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Paolo Valera
L'insurrezione chartista in Inghilterra

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  • X.   Il 48 a Londra.
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X.

 

Il 48 a Londra. 7

 

Sono giunto qualche giorno prima per assorbire un po' di quest'ambiente che aggiungerà, dicono i chartisti, una rivoluzione alle rivoluzioni che hanno vuotato parecchi troni.

Piove ma non fa freddo. Le vie sono infangate come non ne avete idea. I pedoni sprofondano nei guazzi senza abbandonarsi alle maledizioni. Le vetture pubbliche sono sucide, scrostate, inzaccherate. Il cocchiere traduce il ladro che si è impadronito di un copricapo qualunque dal cenciaiuolo. Mezz'ora di cabriolet me l'ha fatto scontare con tre scellini e mezzo.

Così in blocco mi sembra di essere perduto in un aggruppamento di villaggi. La noia cittadina trionfa in tutte le vie. Ci sono molti venditori di focacce che sbucano da tutte le parti colla corba in testa e il campanello in mano che agitano fino alla seccatura. Domattina alle otto ci sarà un'esecuzione pubblica a Newgate — la prigione più rinomata della metropoli. Il proprietario della liquoreria in faccia rifiutò, voltandomi la schiena, le mie 4 sterline pel diritto di mettere la testa nel vano della sua finestra. Ne ha rifiutate ieri sera 50!

Dovunque degli ubbriachi che barcollano o che precipitano. Sono completamente guarito dall'ubbia della prostituzione libera. A Londra è una persecuzione. Le misses lerce, le misses bruciate dall'alcool, le misses gualcite dalle stagioni consumate sul selciato, ti tirano per le falde, ti prendono pel braccio, ti rincorrono colla fraseologia pornografica e ti mettono magari le mani in saccoccia, a due passi dai policemen. Siccome gli inglesi si turano le orecchie quando si parla delle esigenze della vita, così non so ancora dove siano gli orinatoi pubblici. Ne cerco uno da tre giorni. Ho visto parecchi cittadini che si scaricano del liquido addosso alle ruote dei veicoli in mezzo alla strada.

Le case non differiscono che nella altezza e nella deformità facciale. Sono mucchi di mattoni di due o tre piani, con delle finestrucole che tolgono il respiro, colla cucina sottoterra che raddoppia la voglia per l'aria aperta, colla fronte a triangolo così bassa da credere il soffitto sulla testa di coloro che le popolano. Vedute dal marciapiede ti riassumono la desolazione della assenza completa della eleganza architettonica.

Il mio collega internazionale del Morning Chronicle mi consola colla preghiera di non fidarmi delle prime impressioni. L'inglese, mi disse, non sciupa il suo pel semplice gusto di sciorinare del lusso pei passanti. Ma scialacqua per l'interno della sua home. Di dentro egli nuota nell'agiatezza.

Non ho ancora veduto una ghinea e tuttavia pago dovunque a ghinee, cioè aggiungendo uno scellino a ogni sterlina. È del chic inglese.

Gli abitanti della metropoli, secondo il censimento di quest'anno, sommano a 2.172.386 ed occupano, compresi, s'intende, i distretti suburbani, un'area di 74.070 acri Uomini e donne mi paiono usciti da una sola sartoria. Il modello dei primi è il cilindro, il cravattone, il surtout che aderisce alle reni. Il modello delle seconde è il cappello tegoliforme che sopprime tutta la nuca e che va via, oltre gli occhi, slargandosi come un ventaglio aperto, il mantello dalla rotondità ricca fino alle pieghe giù a piombo e il seno spopolato di poesia.

Stamane, mentre mi comperavo una tuba dal Bennett, il cappellaio dell'aristocrazia in Piccadilly, ho veduto il grande uomo a cavallo seguito dal suo groom. per non germoglia neppure il pensiero di dargliene 79. Sta in arcione come un giovanotto. È alto cinque piedi e dieci pollici. Ha le braccia lunghe ed il corpo pronunciatissimo, come di chi è famigliare colla sciabola, le spalle larghe, d'uomo forte, gli occhi grigi e luminosi. I cittadini si levano il copricapo, taluni vi aggiungono un inchino e molti lo segnano a dito agli amici. È il duca di Wellington, decus et tutamen patriae.

È il comandante in capo dell'armata. È lui che sta studiando il modo di rompere le ossa ai chartisti. È già stato annunciato che egli sarà alla testa dei «suoi» dragoni.

La canizie gli imbianca le tempie striate dagli anni. La faccia ti documenta la sua fama di duca di ferro. È un assieme di rigidezza. È oblunga, ha il naso aquilino, le ciglia sviluppate e fitte, le guance un po' sgrassate dal tempo, la bocca di sfinge.

Saluta col cilindro o con un semplice cenno del capo. Indossa il solito frock-coat a doppio petto, il solito gilet bianco a tre bottoni e i soliti calzoni neri di panno militare, colla striscia nerissima lungo le cuciture.

I giornali sono furiosi. Il chartismo è la loro bestia nera. Il quotidiano è del lusso anche pel bottegaio: costa da 5 a 6 pence. Non c'è che il Daily News che abbia ridotto da poche settimane il prezzo a 3 pence. Ma ho già letto nel Sun della sera che ritornerà agli antichi amori dei 5.

Come giornali sono superiori ai nostri. Hanno dei corrispondenti nelle capitali europee, il redattore della politica estera, il redattore parlamentare, il redattore capo, il direttore e da quindici a venti reporters. Sono pagati tutti a settimana. Il settimanale del direttore va dalle 18, come quello del Daily News, alle 42 ghinee, come quello del celebre Giovanni Taddeo De Lane, il direttore del Times.

La loro tiratura fa nascere qualche punto interrogativo. Il Morning Chronicle, copia più, copia meno, ha una circolazione di 3000 copie, il Morning Post di 3020, il Morning Herald di 3500, il Daily News di 5300, il Morning Advertiser di 6600, il Sun di 10.000 e il Times quasi di 55.000. La loro esistenza è principalmente nella inserzione.

Se i giornali rappresentano davvero l'opinione pubblica, le idee democratiche in queste isole sono ancora un sogno. Il Times, occupandosi della seduta parlamentare di ieri sera sulla grande dimostrazione chartista che deve aver luogo lunedì, 10 aprile, si sbarazza dei baluardo inglese, cioè del diritto alla riunione pubblica e alla libertà di parola, con una frase croatesca: «L'Inghilterra ha dato a ogni individuo un randello, perchè ciascuno faccia il proprio dovere.» Il giornale di Printing house square allude all'arruolamento dei policemen. R. Mayne, uno dei due questori della metropoli, mi assicurò stamane che gli arruolati superano i 200 mila. Sono duchi, sono marchesi, sono baroni, sono baronetti, sono deputati, sono figli di lords, banchieri, negozianti, bottegai, operai conservatori e gente con nulla da fare. È superbo, mi diss'egli, lo spettacolo di tutta una popolazione che si arma contro il nemico comune. Con un popolo che sente la loyalty (devozione alla monarchia) come il nostro, la sovrana può dormire della grossa.

Ho letto tuttavia che la Corte, per precauzione, trasportò le tende dal Buckingham Palace all'Osborne House, la residenza reale nell'isola di Wight. Il consorte è odiato dalle masse e gli oratori della piattaforma popolare lo consigliano continuamente di condursi in Germania la sua Vittoria.

Il Morning Chronicle ha pubblicato tre lettere indirizzate alla plebe (mob), le quali, tutto sommato, considerano il desiderio delle moltitudini di partecipare alla legislazione un'impertinenza. Ve ne condenso una per documentarvi come la si pensa, nel 48, nella patria di Cromwell:

«L'aristocrazia, che è alla testa del progresso, odia l'oppressione. Gli aristocratici sono gli operai della intelligenza allo stesso modo che «voi siete gli operai della produzione». È follia credere che le classi inferiori possano fare il lavoro delle classi superiori. Ciò che voi avete di bisogno non è una rivolta contro le classi. Ma di crescere forti colla unione di queste. Rovesciare o intimidire un governo non può giovare ai lavoratori. Voi non dovete badare a chi è al potere. Il vostro interesse è di avere un governo che abbia modo di far votare per voi schemi di legge in armonia coi tempi. Voi siete operai e loro sono lords, sono gentlemen. I loro figli vanno sulle navi, che voi costruite, a proteggere le nostre industrie. Venite pure, come amici, a domandarci dei servigi. Venite a noi, come petizionisti, a spiegarci i vostri bisogni. Ma non venite a noi come aggressori di strada, per terrorizzarci ed indurci ad assistervi.

«Siamo noi il popolo e noi non permetteremo mai che ci si porti la «Charta del popolo» alle porte del nostro Parlamento

«Per popolo, scrisse il Morning Chronicle, in queste giornate chartiste, intendiamo la classe superiore e la classe media e tutti coloro che hanno dei beni, del credito e del carattere. Per mob, una accozzaglia composta principalmente di avventurieri politici della feccia, di demagoghi che fanno dell'agitazione un mestiere, di operai ignoranti e illusi e di disoccupati e di ciò che gli scrittori di statistica chiamano classi pericolose. Voi non siete il popolo. Voi ne usurpate il nome. Voi non rappresentate che voi stessi.»

La chiusa del manifesto chartista al popolo, che dice umilmente, in ginocchio, che questa grande dimostrazione metropolitana accompagnerà la «preghiera del popolo», vale a dire, la petizione chartista, fino alle porte delle Camere legislative, è presa a calci dalla stampa e dal popolo del Morning Chronicle. È della minaccia camuffata, della sedizione appiattata nel periodo che striscia, della rivolta incipiente. Ve la daremo noi la preghiera del popolo!

I chartisti alla loro volta, nella seduta della Convenzione nazionale di ieri, chiamano quotidiani, settimanali e bisettimanali, infamous papers. Essi coacervarono la loro collera in una mozione che accusa la stampa londinese di essere la vera nemica delle classi lavoratrici.

Non si parla che della rivoluzione francese. È pei salariati di queste isole del lievito insurrezionale. Fra qualche giorno un esercito di simpatizzatori andrà in Trafalgar square a riassumere in un ordine del giorno il tripudio delle masse inglesi pel grande avvenimento francese. Nei quartieri popolari spesseggiano i cappelli flosci, alti, a cono, a larghe tese, colla penna di coda di pavone a sinistra.

Nei salotti si parla di Luigi Filippo come di un cacone, che non ha avuto neppure il disperato coraggio di mostrare alla folla il sedere che fuggiva. Egli è scappato come un ladro cogli agenti che bussano alla porta. Si ripete con qualche ammirazione la frase di Piscatory, che consigliava questo re infuriato dalla paura a non abdicare e a saltare in sella: Voilà, sire, le moment de monter à cheval et de vous montrer. La regina, con tutta la sua sifilide religiosa, voleva fare del marito un eroe. Mon ami, il ne faut pas abdiquer; plutôt mourez en roi. La sgraziata non sapeva che questi puppazzi del trono sono dei pusilli, degli uomini che lasciano giù le brache non appena la collera collettiva batte ai vetri reali.

La democrazia si sente schiaffeggiata negli onori che la regina Vittoria fece a questo Filippo venuto a porsi in salvo a Londra. Come se fosse reduce da un campo di battaglia, sul quale avesse lasciato la corona solo quando la sua sciabola non era più che un moncone!

Guizot racconta nei salotti la sua fuga senza arrossire. Intorno a Filippo non c'erano che dei vigliacchi! Pranza stasera da Palmerston. Vi è pure invitato Greville, il diarista delle corti di Giorgio IV, di Guglielmo IV e di Vittoria.

Tra il popolo inglese il nome di Guizot è sinonimo di tutto ciò che c'è di putrido nel dizionario. Lamartine vi torreggia. A ragione o a torto si suppone che la rivoluzione sia il risultato dei suoi Girondini. Il suo stile avrebbe incendiato i cervelli.

Alle sezioni di polizia c'è ressa come nelle giornate di sommossa generale. Gente di fuori, sui marciapiedi, in coda, che aspetta in silenzio la volta di prestare il giuramento. La maggioranza è in tuba, in guanti e fuma dei manilla e degli avana. Tra i panciuti che aspettavano alla entrata di quella di Westminster, ho veduto il principe Napoleone coi suoi occhi e i suoi baffi da carabiniere. Sente anche lui la voluttà del riformicida.

Sembriamo alla vigilia di un assedio. Non c'è famiglia con qualcosa da conservare che non abbia il martello in mano. Conficcano dei chiodi lunghi alle finestre, agli usci, alle entrate e ve li ribadiscono con dei colpi poderosi. Gente, al martello! Qua delle travi che triplichino la resistenza delle porte, lassù, sui davanzali, dei sacchi di terra che impediscano alle palle i delitti, e laggiù una popolazione di bastoni di ferro acuminati o a lancia che proteggano dalle invasioni.

La Banca d'Inghilterra, colla palafitta che le gira intorno e coi sacchi d'argilla accumulati sui cornicioni e tra le finestre e coi portoni barricati, ti inquieta, ti riproduce il fermento. La Mansion-House — la residenza ufficiale del lord mayor — ha assunto l'aria di rocca civica. Le mansions della nobiltà, come la residenza del duca di Northumberland a Charing cross, di sir Robert Peel in Whitehall-gardens, del duca di Wellington vicino Hyde Park Corner, si coprono d'assiti come se fossero in demolizione. I monumenti, gli edifici legislativi, l'abbazia di Westminster, la cattedrale di San Paolo, i palazzi governativi, Somerset-House, il Museo britannico, Great Scotland Yard — ove sono gli uffici centrali della polizia — ti completano l'idea che tutta Londra è cosparsa di fortezze inespugnabili.

La grande dimostrazione repubblicana ha avuto luogo oggi, in Trafàlgar square, la piazza che sir Roberto Peel crede scioccamente la più bella del mondo. Siccome ha avuto luogo a dispetto della proibizione della questura, così questo «trionfo plebeo», a poca distanza dalla spaventevole giornata di Kennington Common, lascia correre la fantasia fino agli abissi della monarchia rovesciata. Il ventre dello square rigurgitava di folla e, attorno ai parapetti che lo circondano, erano delle muraglie umane di uno spessore di dieci o dodici uomini. Il legname che chiudeva lo zoccolo, sul quale è la colonna Nelson che va su alta nel cielo coll'assassino dell'ammiraglio napoletano, venne schiantato per far largo agli oratori, che dovevano narrare che un popolo al di della Manica si era sottratto al giogo di una monarchia bestiale per darsi una costituzione repubblicana. Dietro gli oratori sovraneggiava la bandiera dai colori della repubblica francese sormontata dal berretto frigio e nella square sventolavano sul mare delle teste altre bandiere rosse col «viva la repubblica!» a caratteri cubitali. Lo scarlatto era il la della dimostrazione. Cravatte rosse, rosette all'occhiello rosse e nastri rossi che folleggiavano all'aria dalle maniche o dai cappelli femminili. Il presidente, o quello che mi parve il presidente, diede la stura all'entusiasmo con un sola parola: Citizens!

Le moltitudini sembravano in preda al convulso. Agitavano i cappelli con dei «viva la repubblica!» che squarciavano l'aria, e le bandiere si piegavano da destra a sinistra come se i vessilliferi stessero benedicendo l'eruzione repubblicana.

Citizens! gridò un'altra volta il presidente colla mano tesa verso la folla. E venticinque o trenta mila voci si fusero e scoppiarono in una tempesta di down with the queen! (abbasso la regina!) e viva la repubblica!

La casa di Brunswick pareva che non avesse più che poche ore di vita. Gli oratori la chiamavano una famiglia di libertini o di stranieri. Giorgio I, il primo di questi malnati, non sapeva neppure la «nostra lingua»! Si faceva capire dai suoi ministri, come si faceva capire, in una specie di gergo latino. Giorgio IV era un dissoluto, un ubbriacone.... Abbasso la regina! Viva la repubblica! La loro fraseologia monca, interrotta, fracassosa era della lava. Gli occhi della folla erano come ammantati di odio, il loro pugno si levava spesso in alto come un imperativo o come uno sfogo e le loro grida andavano via sibilando oltre i parapetti.

La marsigliese assunse la grandiosità di incitare alla rivoluzione tutti questi diseredati politici, tutti questi paria della questione sociale, col to arm, brave citizens! (aux armes, citoyens!). Le fiamme divampavano e io mi credevo vicino al trabocco. Invece, dopo un meeting quasi incandescente, si sciolsero pacificamente, ricominciando a gruppi la marsigliese.

Nelle provincie l'ordine non è stato così solenne. A Manchester vi fu colluttazione tra monturati e berrettisti (operai in berretta). A Glasgow i salariati invasero le botteghe degli armaiuoli, le vuotarono e percorsero la città armati di fucili, di revolvers, di archibugi, di sciabole, di pugnali, terrorizzando la cittadinanzadicono i giornali locali, come il Manchester Examiner — con degli «abbasso la regina! viva la repubblica

Lord John Russell è un fanatico della indipendenza italiana. Così che non fui punto sorpreso di sapermi invitato a Pembroke Lodge, la residenza del primo ministro a Richmond, un vero paradiso a dieci miglia da questa città che pare eternamente condannata a essere una fiera. Vi andai sul piroscafo per godermi un po' di Tamigi. Ma il Tamigi è troppo sucido o meglio le sue acque sono troppo giallastre e le sue sponde troppo ammucchiate di baracche e di réclame elefantesca per infondervi la voglia di un'altra gitarella. Pembroke Lodge è nel parco reale, alle falde di un promontorio, sul quale è la mansion del marchese di Lansdowne, come adagiata nel seno di una foresta. Lord John mi venne incontro colle mani tese e la bocca piena di italiano elegante, come se fossi stato uno di casa. Mi parlò del moto insurrezionale di Sicilia, e mi disse con trasporto: «Ma dunque sono degli eroi questi milanesi! Dite loro che ho pianto leggendo i telegrammi caldi delle loro fucilate e del loro «fuori lo straniero

Lord John ti pare la caricatura di un primo ministro. È mingherlino, è piccino, è senza stomaco. È un omino con un testone. È grafomane. Scrisse non so più quanti volumi. Incominciò il diario dei suoi avvenimenti a 11 anni. È whig come il suo gabinetto. I chartisti sono pel momento il suo terrore. «La nostra truppa è fedele, ma si è visto che 100 mila uomini armati, disciplinati, attaccati al trono, non hanno saputo scaricare un fucile pel loro re.» In caso di bisogno sospenderà l'act dell'habeas corpus — il baluardo massimo della libertà inglese — anche in Inghilterra. Lord John ha una grande fiducia nei preparativi che sta facendo Wellington, ch'egli chiama «il primo soldato della sua generazione».

I ministri sono tutti d'accordo, specialmente sir Giorgio Grey, il segretario di Stato per gli interni, di non permettere ai processionisti di portare la petizione alla Camera dei Comuni. Guai a loro se passeranno il ponte di Westminster! L'ordine non verrà comunicato ai leaders che alle otto della mattina della dimostrazione, per impedir loro di preparare al Governo o alla polizia delle sorprese. Anche lord John Russell mi conferma l'entusiasmo pel bastone di poliziotto. Le cifre ufficiali che gli trasmisero i due questori sono già al di dei 250.000. Siamo dunque alla vigilia di una delle più sciagurate guerre civili.

L'Irlanda non lo lascia dormire. Giovanni Mitchel, il leader del partito rivoluzionario, predica il massacro delle truppe inglesi nell'Isola Verde, e la Nation e l'United Irishman continuano a vomitare fuoco e improperii. La sospensione dell'habeas corpus non è che questione di ore e il bill per «la sicurezza della corona e del Governo», che si sta discutendo a vapore alla Camera, sarà legge fra un giorno o due. Lord John mi fece vedere una lettera di lord Clarendon, il vicerè d'Irlanda, piena di apprensioni. Il vicerè, stesso si considera una specie di prigioniero di Stato. Ha paura che si attenti alla sua vita.

 

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Camera dei Comuni. — Ho assistito alla discussione sulla dimostrazione chartista. Sui banchi degli onorevoli è la repubblica. Ciascuno siede come vuole. Colle gambe incavallate, col piede destro nella sinistra, colla pancia in aria, sul fianco, o colla testa indietro sullo schienale. Nessuno scrive e nessuno legge e pochi assistono alla seduta a capo scoperto. Il deputato non si toglie la tuba che quando parla o quando passa davanti la chair (presidenza). I ministri seggono sul banco del tesoro, vale a dire sul primo a destra della presidenza, come tanti bovari.

Lo speaker (presidente) ha del mago. È sprofondato in una seggiola a nicchia, dallo schienale a padiglione alto fin quasi alla tribuna dei reporters. È in parrucca dai lembi larghi sul petto, è in toga, in brache nere, in calze nere oltre il ginocchio ed ha gli stivaletti scollati colla galuccia nera nella fibbia fiammeggiante di pietre preziose.

La Camera dei Comuni non è dissimile dalle altre assemblee europee. È divisa in due grandi partiti, ma i deputati su qualunque questione possono dissentire dai loro leaders e sono quindi assolutamente indipendenti. Non c'è punto il militarismo che mi facevano credere i libri di terza e quarta mano che avevo letti in Italia.

Mi si diceva pure che non avrei mai veduto o sentito un «fanatico» nella Camera dei 568. Se tutte le sedute sono come quelle d'oggi e degli altri giorni, posso assicurarvi che ne è piena. Lascio nella penna i Giuseppe Hume, i Giovanni Humphery, i Fox, i Giovanni O'Brien, perchè mi ci vorrebbe dell'altro spazio per documentarvi la loro indipendenza e il loro «fanatismo».

E mi fermo a Wakley.

Tommaso Wakley è nato nel 1795, è uno dei più illustri chirurghi del nostro tempo, tanto illustre che dirige il Lancet, rappresenta un collegio di Londra ed è un riformatore radicale. L'altro giorno, quando Feargus O' Connor domandava ai colleghi della Camera che si facesse grazia ai condannati chartisti di Monmonthshire «per guadagnarsi l'affezione del popolo colla clemenza» e Grey rispondeva che «l'ingiusta indulgenza pei leaders equivarrebbe a della ingiustizia per la maggioranza del popolo», il Wakley, colla mano tesa verso il ministro degli interni e con un sospiro da uomo che sentiva in i tempi repubblicani, disse: «Voi! Se si pensa che l'esercito e la marina sono di popolo e che cosa fa il popolo per le classi ricche, è mostruoso che voi, uomini del governo, respingiate la clemenza! Guardate chi sono i traditori: i re! Sono dessi che distruggono le libertà del popolo! Noi vediamo canaglie reali (royal miscreants) che cercano rifugio in questo nostro paese e trovano simpatia dalla gente alla sommità degli onori (oh! di orrore).... aye (si), royal miscreants! royal rufîans! (banditi reali), se vi piace meglio. Questi miserabili senza corona sono stati ricevuti dalle classi e dalla royalty (monarchia) con trasporto

E oggi? La Camera rumoreggiava, si scaricava degli hear hear (udite! udite!) di scherno e degli oh! di sorpresa. Wakley rimaneva imperturbabile e tirava via come se lo si stesse ascoltando religiosamente. Non potei acciuffare che delle frasi sbocconcellate.

«Gli avvisi della dimostrazione sono stati su tutte le cantonate. Il governo, se voleva proibirla, doveva proibirla prima. Ridano pure, signori! Ma è certo che non più di mezzo milione di persone è rappresentato in questa Camera

Le invettive, gli aggettivi che volevano essere tanti proiettili nello stomaco dei colleghi, nemici del popolo, turbinavano nell'ambiente senza giungere nella Galleria del Popolo. Solo, tra il tumulto, ho veduto O' Connor levarsi in piedi, spalancare le braccia e, con voce da basso profondo, dire scandendo le parole: «Ma siete voi, o signori ministri, che ci avete insegnato che l'imposta senza rappresentanza è della tirannia

 




7 Fingete, come l'A., di essere in pieno 48.






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