III.
Feargus O' Connor.
I leaders del chartismo furono parecchi.
Ma l'anima del movimento fu Feargus O' Connor. Ne fu la penna, la voce, la
minaccia. Alto, erculeo, eloquente, con una faccia tutta irlandese. I suoi
contemporanei lo chiamavano un demagogo o un agitatore. In verità era un
avvocato nutrito di letteratura indignata.
Sulla piattaforma era un sacco
di storia che sparpagliava sulle masse, che ascoltavano sospese alle sue
labbra, i «delitti legali». Massacri, coercizioni, miseria, impiccagioni. La
turbolenza della sua fraseologia rimescolava, risvegliava, gettava nella testa
i diritti delle moltitudini e faceva germogliare negli individui la rivolta.
Il suo odio era profondo come la
sua amicizia.
Quando il Governo fece arrestare
il reverendo (metodista) J. R. Stephens — uno dei più violenti oratori chartisti
— per aver denunciato il proclama, che proibiva i meetings degli esercizi
militari notturni illuminati dalle torce, come un insulto al popolo oppresso e
una violazione alla costituzione, O' Connor, contrario a questo sistema, si
dichiarò per Stephens. Molti, come il Lovett, autore della «Charta», avrebbero
voluto ch'egli lo sconfessasse perchè «pericoloso» al movimento. Tanto più che
pochi giorni prima dell'arresto, a Ashton-under-Lyne, il metodista, dopo una
«furiosa requisitoria» contro il ministero whig, aveva domandato alla folla:
— Siete armati?
Parecchi gli risposero con delle
scariche in aria.
— Va bene — disse il ministro
della chiesa. — Buona notte.
Tuttavia O' Connor disse che se
i dissensi, tra loro, dovevano sparire a questo prezzo, votava per Stephens.
A Manchester, in Corte di
polizia, mentre si accusava l'arrestato, O' Connor si levò in piedi e colla
mano tesa al magistrato riassunse la sua determinazione:
«— Il signor Oastle predisse che
Stephens verrà deportato. Non lo credo. Ma se i tiranni volessero spingere la
loro audacia fino a farlo condannare alla deportazione, le sue membra
incatenate dovrebbero passare sul mio corpo prima di salire sulla nave dei
deportati.»
Stephens, alle Assise, dopo un
discorso di 5 ore e una dichiarazione di essere «un avvocato della sommissione
a qualunque legge che non sia contraria a Dio», se la cavò con 18 mesi di
carcere.
La prosa rigurgitante di collera
di Feargus O' Connor, nel 39, era per Daniele O' Connell, ch'egli considerava
«un transfuga e una spia del gabinetto whig». Nel Northern Star scrisse
che il «Liberatore» aveva «ingannato e illuso il popolo irlandese per degli
anni». Transfuga! transfuga!! Un giorno, imbestialito, gli caricò le spalle di
improperii in tre lettere nel Northern Star. In un cappello lo
perseguitò con delle interiezioni. Chi raccomandò la Charta? — O' Connell! — Chi
la firmò pel primo? — O' Connell!! — Chi si impegnò di presentare alla Camera
dei Comuni un bill che la incorporasse? — O' Connell!!! — Chi le voltò le
spalle? — O' Connell!!!! — Sulla piattaforma fece sapere al mondo ch'egli non
aveva paura di farsi vedere a Dublino. «La minaccia d'assassinarmi non mi
impedirà di andare a Dublino e trovarmi faccia a faccia col leone (O' Connell)
nella sua fossa».
Anche il «grande Repealer»
(colui che voleva l'abolizione della unione tra l'Irlanda e l'Inghilterra) non
ebbe mai o quasi mai simpatia per «questo infelice». Il Fitzpatrick, che ne
raccolse la corrispondenza, dice che Feargus O' Connor fu sempre una spina nel
fianco di Daniele O' Connell. «Dopo avere fatto parte del Consiglio Nazionale
di O' Connell, l'O' Connor se ne staccò e cercò di mettersi lui alla testa del
partito». Questa può essere stata la causa dei loro risentimenti.
Giornalista, giornalista nato,
giornalista di professione, insultava sovente i giornalisti con delle insolenze
collettive. «Banda di pennaiuoli!» Attaccava di preferenza il Globe, il Times,
il Morning Chronicle, il Weehly Chronicle e il Morning
Advertiser. Col Times l'aveva su, perchè riduceva i suoi meetings
giganteschi a delle centinaia di ragamuffins (vagabondi). Col Weehly
Chronicle, perchè era l'organo di lord Russell e perchè lo aggrediva ogni
settimana con delle serque di sostantivi ingiuriosi. Col Globe perchè
non voleva credere al suo disinteresse. Col Morning Advertiser perchè lo
ammanniva al pubblico come un arruffapopolo della forza fisica. «Sfido tutta la
stampa londinese a venire qui, sulla stessa piattaforma, a provarmi che sono un
tizzone tra la folla e che eccito alla guerra civile.» E diceva la verità.
Feargus O' Connor non fece mai parte e non seppe mai dei «meetings segreti che
preparavano l'insurrezione». Via, non era in lui alcun materiale di sedizione.
Se gli si sopprime la virulenza, non era che un filantropo e un riformatore delle
classi medie del nostro tempo.
La popolarità era la poesia
della sua vita. Godeva di vedere alto pel cielo i palloni frenati, che
ballonzolavano a poca distanza dai comizi, col suo nome e cognome a caratteri
elefanteschi. Il suo ticchio era di torreggiare, di sovraneggiare e di non
avere rivali intorno al suo trono. La giacca di fustagno che indossava parlando
alle moltitudini diventava, per lui, una vanteria, un orgoglio. Incominciava
spesso i discorsi così: Giacche di fustagno! «Cominciai — disse un giorno —
questa battaglia in giacca di fustagno e coll'aiuto di Dio spero, così, di
combattere sino alla fine.»
Il suo cavallo di battaglia
sulla piattaforma era il suffragio universale. Non credeva negli agitatori per
l'abolizione delle leggi sui cereali, perchè la riforma doveva essere seguita e
preceduta da altre indispensabili.
L'abolizione del maggiorasco,
per esempio, che sbocconcellerebbe queste immense possessioni di terreni
coltivati e incolti, avrebbe dovuto, piuttosto, precederla.
La sua rivoluzione agraria si
limitava al contadino proprietario. Aveva la mania delle cifre grosse,
quadruplicava il numero delle persone che intervenivano alle riunioni e che
partecipavano alle dimostrazioni, minacciava il governo di processioni di mezzo
milione o di riunioni di cento, duecento, trecento mila persone, e duplicava la
tiratura del suo Northern Star — la tigre dei giornali chartisti.
La grande petizione portata alla
Camera dei Comuni, la disse firmata da 5.700.000 nomi. La Camera non ne trovò che
1.975.469! E tra i firmati lesse la regina, Wellington, Peel, Naso Piatto,
Senza Formaggio, Naso da Scimmiotto, ecc. Così i 650 pickpockets — come
O' Connell chiamò gli onorevoli — non ne vollero sapere di prenderla in
considerazione.
Il primo numero del Northern
Star uscì in Leeds il 18 novembre 1837. In pochi giorni, malgrado il prezzo, salì
a 60.000. O' Connor lo faceva salire a oltre 100.000 copie. Era di otto pagine
e portava già nei fianchi il giornalismo nuovo. Aveva dovunque dei
corrispondenti e inviava reporters a tutti i meetings chartisti. Così
che nessuno può scrivere la storia di questo ciclo senza passare attraverso i
volumi del Northern Star.
La sua influenza è registrata
nel diario di C. J. Napier, il comandante in capo delle truppe che occupavano
le provincie eminentemente chartiste. Il Napier non aveva simpatia per Feargus
O' Connor. Vedeva sempre in lui dei motivi sinistri e un uomo che si valeva
della popolarità per insaccocciare quattrini. Può darsi che facesse dei denari.
Ma era sua la colpa se il Northern Star aveva tanti lettori e tante
inserzioni? Il Napier gli dava una tiratura di 60.000 copie. Il Fitzpatrick
scrisse che il Northern Star raggiunse una tiratura senza esempio.
Il Feargus O' Connor, il quale rappresentò
Nottingham per tre anni alla Camera dei Comuni, consigliò i chartisti a
invadere le chiese nelle ore delle prediche per costringere i predicatori ad
occuparsi di loro e a dichiararsi cristiani o anticristiani.
Il predicatore della cattedrale
di S. Paolo li fece scappare tutti dicendo loro: «Il mio tempio è il tempio
della preghiera. Voi ne avete fatto il tempio dei ladri.»
Non era socialista, perchè al
suo tempo era dell'utopia. Ma ebbe pei lavoratori della terra pensieri che non
lo lasciarono che morto.
Tanto più se ne studia il
movimento, tanto più O' Connor esce circondato dall'aureola del patriota che
voleva dare alle masse del lavoro i diritti politici delle classi parassitarie.
I whigs del suo tempo per questo
delitto gli fecero scontare due anni di carcere.
Come tutti gli uomini che fanno
storia in piena bufera, passando dalla piattaforma pubblica al tavolino del
giornalista, dalla tribuna del legislatore alla cella degli audaci del
movimento, Feargus O' Connor commise degli errori. Come quello di avere fissato
il giorno in cui la Charta
doveva divenire legge. Come quello di voler inviare una deputazione alla regina
per pregarla di licenziare i ministri. Come quello di lasciar credere alle
moltitudini che i soldati non avrebbero mai fatto fuoco su loro. Ma è certo,
come disse lui stesso, ch'egli viveva e regnava nel cuore di milioni di
individui anelanti di dimostrargli la propria devozione e che egli riassumeva
la boccata dei vogliamo chartisti.
Passò sotto archi trionfali, si
vide acclamato, applaudito da processioni enormi, immortalato con una statua in
una delle più belle piazze di Nottingham, letto a ruba, segnato dovunque a dito
come un dio del popolo o come un miserabile leader di canaglia. Morì
incosciente della sua gloria, pazzo, in uno stabilimento di pazzi. Sic
transit gloria mundi.
|