IX.
I 59 «cospiratori»
alla Corte d'Assise di Lancaster.
I processi intesi a punire
coloro che hanno delle idee, o intesi a provare la responsabilità di alcuni
scrittori e oratori negli straripamenti delle masse, rappresentano il lavoro
del mattoide. È sciocco che ci sia ancora della gente che possa dire, senza
essere presa a scappellotti, che fu il tuo «pane o piombo» che fece dare il
sacco alle botteghe del West-end di Londra! La società che assiste a queste,
come chiamarle? burattinate, che turbano l'ambiente e mettono in pericolo la
libertà o la vita di parecchi dei suoi membri, senza dar mano allo scudiscio
della indignazione, o è acefala o lascia nella storia il documento della sua
deficienza intellettuale. Ma se tu dimentichi il misoneismo che afflisse e
affligge ancora, più o meno, tutte le nazioni, tu esci, da queste 446 pagine
del processo di cospirazione contro «Feargus O' Connor e 58 altri chartisti»,
consolato di avere letto che almeno c'è un paese in cui i pionieri dei diritti
delle moltitudini, se sono vittime, sono vittimizzati dai pregiudizi del tempo
più che dai rancori di classe degli individui incaricati di giudicare.
Al processo dei 59 alla Corte
d'assise di Lancaster — la città marittima al nord del Lancashire — presieduto dal
barone Rolfe — il «giudice giusto», come lo chiamò il capo della «cospirazione»
— tu ti senti, tenuto calcolo dell'ambiente, direi quasi, in una Corte di
giustizia ideale. Nessuno ha voglia di galeottizzarti. Non vi sovraneggia che
l'ansia di voler sapere la verità, tutta la verità, null'altro che la verità.
Condannato o assolto, te ne vai, desolato solo perchè ti si è provato che
proprio c'è ancora qualcheduno che non ha intraveduto, attraverso i pertugi
sociali, il domani, il mondo migliore, e che c'è ancora qualcheduno che crede
pericolosa la manifestazione del pensiero — lo sfogo o, come la disse Asquilh,
il ministro degli interni d'oggi, la valvola della sicurezza sociale!
La sola figuraccia, che possa
mettere di malumore colui che non è inglese, è la spia. L'inglese non si
scompone, perchè ci si è abituato. Tutti i suoi processi e specialmente i
processi di Stato, come questo, sono solcati di spie salariate e prezzolate e
perdonate. È una immoralità, dice lui, necessaria. I nostri processi sono basati
specialmente sui fatti e non sulle supposizioni. Ora, anche se ci fosse la
«certezza morale» che il tale è colpevole, non troveranno un giurato in tutto
il regno che vorrebbe mettersi sulla coscienza un sì che manda al patibolo o
alla servitù penale, senza la deposizione che lo convinca che il tale è autore
del delitto. Che ne avviene? Che il ministro dell'interno — qui è anche
ministro di giustizia — se si tratta di errori destinati al panteon delle cause
celebri o di delitti che abbiano commossa, come si dice, l'opinione pubblica —
offre il tanto o un tanto e l'impunità ai complici che deporranno in Corte e
faranno condannare i loro associati. Fu così, per esempio, che Giacomo Carey —
il capo degli invincibili, colui che fece il segnale nel Phenix Park di Dublino
di scannare lord Cavendish — il segretario per l'Irlanda — e Burke — il
sottosegretario — fu così che questo tristo dei tristi potè salvarsi dalla
cavezza del boia che strangolò il Brody e gli altri ai quali aveva messo in
mano i coltelli.
E siccome il proclama di sua
maestà, che offre al Giuda i denari e il perdono, fa parte del movimento
chartista, così vi riassumo quello del 1847, affisso quando i distretti
industriali delle contee centrali, e cioè dello Staffordshire, del Cheshire,
del Lancashire e del Yorkshire, erano tumultuati dalla miseria e dal vogliamo la Charta del popolo.
Considerando
che, in diverse parti della Granbretagna, moltitudini di persone contro la
legge e l'ordine si sono, non è molto, riunite in un modo tumultuoso e riottoso
e sono entrate, colla forza e colla violenza, in certe miniere, in certe
filande e in certe fabbriche ed in certi altri luoghi; e che colla minaccia e
colla intimidazione hanno impedito ai buoni sudditi di continuare la loro
occupazione e di guadagnarsi l'esistenza;
Debitamente
impressionati delle conseguenze funeste che devono seguire inevitabilmente
contro l'ordine del regno, la vita e gli averi dei sudditi, se tali atti
andassero impuniti, e fermamente risoluti a far rispettare la legge e punire i
trasgressori; sentito il parere del nostro Consiglio privato, pubblichiamo
questo decreto, ingiungendo a tutti i giudici di pace, agli sceriffi, ai
sottosceriffi e a tutti gli ufficiali civili del regno di fare ogni sforzo per
scoprire, arrestare e consegnare alla giustizia le persone dei tumulti
suaccennati.
E
come incitamento alla scoperta dei violatori della legge, con questo proclama
promettiamo e dichiariamo che chiunque scoprirà e farà arrestare gli autori,
gli istigatori e i perpetratori dei detti delitti, una volta debitamente
condannati, avrà diritto alla somma di L. 1250 e al nostro graziosissimo
perdono, caso mai fosse colpevole dello stesso delitto.
Le accuse contro i 59 sul banco
della Corte di Lancaster erano nove. Ma poi vennero ridotte dal P. M. e dal
barone Rolfe e si sarebbero potute, spastoiate completamente dal gergo
curialesco, ridurre a quella unica di cospirazione. La prima diceva che Feargus
O' Connor e altre persone maldisposte, sconosciute ai giurati, avevano, tra il
primo agosto e il primo settembre del 1842, cospirato, mettendosi d'accordo di
tenere assemblee di sedizione, tumultuose e riottose; di obbligare i sudditi
pacifici di sua maestà a desistere dai lavori e di produrre, con dei discorsi
incendiarii, dei libelli, dei manifesti e con altre pubblicazioni, l'allarme,
il malcontento e la confusione allo scopo di cambiare le leggi e la
costituzione del regno. La seconda inchiude la «forza e la violenza» — delitto
che il giudice tradusse, pei giurati, di intimidazione per impedire ad altre
persone la continuazione del loro mestiere. La terza — la più grave — che
cospirarono insieme con manifesti e tumulti sediziosi per cambiare le leggi e
la costituzione. La quinta, che Feargus O' Connor e altre persone sconosciute,
cospirarono per eccitare i sudditi di sua maestà al malcontento e all'odio
contro le leggi. Ma tutte assieme si possono condensare in queste quattro
righe: che i 59 erano accusati di aiutare, istigare, assistere, sostenere,
incoraggiare le maldisposte persone a continuare e a persistere colle assemblee
illegali, colle minacce, colle intimidazioni e colla violenza per impedire e
far cessare i lavori di certi mestieri e di certi stabilimenti, allo scopo di
terrorizzare ed allarmare le menti dei sudditi pacifici e fedeli, e col mezzo
del terrore e dell'allarme, violentemente ed illecitamente, costringere a fare
certi grandi cambiamenti nella costituzione, stabilita dalla legge.
Che cos'è una cospirazione? Il
barone Rolfe la definì una riunione di due o più persone per commettere o
indurre a commettere atti illegali o procurare di far riuscire o trionfare un
atto legale con dei mezzi illegali. Ciascuno di voi, per es., è libero di non
andare da Giovanni Smith, il fornaio. Ma se tutti voialtri andate d'accordo di
non comperare il suo pane, il vostro atto legale diventa della cospirazione.
Lasciamo la legge e vediamo di
mettere assieme questo processo che venne chiamato dai chartisti «mostruoso».
I tumulti, come ho detto, sono
del 42 e il processo dei 59, che durò otto giorni, incominciò il 1.° marzo 1843. Nel 42 la
condizione del lavoratore, in generale, era semplicemente spaventevole. I
salari erano precipitati sotto la linea dei salari della fame, e quelli del
tessitore del Lancashire, quasi sotto quello legale della carità pubblica. A
Preston, a Blackburn, a Rochdale, a Bury, a Wigan, a Bolton, a Manchester gli
operai si stordivano con dei tumulti per dimenticare che avevano fame. I
cerealisti, come Cobden e Bright, attribuivano la miseria alle leggi sui cereali,
i chartisti alla mancanza della Charta. Tra i primi e i secondi c'era un odio
implacabile e gli uni denunciavano gli altri come nemici delle masse o come
eccitatori di disordini. Feargus O' Connor, il creduto capo dei cospiratori,
vedeva in tutto ciò che capitava ai chartisti la mano del cerealista. Siete
voi, cerealisti, disse, che volete l'abolizione delle leggi sulle granaglie,
colla forza fisica! Nelle sue «Cause» di queste esplosioni popolari,
egli scrisse che il «suo scopo principale è di giustificare gli innocenti e di
sellare sul dorso dei colpevoli, cioè dei cerealisti, il peso del loro
delitto».
Il 9 agosto non ci fu, credo,
una mandata di spola. A tutte le fabbriche c'erano coloro che avevano già
votato pel lastrico, che fischiavano coloro che entravano, che chiamavano fuori
quelli che vi erano entrati, che strappavano dal telaio i testardi che non
volevano far causa comune, e che minacciavano di scompigliare l'ordito e dar
loro il subbio sulla testa se non si mettevano in processione cogli altri.
Manchester aveva ubbidito senza neppure una parola di resistenza. Il più
vecchio dei magistrati della cotonopoli disse che il turn out — il metti
alla porta — era come cosa naturale. Gli operai abbandonavano i cotonifici e i
setifici con piacere. Bastava il brothers, come out — fratelli, uscite!
— perchè prendessero il cappello e la giacca per l'aria aperta. In molte
fabbriche, per essere sicuri che non si sarebbero ricominciati i lavori, si
toglievano dalle caldaie i pistoni, così che parecchi lo chiamarono il plug
plot o il complotto del pistone. A Preston e a Blackburn i soldati hanno
fatto fuoco e non pochi scioperanti sono stati portati nella sala mortuaria
cadaveri. A Stockport — al nord-est del Cheshire o sulla linea di separazione
tra il Cheshire e il Lancashire — si riprodusse la scena manzoniana del prestin
di scansc. I tumultuanti — secondo il policeman Sadler e il
governatore del worhhouse preso d'assalto — erano circa 30.000.
«Venivano, disse il primo, da Ashton e da Hyde, armati di bastoni e di
randelli. Tutte le botteghe di Stockport erano chiuse. La popolazione delle
fabbriche veniva messa alla porta colle buone e colle cattive.» Il governatore
completò la narrazione, dicendo che vi irruppero in parecchie migliaia.
«Avevamo nel workhouse 700 pagnotte di sette libbre inglesi ciascuna,
che diffondevano la tepida fragranza che provoca i ventri vuoti. Non ce ne
lasciarono una! Sfondarono usci, ruppero finestre, portarono via le 160 lire
circa che avevamo nel cassetto e fecero altri guasti.»
Il mayor di Stockport era
cogli affamati. Egli lo aveva predetto prima che la folla si decidesse a
mangiare le micche del workhouse. «Se voi governanti non siete preparati
col rimedio, i contingenti dei lavoratori senza pane saranno giustificati di
prenderlo dove c'è, per loro e per le loro famiglie. Io non sono responsabile
dei disordini e non voglio fare minacce, ma dico che voi siete trascinati alla
confusione. Io sono perfettamente convinto che fra sei mesi noi avremo i
distretti popolosi del nord in uno stato di desolazione sociale. Voi potete
reprimere le esplosioni popolari colla forza. Ma quale forza militare potrebbe
resistere in un caso come questo?» Pochi giorni prima dell'assalto al workhouse,
lord Kinnaird aveva detto alla Camera dei Pari queste sagge parole: «Se vedessi
i miei figli morenti di fame; se vedessi i delinquenti in galera trattati
meglio delle persone volenterose di lavorare, andrei a fare il ladro.»6
Doyle e parecchi altri oratori ripetevano agli eserciti, che non riuscivano a
guadagnare la vita neppure con quattordici o sedici ore di lavoro sulle
ventiquattro, le parole del mayor e di lord Kinnaird. «Voi volete, disse
loro Doyle, sapere come sia possibile ottenere la Charta. Voi dovete
cessare i lavori fino al giorno in cui sia divenuta legge. Ritirate, se ne
avete, l'oro dalle banche, allo scopo di affamare il governo. I vostri padroni
tiranni non biasimeranno che facciate quello che farebbe lord Kinnaird. Ve lo
ripeto: se i vostri padroni non vogliono aiutarvi e non avete di che nutrirvi,
andate a prenderne dove ce n'è.» Il policeman di Newport depose che i policemen
erano chiamati bottiglie blu — dal panno della montura — il governo, la «grande
bottega», e che certo Newton disse loro: Se il governo non vuol trovare pane e
burro per voi, andate da Wellington e, se ciò non bastasse, andate al palazzo
di Buckingham — della regina — e se ciò non bastasse ancora, andate alla Camera
dei Comuni e alla Camera dei lords. Pooth fece loro notare che, se il mayor
aveva consigliati gli scioperanti a servirsi della roba dei magazzini, potevano
fare quello che volevano. E per incoraggiarli aggiunse: «Quanto vino beve la
regina! quanti liquori beve la regina! quanti buoi mangia la regina! e quante
capre e quanti agnelli mangia la regina!»
L'accusa, rappresentata da sir
F. Pollock, procuratore generale, disse: «Signori giurati! il 26 luglio del 42
si tenne un meeting a Ashton-under-Line, a circa sei miglia da Manchester. Il
meeting era presieduto dall'imputato Woodruffe, il quale esortò il popolo ad
abbandonare i lavori per un'equa mercede e un'equa giornata di lavoro. Pilling,
con un linguaggio violentissimo, attaccò le fabbriche e specialmente i loro
padroni. Aitkin consigliò i lords del cotone a non uscire dai loro palazzi,
perchè la stagione delle notti buie non era lontana. Il 6 agosto vi fu un
meeting a Newton di 15 o 16 mila persone, e il giorno dopo, a uno di questi
meetings, Muirhouse assicurò gli assembrati che non si trattava di una
questione religiosa o di settimanali, ma di una questione nazionale, e cioè di
ottenere la Charta.
«Delle vostre sofferenze si è già parlato. Io sono incaricato di invitarvi a
venire domattina a Stalybridge. Riuniti, andremo di fabbrica in fabbrica e
costringeremo coloro che non vorranno abbandonare i lavori spontaneamente. Una
volta in isciopero, vi rimarremo fino a quando la Charta, la sola garanzia
dei vostri salarii, sarà legge.» Tenuta la promessa di passare di stabilimento
in stabilimento armati di bastoni e preceduti dalle loro bandiere,
procedettero, militarmente, alla volta di Manchester. Prima di entrare, vennero
incontrati dai soldati alla cui testa era il magistrato. I leaders dei
chartisti in marcia assicurarono il magistrato che erano per la pace, la legge
e l'ordine. E il magistrato, per evitare un conflitto, mandò in caserma i
monturati e si mise tra i capi alla testa degli operai in isciopero. Non erano
ancora entrati che si sbandarono a gruppi, a drappelli, per diverse vie,
andarono di bottega in negozio e si impossessarono della città. Tutti i negozi
di Manchester rimasero chiusi per tre giorni. Tutti i lavori vennero sospesi.
Dove c'era un uomo che lavorava, lo si invitava o lo si costringeva a smettere.
Qua e là domandarono del pane, qua e là accettarono del denaro. Per tre giorni
Manchester — con una popolazione di quasi mezzo milione — fu alla mercè della
violenza e in istato di confusione. L'ordine del giorno che votarono venerdì è
questo:
«Che noi delegati,
rappresentanti i vari mestieri di Manchester e dei dintorni, coi delegati di
molte parti del Lancashire e del Yorkshire, dichiariamo solennemente che è
nostra convinzione assoluta che tutti i mali che affliggono la società e che
hanno prostrato le energie delle classi lavoratrici nascono solo dalla
legislazione di classe, e che il rimedio per la presente carestia e la miseria
generale è l'adozione immediata del documento conosciuto come la Charta del popolo. Questo
meeting raccomanda ai lavoratori di tutti i mestieri di cessare i lavori e di
non riprenderli che il giorno in cui il detto documento sia divenuto legge
della nazione.»
Il Comitato esecutivo
dell'associazione nazionale per far divenire legge la Charta, pubblicò il placard
intitolato La Libertà
e un manifesto ai «Fratelli chartisti!», che traduco.
Libertà
a tutti i mestieri di Manchester e dei distretti che la circondano. — Compagni!
Ci affrettiamo a sottoporvi le importanti deliberazioni d'oggi. I delegati
intervennero più numerosi che negli altri giorni. Coll'intervento ingiusto e
anticostituzionale dei magistrati, la discussione venne brutalmente interrotta
e il nostro meeting sciolto. Ma non prima che votassimo, sotto i loro occhi, la
seguente deliberazione: che i delegati, pubblicamente riuniti, raccomandano
alle varie regioni che rappresentano, di valersi di tutti i mezzi legali perchè
la Charta del
Popolo diventi legge. Inoltre deliberano che si inviino dovunque delegati per
ottenere la cooperazione delle classi medie e lavoratrici per far eseguire la
risoluzione di cessare i lavori fino al giorno in cui la Charta divenga legge. Noi
siamo inglesi legalmente determinati a mantenere la pace e il benessere della
società. Coll'aderire alla nostra deliberazione mostrate che noi siamo i vostri
veri rappresentanti. Fate il vostro dovere che noi faremo il nostro. Domani ci
riuniremo di nuovo, e voi saprete il risultato delle nostre deliberazioni.
Compagni
chartisti! Le grandi verità politiche che si sono agitate in quest'ultimo
quarto di secolo hanno finalmente svegliato i degradati e insultati schiavi
bianchi dell'Inghilterra, ora consci del loro dovere per sè, pei loro figli e
pel loro paese. Diecine di migliaia di lavoratori hanno gettato via i loro
strumenti di lavoro. I vostri padroni tremano del vostro coraggio e seguono
ansiosamente questa grande crisi della nostra causa. Il lavoro non deve essere
più la preda comune dei padroni e dei governanti. Lo spirito nuovo ha
illuminato la mente dello schiavo e lo ha convinto che tutta la ricchezza,
tutto il comfort, tutta la produzione ed ogni cosa utile, preziosa ed
elegante sono usciti dal palmo delle sue mani. Egli vede che il suo cottage
è vuoto, che la sua schiena è poveramente coperta, che i suoi figli sono senza
pane, che lui stesso è disperato, che la sua mente è tormentata e che il suo
corpo è punito, affinchè le indebite ricchezze si accumulino nei palazzi dei
padroni e nei granai degli oppressori. La natura, Dio e la ragione hanno
condannato questa disuguaglianza; e dessa deve perire nella tempesta della voce
di un popolo. Egli sa che il lavoro, la vera proprietà sociale, la sola origine
della proprietà accumulata, la prima sorgente di tutte le ricchezze nazionali,
il solo che sostiene, che difende, che contribuisce alla grandezza del paese,
non è protetto legalmente come gli oggetti inanimati, come gli edifici, le
navi, le macchine che il lavoro ha prodotto.
È
per questo che abbiamo solennemente giurato e dichiarato che non ci lasceremo
sfuggire inutilmente l'opportunità d'oro che abbiamo; che non perderemo la
fortuna dataci dal Dio prudente che vede tutto. Così noi ora deliberiamo di non
riassumere i lavori fino a quando cesseranno i torti fatti al lavoro e ci
saremo assicurati, colla Charta del Popolo legge, la protezione per noi, per le
nostre mogli vittime e poi nostri figli impotenti. Inglesi! Il sangue dei
nostri fratelli rosseggia le vie di Preston e di Blackburn e gli assassini sono
ancora assetati del nostro sangue. Siate fermi e coraggiosi; siate uomini! In
noi prevalsero la tranquillità, la legge e l'ordine; rispettiamoli fino a
quando i vostri fratelli in Iscozia, nel Principato di Galles e in Irlanda
siano informati della vostra deliberazione; e, dopo, dopo il trionfo della
vacanza universale che incomincerà fra otto giorni, dopo a che cosa serviranno
le baionette contro l'agitazione pubblica? Quale tiranno può sopravvivere alla
formidabile corrente del pensiero e della forza che ora corre rapidamente
guidata dall'uomo destinato dal Creatore ad elevare il suo popolo al disopra
del bisogno, dei rancori del dispotismo e delle pene della servitù? I mestieri,
una schiera nobile e patriottica, hanno pei primi votato per la Charta e pel ritiro
dell'oro dai forzieri dei tiranni. Seguite il loro esempio. Non prestate ai
governanti la frusta per flagellarvi.
Ci
sono giunte informazioni che lo sciopero si diffonde dovunque. Ogni macchina
nella periferia di cinquanta miglia da Manchester è inoperosa e tutto tace ad
eccezione delle utili ruote del mugnaio e della propizia falce dei campi.
Concittadini
e fratelli! Possono passare secoli, come ne sono passati tanti, prima che si
ripeta lo spettacolo di tutto un popolo abbracciato dall'unanimità di una idea.
Noi abbiamo fatta la forma della libertà e come uomini dobbiamo rimanere al
nostro posto a costo della vita. Che nessuno si perda d'animo! Rimanete
tranquilli e vegliate e, come le vestali, mantenete le vostre lampade accese.
Che la vostra deliberazione sia il faro che guidi coloro che da tutte le parti
si affrettano a seguire il nostro esempio memorabile. Fratelli! Noi contiamo
sulla vostra fermezza. La viltà, la perfidia e la paura donnesca caccerebbero
indietro la nostra causa di mezzo secolo. Che nessuno, o uomo o donna o
ragazzo, violi il solenne giuramento, e che coloro che lo violano siano
perseguitati dalle maledizioni dei poveri e degli affamati! Meritano la
schiavitù coloro che stupidamente la corteggiano!
Tutto
è stato prevenuto e la vostra causa fra tre giorni sarà obbligata a procedere,
spinta da tutti gli ingegni che abbiamo potuto invitare ad aiutarci. Rimanete
pacifici e incrollabili, e fate che gli altri facciano lo stesso. E mentre
rispettate la legge, ricordatevi che non avete parte nel farla, e che perciò
siete schiavi della volontà, della legge e del salario dei vostri padroni.
Tutti gli incaricati dell'associazione sono invitati ad aiutare e ad assistere
la propagazione pacifica di questo movimento e a trasmettere il denaro pei
delegati che possono essere inviati in giro. Rafforzate durante la crisi le
nostre mani. Sostenete i nostri leaders. Fatevi intorno alla sacra causa
e lasciate la decisione al Dio della giustizia e della battaglia.
«Gentlemen! disse il
procuratore generale. Questo placard era per tutta Manchester ed era,
direi, una specie di punto d'appoggio di tutti i meetings. Voi dovete giudicare
se questa pubblicazione non istiga ad andare di fabbrica in fabbrica, di
stabilimento in stabilimento — potrei dire di casa in casa — per sospendere
tutti i lavori e costringere a cambiare la costituzione col fare della Charta
del popolo una legge della nazione.» E dopo, il P. M. fece di tutto per legare
al «delitto» del placard Feargus O' Connor, il quale lo pubblicò nel suo
quotidiano londinese, l'Evening Star o la Stella della Sera.
«Vi alita, scrisse O' Connor, uno spirito degno delle leggi antiche e delle
antiche libertà inglesi. Questo, fratelli, è tempo di essere coraggiosi,
accorti, vigili e risoluti. Vi consigliamo sopra ogni cosa a rispettare la vita
e la proprietà. Rimanete saldi ai principî che sono nel documento intitolato la Charta del popolo.» Sir
Frederick Pollock illustrò il terrore coll'aneddoto d'un sarto. Un cliente di
questi perdette uno della famiglia. Andò a ordinargli, in fretta e in furia,
l'abito che piange i morti. Ma il sarto, prima di accettarne l'ordinazione, ne
domandò il permesso al Comitato dello sciopero generale! Tuttavia sir Frederick
non mancò di fare giustizia, dicendo che anche la più audace provocazione della
legge era accompagnata dal rispetto alla vita e alla proprietà! «Sono lieto,
disse, di vivere in un paese come il nostro, ove, se anche avvengono eccessi
come questi, sono temperati dalla tolleranza e dalla moderazione, due cose che
signoreggiano luminosamente nel mezzo della violazione della legge che ho
descritto. Per ora ho finito.
«Mi sono astenuto da qualsiasi
espressione che potesse essere severa. Volli rimanere impersonale. I miei
concetti erano i concetti della legge.
«Signori giurati! Assistete
l'amministrazione della legge fermanente, ma spassionatamente. Con queste
osservazioni ho evitato ogni soggetto che potesse turbare la calma del vostro
giudizio. Adempite fedelmente al vostro còmpito tanto per gli accusati che pel
pubblico, a favore del quale si fa questo processo. Dimenticate qualsiasi cosa
di partito, attenetevi strettamente alle deposizioni, fate giustizia e secondo
giustizia pronunciate il verdetto.»
Il mio còmpito di condensatore
imparziale diventa sempre più difficile, perchè sono obbligato a sagrificare
del materiale d'oro, come l'opportunità dei chartisti, a badilate.
Un'altra bottiglia blu — com'era
chiamato l'agente della pubblica sicurezza — depose di aver letto sulle
cantonate il placard dell'accorrete a ritirare l'oro!
«I lavori, diceva, sono sospesi.
Il credito pubblico è scosso. La moneta cartacea (cioè i biglietti della Banca
d'Inghilterra) non vale più nulla. La sterlina è salita da 20 a 30 scellini. Gente della
classe media, accorrete a ritirar l'oro dalle banche!»
Secondo lo stesso policeman,
il Taylor avrebbe detto a un meeting che gli uomini dovevano servirsi
della sciabola e che le donne dovevano additar loro dove sprofondarla. Il capo
della polizia di Preston parlò del conflitto tra scioperanti e soldati avvenuto
il 13 agosto. Oltre il rinforzo di 15 o 16 policeman, vi giunsero circa 30
soldati. «In Lune street, disse, incominciarono a tirarci sassate. Noi ci
fermammo in faccia alla moltitudine che si dimenava e scalmanava, coll'idea di
disperderli. Si disse loro che si sarebbe letto l'act contro gli
assembramenti tumultuosi. Nessuno si mosse. Qualcuno rispose: leggetelo e
andate alla malora!
«Una pietra portò via il riot
act dalla mano del mayor che lo leggeva. La pioggia dei ciottoli
continuava. Da Chapel Walks, una via che lambisce la principale, i sassi ci
venivano passando dalle alture delle case. Dal nostro posto in Lune street
vedevamo distintamente le donne che portavano i sassi nei loro grembiali e che
li deponevano vicino agli uomini che tiravano. Alla fine il mayor diede
l'ordine di far fuoco. Vidi cadere parecchi della folla di prima fila. La scarica
non sciolse la moltitudine. Per due o tre minuti rimase come fulminata. Si
continuò il fuoco a fucilate così: puf... puf... puf... Ne vidi quattro
morti e non pochi feriti. So che a uno venne amputata la gamba. Il fuoco durò
circa tre minuti.»
Feargus O' Connor si difese,
come la maggioranza degli imputati, senza il solito avvocato che va in Corte,
come il Duncas, uno dei difensori d'uno di questi 59, a dichiarare che non è
chartista o socialista. Avvocato egli stesso, coll'aggiunta d'esser imputato e
chartista fino alle unghie dei piedi, riuscì a piantarsi dinanzi ai giurati
come una delle più nobili, delle più superbe figure del suo tempo. «Gentlemen!
Quando i tristi cospirano (i governanti), i buoni (il popolo) si uniscono.»
Citò le parole di Brougham, «l'uomo più completo, la mente più forte e più
chiara dell'Inghilterra.» «Lo chiamano pazzo! Volesse il cielo che lo fossi
come lui! Non sono nato cospiratore. Che cosa vuol dire cospirazione?
Segretezza! Noi abbiamo pubblicato tutto. Non abbiamo fatto un passo, detta una
parola, scritta una pagina che non sia nei giornali. Io ebbi l'onore di sedere
alla Camera dei Comuni per tre anni, con sua signoria il giudice che presiede
questo dibattimento e coll'onorevole rappresentante la legge che mi sta vicino.
Essi vi potrebbero dire che io sono stato un politico entusiasta, che avevo la
mia causa a cuore. Sono fuori della Camera dei Comuni da sette anni e in questo
periodo, o signori, ho speso per l'agitazione una fortuna. Sono entrato nel
movimento ricco e ora sono povero. In questi sette anni non ho speso meno, pel
chartismo, di 300.000 lire. Si disse che la mia agitazione era a base
d'interesse. Signori giurati! Non ho mai ricevuto un centesimo o frazione di
centesimo che avesse rapporto col chartismo; non ho mai viaggiato a spese del
chartismo; non mi sono mai difeso coi denari dei chartisti. Fui così delicato
che non sedetti mai al banchetto chartista senza averne pagato il biglietto o
più biglietti. Sovente diedi centinaia di sterline al fondo chartista. Da anni
pago come venti sterline alla settimana per mantenere, in qualche modo,
parecchi ridotti alla povertà per aver preso parte attiva in questo movimento.
Si è detto e ripetuto che mi sono servito del Northern Star per eccitare
il popolo e mettere in tasca i profitti. Signori, incominciai a pubblicarlo
ricco e ora sono povero. Signori! Per sopperire alle mie spese di partito
dovetti vendere delle mie possessioni e perfino del legname per 1000 sterline.
Per la mia difesa pei chartisti processati nel 1839 non solo non presi un
centesimo, ma, siccome ne ero il tesoriere, così vi rimisi del mio, per
coprirne le spese, 280 sterline. Quando Frost venne arrestato misi subito a
disposizione della difesa 1000 sterline. Voi avete sentito della mia
popolarità. Se questo è un delitto, condannatemi, se vi piace, per popolarità.
Ho fatto dei discorsi a milioni e milioni di persone e sono stato, in
quest'ultimi dieci anni, l'uomo più prominente dell'Inghilterra. In tutti
questi anni fui il bersaglio dei nemici del chartismo. A Newport ha luogo
un'insurrezione e O' Connor ne è il red cat, o il gatto rosso. Il 25
maggio 1841 si presenta alla Camera dei Comuni la petizione per la liberazione
di Frost firmata da 1.300.000 persone e Feargus O' Connor ne è l'autore! Non ne
scrissi una riga! Il 2 maggio si presenta alla stessa Camera una petizione con
3.315.752 firme e il solito fatutto è portato di colonna in colonna di giornale
come il facinoroso! Del manifesto chartista di Manchester, che il Times
dichiarò delittuoso, se ne fece autore il solito O' Connor che non lo vide che
affisso sulle cantonate di Manchester! Il vostro còmpito, o signori giurati,
sarebbe facile se l'accusa, invece di processarci pei delitti degli altri, si
fosse limitata a trascinare davanti la giustizia i rivoltosi per dei tumulti; i
meetingai per dei meetings proibiti; i cospiratori per della cospirazione. Ma
qui siamo affastellati e inchiusi in tutti i delitti. Non siamo accusati di
rivoluzione sanguinosa, ma di un delitto pel quale arrossirei di essere qui sul
banco degli accusati! Se c'è qualcuno che sia colpevole è il governo — il più
forte governo che abbia avuto l'Inghilterra, almeno in questi anni — che
rifiutò di ascoltare la voce di tre milioni e mezzo di cittadini che vogliono la Charta del popolo. La si
considera un alto tradimento. E che cosa troviamo? Che i chartisti, un anno
dopo l'altro, inviarono alla Camera dei Comuni la petizione perchè la si
prendesse in considerazione! E un anno dopo l'altro abbiamo veduto le
petizioni, per questa stessa Charta, confortate da 65 a 66 voti! Erano questi
signori onorevoli dei cospiratori o dei violatori della legge? Il governo whig,
nel 39, ci permise di sedere nella Convenzione, autrice di questa Charta. Ora
il governo tory ci dice che è un tradimento! Da chi è stata firmata la Charta alla Convenzione? Da
otto deputati al Parlamento! Se mi si domandasse se abbiamo raccomandato agli
scioperanti di unirsi all'agitazione per la Charta, mi confesserei guilty —
colpevole!»
Finito il processo, i giurati si
regalarono un pranzo nell'albergo vicino. Saputo che O' Connor era pure a
pranzo in un'altra sala, alle frutta lo mandarono a chiamare. «Alla vostra
salute, gli disse il capo dei giurati. Noi ci congratuliamo con voi. Voi siete
un uomo onesto.» — «Signori, rispose loro O' Connor, nel mio discorso dissi che
più che la vostra assoluzione avrei amato convincervi che i vostri pregiudizi
contro me erano infondati. Ci sono riuscito?» — «Yes! completamente!
risposero in coro. Confessiamo che avevamo dei forti pregiudizi contro voi. Ma
ora sono interamente dissipati.» «La dichiarazione di questi gentiluomini
onesti e leali — racconta O' Connor — mi consolò per tutte le persecuzioni
legali che avevo dovuto subire.» Poi, nel volume del processo dei 59, l'O' Connor copre di stima
e d'ammirazione il «giusto giudice» che fu altamente imparziale.
Il summing up o il
riassunto di ciò che dissero i cinque rappresentanti l'accusa, i sei avvocati
della difesa, O' Connor, gli altri imputati e tutte le deposizioni dei 72
testimoni, incluse le 5 spie, è un monumento di esattezza. Se mai c'è una
parola che colorisca la prosa degli otto giorni di processo, è a favore degli
accusati che, senza sapere di legge, si erano abbandonati alla sua giustizia e
al loro buonsenso. Se il proto non fosse lì appiattato col fucile chartista per
sbattermi via la penna, io mi darei la pena di tradurlo parola per parola, per
dimostrare alle zucche che presiedono i nostri dibattimenti quanto siano
cretini, sciocchi e banali coi loro sistemi parziali, colle loro interpretazioni
stupide, col loro prender parte al processo invece di rimanere impersonali,
colla loro fraseologia che turba la mente dei giurati ed è sentita nel loro
verdetto. È tempo di finirla con questi magistrati che mandano alla galera
colla bocca piena di insulti per loro che non hanno saputo astenersi
dall'insinuare nell'animo dei giurati il verdetto. Qui i magistrati della Corte
d'assise hanno la testa nella parrucca e uno stipendio che va dalle 125 alle
175.000 lire. Sono borghesi come i nostri. Ma almeno questi si elevano al
disopra dei pregiudizi e della politica della loro classe, per ricordarsi solo
che sono là pagati, perchè la giustizia sia uguale per tutti.
Mezz'ora dopo, i giurati
uscirono con un verdetto che ne assolveva ventuno, ne dichiarava colpevoli
della quarta accusa sedici e della quinta quindici. Per sette era stata
ritirata l'accusa durante il processo.
La sentenza venne sospesa per un
errore nella procedura. E la sentenza non venne mai pronunziata, perchè il
governo non se ne occupò più. I ministri avevano fiutata l'opinione del paese,
contraria a questi processi contro la manifestazione del pensiero.
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