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Giulio Douhet Il dominio dell'aria IntraText CT - Lettura del testo |
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CONCLUSIONE
Ritengo che oggi non vi possa più essere alcuno che, in coscienza, ritenga di secondaria importanza il problema aeronautico. Il mezzo aereo si consolida ogni giorno di più, i suoi raggi d'azione si allargano, le sue capacità di trasporto si accrescono, mentre l'efficacia dei materiali distruttivi aumenta sempre di valore. Data la nostra situazione geografico-politica, tutto il nostro territorio e tutto il nostro mare si trovano soggetti ad eventuali offese aeree avversarie partenti da basi terrestri, e cioè che possono presentarsi imponenti. L'arco delle Alpi abbraccia le nostre province più ricche e più industriose che tutte possono essere raggiunte da offese aeree partenti da nemici situati sull'opposto versante, e gli stretti mari che ci circondano non ci proteggono da attacchi aerei partenti da coste nemiche. La nostra produzione industriale eccessivamente raggruppata, i grandi centri popolosi esposti, la facilità colla quale possono venire interrotte le nostre comunicazioni ferroviarie più importanti, la stessa intensa utilizzazione delle nostre risorse idriche, ci mettono nelle condizioni di temere più che altre nazioni le offese aeree. La barriera delle Alpi, se da un lato ci rende agevole sbarrare le porte di casa nostra, dall'altro, per il terreno difficile che presentano e per le poche strade che vi si internano, rende agevole ad un avversario, convenientemente armato nell'aria, il tagliare le nostre forze terrestri operanti in alta montagna dalle loro basi di pianura. Se si pensa seriamente a tutto ciò, è giocoforza convenire che, per l'Italia, è condizione indispensabile di sicurezza il dominare il proprio cielo. Eppure, ancor oggi, chi tenta dimostrare tutta l'importanza che, in un eventuale futuro conflitto, può assumere l'azione di una Armata Aerea, si sente dare del miracolista. Si ammette che il nemico possa mediante l'offesa aerea costringerci a sgombrare delle città, e non si ammette che questo risultato possa gravemente pesare sull'esito della guerra, come se un esercito schierato sulle Alpi non risentisse alcunché, per esempio, dallo sgombero di Milano, Torino e Genova, come se lo sgombero di una città si potesse paragonare a quello di un appartamento sia pure a due entrate. Si ammette che mediante l'offesa aerea si possa arrestare la produzione industriale, e si ritiene di poter ovviare a questo piccolo inconveniente trasferendo più lontano qualche stabilimento, quasi che, in guerra, tutti gli stabilimenti non dovessero intensificare la loro multiforme produzione. Si dichiara paradossale che una guerra possa venire decisa dallo spezzarsi delle resistenze morali di un popolo; eppure la grande guerra non si è ancora allontanata nei secoli, e la grande guerra non venne decisa che dallo spezzarsi delle resistenze morali dei popoli che vennero sconfitti. Gli eserciti non furono che i mezzi coi quali i popoli cercarono di disgregare le resistenze dei popoli avversari: tanto è che furono vinte quelle nazioni i cui eserciti conseguirono le più numerose e grandi vittorie e, quando vennero meno le resistenze dei popoli, gli eserciti o si sbandarono o si lasciarono disarmare ed una intera flotta si arrese intatta al nemico. Il disgregamento delle resistenze delle nazioni che, nella grande guerra, venne conseguito per via indiretta attraverso l'azione degli eserciti e delle armate, nelle guerre future verrà compiuto direttamente mediante l'azione delle armi aeree. In ciò consiste la differenza fra le guerre del passato e quelle dell'avvenire. Ed, in ordine al conseguimento della vittoria, avrà certamente più influenza un bombardamento aereo che costringa a sgombrare qualche città di svariate centinaia di migliaia di abitanti che non una battaglia del tipo delle numerosissime che si combatterono durante la grande guerra senza risultati di apprezzabile valore. Una nazione che, perduto il dominio dell'aria, si venga a trovare soggetta, senza possibilità di reagirvi con qualche efficacia ad offese aeree ripetute ed incessanti, che la colpiscano nei suoi elementi più delicati e più sensibili, qualunque cosa possano fare le sue forze di terra e di mare, deve necessariamente giungere alla convinzione che tutto è inutile e che ogni speranza è morta. Questa convinzione è la disfatta. Ma, anche ammesso, e non concesso, che il dominio dell'aria esercitato con forze adeguate, non possa, indipendentemente da altre circostanze, determinare la sconfitta dell'avversario è indiscutibile che il dominio dell'aria può apportare gravissimi danni materiali e morali al nemico, contribuendo efficacemente alla sua sconfitta. Quindi, indipendentemente dal valore che si voglia dare al dominio dell'aria, è di somma importanza che noi ci mettiamo in condizioni di dominare in qualsiasi circostanza il nostro cielo. L'Esercito e la Marina hanno il massimo interesse a che la propria aviazione conquisti il dominio dell'aria, perché tutte le loro azioni verrebbero ad essere gravemente perturbate da un avversario che dominasse l'aria. Già ora - pur non avendosi completa coscienza del valore dell'arma aerea - le forze terrestri e marittime sentono la necessità di prendere speciali provvedimenti per ripararsi dalle offese e dalle ricognizioni aeree. Il solo fatto che è possibile volare e, volando, compiere operazioni di guerra deve necessariamente determinare modificazioni nel modo di combattere per terra e per mare, specialmente nei sistemi intesi a far vivere ed agire le forze terrestri e marittime. Un solo esempio: oggi non si può più concepire un deposito di nafta a cielo scoperto. Occorre quindi decidersi a considerare molto seriamente il fattore aereo in sé e nelle sue ripercussioni sulle forze armate terrestri e marittime nonché su tutto l'assetto civile del Paese. Ma se noi ci mettiamo nelle condizioni di dominare il nostro cielo, automaticamente ci mettiamo nelle condizioni di dominare il cielo mediterraneo, ossia di controllare realmente questo mare che, se desideriamo crearci un destino imperiale, deve diventare veramente nostro. Perciò l'Armata Aerea deve diventare il più saldo usbergo dell'Italia nostra e la spada più affilata del suo divenire. Nel presente periodo, dunque, le idee si trovano ancora allo stato embrionale e, certo, la nazione che per la prima saprà indirizzarle sulla via giusta, verrà ad avere un grande vantaggio sulle altre. Col tempo e coll'esperienza, le Armate Aeree delle diverse nazioni verranno ad assumere una forma simile, come, da tempo, hanno assunto una forma simile gli Eserciti e le Marine. Oggi può ancora prevalere la genialità, allora prevarrà la qualità. Oggi l'Italia, per quanto meno ricca d'altre nazioni, può costituirsi, grazie al genio di sua stirpe, una Armata Aerea capace di imporsi. Sono anni che batto su questa tesi, e vi ribatto oggi, sicuro di compiere un mio preciso dovere di cittadino e di fascista e di fare insieme opera di sana collaborazione nel periodo in cui il Governo Nazionale intende sospingere l'Italia verso la sua meta luminosa. Noi possediamo tutti gli elementi necessari a costituirci una potenza aerea superba: tempre magnifiche di volatori che stupiscono il mondo, tecnici geniali e maestranze di artefici, una posizione geografica unica, ed un governo che sa fortemente volere e può ciò che vuole. Occorre raccoglierci in un lavoro intenso e silenzioso, colla ferma intenzione di portarci alla testa e dominare. Ormai l'aviazione ha perduto il suo primitivo carattere, direi quasi sportivo ed è entrata nel periodo seriamente fattivo. Se prima la finalità si racchiudeva nel volare, oggi si precisa nel volare per fare qualche cosa: per abbreviare i grandi percorsi e raccorciare le grandi distanze in pace, per combattere in guerra. Bisogna perciò che entriamo decisamente in questo secondo periodo, cercando di fare, volando, qualche cosa meglio degli altri.
Roma, 1926.
NOTA. - Cause varie hanno prodotto che, dalla consegna del manoscritto alla stampa di questo libro, corresse quasi un anno. Durante questo anno vennero posti in esercizio, presso diverse nazioni, apparecchi da 2000 HP, e sono stati messi in studio ed in costruzione apparecchi da 6000 HP. Ecco i mezzi idonei a realizzare gli apparecchi da battaglia - pari alle navi da battaglia - e le vere e proprie Armate Aeree secondo i concetti da me esposti. Di fronte a questi apparecchi formidabili, potentemente armati, potentemente blindati, aventi raggi d'azione tali da permettere la traversata degli oceani, capaci di portare, ciascuno, un carico di bombe sufficiente a distruggere una città, è possibile ancora conservare i concetti d'impiego che prevalsero durante la grande guerra? Cento apparecchi da 6000 HP costeranno quanto costa una dreadnought16, ma una nazione che, conquistato il dominio dell'aria, possa ancora mantenere in linea, non cento, ma cinquanta o venti di tali apparecchi, avrà vinto, decisamente vinto, perché sarà in grado di spezzare, in meno di una settimana, ogni legame sociale della nazione avversaria qualunque cosa possano fare esercito e la marina di quest'ultima. È possibile, di fronte ad un tale stato di fatto, non ammettere che una radicale rivoluzione si è compiuta; è possibile non ammettere l'affermazione che costituisce la base di questo libro, e cioè che: «Il dominio dell'aria è condizione necessaria e sufficiente di Vittoria»?
Roma, 1927.
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16 Tipo di nave da battaglia inglese [Nota per l'edizione elettronica Manuzio] |
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