CAPITOLO
DUODECIMO.
Padre e
figlia.
Albeggiava:
nè Annetta la popolana, nè Maria avevano dormito,
perchè troppo bisogno provavano di sfogare il loro cuore, dopo
tanti mesi di separazione.
La
guantaia uscita di carcere, trovò la popolana, che l'attendeva
in una carrozza per tornarsene alla loro modesta casa, non volendo
Annetta più saperne d'ospedale, dopo aver ricuperata la
creatura, che era tutta la sua vita, il suo amore.
Al
primo incontro, trovandosi in presenza d'altri estranei, non potendo
ancora la povera donna camminare da sola, entrambe si contentarono di
stringersi in un lungo amplesso, di mischiare insieme baci e lacrime.
Ma
quando si trovarono finalmente sole, riunite nella camera stata
testimone di tante gioie e tanta disperazione, le due donne non si
contennero più... Si aprirono a vicenda l'anima, si
raccontarono tutte le impressioni subite dopo la loro separazione.
-
Non mi respingi da te sebbene io abbia le mani imbrattate di sangue?
- mormorò Maria.
-
È sangue di traditore e non disonora - rispose la popolana,
che riprendeva l'ardire di una volta - io non ti ho mai biasimata,
perchè al tuo posto avrei fatto lo stesso.
Maria
chinava il capo.
-
Sei forse pentita di averlo ucciso? - chiese Annetta.
La
giovine si scosse.
-
No - rispose con voce sorda - perchè ho veduto nel mio delitto
la mano del destino.
Bussavano
alla porta.
La
popolana ebbe un gesto d'impazienza.
-
Qualche nuovo importuno - disse - non rispondiamo.
Si
bussò una seconda volta più forte.
-
Ebbene... vediamo chi è.
Maria
andò ad aprire e si trovò dinanzi un signore, avvolto
in un lungo soprabito, con una barba foltissima, il cappello calato
sugli occhi.
Il
viso della guantaia rimaneva al buio, onde l'altro non la riconobbe e
disse con tronca voce,
-
È qui che abita Maria Durini, la giovine liberata questa
notte?
-
Sono io, signore: che volete?
-
Parlarvi un sol momento: mi chiamo il conte Patta.
Ella
provò un orribile sussulto al cuore, pure seppe mantenersi
impassibile.
-
Entrate signore, - disse ritraendosi alquanto. Lo condusse presso la
popolana. Sebbene il conte se l'attendesse, tuttavia non potè
dissimulare un fremito nel trovarsi vicino a quella donna, il cui
eroismo umiliava il suo orgoglio, lo schiacciava.
-
Perdonate, se disturbo, - balbettò.
-
Che cosa volete?
-
È il conte Patta, mamma - replicò con freddezza Maria -
che desidera parlarmi.
Gli
aveva offerta una sedia ed ella rimaneva dritta, presso la poltrona
dove si trovava Annetta. Il conte parve sormontare il suo imbarazzo.
-
Se mi sono permesso di venir qui, due gravi motivi mi hanno indotto -
disse, rivolgendo la parola alla popolana - mi trovavo ieri l'altro
all'udienza e mi commossi al pari di tutti, anzi più di tutti,
alla storia della vostra figlia adottiva, storia che mi ricordò
un fatto, accaduto appunto in una di quelle tremende giornate, che
evocaste.
Annetta
ascoltava con ansietà: era evidente che le parole di
quell'uomo la interessavano.
Maria
invece sentiva crescere la sua avversione per colui, che pur aveva
nelle vene lo stesso sangue, era suo padre. Forse se ella l'avesse
veduto entrare curvo sotto il peso del dolore, del rimorso, avrebbe
perduto il coraggio di accusarlo, il cuore le si sarebbe schiuso alla
pietà.
Ma
dal suo esordio istesso, si capiva che il conte stava architettando
una menzogna e Maria s'irrigidiva, si corazzava contro qualsiasi
debolezza.
Egli
continuò:
-
Un mio amico carissimo, quasi un fratello, aveva smarrita in quelle
funeste giornate una fanciullina di due anni o poco più, che
portava appunto al collo un gioiello, quale lo descriveste, una testa
da morto, appesa ad una catenella d'oro; terreste voi ancora quello
ritrovato?
La
popolana appariva vivamente commossa, mentre la giovane guantaia
rimaneva impassibile, come se la cosa non la riguardasse.
-
Sì... lo tengo sempre - esclamò Annetta - Maria, guarda
nel secondo cassetto del canterano, in quella scatola di cartone
giallo; lo troverai.
La
giovine obbedì senza dimostrare molta emozione. Ella non tardò
a rinvenire l'oggetto designato e lo porse colle sue mani stesse al
conte.
Egli
non ebbe bisogno di esaminarlo molto per riconoscerlo: allora la
maschera d'indifferenza che copriva il suo volto disparve; due grosse
lacrime gli scorsero sulle guancie e tendendo le mani a Maria.
-
Ho mentito, perchè temevo ingannarmi - esclamò - ma
ora... non vi ha più dubbio; tu sei mia figlia...
Forse
si attendeva che la fanciulla gli si gettasse nelle braccia, si
aspettava un'esplosione di gioia e di sorpresa.
Ma
questa non sfuggì che alla popolana.
Maria
rimase fiera, tranquilla.
-
Se sono vostra figlia - proruppe con accento amaro - ditemi che avete
fatto di mia madre.
-
È morta - balbettò avvilito il conte, mentre la
popolana guardava stupita la giovine, senza comprendere.
-
Morta? Dove? Quando? Voi non lo sapete eh? Mia sorella ha almeno una
tomba su cui pregare, la sua delle madri ha goduto la stima del
mondo, la pace della famiglia, è morta benedetta, compianta.
Ma la mia? È stata vilipesa, maledetta, errante, esposta a
tutti gli insulti, a tutte le umiliazioni, si è trascinata
morente per le strade di Milano, chiedendo pietà per sè,
per la sua creatura... Chi può dire come è riuscita a
salvarmi? Che ne è stato di lei, del suo misero corpo? Voi
l'ignorate, è vero? Conte, io non sono più una bambina
adesso; so quello che dico e quello che faccio. Mio padre voi? Ditemi
che avete fatto per meritare che io vi dia un nome così sacro,
un nome che dovrebbe far battere il mio cuore di ebbrezza, di
commozione. Quando ero bambina, preferiste salvare la vostra vita
piuttosto che la mia; fatta giovane ed onesta con tanti sacrifizii da
questa povera donna, che per appianare la strada a me, che pure non
ero sua figlia, avrebbe data la vita, mi mandaste dinanzi uno
sciagurato perchè mi perdesse, facesse di me una vittima, che
dovesse servire al tradimento di un'altra.
Il
conte che aveva chinato il capo, lo rialzò.
-
È una menzogna: io nulla sapevo.
-
Non negate... Diego stesso confessò il mercato infame concluso
con voi, il cui prezzo, dovevano essere... le vostre stesse...
creature...
-
Ignoravo la vostra storia, - balbettò il conte colle labbra
tremule, convulse.
-
Credete di scusarvi col dirmi questo? - proruppe con impeto Maria. -
Forse perchè figlia del popolo, ero meno degna di pietà,
di rispetto, di vostra figlia? Ed avete voi risparmiata Adriana, che
pur viveva al vostro fianco, che vi amava? E vi chiamate padre,
venite a dirmi: «Tu sei mia figlia!» Ebbene no, io non vi
conosco; è già troppo che abbia commesso un delitto per
cagion vostra, vi abbia risparmiata una vergogna, porti il peso delle
vostre colpe e non ne aggravi la mia innocente sorella: non voglio
saper altro di voi, nè dovervi nulla. Io non avrò altro
nome che quello datomi da mia madre adottiva, io non sarò che
sua figlia!
Così
dicendo s'inginocchiò su di uno sgabello, dinanzi alla
popolana, le appoggiò la testa sul seno.
Annetta
che l'aveva ascoltata in silenzio, in preda ad un'emozione
indescrivibile, si curvò verso di lei, baciandola a lungo, con
intensa passione; i suoi occhi erano pieni di lacrime.
Il
conte era impallidito sotto la contrazione di una sofferenza acuta.
-
Dunque mi rinneghi? - balbettò.
Maria
non rispose.
-
Sono stato molto colpevole - proseguì il conte - ma vorrai tu
essere inesorabile con me, che venni qui per riparare i miei torti,
renderti il posto che ti aspetta, le ricchezze alle quali hai
diritto?
La
popolana sussultò combattuta fra il timore e lo sconforto; lo
sconforto per quella poveretta, che sentiva meritevole di miglior
destino; il timore di separarsi da lei.
-
Vi ringrazio, signore - disse Maria senza collera, ma senza emozione
- preferisco la povertà vicino a lei, che la ricchezza al
vostro fianco.
-
Ma non io intendo dividervi: ella verrà con te, nel mio
palazzo.
-
Non più, signore - interruppe Maria con un accento
d'indignazione frenata, che le rese la sua altera beltà - la
moglie di Mario Durini, uno degli eroi caduti sulle barricate di
Porta Vittoria, la popolana che arrischiò la sua vita per la
libertà, non può vivere sotto il tetto di chi ha
traditi i suoi fratelli, la patria. Ed io porto il nome di quel morto
glorioso, e di mia madre adottiva.
-
Maria ha ragione, - mormorò piano la popolana, che pur provò
un senso di pietà per l'espressione di vergogna, comparsa sul
viso infocato del conte.
-
Sei crudele, - disse questi a mezza voce.
-
Sono giusta.
Il
conte cominciava ad irritarsi.
-
E se io ti obbligassi a seguirmi?
Maria
si alzò in piedi con impeto, incrociando le braccia.
-
Con quale diritto?
-
Sono tuo padre.
-
Come potrete dimostrarlo? Forse raccontando le vostre gesta passate?
Se vi abbassaste fino ad una così orribile confessione, forse
avrei della compassione per voi, potrei perdonarvi, ma piuttosto che
seguirvi, rinnegare chi mi ha dato più della vita, mi
ucciderei,
Era
chiara, risoluta: l'espressione del suo viso... mostrava
abbastanza4 che non mentiva.
Il
conte pure si era alzato e per un momento padre e figlia si tennero
di fronte, guardandosi fissamente negli occhi; egli con una cupa
rabbia nel cuore: Maria cercando dentro di sè la voce del
sangue e non trovando che il grido della repulsione.
-
Non vuoi dunque proprio nulla da me? - disse il conte a denti
stretti.
-
Una sol cosa: che mi dimentichiate.
Egli
non aggiunse parola; si diresse lentamente; verso l'uscio; forse
sperava all'ultimo momento che la figlia lo richiamasse, ma la
giovine rimase immobile, muta presso la popolana.
Il
conte si morse le labbra e se ne andò sbatacchiando la porta.
Allora
Annetta stese verso la giovine le sue mani scarne e tremanti e con
un'angoscia dolorosa, che rendeva la sua voce fievole, velata.
-
Non ti pentirai un giorno - balbettò - di esserti mostrata
inesorabile, d'averlo respinto? Non rimpiangerai le ricchezze alle
quali rinunciasti?
-
Ma non vale il tuo cuore più di tutte le ricchezze del mondo?
Chi non andrebbe orgogliosa di chiamarsi tua figlia? Io rimpiango di
non averti amata, apprezzata abbastanza, come meritavi: io mi pento
per i dolori che ti ho recati e le lacrime che ti feci versare. Ma
non fu mia colpa: era destino.
Maria
sentiva la sua mente trascinata in un turbinio di pensieri tristi,
lugubri.
Però
l'altera creatura si riscosse quasi subito e mettendo sulla guancia
della popolana un bacio rovente.
-
Io non voglio che te, madre mia - replicò - oh! chiamami
sempre col dolce nome di figlia.
Annetta
sentì passarsi nel cuore un'ondata di gioia e mentre
ricambiava con trasporto i baci di Maria, due grosse lacrime le
caddero dagli occhi su quella fronte, che il dolore, la sventura
avevano purificata!
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