento nell'aria; 2°) I mezzi da bombardamento debbono risultare idonei all'offesa contro la superficie.
A questo punto possiamo scendere ad idee più concrete, e cioè a definire quali debbono essere le caratteristiche che fanno da combattimento o da bombardamento un mezzo aereo in un'A. A.
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Mezzi da combattimento. Il combattimento nell'aria si svolge mediante azioni di fuoco fra aerei. Perché un aereo sia adatto a combattere nell'aria bisogna che risulti capace di svolgere azioni di fuoco e sostenere le azioni di fuoco svolte dall'avversario. Un aereo, nell'aria, può venire attaccato dal fuoco avversario da tutte le direzioni; deve quindi essere in grado di rispondere al fuoco avversario in tutte le direzioni. Quindi - a parità di tutte le altre circostanze - risulterà avvantaggiato quell'apparecchio che sarà più potentemente armato, avendo la capacità di esercitare la massima intensità di fuoco in tutte le direzioni. Per mettersi in buone condizioni per sostenere il fuoco nemico occorre proteggersi il più possibile contro gli effetti di tale fuoco quindi - a parità di altre condizioni - risulterà avvantaggiato l'apparecchio più validamente protetto. Evidentemente in una lotta aerea conviene disporre di una velocità e di una manovrabilità superiore all'avversario, il che può permettere, a seconda della propria convenienza, di imporre o di rifiutare il combattimento, o di troncarlo, o di riprenderlo; perciò - a parità di altre condizioni - risulterà avvantaggiato l'apparecchio più veloce e più maneggevole. In fine, a parità di altre condizioni, risulterà avvantaggiato l'apparecchio che possiede il maggior raggio d'azione, perché sarà in grado di portare la sua azione più addentro sulla superficie nemica. Quindi l'apparecchio da combattimento deve presentare al massimo grado compatibile colle esigenze tecniche le seguenti quattro caratteristiche: armamento, protezione, velocità, raggio d'azione.
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Tali caratteristiche, materialmente, si riducono a pesi, e la somma di tali pesi è una quantità definita a seconda della struttura aerodinamica dell'apparecchio; vale a dire: tale quantità definita di peso consentita dall'apparecchio deve venire suddivisa in modo da armonizzare le quattro caratteristiche: armamento, protezione, velocità, raggio d'azione. Si tratta quindi di un problema perfettamente analogo a quello che si è sempre presentato per le navi da battaglia, né, data l'analogia degli scopi, sia pure in campi differenti, poteva essere diversamente. Ma, al proposito, si debbono fare altre considerazioni.
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Armamento. Gli apparecchi da bombardamento di una A. A. non sono destinati a combattere isolatamente ma bensì in formazione. Essi dovranno quindi essere riuniti in unità da combattimento, cioè in gruppi di apparecchi destinati a combattere insieme, ossia costituenti un tutto tattico inscindibile. Quindi la massima intensità di fuoco in tutte le direzioni più che nell'apparecchio deve cercarsi essenzialmente nella formazione dell'unità da combattimento, che potrà essere opportunamente modificata per raggiungere lo scopo a seconda della direzione d'attacco dell'avversario, oppure a seconda della direzione dell'attacco che si ha in animo di portare all'avversario. Quindi il problema dell'armamento tocca, oltre l'apparecchio, anche la formazione e perciò se si sceglie prima la formazione si dovrà concretare dopo l'armamento degli apparecchi, se si determina prima l'armamento degli apparecchi si dovrà su di essi concretare la formazione. Parimenti non è la potenza di fuoco dell'apparecchio isolato che interessi: interessa quella dell'unità da combattimento, unità che va considerata inscindibile. Ed anche qui entra in giuoco la formazione, la quale deve consentire di integrare nel modo migliore la potenza di fuoco nei singoli apparecchi; in ogni modo si può osservare che se pure conviene che ogni apparecchio possegga una potenzialità di fuoco non assolutamente minima, forse non conviene esagerare la potenzialità di fuoco di ogni apparecchio, perché fra due unità da combattimento possedenti una uguale potenzialità di fuoco sembra si trovi in migliori condizioni quella che l'ottiene col maggior numero di apparecchi, il che, fino ad un certo limite, ammette un'azione di fuoco, direi, più avvolgente. Del resto tutto ciò non può essere praticamente desunto che col metodo sperimentale.
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Protezione. La protezione ha lo scopo di conservare l'arma in potenza diminuendo la sua vulnerabilità. Fra due apparecchi ugualmente armati ma aventi, ad esempio, vulnerabilità l'uno doppia dell'altro, è evidente che il meno vulnerabile possiede una capacità offensiva doppia, perché sotto le stesse offese può mantenersi in potenza il doppio di tempo o mantenersi in potenza un ugual tempo sotto offese doppie. La caratteristica «protezione» ha quindi un grandissimo valore materiale, oltre che morale, e non bisogna ritenere che il peso che importa sia sempre male o poco bene utilizzato, anche se talvolta può andare a scapito dell'armamento. La protezione interessa l'apparecchio isolato e su di esso non ha influenza la formazione, tuttavia si comprende facilmente come la protezione venga a pesare relativamente di meno quanto più si riduce il numero degli apparecchi, pur conservando inalterata la potenzialità complessiva.
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Velocità. Per quanto la maggiore velocità rappresenti un vantaggio indiscutibile nel combattimento, sta il fatto che, come ho ampiamente dimostrato, l'A. A. non dovrà cercare l'incontro né imporre il combattimento, e quindi la maggiore velocità ha una importanza relativa e di qualche valore solo per l'A. A. meno forte che potrebbe valersene per sfuggire il combattimento. Non conviene quindi troppo sacrificare le altre caratteristiche per esaltare la velocità.
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Raggio d'azione. Dal raggio d'azione dipende la possibilità di arrecare offese al nemico più o meno addentro al suo territorio ed al suo mare. Perciò esiste un raggio d'azione minimo, al di sotto del quale il valore dell'A. A. si annulla, che dipende dalle possibilità di includere in esso obbiettivi territoriali avversari la cui distruzione risulti necessaria agli scopi che ci si prefigge, mentre conviene, evidentemente, di disporre del massimo raggio d'azione per accrescere al massimo le possibilità offensive dell'A. A.
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Mezzi di bombardamento. Gli apparecchi da bombardamento debbono integrare l'azione di quelli da combattimento incaricati di aprire loro la strada qualora questa venisse ostacolata dal nemico; perciò le loro caratteristiche debbono rispondere alle seguenti condizioni: Raggio d'azione: uguale a quello degli apparecchi da combattimento. Velocità: idem idem. Protezione: se la si considera utile per gli apparecchi da combattimento, non c'è nessuna ragione perché non la si consideri ugualmente utile per quelli da bombardamento: quindi uguale protezione. Armamento: deve consistere essenzialmente in armamento contro la superficie, ma, poiché, anche per sole ragioni morali, non è possibile ammettere che un apparecchio da guerra che può trovarsi coinvolto in una lotta aerea risulti completamente disarmato contro aerei, occorrerà anche un armamento aereo, se pure ridotto. E cioè tutte le caratteristiche, ad eccezione dell'armamento, debbono essere uguali tanto nell'apparecchio da combattimento quanto in quello da bombardamento: la differenza fra i due non consiste se non in quanto l'apparecchio da bombardamento usufruisce per portare bombe la differenza di peso determinata dalla differenza di armamento aereo fra l'apparecchio da combattimento e quello da bombardamento.
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Da questa considerazione sorge immediatamente l'idea di un apparecchio insieme da combattimento e da bombardamento che, per semplicità di espressione, chiamerò da battaglia. L'apparecchio da battaglia dovrebbe dunque essere un apparecchio avente le caratteristiche di raggio d'azione, velocità e protezione già dette, che dovrebbe essere armato sia per il combattimento aereo sia per l'offesa contro terra. Se indichiamo con P il peso che rimane disponibile soddisfatte le altre caratteristiche, per l'armamento (il peso dell'armamento comprende le armi, le munizioni ed il personale addettovi) e se una A. A. è composta di C apparecchi da combattimento e B da bombardamento, la sua potenzialità di combattimento sarà CP e quella da bombardamento B (P-p) essendo p il peso dell'armamento di sicurezza degli apparecchi da bombardamento. Se invece l'A. A. viene composta di tutti apparecchi da battaglia, il numero di tali apparecchi sarà C + B, il peso disponibile per l'armamento da battaglia sarà (C + B) P, vale a dire CP + BP. Ora se noi su ciascun apparecchio proporzioniamo convenientemente i due armamenti (l'aereo e quello contro la superficie) possiamo dare all'armamento contro la superficie il valore complessivo BP. Vale a dire la potenzialità di questa A. A. può risultare identica a quella precedente come forza di combattimento ma leggermente superiore come azione contro la superficie perché manca l'armamento di sicurezza. Ed a questo proposito occorre fare un'altra osservazione. Se l'A. A. è divisa in apparecchi da combattimento e da bombardamento, in caso d'incontro coll'avversario, l'azione verrà divisa in due tempi, ossia in un combattimento aereo inteso a vincere l'opposizione avversaria ed in una successiva azione di bombardamento. Durante il primo tempo entreranno in azione i soli apparecchi da combattimento e nel secondo i soli da bombardamento, ossia nel primo tempo opererà solo il personale addetto alle armi aeree, nel secondo solo il personale addetto alle offese contro la superficie. Se, invece, l'A. A. è composta di soli apparecchi da battaglia, lo stesso personale potrà nel primo tempo impiegare le armi aeree, nel secondo esercitare le offese contro la superficie, perciò l'impiego dell'apparecchio da battaglia fa risparmiare tutto il personale addetto all'impiego dei mezzi contro la superficie e cioè un peso che può venire utilizzato per accrescere l'armamento complessivo. E ancora. Una A. A. composta di apparecchi da bombardamento e da combattimento, in caso d'incontro coll'avversario, dovrà combattere con una sola aliquota dei suoi apparecchi e non avrà libertà di manovra, in quanto dovrà, combattendo, proteggere gli apparecchi da bombardamento. Se invece l'A. A. viene composta di apparecchi da battaglia, tutti gli apparecchi dell'A. A. entreranno nel combattimento con piena libertà di manovra. Quindi sotto tutti i punti di vista conviene che l'A. A. sia costituita da una massa di apparecchi da battaglia vale a dire riunenti la capacità di combattere nell'aria e di offendere la superficie.
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Ed ecco come partendo dalla considerazione delle necessità della guerra aerea siamo venuti determinando le caratteristiche della lotta per la conquista del dominio dell'aria e quelle del mezzo più idoneo a tale lotta. Possedere l'idea chiara e precisa di ciò che si vuole ottenere e poi cercare il modo più adatto per raggiungere lo scopo, ed, in fine, il mezzo materiale idoneo.
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A questo proposito si può andare ancora più in là. Conviene che le caratteristiche, o almeno una parte di esse, degli apparecchi da battaglia risultino elastiche. Raggio d'azione, protezione ed armamento si traducono materialmente in pesi trasportati, e la somma di tali pesi in un determinato apparecchio è una costante, vale a dire si può accrescere una qualunque di tali caratteristiche a spese di un'altra o di tutte le altre. Ora può darsi che per ragioni di impiego convenga fare ciò, di conseguenza sarebbe utilissimo che i particolari costruttivi dell'apparecchio da battaglia permettessero di variare facilmente le caratteristiche in parola. Evidentemente allorché l'A. A. deve compiere un'azione entro un breve raggio converrebbe diminuire il peso dei materiali di consumo dell'apparecchio motore per accrescere corrispondentemente l'armamento, come potrebbe convenire poter diminuire la protezione e forse anche l'armamento per accrescere il raggio di azione qualora l'A. A. dovesse compiere azioni molto lontane dalle sue basi. Conquistato il dominio dell'aria, l'A. A. non avrebbe più bisogno di combattere nell'aria per vincere eventuali opposizioni nemiche, ed allora verrebbe a mancare la necessità di un forte armamento aereo e della protezione. Perciò converrebbe che l'apparecchio da battaglia permettesse di sostituire facilmente al peso della protezione e dell'armamento aereo sia un peso di armamento contro la superficie sia un peso di materiali di consumo dell'apparecchio motore per allargare il suo raggio d'azione. Perciò a parità di altre condizioni è da preferirsi quell'apparecchio da battaglia che presenta maggiore elasticità nelle sue caratteristiche.
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Siamo così venuti determinando tutte le caratteristiche dell'apparecchio da battaglia occorrente per costituire la massa della nostra A. A.: compito dei tecnici e dei costruttori è quello di presentare l'apparecchio che, allo stato attuale della tecnica costruttiva, meglio risponda alle caratteristiche volute. Tale apparecchio dovrà certamente essere un apparecchio del tipo pesante - per trovarsi in grado di presentare in misura sufficiente le caratteristiche di armamento, protezione e raggio di azione - plurimotore - per fornire una potenzialità sufficiente e presentare un alto grado di sicurezza in caso di avaria da parte dell'apparecchio motore, a velocità media. L'apparecchio da battaglia, poiché l'A. A. dovrà potere agire in massa sia sulla terra che sul mare, dovrebbe essere del tipo anfibio. Qualora non fosse possibile, per ora, realizzare questo tipo, l'A. A. dovrà venire composta parte con idro e parte con apparecchi terrestri, presentanti le identiche caratteristiche già determinate. La tecnica attuale permette di realizzare l'apparecchio da battaglia rispondente in un certo grado alle condizioni enunciate e, certamente, il progresso della tecnica, indirizzato su questa via, permetterà di rendere l'apparecchio da battaglia sempre più efficiente.
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Siamo così venuti di deduzione in deduzione a definire tutte le caratteristiche alle quali deve soddisfare l'apparecchio da battaglia, unico tipo che deve costituire la massa operante dell'Armata Aerea, unico organismo necessario e sufficiente dello svolgimento della guerra aerea. L'Armata Aerea, tuttavia, ha bisogno di raccogliere informazioni sul nemico e di operare al sicuro da ogni sorpresa. Perciò occorre provvederla di mezzi da ricognizione. Qui bisogna che ci fermiamo un momento a chiarire che cosa significa ricognizione, perché sulla significazione di questa espressione si equivoca facilmente. La ricognizione è una operazione di guerra che si eseguisce per il nostro vantaggio e quindi contro l'interesse dell'avversario. È perciò un'operazione che l'avversario ha interesse di contrastare, opponendovi una reazione. Per compiere una ricognizione occorre, di conseguenza, mettersi in grado di vincere o di sfuggire la reazione nemica. Ciò è vero sia sulla terra, sia sul mare, sia nell'aria. La cavalleria, ad esempio, può riconoscere l'avversario sia impiegando masse di cavalleria capaci di spezzare la copertura nemica per scorgere ciò che vi è oltre, oppure mediante piccole pattuglie di cavalieri ben montati, le quali, valendosi della loro capacità di sfuggire il combattimento, cerchino di infiltrarsi attraverso la copertura nemica, di vedere e di sfuggire per riferire. Nell'aria è lo stesso: o si vuol fare una ricognizione in forza, ed allora bisogna, anzitutto, disporre della forza per vincere la possibile resistenza avversaria, ed in questo caso è l'A. A. od una parte di essa che deve entrare in giuoco; o si vuol fare una ricognizione cercando di sfuggire l'eventuale opposizione avversaria, ed allora occorrono elementi aerei presentanti caratteristiche opportune e completamente diverse da quelle che debbono presentare gli elementi da combattimento: occorrono cioè elementi che chiameremo da ricognizione, sottintendendo: escludendo il combattimento. Per infiltrarsi attraverso l'ordinanza nemica e per sfuggire il combattimento, occorre possedere una velocità superiore a quella dell'avversario che può opporsi alla ricognizione, ed, insieme, una grande facilità di manovra (maneggevolezza); per riconoscere a vantaggio di una A. A. operante, è necessario possedere un raggio di azione superiore a quello dell'A. A. e la capacità di poterle riuscire utile durante tutto il tempo nel quale l'A. A. può operare; per riconoscere occorre vedere, comprendere e riferire, occorre perciò che l'apparecchio da ricognizione possa trasportare almeno due occhi, un cervello ed i mezzi adatti a comunicare coll'A. A. Le caratteristiche dell'apparecchio da ricognizione debbono quindi essere le seguenti:
a) Velocità: la massima possibile compatibile collo stato della tecnica aeronautica; b) Raggio d'azione: quello che risulta da un tempo di volo almeno uguale al tempo di volo dell'A. A. Se questa ha, ad esempio, la capacità di 6 ore di volo, la stessa capacità di ore di volo almeno devono avere gli apparecchi da ricognizione; c) Armamento e protezione: zero. È inutile armare e proteggere un apparecchio che deve evitare il combattimento; è meglio utilizzare i pesi corrispondenti per aumentare le caratteristiche: velocità e raggio d'azione; d) Mezzi di comunicazione: i più perfetti. e) Equipaggio: il minimo assolutamente indispensabile, possibilmente una sola persona.
La ricognizione, evitando il combattimento, deve venire eseguita con apparecchi isolati o con piccolissimi gruppi di apparecchi quando si possano prevedere eventuali perdite. Una A. A. agente in massa, preceduta e contornata a conveniente distanza da uno stormo di apparecchi da ricognizione di tal genere, sarà assicurata contro qualsiasi sorpresa, mentre simili apparecchi da ricognizione possono essere impiegati per scoprire eventuali luoghi terrestri da battersi.
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Le caratteristiche degli apparecchi da battaglia e da ricognizione fino ad ora determinate valgono per qualsiasi A. A., ma a noi interessa essenzialmente la nostra A. A. Occorre perciò tenere conto di due altre condizioni. I nostri eventuali nemici si possono trovare o al di là delle Alpi o al di là degli stretti mari che ci circondano. Perciò, se noi intendiamo metterci nelle condizioni di poterli offendere, è necessario che la nostra A. A. sia capace di sorvolare le Alpi e di attraversare i mari che ci circondano. Queste due condizioni, che, se non soddisfatte, annullano completamente il valore dell'A. A., determinano l'una il minimo plafond che debbono possedere gli apparecchi da guerra e l'altra il minimo raggio d'azione che deve possedere l'A. A. Non bisogna confondere il raggio d'azione di un apparecchio col raggio d'azione dell'A. A., che può risultare di gran lunga inferiore a quello degli apparecchi che la costituiscono. Una A. A. che intenda agire in massa deve anzitutto adunarsi, poi operare, e quindi sciogliersi e rientrare alle proprie basi. Il raggio d'azione di una A. A. è uguale al raggio d'azione degli apparecchi che la costituiscono, meno due volte la distanza dal punto di adunata alla base più lontana da tale punto.
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Da questa considerazione deriva l'importanza della dislocazione delle basi aeree, ossia delle località ove debbono posare sulla superficie gli elementi di una A. A. È evidente la convenienza di dislocare le basi aeree in modo che esse si presentino ad una distanza presso a poco uguale dal punto di adunata e più che sia possibile accostate a tale punto. Ma13 i punti di adunata possono variare a seconda del nemico che ci si può presentare, e talvolta, anche, a seconda dell'operazione che si intende svolgere su di un determinato nemico. Da ciò deriva la necessità di disporre di numerose basi più o meno raggruppate in modo da potere utilizzare nel miglior modo possibile il raggio d'azione dei singoli apparecchi affinché sia possibile disporre del massimo raggio d'azione dell'A. A. Ciò fa parte della logistica aerea, la quale deve prefiggersi lo scopo di preparare quelle condizioni che valgano a permettere di utilizzare al massimo grado tutto l'efficienza delle forze aeree. Di ciò, per ora, non intendo occuparmi, ed ho voluto semplicemente mettere in luce la necessità di numerose basi aeree unicamente per giungere alla conclusione che queste non possono essere che semplici e costituite essenzialmente da un conveniente terreno di atterramento. Le basi aeree da guerra non possono venire provvedute di ricoveri per gli apparecchi, sia perché non sarebbe praticamente possibile disporre di un numero così rilevante di ricoveri, sia perché le basi stesse verrebbero troppo facilmente identificate dal nemico. Gli apparecchi debbono quindi essere metallici e poter resistere alle intemperie: i grandi campi del tempo di pace dovranno essere abbandonati all'atto della guerra, o almeno dovranno essere abbandonati tutti quelli che alla guerra non potrebbero servire, il che praticamente è identico.
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L'A. A. a terra deve scomparire perché a terra si trova in condizioni di inferiorità sempre, ed in un momento veramente critico non appena atterrata dopo una operazione. Questo momento critico può venire sfruttato da un nemico abile ed audace anche se inferiore di forze. Bisogna perciò che l'A. A. a terra sia largamente dislocata e il più che è possibile mascherata; di più: occorre che disponga di basi di riserva da utilizzarsi all'atto dell'atterramento quando qualche base, per effetto di un eventuale bombardamento nemico, non permetta più l'atterramento stesso. Inoltre, come abbiamo visto, occorre che l'A. A. possa disporre di diversi gruppi di basi per poter godere di tutta la sua libertà di manovra, e che possa cambiare facilmente la sua dislocazione generale. Perciò le forze aeree debbono essere in grado di funzionare in modo autonomo e indipendente dal terreno. Occorre quindi creare una unità logistica aerea, unità che dovrà venire provvista di tutti i mezzi necessari alla vita, al movimento ed al combattimento e che, a sua volta, dovrà venire rifornita da una Intendenza aerea. Una A. A., per rispondere ai suoi scopi, deve costituire una organizzazione complessa capace di muovere nell'aria e di spostarsi sulla superficie in modo autonomo. Ciò dimostra che una A. A., degna di questo nome, è qualche cosa di ben differente da quanto generalmente si pensa.
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Il tipo dell'apparecchio da battaglia adatto alla nostra A. A., e cioè possedente largo raggio d'azione, capacità di sorvolare la catena Alpina, velocità ragguardevole se pure non eccessiva ed attitudine a trasportare un peso non indifferente di armamento e di protezione (compreso il personale necessario al maneggio dell'armamento), rappresenta un tipo utilizzabile dall'aviazione civile quando all'armamento ed alla protezione si sostituisca un ugual peso di passeggeri, merci e posta. Ciò dimostra la possibilità, mediante opportuni provvedimenti tecnici, di trasformare un apparecchio civile in apparecchio da battaglia. Vale a dire: la possibilità di far concorrere l'aviazione civile al completamento dell'A. A. in caso di guerra. A questa finalità, secondo me, occorre tendere con tutti gli sforzi, perché l'ideale sarebbe: organizzare una aviazione civile capace, all'atto del bisogno, di trasformarsi in una potente aviazione militare14. Un apparecchio militare, durante il tempo di pace, vale a dire normalmente, non ha che una funzione potenziale, cioè vale in quanto sarebbe capace di fare qualora scoppiasse la guerra. Tutte le risorse, d'ogni genere, necessarie a mantenere in potenza un apparecchio militare durante tutto il tempo in cui la vita della Nazione scorre normalmente, vengono consumate in vista di quell'azione potenziale. Un apparecchio civile, capace di trasformarsi immediatamente all'atto della guerra, presenta un valore potenziale identico a quello di un apparecchio militare, ma presenta anche, ed in più, un valore attuale durante i periodi di pace, in quanto può esplicare determinati servizi civili. Si comprende perciò come fra due masse, una di apparecchi militari ed una di apparecchi civili capaci di trasformarsi immediatamente in militari, convenga materialmente e moralmente scegliere la seconda. Per quanto possa essere limitato il rendimento di un servizio aereo civile, specie dal lato materiale, tale rendimento è sempre superiore a zero, perciò una massa di apparecchi civili capaci di trasformarsi in militari viene a costare meno che non una ugual massa di apparecchi militari. Ed a parità di spesa, impiegando apparecchi civili trasformabili, si viene ad ottenere una maggiore potenza militare e, contemporaneamente, la possibilità di mantenere in attività un largo complesso di servizi aerei civili. Il vantaggio è talmente grande che io non esito ad affermare che il limite cui bisogna tendere è quello di organizzare una potente aviazione civile, capace di trasformarsi immediatamente, al caso del bisogno, in una potente aviazione militare, riducendo questa, durante la pace, ad un semplice inquadramento, organo di istruzione e di comando.
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Come ho dimostrato, la possibilità di tendere a questo limite esiste per quanto riguarda la massa dell'A. A. secondo le idee qui espresse. L'ambiente aeronautico in genere nega tale possibilità, né la nega a torto, data l'attuale concezione della potenza aerea, concezione che esige una grande varietà di tipi specializzati e talvolta a caratteristiche estreme. Può darsi che non sia possibile, subito, creare degli apparecchi civili capaci di trasformarsi immediatamente in apparecchi da battaglia, perché questi esigono l'installazione a bordo, oltre che di un armamento aereo e di un armamento contro la superficie, di una conveniente protezione. Ma è certo possibile, fin d'ora, creare degli apparecchi civili capaci di trasformarsi immediatamente in apparecchi da bombardamento, poiché, per far ciò, è sufficiente sostituire bombe al peso dei passeggeri, delle merci e della posta. E cioè, è, fin d'ora, possibile accrescere la potenza di bombardamento di una A. A. mediante complementi tratti dall'aviazione civile. A seconda dei casi, tali complementi potrebbero andare ad accrescere la potenza di bombardamento dell'A. A. durante la lotta per la conquista del dominio dell'aria oppure dopo conquistato il dominio dell'aria. Perciò verso il limite accennato nulla vieta mirare fin d'ora.
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Ho detto, dimostrandolo, che solo chi avrà saputo conquistare il dominio dell'aria sarà in grado di impiegare mezzi aerei per servizi ausiliari dell'Esercito e della Marina, e che l'unica forza aerea che la Nazione deve crearsi è l'A. A. Ma una A. A. che abbia conquistato il dominio dell'aria può cedere parte dei suoi elementi all'Esercito ed alla Marina come aviazione ausiliaria. Sono tali elementi adatti a tali servizi? Certamente sì. Anzitutto occorre notare che, di fronte ad un avversario reso incapace di volare, qualunque azione aerea, ausiliaria o no, si compie con estrema facilità e risulta di grande rendimento in quanto che l'avversario, da parte sua, non ne può compiere alcuna. L'A. A. conquistando il dominio dell'aria, può cedere per i servizi ausiliari dell'Esercito e della Marina unità da battaglia (oppure da combattimento e da bombardamento) e da ricognizione. Tali unità possono assolvere colla maggiore facilità - perché in piena sicurezza - tutti quei servizi ausiliari di esplorazione, ricognizione, osservazione, ecc. che l'Esercito e la Marina possono richiedere: - esse, ho detto, hanno la capacità di sorvolare le Alpi là dove il nostro Esercito dovrà combattere e di attraversare i mari che la nostra Marina dovrà percorrere. Le unità da combattimento, potentemente armate in modo da ottenere la massima intensità di fuoco in tutte le direzioni, potranno servire egregiamente per attaccare truppe in marcia, colonne di servizi, treni in movimento, ecc., mentre quelle da bombardamento potranno egregiamente servire per la distruzione di bersagli interessanti direttamente le operazioni sulla superficie. Di apparecchi caccia non ce ne può essere bisogno poiché è ammesso di possedere il dominio dell'aria. Quindi la costituzione dell'A. A. secondo le mie idee permette di assolvere, una volta conquistato il dominio dell'aria, tutti i servizi aerei ausiliari possibili ed immaginabili.
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Ho voluto dimostrare che l'A. A. può anche, una volta conquistato il dominio dell'aria, rispondere ai bisogni dei servizi aerei ausiliari, ma ho fatto tale dimostrazione ad abundantiam perché sono del reciso parere che anche dopo conquistato il dominio dell'aria l'A. A. deve agire indipendentemente e non perdere tempo e disperdere mezzi in azioni di secondaria importanza. Conquistato il dominio dell'aria, l'A. A. deve cercare di recare all'avversario offese di una grandezza tale da spezzarne le resistenze materiali e morali. Ora, se pure questa finalità non potrà essere completamente raggiunta, occorre giungere ad affievolire al massimo grado le dette resistenze materiali e morali perché con ciò, meglio che con qualsiasi altro mezzo, si faciliteranno le operazioni del proprio Esercito e della propria Marina. Per ottenere tale scopo è necessario non disperdere i propri mezzi, ma tutti utilizzarli col massimo rendimento. Ora il massimo rendimento delle offese aeree bisogna cercarlo oltre il campo di battaglia, là dove la reazione è sempre minore e dove si trovano i bersagli più sensibili, più e maggiormente interessanti, sia pure indirettamente, il campo di battaglia. Rende immensamente di più distruggere una stazione, un panificio, una officina producente materiale bellico, mitragliare colonne di camions, treni in marcia, maestranze ecc. che non bombardare o mitragliare trincee. Rende immensamente di più infrangere resistenze morali, dissolvere organismi poco disciplinati, diffondere il panico ed il terrore che non urtarsi contro resistenze materiali più o meno solide. Che cosa non può ottenere una A. A. di una certa capacità offensiva dominante l'aria e perciò capace di impunemente scorrazzare in tutto il cielo nemico!
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Sembra a taluno paradossale il pensare che la decisione delle guerre future potrebbe derivare da colpi inflitti al morale delle popolazioni, eppure è ciò che già si è verificato nella passata guerra e che, con maggiore evidenza, si verificherà nelle guerre future. L'esito della passata guerra non dipese che apparentemente dalle operazioni militari, effettivamente dipese dallo spezzarsi delle resistenze morali dei popoli che vennero sconfitti, spezzarsi di resistenze morali che derivò dall'enorme attrito fra i popoli in lotta. L'Arma aerea permette di raggiungere i popoli direttamente oltre le linee di battaglia, permette cioè di intaccare direttamente le resistenze dei popoli, e nulla vieta pensare che questa azione diretta possa raggiungere una grandiosità tale da giungere a spezzare le resistenze stesse anche lasciando intatti i rispettivi eserciti e la rispettiva marina. Non depose le armi un esercito tedesco ancora capace di combattere, non si consegnò al nemico una flotta pressoché intatta, allorché il popolo tedesco sentì venir meno la sua forza di resistenza? Non bisogna pensare a ciò che è oggi l'aviazione, bisogna pensare a ciò che, oggi, potrebbe essere. Certo che se noi dicessimo che le attuali potenze aeree delle varie nazioni possono decidere le sorti di una guerra, diremmo cosa non paradossale ma assurda addirittura. Ma ciò non vuol dire alcunché, perché non è affatto detto che le attuali aviazioni siano ciò che dovrebbero effettivamente essere. Bisogna pensare a ciò che potrebbe avvenire, per esempio, nel nostro Paese, se un avversario giungesse a conquistare il dominio del nostro cielo e potesse liberamente scorrazzare colla sua A. A. sul Piemonte, sulla Lombardia e sulla Liguria gettando sui centri più sensibili di queste nostre province grandi quantitativi di materiali incendiari, esplosivi e venefici. Se si pensa a ciò, si deve necessariamente concludere che la resistenza delle nostre forze di superficie potrebbe venire direttamente spezzata dal dissolversi della vita sociale di quelle tre province, dissolvimento che esigerebbe unicamente una adeguata quantità di materiali distruttivi e di mezzi aerei per disseminarli. Il perfezionamento dei mezzi aerei e la sempre crescente efficacia dei materiali distruttivi dimostrano, ammesso e non concesso che oggi non fosse possibile raggiungere la voluta grandiosità di offese aeree, che tale voluta grandiosità sarà possibile raggiungere in un tempo più o meno lontano.
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In ogni modo sta il fatto che le offese aeree posseggono una tale efficacia materiale e morale, per comune consenso, fin d'ora, da imporre già oggi una serie di provvedimenti (occultamenti, movimenti notturni, ecc. ecc.) che vincolano la manovra delle forze superficiali e (difesa aerea e contraerea, ecc.) che producono una gravissima dispersione di mezzi, e ciò quantunque si consideri l'aviazione quale è e non quale potrebbe e dovrebbe essere. Noi non dobbiamo fondarci sul fatto che l'estero organizza ed impiega le sue forze aeree presso a poco come le organizziamo e le impieghiamo noi. Potrebbe darsi che un nostro eventuale avversario, un bel momento, le organizzi e le impieghi, ad esempio, come le organizzerei e le impiegherei io. Ed allora io domando, a chiunque intenda rispondere coscienziosamente, se questo nostro eventuale avversario - pure non disponendo di maggiori risorse per la sua forza aerea - non giungerebbe a rapidamente conquistare il dominio del nostro cielo, dati i nostri attuali concetti organizzativi e d'impiego e data la dislocazione sulla superficie delle nostre risorse aeree, e se, conquistato il dominio del nostro cielo, non potrebbe arrecarci danni forse irreparabili e decisivi. Se qualcuno in coscienza e coscientemente mi potrà rispondere decisamente no, io abbasserò le armi e dichiarerò che ho torto. Ma finché non udrò questo no reciso e finché qualcuno di questo no reciso non assumerà piena ed intera la responsabilità, io non cesserò di indicare il gravissimo pericolo e di lottare con tutte le mie forze affinché venga scongiurato, intendendo con ciò di assolvere un mio preciso dovere.
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Riepilogo le mie idee fondamentali in ordine alla costituzione della nostra potenza aerea:
1. - La guerra aerea consiste e si esaurisce nella conquista del dominio dell'aria; conquistato il dominio dell'aria, le forze aeree debbono prefiggersi l'esecuzione di offese contro la superficie intese a spezzare la resistenza morale e materiale dell'avversario. 2. - Nessun altro scopo, al di fuori dei due scopi precedenti, deve venire perseguito se non si vuol fare il giuoco dell'avversario. 3. - Il mezzo per raggiungere gli scopi di cui sopra non può essere dato che da una Armata Aerea indipendente costituita da una massa di unità da battaglia e da una aliquota di unità da ricognizione. 4. - L'A. A. deve presentare la maggior potenza compatibile colle risorse di cui si dispone, e perciò nessuna risorsa aerea dovrà comunque essere distratta per scopi secondari, quali sono l'aviazione ausiliaria, la difesa aerea e la difesa contraerea. 5. - L'efficacia dei materiali distruttivi (esplosivi, incendiari e venefici) deve essere accresciuta al massimo, perché, a parità di tutte le altre condizioni, la potenza offensiva di un'A. A. è proporzionale all'efficacia dei materiali distruttivi di cui dispone. 6. - L'aviazione civile deve venire predisposta a venire utilizzata come complemento di quella militare tendendo alla organizzazione di una potente aviazione civile capace di trasformarsi immediatamente, al caso del bisogno, in una potente aviazione militare ed alla riduzione di questa ad un semplice inquadramento di istruzione e di comando. 7. - La guerra aerea non ammette l'attitudine difensiva, ammette solo quella offensiva. L'A. A. più forte in mezzi di combattimento nell'aria dovrà agire senza ricercare e senza sfuggire il combattimento; quella meno forte dovrà cercare di agire sfuggendo il combattimento. Tanto la più forte quanto la meno forte dovranno trovarsi pronte ad agire anche prima che si inizino le ostilità ed, una volta iniziata l'azione, le A. A. dovranno proseguirla incessantemente e colla massima violenza cercando di colpire i bersagli più sensibili, più vulnerabili e più adatti a portare grandi ripercussioni sulla potenza aerea o sulle resistenze morali dell'avversario. 8. - Conquistato il dominio dell'aria l'A. A. dovrà, con una azione ininterrotta e violentissima contro obbiettivi situati sulla superficie, tendere a spezzare le resistenze materiali e morali dell'avversario. 9. - L'A. A. deve venire organizzata in modo da potere facilmente e coi suoi propri mezzi spostarsi sul territorio nazionale allo scopo di poter essere impiegata col maggior rendimento contro qualsiasi eventuale nemico. 10. - La guerra aerea verrà svolta e decisa unicamente dalle forze aeree che si troveranno pronte all'atto delle ostilità perché il suo svolgimento e la sua decisione saranno rapidissimi, data l'estrema violenza colla quale converrà combatterla, si sia più o meno forti dell'avversario. 11. - Una A. A. costituita con tutte le risorse di cui una Nazione dispone in ordine alle sue forze aeree, formata di una massa di apparecchi da battaglia e di una aliquota di apparecchi da ricognizione, agente in modo decisamente ed esclusivamente offensivo, conquisterà rapidamente il dominio dell'aria di fronte ad una potenza aerea diversamente costituita, formata ed agente.
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Sono sicuro che tutte queste affermazioni, non ostante i ragionamenti serrati dalle quali derivano, appariranno, a molti, azzardate. Ciò non mi fa affatto specie: sono abituato a sentire dichiarare azzardate, e peggio, le mie affermazioni che spesso contrastano con quelle che la grande maggioranza ha fatto sangue del suo sangue, il che, d'altra parte, non impedisce che poco alla volta le più azzardate fra le mie affermazioni diventino di comune consenso. Non mi fa affatto specie, e tanto meno mi turba, in quanto che ho la sicurezza assoluta, perché matematica, che verrà giorno in cui, dovunque, le potenze aeree delle varie nazioni si conformeranno in modo preciso alle affermazioni più sopra elencate. Certo desidererei che noi fossimo i primi a raggiungere tale conformità, perché, certamente, la prima nazione che si costituirà una potenza aerea in modo logico e razionale avrà un enorme vantaggio sulle altre; ma, se pure questo mio desiderio non verrà soddisfatto, la mia coscienza nulla potrà rimproverarmi, avendo io fatto tutto ciò che mi era umanamente possibile fare perché tale scopo potesse essere raggiunto.
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È stato enunciato il seguente concetto: all'Italia occorre una forza aerea capace di difendere il proprio cielo durante tutto quel tempo che sarà necessario, dall'inizio delle ostilità, alla nostra industria per mettersi in grado di costruire in grandi serie gli apparecchi più perfezionati15. Questo concetto trasporta nel campo dell'aria il concetto che, nel campo terrestre, è stato detto dello scudo e della lancia. Secondo tale criterio, sarebbe sufficiente uno scudo aereo la cui protezione provvederebbe alla costituzione della lancia aerea. Vale a dire: si ammette la possibilità di una forza aerea capace di coprire dalle offese aeree avversarie la nostra produzione di materiale perfezionato e di personale addestrato durante tutto quel tempo che sarà necessario per costituirsi una potenza aerea in grado di prendere l'offensiva, facendo balenare il vantaggio di valersi, per lo scontro decisivo, di mezzi realizzanti gli ultimi perfezionamenti della scienza e dell'industria. Se sulla terra, data l'enorme sproporzione di forze necessaria all'offensiva per spezzare le resistenze opposte da una difensiva bene sistemata, è giustificabile il concetto dello scudo e della lancia, tale criterio non trova alcuna giustificazione nel campo dell'aria, dove le armi che vi si impiegano non posseggono alcuna attitudine difensiva, mentre presentano, al massimo grado, i più spiccati caratteri offensivi. Pur troppo nell'atmosfera non si possono scavare trincee, né distendere reticolati, né impedire infiltrazioni e, pur troppo, le nostre essenziali industrie aeronautiche sono tutte alla portata delle offese aeree dei nostri eventuali più terribili nemici. Non dico quale sicurezza né quale probabilità, ma quale possibilità esiste di impedire al nemico aereo la distruzione delle nostre più essenziali industrie aeronautiche, durante tutto quel tempo che può occorrere per preparare una produzione in grandi serie, mediante una difesa aerea? E anche se una tale possibilità esistesse, possiamo supporre che l'avversario durante tutto quel tempo resterebbe colle mani in mano e non si metterebbe anch'esso a costruire in grandi serie? Tutto ciò appartiene al regno della fantasia. La guerra aerea, necessariamente, si svolgerà e si deciderà coi mezzi che si troveranno in presenza all'apertura delle ostilità. Chi si lascerà sorprendere impreparato, chi aspetterà lo scoppio della guerra per decidersi a fare, sarà irremissibilmente battuto nell'aria. Chi si sentirà più forte, cercherà la decisione e non attenderà il beneplacito del più debole, né permetterà che questo lavori sotto il suo naso. Dimentichiamo, per carità, la passata guerra! Allora fu possibile creare un'aviazione addirittura cominciando col creare gli stabilimenti ed i tipi; ma allora era l'aviazione che nasceva e tutti ci trovavamo nelle medesime condizioni. Ai conflitti a venire, l'aviazione si presenterà adulta e cosciente del proprio valore. E sarà un'altra cosa.
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Non bisogna prepararsi a fare: bisogna fare. Bisogna che la nostra aeronautica risulti sempre armata nel modo migliore. Perciò occorre che la nostra industria sia sempre in grado di produrre i migliori materiali e di produrre in quantità superiore al fabbisogno normale. È cioè di sommo interesse - in ordine alla Difesa nazionale - che la nostra industria aeronautica diventi largamente esportatrice, perché se tale diventa, significa che produce i materiali migliori e ne produce in quantità superiore ai nostri normali bisogni e cioè in quantità tale da facilmente corrispondere anche a bisogni anormali. È infinitamente più conveniente - in ordine alla difesa nazionale - possedere un'industria aeronautica esportatrice ed un minore numero di squadriglie che non una industria così così, costretta talvolta a riprodurre materiali esteri, ed un maggior numero di squadriglie armate alla meglio. Perciò è nell'interesse della difesa nazionale - interesse diretto - che l'aeronautica faccia anche dei sacrifici pur di rapidamente ottenere che la nostra industria aeronautica possa gareggiare vittoriosamente con quella estera. Né bastano sacrifici d'indole economica: occorre che l'industria aeronautica venga ad avere una sicurezza di vita ed una sicurezza di indirizzo, ciò che non potrà ottenersi, per ovvie ragioni, se non concretando un sicuro indirizzo aeronautico.
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Se analizziamo la costituzione delle forze aeronautiche esistenti negli Stati principali, ci convinciamo che in esse vigono ancora gli identici criteri che imperarono durante la passata guerra. Si parla sovente, oggi, di guerra aerea. La guerra è lotta, e lotta è combattimento. Ebbene, le aeronautiche, mentre presentano numerosissimi tipi di apparecchi per diversissimi scopi, non presentano il tipo da combattimento. Sembra quasi che tutto possa farsi in aria e dall'aria fuorché combattere. Ci sono i caccia. Lo so, ma i caccia non sono apparecchi da combattimento, bensì da caccia. Non ostante presentino caratteristiche eminentemente offensive, sono apparecchi destinati a scopo difensivo. Ciò deriva dalla loro stessa origine e, del resto, il loro limitato raggio d'azione non permette di svolgere operazioni addentro nel territorio nemico. L'apparecchio da combattimento, capace di imporre all'avversario la propria volontà nel cielo nemico, non esiste, né sembra che si tenda a concretarne. Non esiste, né si tende a concretare, perché ci si è fermati alla grande guerra, e cioè all'infanzia dell'azione aerea, e non si è ancora formata la coscienza che in guerra, prima di ogni altra cosa, occorre essere idonei a combattere. Al contrario: in genere si è convinti che nella guerra aerea si possano fare moltissime cose senza essere costretti a combattere, tanto è che la grande massa degli apparecchi da guerra è inadatta al combattimento nell'aria.
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Su questo concetto è fondata proprio l'aviazione da bombardamento presso le diverse aeronautiche, e cioè si crede che l'azione di carattere più offensivo possa venire svolta al di fuori del combattimento. L'aviazione da bombardamento è, di fatto, divisa generalmente in due specialità: da bombardamento diurno e da bombardamento notturno, la prima destinata ad agire sfuggendo il combattimento grazie alla sua grande velocità, la seconda sfuggendolo grazie all'oscurità della notte. Ora chi intende sfuggire deve agire in dipendenza dell'azione avversaria o di circostanze speciali, non è quindi libero delle sue azioni e deve limitare la sua iniziativa. Ma, d'altra parte, come fare diversamente, se manca il concetto, e, perciò, i mezzi, di agire vincendo l'opposizione nemica, come è norma costante di guerra in terra ed in mare? Se quando, come avvenne durante la grande guerra, l'azione di bombardamento limitava i suoi scopi a dare, più che altro, noia al nemico od a reagire contro una noia ricevuta dal nemico, si poteva ancora ammettere che le operazioni di bombardamento potessero venire eseguite sfuggendo la reazione nemica, oggi non lo si può ammettere, dato che si tende ad ottenere, mediante bombardamenti aerei, risultati veramente positivi e di un elevato ordine di grandezza. Durante la grande guerra si verificarono bombardamenti notturni, cioè talvolta un limitato numero di apparecchi si recò, di notte, a gettare delle bombe su obbiettivi avversari. Ciò avvenne, per quanto ci riguarda più particolarmente, sulla parte più meridionale della fronte dell'Isonzo ed attraverso il Piave. Nelle condizioni attuali, quale che sia il nostro eventuale nemico, per compiere azioni di bombardamento noi dovremmo partire, con masse ragguardevoli, dalla pianura, attraversare tutta la cintura alpina, raggiungere obbiettivi avversari e rientrare riattraversando tutta la cintura alpina. È possibile fare tutto ciò di notte? E, se possibile, è conveniente farlo? Quale necessità vi è, se si ammette che possa agire l'aviazione da bombardamento diurno, di conservare quella da bombardamento notturno? Perché, in ogni caso, dividere la massa in due parti invece di raccoglierla in una sola, il che, oltre tutto, facilita l'istruzione del personale ed il rifornimento del materiale? Nessuna ragione vi è per giustificare oggi la presenza dell'aviazione da bombardamento notturno: essa esiste unicamente perché durante la guerra avvennero bombardamenti notturni.
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La mancanza di un'idea chiara delle finalità dell'aviazione indipendente, ossia dell'Armata Aerea, porta ad una curiosa formazione di questa. Essa, di fatto, in generale comprende l'aviazione da bombardamento diurno, quelle da bombardamento notturno e da caccia. Ora chi dice Armata Aerea presuppone un qualche cosa di unitario; ebbene, l'A. A. viene generalmente a risultare composta di tre specialità che per le loro essenziali caratteristiche non possono andare insieme neppure due a due: bombardamento diurno: grande velocità e grande raggio d'azione; bombardamento notturno: piccola velocità e grande raggio d'azione; caccia: grande velocità e piccolo raggio d'azione.
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La grande massa delle attuali aeronautiche è composta di unità da ricognizione. Anche per quanto riguarda tale specialità si osserva l'influenza predominante del passato e della concezione che si possano compiere operazioni di guerra senza essere costretti a combattere. Si ritiene perciò che l'apparecchio da ricognizione debba essenzialmente possedere tutte le caratteristiche più idonee a facilitare la ricognizione intesa non come operazione di guerra ma come operazione a sé all'infuori della lotta. Perciò vi si ricerca l'ottima visibilità, la velocità non eccessiva, la buona disposizione di macchine fotografiche, il buon funzionamento della radio, il gancio per pescare gli ordini, ecc. ecc.; vi si ricerca insomma tutto ciò che sarebbe necessario e sufficiente per riconoscere in tempo di pace, per fare levate fotografiche, ecc. ecc. senza pensare che, in guerra, per poter riconoscere l'avversario, è anzitutto necessario portarvisi sopra, e senza tener presente che, se a noi interessa riconoscerlo, a lui interessa non lasciarsi riconoscere e quindi agirà e reagirà di conseguenza.
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Facciamo un'ipotesi: Fronte a fronte sono due linee avversarie A e B. La linea A dispone di 500 apparecchi da ricognizione e la linea B di 500 apparecchi caccia. Evidentemente la linea A non riuscirà a compiere il suo mandato perché i suoi apparecchi da ricognizione non potranno portarsi sulla linea B senza venire abbattuti, mentre la linea B, per quanto gli apparecchi caccia poco si prestino all'osservazione, potrà pure osservare qualche cosa perché detti apparecchi potranno portarsi sulla linea B. Ciò dimostra che in guerra - dove l'essenziale è combattere - per effettuare una ricognizione è più conveniente adoperare delle mitragliatrici che delle macchine fotografiche.
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Una ricognizione è una operazione di guerra che, come tutte le operazioni di guerra, si compie a danno del nemico e che, quindi, il nemico cercherà di impedire reagendo. Perciò, per compiere una ricognizione aerea - come per compiere una ricognizione terrestre o marittima - bisogna o mettersi nelle condizioni di travolgere la reazione nemica o di sfuggirla. Quindi le unità da ricognizione dovrebbero essere o delle unità da combattimento o delle unità capaci di sfuggire il combattimento, cioè composte di apparecchi velocissimi capaci di sottrarsi all'azione degli stessi caccia. Mancando la persuasione che in guerra, anzitutto, occorre la capacità di combattere, ne deriva che negli apparecchi detti da guerra si trascura tale capacità per curare essenzialmente capacità accessorie e secondarie. Da ciò deriva il costituirsi di una grande quantità di specializzazioni che spezzetta le forze aeronautiche e le distoglie dal loro scopo essenziale.
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In manovra tutto ciò può andare benissimo, perché in essa si trovano di fronte due mentalità identiche provviste di mezzi identici. È evidente che non possedendo né il partito rosso né quello azzurro unità da combattimento, il combattimento non può verificarsi, ed ognuno dei due partiti può impiegare i propri mezzi come se il combattimento non esistesse. Ma in guerra le cose si possono presentare diversamente. Se di fronte ad una mentalità escludente il combattimento aereo se ne presenta una che ritenga costituire il combattimento l'essenziale funzione delle forze aeree e sia armata di conseguenza, le cose cambierebbero completamente perché chi non si trovasse in grado di combattere, non potrebbe né combattere, né riconoscere, né bombardare, né darsi a tutte le altre specializzazioni aeree che distraggono dallo scopo essenziale.
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Quando si studia per prepararsi alla guerra bisogna sempre partire dalla supposizione, non solo che il nemico sia abile e valoroso almeno quanto noi, ma che agisca sempre nel modo a noi meno conveniente. Per quanto ha tratto colla guerra aerea sarebbe a noi molto conveniente che l'avversario si provvedesse di una grande quantità di mezzi aerei ausiliari, da difesa, ecc, ecc., perché, in tal caso, rimarrebbero a sua disposizione minori mezzi da combattimento e da bombardamento, mezzi idonei ad ostacolare le nostre azioni aeree e ad apportare gravi danni sul nostro territorio. Poiché ciò sarebbe conveniente per noi, bisogna supporre che si verifichi l'opposto, e cioè che l'avversario dedichi tutte le sue risorse a provvedersi di mezzi da combattimento e da bombardamento, ed armarci prendendo come base questa ipotesi peggiore, perché se saremo armati in modo da affrontare l'ipotesi peggiore, lo saremo, a maggior ragione, per affrontare tutte le altre.
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Naturalmente lo schieramento varia a seconda dell'ipotesi di guerra che si prende in considerazione, ma, per ogni ipotesi, deve venire esattamente determinato affinché ognuno sappia, al caso, dove andare. Perciò tutte le unità dell'aviazione militare debbono trovarsi sempre pronte a mobilitarsi immediatamente ed a trasferirsi immediatamente nella località loro designata dallo schieramento da attuarsi per una determinata ipotesi di guerra.
Perché una unità aerea possa mobilitarsi immediatamente, occorre che essa sia permanentemente provvista di tutti quei mezzi che le sono indispensabili a vivere e ad agire in modo autonomo durante tutto quel tempo che occorrerà, una volta effettuato lo schieramento, a stabilire, fra l'unità aerea e gli organi retrostanti, una corrente regolare e continua di rifornimenti. L'insieme di questi mezzi può chiamarsi carico di mobilitazione, e deve comprendere: parti di ricambio, apparecchi e motori, mezzi per effettuare piccole riparazioni, materiali di consumo, ricoveri per materiale e personale, armi e munizioni, dotazioni cartografiche, materiali di equipaggiamento, ecc. ecc., e tale carico deve risultare costantemente al completo, ossia, per la massima parte, deve risultare in più dei mezzi che costituiscono il carico d'esercizio, ossia che servono nei tempi normali di pace. Siccome è evidente che occorre mettersi nelle migliori condizioni, e cioè partire armati di apparecchi al massimo grado di efficienza, l'unità dovrà, in tempo di pace, possedere una quantità di apparecchi e di motori superiore a quella che mobilita, perché questi debbono mantenersi costantemente in piena e completa efficienza.
Per raggiungere la propria dislocazione di schieramento e per rendere possibile ulteriori variazioni nell'ordine di schieramento, è necessario che tutto ciò che del carico di mobilitazione non può trasferirsi in volo abbia la possibilità di altrimenti trasferirsi, e ciò, in linea generale, non sarà possibile che mediante il trasporto a mezzo di camions. Quindi non solo l'unità aerea deve possedere un carico di mobilitazione oltre un carico d'esercizio, ma anche i mezzi automobilistici per il trasporto di tutto ciò che non è trasferibile in volo; e solo a queste condizioni l'unità aerea può essere tempestivamente mobilitata, schierata ed impiegata in caso di guerra. Necessariamente le unità aeree, in caso di guerra, dovranno dislocarsi su campi improvvisati, evitando gli agglomeramenti, mascherandosi il più possibile, tenendosi pronte a mutare la loro dislocazione non appena siano state identificate dall'avversario, e quindi dovranno risultare autonome e mobili. I grandi campi stabili prossimi alla fronte dovranno venire sgombrati all'indietro, perché il materiale che essi contengono non venga facilmente distrutto dal nemico. Bisogna convincersi che il problema della potenza aerea è molto complesso e non si limita alla produzione di un certo numero di apparecchi e di una certa quantità di personale navigante. Perché quest'arma, la cui efficacia può risultare formidabile, possa agire, occorre vengano soddisfatte una grande quantità di condizioni, tutte le une collegate alle altre in modo che se anche una sola viene a mancare, la sua azione può, se non completamente annullarsi, certo infirmarsi notevolmente.
Ho accennato allo schieramento nelle varie ipotesi di guerra. Dire: le unità aeree debbono schierarsi, è affermare una necessità primordiale; ma perché tale necessità possa venire soddisfatta in ordine ad una potente massa aerea che deve venire immediatamente impiegata, occorre, anzitutto, studiare per ogni ipotesi di guerra, in corrispondenza degli obbiettivi della azione aerea e dello schieramento terrestre e marittimo, la dislocazione più opportuna di tutte le unità aeree, ossia definire materialmente, per ognuna di esse, la località nella quale dovrà trasferirsi e, data la natura dei nostri terreni intensamente coltivati, predispone che i campi prescelti possano venire immediatamente adattati come campi di partenza e di atterraggio.
Ho accennato al problema dei rifornimenti. Perché le forze aeree si possano mantenere in efficienza durante la lotta è necessario che giungano ad esse rifornimenti d'ogni natura. Per dare un'idea della massa di lavoro che ciò importa, basti ricordare che la guerra passata ha dimostrato che per mantenere in linea 100 apparecchi occorre scaglionarne 300 e che l'industria sia in grado di produrne un centinaio al mese. Nei conflitti a venire poiché le forze aeree verranno impiegate con maggiore intensità, che non nella guerra passata, forse, il rifornimento esigerà una massa di lavoro maggiore. La reale potenza di una forza aerea dipende dunque da una grande quantità di coefficienti dei quali nessuno può ridursi a zero, e perciò, quando si voglia giudicare del reale valore di una potenza aerea, occorre tenere conto di tutti i coefficienti che la determinano. Il numero degli apparecchi che una aviazione militare è in grado di far volare, preso a sé, significa ben poco in ordine alla potenza di quell'aviazione, perché, militarmente, il volo non è uno scopo, ma un mezzo per compiere una azione di guerra. Ora, perché sia possibile compiere azioni di guerra volando, è necessario che i mezzi di volo siano adatti agli scopi, vengano raccolti in unità organiche, armate come si conviene, addestrate alla lotta aerea, risultino facilmente impiegabili, siano mobilitabili, ecc. e che tutto sia armonicamente coordinato alla effettiva realtà della guerra aerea.
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12 Nell'originale "in casa" [Nota per l'edizione elettronica Manuzio] 13 Nell'originale "Mai" [Nota per l'edizione elettronica Manuzio] 14 Ideale magnificamente perseguito dalla Germania. 15 Vedi «L'Epoca - Intervista gen. Bonzani. |
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