La caduta di certe famiglie impensierisce. Ce ne erano
due o tre che potevano essere citate a modello. Non facevano del lusso, perché
qui non è il sito di farne. Ma mangiavano carne al giovedì e alla domenica,
bevevano quasi tutti i giorni un bicchiere di vino a cena, vestivano
decentemente, e chi lavorava portava a casa il settimanale, contentandosi di
spendere quello che gli dava la reggiora, arbitra del benessere della casa. Del
Luigione non si poteva proprio dire niente. Non ci sono stato che io che gli
abbia dato del cacone una volta per le sue idee antioperaie. In allora era un
conservatore implacabile. Per lui, noialtri, eravamo tutti della radicanaglia
senza testa. Con una giornata di quattro lire e la moglie che andava per le
case con il pesce fresco due giorni alla settimana, i loro figli andavano
regolarmente a scuola col grembiule pulito e le scarpe che non lasciavano nulla
a desiderare. Occupavano due stanze nel blocco A, il migliore, tenute pulite
dalle donne che le scopavano tutti i giorni e cambiavano le tendine alle
finestre ogni tanto. Al pranzo della domenica mettevano giù la tovaglia. Tra
noi del Casone non c'erano che Lorenzo, il parrucchiere, Martino,
l'inverniciatore, e Paolino, il chiavaio, che gli potessero tener dietro.
L'urto di una ruota della macchina, che ha sbattuto Luigione sul muro privo di
sensi, ha mutato l'uomo. Non è più quello. Tutto è cambiato. La famiglia è in
pieno disfacimento. Si è ridotta in una stanza del blocco C, è sempre in
arretrato d'affitto, maschi e femmine hanno dovuto smettere d'andare a scuola,
e la madre è invecchiata di quindici anni. Luigione, durante la convalescenza,
andava dal Battista a passare qualche ora. Non so se sia stata l'abitudine di
bere che gli abbia fatto perdere la voglia del lavoro regolare o se sia stato
l'urto, che, alterandogli il sistema nervoso, lo abbia sottoposto alla legge
della stanchezza. Fatto sta che lo stabilimento, dopo tanti anni, è stato
obbligato a metterlo sul lastrico. Non vi andava che due o tre volte la
settimana, e, spesso, al secondo pasto, rientrava mezzo ubbriaco.
Ora il suo gusto è di rimanere delle ore coi politicanti al tavolino del
cicchettaio a buttar fuori parolone rivoluzionarie. La sua immaginazione si è
come incendiata. Divenuto radicale condanna i suoi amici politici di una volta
a castighi atroci. Dal giorno della sua disgrazia ha come acquistato la voluttà
delle pene spaventevoli. A Depretis, ch'egli chiama un democratico di cartone,
vorrebbe che gli si fendesse la lingua con un coltello arroventato. Se parla di
Lamarmora diventa un macellaio. Lo prende per i capelli e lo diguazza nel
sangue dicendo che il traditore del suo paese merita i bottoni di fuoco. Mette
Sella su una catasta di legna e assiste al suo supplizio con la pipa in bocca.
«Tu hai affamato il popolo e io godo delle tue torture!»
Come è triste casellare il Luigione col marito della Pina e col Giovanni,
veterani degli alcoolizzati!
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