VII.
Le disfatta chartista.
In questa insurrezione inaffiata
di sangue e di poesia il 4 novembre 1839, c'è un po' di tutto. C'è la testa
scaldata dall'idea civile che la rivolta è un dovere o una virtù cittadina
laddove impera la tirannia, e c'è chi trascolora con in mano il fucile del
ribelle. C'è chi è carico di entusiasmo che rovescia sui nemici della volontà
popolare, e c'è chi è carico di paura che infiamma le calcagna. C'è l'impeto
generoso delle insurrezioni impensate col tipo che muore lietamente tra le
grida augurali ed animose dei compagni e i fragorosi pam! pam! pam! delle scariche,
e c'è la sciagurata ingenuità di chi crede che basti un allarmi! perchè le
moltitudini si congiungano agli insorti e i soldati facciano causa comune col
popolo.
C'è di tutto. C'è il furore
chartista che si dissolve nella disfatta come un sogno, lo scoraggiamento che
conduce alla delazione, l'ambascia imperlata di lagrime di chi rifà la strada
del cottage senza vittoria e l'epilogo che si sdraia nel disastro come
un funerale.
Il capo degli insorti gallesi fu
Giovanni Frost, negoziante di panni e magistrato (equivalente al nostro giudice
conciliatore) della città di Newport, nella contea di Moumonth. Il Frost era
uno di quelli uomini che nascono democratici e tali rimangono anche quando
l'ambiente vorrebbe imborghesirli o aristocratizzarli. La sua fotografia vi
traduce la sua bonarietà e la sua agiatezza. Ha i piedi negli stivali eleganti,
le gambe nel bristol nero, il ventre nel panciotto dello stesso panno e
indossa il surtout dal baverone classico che si restringe alle reni e va
giù, ampliandosi, oltre il sedere. La sua camicia è linda e il fazzoletto di
seta nera, che gli gira due o tre volte il collo, ti trasporta tra una
collezione di filantropi appesi alle pareti degli ospedali. Grassottello fino a
lasciarti vedere la ridondanza carnosa sulle punte del solino, senza baffi,
senza pizzo, con quattro peli che si arrampicano fino ai lobi delle orecchie,
con un naso puntuto, con degli occhietti dolci e poco pelosi, col grosso dei
capelli ravviati a sinistra, colla scriminatura bassa a destra e due rosoni di
capelli che gli nascondono la parte più larga degli ordigni auricolari. Era in
lui un zinzino di puritanismo e dal Lilburne2 del tempo cromwelliano
sembrava avesse ereditata la combattività contro l'ingiustizia e il despotismo.
Profondamente religioso come i
suoi conterranei, credeva «Dio» il padre universale e la società composta di
fratelli, i cui diritti dovevano essere rispettati. Non appena il Vincent del
quale il Frost divenne intimo — andò per l'immenso bacino carbonifero al sud
del principato di Galles a predicare il nuovo vangelo politico, il Frost si
sentì invaso dal chartismo e si gettò nel movimento colla fede del crociato. I
lavoratori della sua contea lo elessero delegato alla Convenzione nazionale e
dal meeting di Pontypool — a otto miglia circa al nord di Newport — ove,
secondo lord John Russell, il segretario di Stato per gli interni, gli oratori
si servirono della fraseologia «violenta e infiammabile», incominciano i suoi
guai. Il ministro lo raggiunse con un'epistola che intrudeva nei suoi principi
politici. Come! gli rispose a volta di corriere il mercante di braccio di
Newport, con quale diritto vostra signoria si occupa delle mie opinioni che non
hanno nulla di comune col mio ufficio di magistrato? Forse che questo posto mi
impedisce di avere idee proprie nelle questioni pubbliche? Negò che gli oratori
avessero dispersa sulla folla prosa infiammabile. «Ma se questi sono i termini
per essere magistrato di pace (il quale, tra parentesi, non è salariato come il
nostro conciliatore), riprendetevi la mia nomina.» E lord John Russell preferì
ingoiarsi la prima con una seconda epistola, che sente dello statista che
rientra nello steccato costituzionale senza umiliarsi. Ma poi il Frost,
uncinato dai meetings che si succedevano e dalla Convenzione nazionale,
dovette trovarsi presente anche quando si eruttava della prosa incandescente, e
lord Russell lo fece nel gennaio del 39 radiare dal ruolo dei magistrati dal
suo collega il lord cancelliere.
Il Frost, come mi pare di avervi
già detto, non era per la forza fisica che quando i mezzi della forza morale
fossero esauriti. Lo disse in parecchi luoghi e lo sottolineò al Comizio di
Blackwood — a otto miglia e mezzo all'ovest di Newport — ove più di 50.000
minatori applaudirono lui e William Jones che parlarono loro in lingua gallese.
Era egli possibile ottenere la
Charta del popolo coi meetings simultanei, colle
processioni e colle dimostrazioni, col mese sacro, col ritirare in oro dalle
banche tutti i depositi e coll'inviare petizioni al Parlamento? Il Frost votava
tutto questo a due mani. Ma il Governo invece aveva votato per gli arresti e
per le proibizioni dei meetings colle fiaccole e per lo stato d'assedio
qua e là, per pochi giorni, come a Birmingham, dopo i tumulti sanguinosi. I
delegati alla Convenzione, disse il Frost, non hanno mai violato la legge e non
è probabile che la violino. Perciò il Governo tenterà di arrestarci. Ma noi,
per la sicurezza della Convenzione, siamo determinati a impadronirci dei
personaggi più influenti del regno e tenerceli in ostaggio. Se i nostri nemici
ci tratteranno come Giacomo II trattò i suoi, noi procureremo che i violatori
della legge non vadano impuniti.
L'idea degli ostaggi era dei
Riformatori del 1832, coi quali il Frost aveva speso qualche anno di agitazione.
I Riformatori, per indurre questi malviventi della classe superiore a votare il
bill, avevano progettato di agguantare i principali rappresentanti
dell'aristocrazia colle loro mogli e coi loro figli, dove era possibile, e
tenerli prigionieri in qualche luogo al sicuro.
Newport — la città che doveva
essere presa dalle legioni chartiste del gallese — è la capitale di un tratto
chiamato il distretto montagnoso, il quale è come un triangolo con Risca alla
sommità, a cinque miglia da Newport, e colla base che si dilunga per venti
miglia. Tutta la regione è intersecata di vallate e gremita di 40.000 minatori
che facevano risuonare le convalli dell'inno chartista: Cadete, tiranni,
cadete!
Il pretesto, almeno si suppone, della
conquista di Newport era la scarcerazione di Vincent e degli altri chartisti in
gattabuia. Lo scopo vero era una insurrezione che doveva incominciare a
Newport, attraversare il Severn, correre da Bristol a Birmingham, diffondersi
per le città centrali dell'Inghilterra, incendiare il nord del Northumberland,
passare il Tweed e chiamare alle armi i chartisti scozzesi.
Il numero degli insorti nuota
ancora nelle supposizioni. Il Times ne registrò 8000, il Daily
Chronicle 1000, gli altri giornali 20.000, e un rapporto chartista — il
quale dà probabilmente la cifra esatta — 10.000. Erano armati come tutti gli
insorti di questi moti. Di fucili, di carabine, di archibugi, di zappe, di
picconi, di pistole, di scuri, di randelli e di sciabole.
Le colonne che dovevano marciare
su Newport erano tre e tre i punti di partenza: Blackwood, Nantyglo, Pontypool.
La prima comandata da Giovanni Frost, la seconda da Zephaniah Williams —
proprietario di una birreria nella valle di Colebrook, ove convenivano i
chartisti — la terza dall'orologiaio William Jones.
Un giovinotto della terza
«divisione», prima di mettersi in marcia scrisse questa patetica letterina:
Pontypool, domenica sera 4 novembre 1839.
Cari
genitori,
Spero
che questa mia vi troverà in buona salute. Questa sera sarò impegnato in una
gloriosa battaglia per la libertà. Se piacerà a Dio di risparmiarmi verrò tosto
a casa. Ma se morissi non piangetemi, perchè sarò caduto per una nobile causa.
Addio.
Giorgio Shell.
In sulle prime ore del 3 di
sera, pattuglie chartiste andavano di villaggio in villaggio e di porta in
porta a raccogliere i restii, i titubanti, i paurosi e coloro che non potevano
svincolarsi dalle braccia della moglie o della donna che piangeva dirottamente.
A mezzanotte le tre divisioni
dovevano essere nei dintorni della «Quercia Gallese» — una pubblichouse
vicino a Risca — ove il Frost ne avrebbe assunto il comando generale e da dove
l'esercito chartista avrebbe mosso alla volta di Newport.
Il piano strategico di questo
generale era semplice. Entrare in città nel fitto della notte, intimare la resa
ai soldati e ai policemen si e no volontari (special constables)
o farla con loro a fucilate e a randellate, sorprendere le autorità locali in
letto, far saltare il ponte che attraversa il fiume Usk per impedire alla posta
di andare a Birmingham, e dalle montagne circostanti annunciare la vittoria
colla luminaria dei fusi volanti.
Mentre le tre colonne avanzavano
verso il punto di riunione, il cielo divenne negro come la notte e il tempo
incominciò a gocciolare con dei brontolii e poi a imperversare con una pioggia
torrenziale illuminata dai lampi.
Pareva una vendetta del dio
antichartista. I cronisti hanno dimenticato i particolari di questo diluvio. Ma
desso fece più che un esercito nemico. Alcuni montanari, ancora pencolanti se
l'insurrezione fosse un diritto del suddito oppresso, videro in questo rovescio
d'acqua l'ordine dell'altissimo di ritornare alle capanne, altri perdettero gli
ardori, le moltitudini inzuppate fino al bulbo capillare immusonirono e i pochi
giunti alla «Quercia Gallese» non sentivano più la gaiezza che permette di
andare allegramente dove il pericolo è maggiore.
Frost era là al convegno, nella
camicia di flanella, col foulard rosso che gli illustrava il petto come una
bandiera, sotto il cappello alla Lobbia, colle mani imbracciate, che aspettava,
trepidante, le due colonne che dovevano incuorarlo. Ma oimè! Un'ora seguiva
l'altra e le delusioni gli accumulavano dell'altro dolore nel cuore.
Tratto, tratto, capannelli si
staccavano e andavano in perlustrazione tendendo, qua e là, l'orecchio e
ritornavano scialbi di costernazione. Che fare?
— Le prime due file per quattro
e le altre per due. Marsch!
E via pigiati, accodati,
silenziosi, cogli arnesi di combattimento in saccoccia, sotto l'ascella,
capovolti, colla canna e il calcio del fucile che dava spesso nel copricapo a
cencio delle file di dietro. Sotto la luce biancastra di una mattinata umida e
fredda, colle giacche gualcite dagli acquazzoni, infangati fino al ginocchio,
colla faccia di chi esce dal bagordo, cogli occhi stracchi come i piedi,
parevano cinquemila spaventati.
Nel parco di Tredegar fecero alt
a pochi passi dalla residenza del baronetto Charles Morgan, per dar tempo
un'altra volta alla colonna di Pontypool di raggiungerli.
Il mayor (equivalente al
sindaco) e i magistrati di Newport, che ne erano stati avvertiti dalle loro
spie, li aspettavano con dei soldati e dei policemen straordinari (special
constables) — cittadini che giurano e assumono volontariamente il servizio
del poliziotto durante le perturbazioni pubbliche3. I tre inns
(alberghi) principali del paese erano stati gremiti di questi salariati e
volontari in montura. Il mayor, collo stato maggiore civico, con molti special
constables e con 30 soldati del 45.°
fanteria, si era installato nell'Albergo delle Armi di Westgate.
Il Frost verso le 9
antimeridiane divise il grosso dell'esercito in due, coll'ordine di
ricongiungersi sulla piazza del mercato, in faccia a Westgate, la fortezza
nemica ch'egli voleva prendere d'assalto.
Le due divisioni (di Zephaniah
Williams e di Giovanni Frost), comandate dal Frost, si trovarono di fronte ai constables
volontari che proteggevano l'entrata dell'albergo
— Hurrà! hurrà! hurrà!
I constables,
all'intimazione di arrendersi, rincularono nel vestibolo coi randelli in alto
come una minaccia.
Il magistrato dietro loro lesse
il riot act: «La nostra lady sovrana, la regina, ingiunge e
comanda a tutte le persone riunite di disperdersi all'istante e ritornare
pacificamente alle case e al lavoro, sotto pena di incorrere nell'act
del primo anno del regno di re Giorgio per prevenire riunioni tumultuose e
riottose. God save the queen.»
— Pam! pam! pam!
Le imposte del pianterreno
dell'albergo vennero aperte dal mayor, sir Tommaso Phillips e dal
luogotenente Gray.
— Pam! pam! pam!
Il mayor si ebbe una
palla nella coscia e una nel braccio.
Gli insorti, lungo il passaggio
dell'hôtel — dove tentarono di farsi largo e entrare nell'interno — caddero
l'uno addosso all'altro, e uno d'essi stramazzò cadavere ai piedi del primo
magistrato civico.
La prima fucilata nemica
decompose, direi quasi, l'esercito chartista. Fece come l'effetto di un si
salvi chi può. Si sbandarono, sbarazzandosi delle armi da fuoco e da taglio e
della munizione e presero a gambe levate la via della fuga. E Frost? Può darsi
che sia rimasto imperturbabile fino alla prima scarica. Ma dopo è certo che non
fu più visibile. Fu visto attraversare il parco e non venne trovato che alla
sera, dal cancelliere dei magistrati che aveva in tasca parecchi mandati
d'arresto, in casa di Giovanni Partridge — a un quarto di miglia dal luogo del
massacro.
Ecco come venne arrestato.
Il cancelliere Tommaso Phillips andò
a casa di Partridge per arrestarlo e fare una perquisizione domiciliare. «Vi
bussai tra le sette e le otto. Nessuno rispose. Partridge! chiamai. Rispose che
stava per andare in letto. — Aprite!
«Per entrare dovemmo buttar giù
l'uscio. Mi trovai immediatamente nella stanza ove erano Giovanni Frost,
Giovanni Partridge e Carlo Walters.
«Io e Rogers — il mio assistente
— ci avvicinammo a Frost, gli mettemmo la mano sulle spalle e lo dichiarai in
arresto.
«— Va bene, disse Frost. Son
pronto. — Nelle tasche gli trovai tre pistole cariche, una fiaschetta di
polvere e delle palle.»
O dunque non le aveva neppure
scaricate?
Prima di gettargli in faccia la
parola che fa arrossire, ricordiamoci che era un insorto d'occasione o stato
costretto a divenirlo dalla violenza incostituzionale del governo, che aveva
moglie, cinque figlie e due figli, uno dei quali, quindicenne, aveva preso
parte al combattimento di Westgate. Il Gammage scrisse che il Frost amava
sinceramente il popolo e il popolo lui.
E la colonna Jones? Giunta a
pochi minuti dalla piazza del macello, il Jones, saputo da un fuggiasco che vi
erano più di undici morti e di cinquanta feriti, invece di correre sul luogo al
trotto, si contentò di dire: «Accidenti! siamo fritti!» E non lo si vide più
che alla corte di Monmouth accusato con Frost, Williams, Jones, Walters,
Lovell, Benfield, Rees, Turner, Britan, Morgan e parecchi altri, di alto
tradimento.
I primi tre, interrogati se
erano innocenti o colpevoli, risposero che erano innocenti. Gli altri cinque,
dopo il processo dei primi, si dichiararono colpevoli.
Il verdetto pei primi fu il sì
accompagnato da una raccomandazione sentita alla misericordia. La sentenza di
questi ultimi fu identica a quella dei primi, colla certezza però che dessa
sarebbe stata commutata in una a vita.
Lord chief-justice C. J.
Tindal — il giudice supremo — il quale va lodato per la imparzialità con cui
riassunse pei giurati che cosa disse l'accusa e la difesa — giovedì, 13 gennaio
1840 — mise sulla grande parrucca la pezzuola nera e pronunciò queste parole
sacramentali:
Perciò
io vi esorto caldamente a occupare il poco tempo che vi rimane a prepararvi pel
grande passaggio nella penitenza sincera e nelle preghiere ferventi. Perchè,
quantunque (queste parole erano solo pei primi tre) noi non mancheremo di
inviare la raccomandazione fattaci dai giurati al proprio luogo, non possiamo
lasciarvi sperare perdono in questo mondo.
Ed
ora non rimane più alla Corte che il còmpito — per noi tutti penoso — di
pronunciare la sentenza della legge, la quale è «che voi Giovanni Frost e voi
Zephaniah Williams e voi William Jones (il lettore continui cogli altri) siate
ricondotti da qui al luogo donde siete venuti (la carcere), per poi essere
trascinati sul graticcio al luogo della esecuzione, e che quivi ciascuno di voi
venga appeso pel collo fino alla morte, decapitato e squartato.4 Sua
maestà disporrà del vostro corpo come crederà opportuno. Il sommo Iddio abbia
pietà delle vostre anime.
Vennero salvati in grazia di una
illegalità processuale e inviati alla deportazione.
Il Frost passò quattordici anni
nella Terra di Van Damien e nel 1854 venne graziato a condizione che non
rimpatriasse. Spese due anni negli Stati Uniti e nel 56 ottenne il perdono
completo.
Ritornato in seno alla famiglia
che lo adorava, tenne poco dopo delle conferenze sugli «Orrori della vita del
condannato alla deportazione» e nel 1877 morì nelle braccia dei suoi cari quasi
interamente dimenticato.
Pace a tutti. I loro errori
furono molti, compreso quello di essersi dimenticati che la diligenza della
Posta non poteva attraversare il Severn, che la diligenza di Bristol sarebbe
andata a Birmingham anche senza la valigia gallese e che i chartisti
birminghesi sarebbero rimasti senza il segnale della insurrezione. Qui noi non
ci ricordiamo che della idea generosa che voleva rivendicare i diritti politici
delle masse defraudate, e con questo pensiero capovolgiamo la gerla dei nostri
fiori freschi sulle loro fosse e ce ne andiamo inteneriti. Lettori, imitateci.
Date fiori ai morti che ci hanno insegnato a non essere schiavi.
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