Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Paolo Valera
La folla

IntraText CT - Lettura del testo

  • 12
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

Annunciata era salita tutta allegra. Pareva una sposa appena uscita dalle mani della sarta e dell'orefice. Era vestita di seta, con uno spillone d'oro dove il seno ascende, con dei pendenti nelle orecchie che fiammeggiavano, con un braccialetto massiccio intorno al nudo del braccio destro e con un nastro di velluto solferino che le fasciava il collo dalla pelle brunastra, facendole spiccare tutto il nero della toeletta. Coi suoi guanti a quattro bottoni in mano, con la veste succinta per non insudiciarla e lasciar vedere il candore della sottana inamidata, non sapeva dove stare. Andava da una parte e dall'altra, baciando Altaverde sugli occhi o sull'altura della testa, dicendole cento volte di non sporcare questo e di non gualcire quest'altro.

— A me piacciono, sai, le ragazze pulite, con le orecchie lavate fino in fondo, dove si forma la poltiglia giallognola.

E passandole la salvietta nelle orecchie, le girava intorno, scavando e facendo aria col fru fru della sottana e con lo struscio della seta che andava avanti e indietro con un fracasso da signora del Verziere.

Dammi quel pettine, che io non voglio che si facciano le trecce prima di sgarbugliare ben bene i capelli. Così e così. Vedi come ti stanno divinamente! Sembri una madonna. Mettiti questi stivalucci di pelle di marocchino. Sono morbidi come il pelo del gatto. Non calzarteli che alla festa, se vuoi che ti durino. Perché la mamma non può comperartene un paio tutte le settimane. Fatti passare questa sottana di madapolam come la mia. Aspetta che te l'allaccio senza farti il gruppo grosso che fa male alla schiena. C'è ancora un po' di apprettatura perché non è stata che inzuppata nell'acqua. Una volta che tocchi il fosso, diventa floscia come un foulard finissimo. Così, carina. Non mettere le mani sulla veste bianca. Lascia fare a me, che non voglio che abbia delle pieghe. Avete sentito, Enrichetta, che Alessandrino è morto? E poi ci si chiama stupide se crediamo a queste cose che fanno gelare il sangue! Qui non ci sono fandonie, non ci sono. Noi non sapevamo neppure della malattia del poveraccio. Lo sapevate, voi? Neppur io lo sapevo. Giuliano ha un bel fare dei risolini. Ma il fumo gli avrà dato da pensare. Non ne ho il menomo dubbio. Lo ha visto coi suoi occhi, e coi proprii occhi non si mentisce. Trentasei ore dopo era già bello e seppellito, come è vero che c'è la Madonna. Basta, pensiamo un po' a te, carina. Così mi pare che tu sembri un angelo. Vedrai che ti invidieranno. Adesso lascia che ti punti la gala alla spalla. Mi piace che tu sia una delle più scicche cresimande. Non voglio che si dica che io sono una spilorciona. I denari non li butto via, perché so che cosa costano a guadagnarli. Ma non faccio economia sai, quando ci metto del mio cuore. Mi fa schifo, sapete, Enrichetta, di passare davanti l'uscio del gobbo, un uomo che deve essere tutto ulceroso. Sono obbligata a turarmi il naso. Mi pare di sentire un odore di marcia e di sentirmi in bocca l'aria putrida del luogo comodo. Lo dirò a Giorgio che non sta bene che ci sia un ospedale tra mezzo agli usci delle persone sane. È una famiglia di tisici, senza sangue indosso o con del sangue guasto nelle vene. Guardate se deve essere permesso alla gente in quello stato di fare una famiglia! Che ne dite? Avete altro che ragione, Enrichetta mia. È gente che va ritirata. Sono ammalati che possono infettare il corridoio. Il dottore, venuto a trovarmi l'altra mattina, mi diceva che sono pericolosi perché perdono noduletti dovunque passano. Mi spiegò che i noduletti sono bestioline che si trovano nel loro sangue e nei loro polmoni a bizzeffe. È una famiglia di tubercolotici. Proprio così, ha detto così il medico che ne era anche lui tutto spaventato. Non ci voleva che un padrone senza cervello per dare alloggio a creature che portano indosso tante malattie da ammazzare tutto il Casone. Ma non abbiate paura, Enrichetta, che ne parlo io a Giorgio. Lui è così occupato negli affari che non sa neanche che ci siano degli inquilini pieni di tumori contagiosi. Il gobbetto, quello che assomiglia tanto al padre, ha un tumore nel fianco e sbatte il catarro in terra quasi col piacere del padre. E io ho una paura maledetta della marcia verdastra del suo stomaco. Quando la vedo mi metto una mano alla bocca come se avessi paura che mi andassero in gola i noduletti. Il gobbetto mi fa venir freddo. È testardo come un mulo e cattivo come una vipera. Anche la Gigina sputa sangue. Poveretta, ho compassione di lei. Ma non so che farci. Bisogna che vadano via tutti se si vuole disinfettare il corridoio. Di fuori al loro uscio ci sono i neracci degli sputi assecchiti. Puah! Mi vien voglia di vomitare il caffè e latte di ieri. La Gigina ha i polmoni andati. Se fossi la madre di tutta questa minutaglia sciancata e dissanguata, morirei dal dolore. C'è quell'altra più piccina, come si chiama? che ha la faccia piena di pustole. È un orrore. La poverina non ha colpa. Il padre di tutta questa marmoccheria è un assassino da galera. Basta guardarlo. Ha gli occhi inondati di bile. Tutte le volte che lo incontro mi viene su la pelle d'oca. Misi dice che quando ha giù del vino diventa un vero animale feroce che sbatte violentemente sul muro la moglie come se volesse passarle la schiena nello stomaco. La moglie è uno straccio che ha paura della sua ombra. Si lascia svuotare le gengive e strappare i capelli senza dire una parola. Povera donna! Lavora come una bestia da soma e le ore libere le consuma portando i figli all'ambulanza ospitaliera. Il padrone di casa deve avere un po' di buon senso. Giorgio lascia fare a Ghiringhelli, un buon uomo, senza dubbio. Sa fare gli interessi del padrone, ma pensa troppo agli affitti e gli affitti, diceva lo stesso Giorgio, non sono tutto. Il padrone ha dei diritti, si capisce. Ma gli inquilini non ne sono senza. Che ve ne pare, Enrichetta? Se fossi io la padrona di casa? Non ditelo due volte. Potrei, ne sono sicura, diventarla domani. Giorgio mi ha già cercata e supplicata di essere sua. Non è bello, ma non disgusta ed è buono come un angelo. Gli ho risposto che non mi sento di fare la donna di casa. Non ho che le mie braccia e vivo volentieri delle mie fatiche. Lui insiste e dice che quando si è vicini ai trent'anni... Gli ho risposto che non ne ho che ventotto. Egli insiste. Bisogna accasarsi. Si sta male soli, lo so, non ditelo a me che è un pezzo che meno questa vita. Può capitare un accidente da un momento all'altro. E poi? Lui ha la sorella, è vero, ma non va d'accordo. I loro affari sono completamente separati. Il Casone è tutto suo. È ricco da far letame ai cavalli coi suoi denari. Qualche volta mi sento solleticata. Se amo i figli? Voi lo vedete, li adoro. Se avessi però dei figli spaventevoli come quelli del gobbo, allora no. Io voglio bene ai bimbi sani, ai bimbi che crepino di salute, alle ragazze leggiadre come la mia Altaverde. To' un bel bacione. Aspetta a metterti il velo in testa, che voglio puntarti tra i capelli questa camelia candida come l'anima tua. Dicevamo? Che mi piacciono i bimbi freschi e sani. Sono la mia passione. Giorgio non è proprio bello, ma voi sapete che i figli hanno sempre più della madre. È lei che ne ha lo stampo e che loro la robustezza. Sei pronta? No, ti manca il velo. Guardati nello specchio. Non ti mancano più che le ali. Così, voltati. Eccoti un altro bacio. Adesso mettiti i guantini. Questo sì che si chiama fare dello scicche. Ti invidieranno, ne sono sicura. I dolci li compreremo dopo la cresima. Dove hai il libricciuolo delle preghiere? Eccotelo. È coperto di velluto con le pagine filettate d'oro. Ti piace? Brava! Addio, Enrichetta. Ricordatevi che stasera mangiamo assieme. Dite a Giuliano che andremo all'osteria e che sono io che invito. Vi pare? Non c'è di che ringraziarmi. All'osteria c'è meno incomodo e si sta meglio. Andiamo, Altaverde. Mi metterò il cappello dabbasso. No, non vado al lavatoio. Ho le mie donne con la Negra del borgo che fa tutto come se fossi presente. È una perla di ragazza. Non mi fermo in casa che due minuti. Puoi aspettarmi anche di fuori. Ma no, entra. Dov'è il mio cappello? È nell'armadio. Eccomi pronta. Aspetta che prendo i guanti che dimenticavo sul tavolo. Il tempo è splendido e non c'è bisogno d'ombrello. Va adagio, carina, senza appoggiarti ai muri o alle ringhiere che sono sempre sporche. Va innanzi diritta, senza badare alle ragazze. Si dice che lusso, senti? Sfido io, sei vestita come una principessina. Andiamo nella chiesa di Sant'Ambrogio. Sai la strada, non è vero? Ecco quel brutto noioso di Alfredo che mi s'inchina con una scappellata. È inutile, sarai sempre un suonatore ambulante, un fannullone che va in giro col cappello piuttosto che lavorare. È volgare anche quando vuol fare dei complimenti. Va via, che non so che farne delle tue scappellate! Oh Dio, adesso incontro la Pina, la moglie del calzolaio, che mi si raccomanda perché il padrone non la mandi via. Santo cielo, non sono io la padrona di casa! Se tutti facessero a questo modo i padroni andrebbero in malora. La poveretta ha tanti figli e un marito che ha le mani buche e lunghe. Per lui non avrei cuore. È un poco di buono vostro marito. Ma voi, disgraziata, avete dei figli e coi figli non si può andare in mezzo alla strada. Lasciate fare, gliene parlerò oggi. Non occorre che mi ringraziate. Addio, non vi date pensiero. L'ortolana crepa dalla rabbia quando mi vede. Mi caverebbe volentieri gli occhi. Che sciocca! Non so bene che cosa le ho fatto. Non so perché madre e figlia l'abbiano su con me. Io so tutto, vedo tutto e lascio fare. Che cosa vogliono di più? Che faccia della maldicenza? Non mi piace e lo sanno bene. Io tiro via per la mia strada e non mi mischio negli affari degli altri. E questo per loro è un peccato. Ecco delle ragazze che s'avviano alla cresima. Vedi quella che è già grande come una donna. È ora di maritarla e va a cresima. Dovevano aspettare un po' ancora a mandarvela. Ce ne sono di quelle che senza gli stivaloni sembrerebbero dei pilastri di neve in moto. Don Paolo è entrato adesso. Ecco che ci saluta. Non è lui che cresima, sai. È il vescovo. Sta attenta quando verrà la tua volta che ti benedirà battendoti leggermente la guancia sinistra con le due dita. Addio, cara Nina, salutami la mamma. È la figlia del 187 del terzo piano a sinistra. Aspetta che apro io la porta. C'è il tendone ovattato pesante che ti rovinerebbe l'abito. Così, passa. Prendi dalle mie dita l'acqua benedetta e fatti il segno della santa croce come una buona ragazza. Quei ? Sono due angeli. Curvati, che ti possono fare la grazia quando sarai grande. Non bisogna passare dinanzi le cose sacre senza un inchino. È la riverenza che deve fare ogni buon cristiano. Non spaventarti. È san Giorgio che uccide il drago. Il drago è il diavolo. Dio gli ha comandato di ammazzarlo. Così si puniscono i cattivi. Va avanti che saremo delle prime. È una chiesa sempre piena di villani. Entrano in processione. Guarda quanta gente. Si sente l'odore di stalla. Mettiti, come me, il fazzolettino al naso. Vengono a vedere l'arca di san Gervaso e Protaso. Fa una riverenza alla colonna in cima alla quale è il serpente. Non lo vedi? Dall'altra parte del pulpito, in fondo ai banchi. È un serpente miracoloso. Guarisce le bimbe malate di vermi. Virginia, tu la conosci, non è vero? la figlia di Giovanna, la 32, sarebbe morta senza il serpente. Lo meriterebbe, sai. Con la camicia ancora sporca, è una sfrontata che fa già all'amore, invece di mangiare della polenta. Se fosse mia la prenderei a sculacciate, e gliene darei tante da farle venir su le vesciche. Prendiamo il posto. Come sta, signora Bigia? È anche lei matrina? Si sa, una volta o l'altra bisogna restituire quello che gli altri hanno fatto per noi. Io sto bene, grazie. Mi saluti tanto la Carmela. Verrò a trovarla, lasci fare. Inginocchiati e sta raccolta che ho visto il vescovo entrare in sagristia. Vedrai che esce con la mitra e il pastorale. Recita le orazioni che ti hanno insegnato a dottrinetta. Te le ricordi? Che stupida! Mettiti questo fazzoletto sotto le ginocchia se non vuoi sporcarti le calze. Perché non sono tutte vestite di bianco? Bella domanda. Perché tutte le matrine non possono spendere. Ci sono anche dei ragazzi che non sono vestiti tutti di nuovo. E con questo? Sarebbe bella se non si cresimassero che quelli vestiti di nuovo. Ringrazia il Signore che tu sei tra le fortunate. Sta attenta che viene. Non avere paura. Non dice che due parole. Senti che incomincia coi ragazzi in fondo. Dice a ciascuno le stesse cose. «Io ti confermo col crisma della salute nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo affinché sii buono, fedele costante soldato di Cristo». Hai visto come si fa presto? In un momento siete tutti cresimati. Ecco l'impronta dello schiaffetto. Ti ha fatto male? Ringraziamo in ginocchio la madonna: Ave Maria, gratia piena, Dominus tecum... Sotto voce, sai, se non vuoi disturbare gli altri. Andiamo che se ne vanno anche le altre. Tre riverenze all'altar maggiore, prendi l'acquasanta e segnati bene, che l'acqua santa tiene lontano i malanni. Riverisco, signora Pastini. Tanti saluti alla sorella che non vedo da un pezzo. Le saluterò Giorgio, va bene, grazie. Passa il tuo braccio sotto il mio, che non abbiamo che mezz'ora. Giorgio ci aspetta al numero cinque, in piazza Fontana, a far colazione. Ci sono stata delle altre volte, sissignora. Ci si mangia bene. L'ultima volta mi hanno dato dell'agnello arrosto con delle fettoline di lardo che mi hanno lasciato la voglia di mangiarne dell'altro. Prenderemo il calesse. Brumista? Dalla Baj in piazza del Duomo. Una ragazza cresimata senza bomboni starebbe male, non ti pare? Prendi. Non volevo dartelo che a casa. Mettilo in saccoccia e dallo alla mamma. È un portamonete coi denari per comperarti un altro abito quando ne avrai bisogno e sarai più grande. Non mi dai nulla per ringraziamento? Così va bene. Almeno un bacio! Scendi senza farti male. Mi faccia su un bel cartoccio di dolci. Ti piacciono i marrons glacés? A me sì. Uh, come sono buoni! Quando arrivavo al tavolo mi piaceva la sfogliata. Avrei fatto monete false per una sfogliata. No, quelli sono un po' troppo zuccherati. Preferisco di quei pasticcini. Lo zucchero fa cadere i dentini alle ragazze. Vi metta una manata di cioccolatini. Sì, un po' anche di quelli , con le amandorle. Non ti piacciono? Le darai alla sorella. Non devi mangiarli tutti tu, sai. Non dimentichi qualche biscotto. Mi piacerebbero anche questi pasticcini coperti di uno strato di cioccolato, ma ho paura che si sciupino nella carta. No? Lei ne sa più di me. Mi dia, intanto che fa il conto, un vermutte con seltz e una bibita di menta per la ragazza. Quattro e cinquanta. Ecco le cinque lire. Grazie tante. Buon giorno. Come è graziosa. Già, se si vuol far denari bisogna essere gentili. Una volta la Baj ne aveva come ne ho io sulla palma della mano. Adesso può andare in carrozza e star bene. Ci conduca al numero cinque in piazza Fontana. Non è che a due passi. To' che ci siamo. Ecco Giorgio. Mi aspettavi da un quarto d'ora? Pago il brumista e sono da te, caro. No, non occorre, lo paghi tu. È la tua festa? Me n'ero scordata. Già, è san Giorgio. E io, stupida! Non c'è da disperarsi, lo so bene, ma non è decente. Ho il calendario appeso nella prima stanza, ma non c'è momento dell'anno che gli dia un'occhiata. Me ne duole, Giorgio. Tu sai che non ci ho messo cattivo cuore. È proprio una dimenticanza. Ma la giornata non è ancora finita, e ho tempo a rimediarci. Non mi dispero, tu vedi, che non ho le mani nei capelli. Me ne dispiace, ecco tutto. un bacio alla mia cresimata. Ti piace? Ha sui capelli una delle camelie che mi hai mandato. Come ti piaccio vestita in nero? Tu sei sempre lo stesso. Ti piaccio anche vestita da lavandaia. Uh, scusa! Mi è cascata. Avevo promesso di non parlarne mai. Ma già io non ho vergogna. Vergogna è far del male. Dove sediamo? Hai già ordinato di dentro? Perché non ce lo dicevi? Andiamo, Altaverde. Lo dico sempre che all'osteria si sta assai meglio che in casa. In casa dopo l'allegria bisogna incominciare a lavorare. Qui si lascia tutto. Si paga e non si pensa ad altro. Se fossi ricca non vorrei mangiare in casa una volta all'anno. Si sa, quando si hanno delle serve è un altro paio di maniche. È come essere all'osteria. Questi ravioli sono eccellenti. Bada di non lasciar cadere le gocce sulla veste. Giorgio, allacciale il tovagliolo al collo e mangia adagio. Impara. C'è un sole che è una meraviglia. Che bella giornata! Nelle belle giornate mi sento ancora più buona. Tu mi vuoi troppo bene per trovarmi cattiva. Ma ho anch'io i miei momenti, non credere. Domandalo alle mie donne quando vado in furia! Figurati se non mi devono piacere gli uccelletti allo spiedo. Guarda, me ne lecco anche le dita. Lasciamo, per carità, da parte il tuo bruciore di cuore. Gli uomini sono tutti fatti a un modo. Vorrebbero tutto in un giorno, e poi dopo lo sappiamo noi, povere donne. Chi si è veduto, si è veduto. No, tu non sei di quelli, ma di quegli altri. Ti credo, lo dico sul serio. Ma perché vuoi che ti dica di sì, adesso? Te ne troveresti pentito. Tu sei un signore e puoi sposarti altro che una lavandaia senza educazione. Quel poco che so me l'hanno insegnato la monache di porta Magenta. Buone donne, le facevo tribolare. Si sa, quando si è ragazze! Non ero però delle più cattive. Sì, quello lo accetto di cuore. Lo zabaglione è sempre stato il mio debole. Sii paziente. Lasciami pensarci. Non è una cosa da nulla, metter casa con un uomo della tua condizione. C'è anche tua sorella. Lo so, tu sei libero e puoi fare quello che vuoi. Ma io non voglio essere la colpa di mettervi in discordia. E se poi tu dovessi avere vergogna di me? Io non posso offrirti che la bellezza del diavolo. E che cosa direbbe il Casone? Ci sarebbe da morirne dalla vergogna. No, adesso non voglio più niente. Non sono abituata al caffè, ma se è per farti un piacere, figurati. Sì, sì, ti prometto domani di darti la risposta. Tu la vuoi ora? Il Signore mi è testimone che io ho fatto di tutto per il tuo bene. Se ti preme tanto, è detto. La mia parola è sacra. Ma tu sei a tempo a disdirti anche domani. Ne ho proprio abbastanza. Un altro bicchiere mi farebbe male. Andiamo a fare una passeggiata. C'è voluto a farmela dire la parola, ma una volta detta è sacra, non avere paura. Ah, come si sta bene all'aria!

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License