Il lusso
imperiale e la bontà
bolscevica verso i granduchi.
La borghesia superstite delle
due rivoluzioni non sa darsi pace che sia venuto anche per lei il giorno di
rimboccarsi le maniche. Essa si crede punita dal bolscevismo che le ha affidato
i lavori duri, come quelli dei servigi sanitari durante il colera e dei servigi
d'igiene cittadina, come quello di spazzare le vie. Punita! Non fu che il
cambio. Una volta erano le moltitudini condannate ai mestieri di grosso e di
fatica. Adesso sono gli ex signori. Gli ex signori si disperano per nulla. Sono
disperati pure per gli accasamenti. L'invasione della poveraglia negli
appartamenti degli ex Nabab della vita, li ha costernati. Non si sarebbero mai
immaginato uno spostamento radicale come quello imposto dai Commissari del
popolo. Ma loro non avevano pietà per le folle dei tempi della dominazione del ci-devant
imperatore.
Non si lamentavano allora di
Nicola che occupava tanti terreni e tanti palazzi sufficienti a ospitare senza
affollamento più di centomila famiglie.
Lo stesso Palazzo d'Inverno, nel quale lo Czar, nel
1905, aveva messo il granduca Vladimiro Alessandrovic a dare ordini per il
mitragliamento del popolo, occupa un'area di otto mila metri quadrati.
Pare la costruzione di un
rigattiere arricchito. Vi si trova un po' di tutto. Rinascenza italiana, stile
greco, colore cioccolatto, mobili tedeschi, gobelins francesi, tappeti
turchi, vetrate veneziane. La vastità dell'edificio è immensa. Un'inchiesta vi
ha fatto trovare cinque mila persone che non erano che amici e parenti dei
servi ignorati dalla amministrazione. Nei locali spaziosi dell'ultimo piano si
sono scovate tre vacche per il latte fresco al personale di servizio. Cose
dell'altro mondo! Ci sono tanti locali che lo Czar non poteva girarli con una
passeggiata di 24 ore. Espulsi i parassiti che mangiavano a ufo, il personale
addetto a un uomo o a una famiglia saliva a un esercito composto di venti
divisioni di mille uomini ciascuno. Per un pot-au-feu russo, servito al
sovrano, necessitavano, fra ufficiali di bocca, capi di cucina, cucinieri,
lacchè, ecc., ecc., 300 individui. Cosa da sbalordire! Le scuderie imperiali
contenevano 700 cavalli, senza i favoriti dello Czar. Quattrocento cinquanta da
sella e 250 da tiro. Questi ultimi erano trottatori della famosa razza Orlof.
Per la caccia ai lupi, alle volpi e ai cinghiali si mantenevano mute e mute di
cani di tutte le razze e frotte e frotte di venatori. Vi era pure un serraglio
di lupi per liberarli al tiro di fucile nei giorni in cui non ne apparivano nei
grandi e selvaggi dirupi intorno al castello di Gacina — sede del primo
venatore e centro delle cacce del sovrano. I cani di Nicola erano alloggiati
assai meglio dei paesani poveri.
Con uno Czar che faceva lavorare
tutti per la sua grandezza e per le sue turpitudini e per i suoi orrori, la
borghesia si lamenta della repubblica bolscevica, solo perchè la si è occupata
in lavori utili senza sfruttare il lavoro degli altri! Nella repubblica di
tutti non c'è differenza. C'è l'uguaglianza nella varietà dei servigi.
L'individuo lavora per sè e per tutti i repubblicani sovietati. Gorki,
ipercritico, si è lamentato a torto. «Noi abbiamo rimpiazzata l'autocrazia
delle canaglie con l'autocrazia dei selvaggi». Grazie tante. Per la prima volta
la storia ha potuto raggiungere il massimo sviluppo della concezione
proletaria, e lui, Gorki, che è divenuto celebre attraverso la sua vita
randagia che gli ha fatto produrre scene russe immortali, si lamenta, fa
sentire in lui i rimasugli delle vecchie monarchie! Che autocrazia! Non è il
fatterello che ci deve sgomentare! È il vostro libro sulle prigioni russe che
ci esaspera!
Dissensi e disapprovazioni ce ne
saranno sempre. La sola distribuzione del pane ha moltiplicato i malcontentoni.
Più al proletariato e meno alla borghesia! È naturale! Lo stomaco borghese è
sgretolato da tutte le vivande ghiotte. Il pane per lui è un accessorio e non una
necessità della tavola. Per il proletario esso è il protagonista della sua
mensa.
In Italia abbiamo avuto il
documento della bontà bolscevica. Secondo le borghesie europee, Lenine e
Trotski sarebbero stati i carnefici dei granduchi che avevano stomacato perfino
i richards russi per le loro sottrazioni monetarie, per i loro furti,
per le loro estorsioni alle casse pubbliche, per i loro invertimenti sessuali,
per le loro scenate pornografiche, per la loro solidarietà nei delitti e nella
inverecondia. Ed ecco che cosa avviene. I granduchi risuscitano. Nicola e
Pietro Borissof, arrivati a Genova, non sono che due granduchi risparmiati
dalla bontà bolscevica. Sono due asini, tranne che per il Corriere della
Sera. Del granduca Pietro non ci interessiamo. Le sue opere di scultore e
pittore sono del dilettante. Il granduca Nicola Nicolaievic ha la mania di
tutti i Romanov. Di essere un bell'uomo. Sì, è vero, ha un magnifico personale,
ma come portiere di grande albergo. È un personale di lusso. Null'altro. Come generalissimo
delle armate russe e condottiero di sei milioni di uomini, bisogna smascellare
dalle risa. Egli non ha mai dato prova che di essere un «brillante ufficiale»
di sella. Fu un Moltke di parata. In Manciuria ha sostituito quel ladrone
vigliacco di Kouropatkine — la più grande nullità ciarlatanesca e catastrofica
che abbia occupato il posto di ministro della guerra. L'elogio dei vili l'aveva
fatto credere un grande stratega. Il suo famoso piano contro i giapponesi era
di ritirarsi in buon ordine. La ritirata è avvenuta, ma con un indiavolato
disordine.
Il granduca Nicola nella guerra
non era che uomo di parata e senza influenza. Nel giorno della grande
catastrofe non lo si è veduto. Chi troneggiava al grande quartiere generale (La Stavka) era il generalissimo Alexeief. Lo Czar, al momento dell'abdicazione, non si è
ricordato di lui. Egli ha rinunciato al trono in favore del granduca Michele
Alessandrovitc. Si è fucilato il generale Rouszki come traditore o come
ammazzatore di soldati, presente all'episodio dell'abdicazione. Si è fucilato
il generale Soukomlinof, il cui tradimento è stato causa della disfatta russa
imperiale. Ma venti sentinelle russe non hanno voluto che si fucilasse nè
Pietro nè Paolo, nè la regina madre, perchè o senza importanza o nemici dello
Czar prima e dopo la detronizzazione. Nicola era un elegante e brillante
cavalleggiero, con il petto cosparso di sei medaglie e sei grandi croci,
guadagnate non si è mai saputo su quale campo di battaglia, e non altro. Egli
fu un'alta personalità per la parentela. Null'altro. Un esibizionista di
bellezza fisica. Null'altro.
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