CAPITOLO V.
Vada Giuliano in buona
ventura senza che mi pigli vaghezza di cavalcargli in groppa. Allora non mi
potrei tenere dal descrivere i monti e le valli per cui aveva a passare, e
sarebbe troppa tela. Dirò soltanto come quel giorno a notte chiusa, Rocco
rivenisse menando a mano la giumenta del giovane, e smontasse alla porta della
signora; la quale volle dargli cena con sè, e gli fece raccontare dell'andata,
e dei discorsi, che, egli disse, erano stati corti e mesti. Tra via non avevano
avuto altra molestia che di sentirsi, ad ogni tratto, chiedere novelle dei
Francesi; e il colono s'era scompagnato dal padrone in sul mezzodì, lasciandolo
in Alba all'osteria chiamata un tempo dello Scudo di Francia; donde faceva
conto di riporsi in via l'indimani al proprio destino.
Così i nuvoloni
addensatisi sul tetto della signora Maddalena, erano dissipati dal vento che
soffiava dall'Apennino, portando innanzi al suo furore, altri nuvoloni gravidi
di maggior tempesta. E già si sentiva quanto sarebbe stata furiosa nello
scoppiare; soltanto a vedere come a C.... corressero giorni di gran travaglio,
per la soldatesca, che vi aveva le stanze da parecchi mesi. Il generale
Alemanno pareva sulle brage, attendendo di Lombardia aiuti che non capitavano
mai; ed in cambio gli giungevano ogni tantino cavalieri in gran diligenza, i
quali venivano dalle montagne verso la marina, per quello che si poteva argomentare,
portatori di novelle non liete. A poco a poco, il popolo indovinava le verità
tenute nascoste; e già si sapeva che i Francesi, in sul cominciar dell'aprile,
ripigliate le offese, si ricattavano assai bene dei danni patiti l'anno
innanzi, per forza dei Piemontesi, i quali gli avevano fugati a Raus, e
afflitti di molte morti. Adesso tornavano grossi e minacciosi, e sebbene per
quell'anno non fossero ancora venuti a battaglia di campo, tuttavia l'aspetto
delle cose era da far presagire che sarebbero usciti vincitori.
In casa al signor
Fedele, qualcuno aveva aperto il cuore alle voci di prossimi eventi, e Bianca
sentiva una dolce promessa, da quell'aria procellosa che ho detto. Dopo che
s'era confidata colla zia dell'amor suo per Giuliano, dicendo che tra
l'Alemanno e la morte avrebbe scelta quest'ultima; la povera cieca,
consigliatasi con Don Marco, la confortava a persistere nel rifiuto, ma con
dolcezza. Il buon prete, ogni volta che lo poteva, dava ad esse novelle di
quelle parti, donde rivenivano soldati piemontesi o alemanni feriti, narrando
cose dell'altro mondo; e sgomentando i compagni che vi s'avviavano melanconici,
come persone che sapessero d'andare a certa morte. Egli e le donne, ne
provavano pietà; ma facevano voti per i loro nemici; il prete sperando da
questi miglior vita pel popolo; esse pensando che a vincere il signor Fedele,
nulla avrebbe giovato se non la calata di quei Francesi, i quali per quanto
male si udisse di loro, alla fine delle fini dovevano essere uomini anch'essi.
Era vero che si potevano credere cose terribili, a vedere le centinaia di
famiglie liguri, che capitavano ogni giorno, coi loro preti, in lunghissime
processioni: gli uomini carichi di masserizie; le donne coi bambini in sulle
spalle; i vecchi menati dai nipoti, scalzi, piangolosi, affamati; ma che
valeva? Interrogati come avessero abbandonati i loro villaggi, non sapevano che
si dire; e coll'aspetto di chi va, nè sa perchè mova, nè dove riesca, narravano
di danni patiti di casi atroci avvenuti nei borghi vicini. A conti fatti
venivano cacciati a quel modo dalla paura. Maria poneva mente a una cosa, ed
era che non s'udiva raccontare da quella gente, che i Francesi avessero fatto
onta alle donne. E da questo traeva conforto a sperare, che il diavolo fosse
men brutto di quello si credeva; perchè se i Francesi rispettavano le donne, di
certo erano in tutto migliori degli Alemanni; questi avendo dato a parlare di
violenze fatte qua e là a donne del contado, che per quello se ne diceva non
erano state poche. E non si tenevano dal menarne vanto i loro uffiziali, chè
anzi vi facevano sopra le grosse risate; e la cieca che sapeva queste cose da
don Marco, pensava come la pensarono indi a poco i popoli delle Langhe, i quali
lasciarono per ricordo un proverbio che diceva di quei Francesi d'allora
«meglio essi nemici, che gli Alemanni amici.»
Ma sino a quel punto, i
più non vedevano altro Dio che costoro; e come dèi gli adorava Marocco, vecchio
volpone, che conduceva in C.... un caffeuccio, proprio in sulla piazzetta del
borgo. Egli se gli era tenuti sempre bene edificati, e si dava attorno a
servirli colla moglie che aveva bella: nè faceva segno di recarsene, dove
questa sorridesse ad alcuno di essi, o rispondesse piacevolmente ai loro motti
arditi. Pur di brancicar monete, sarebbe stato ad occhi chiusi tutta la vita; e
già dacchè gli Alemanni erano nel borgo, aveva messo in serbo di belle doppie.
La sua era una botteguccia a modo, e antica al mestiere che ei vi faceva
dentro; come si vedeva all'insegna sopra la porta, dalla quale si sarebbe
potuto cavare la più bella vignetta, che abbia mai ornato frontispizio di poema
eroicomico. Era una tavola, dipinta di molte figure, che volevano essere la
meglio parte soldati, assorti in enormi stivaloni, e stranamente ingoffitti da
immani cappellacci. Effigiati com'erano a sedere, guai se quei soldati si
fossero levati in piedi; e peggio se in atto di scaraventare i bicchieri e le
bottiglie che avevano innanzi; i cocci ne sarebbero andati sin chi sa dove,
tanto erano tremendi in vista, pei mostacchi non più veduti, e per occhi che
mostravano il bianco, come di cani ringhiosi. A ciascuna di quelle figuracce,
Marocco sapeva dare un nome; e a udirlo, erano ritratti d'antichi Uffiziali del
Re di Sardegna, stati a presidio nel borgo, per far la guardia alla repubblica
di Genova, che non entrasse in corpo al loro Sovrano. Questo era un gran
giocator di pallone; quest'altro amoreggiava la madre d'una signora del borgo,
che viveva ancora; quello faceva tremar la gente solo che s'affacciasse alla finestra...
Marocco conosceva di tutti vita e miracoli, sapeva dov'erano nati, dove morti,
e fino dove sepolti. «La mia bottega, diceva egli mescendo agli Alemanni, fu
sempre il convegno dei valorosi! Il conte tale, il cavalier tale, tutti
nobiloni dei primi casati del regno, venivano qui, ed erano soldati allegri e
spenditori; ma come loro signori, in coscienza non ve n'ho avuti mai!» E
pigliava un gusto matto, a farsene far fede dai signorelli del borgo, i quali
venivano a giuocare un tantino in sul desinare; cari una volta ora gabbati da
Marocco, che si faceva udire a chiamargli scaldapanche. Buscava da essi qualche
scapellotto, ma pur di far ridere i suoi signori Alemanni, non vi badava.
Un giorno, (che non
monta sapere qual fosse, o decimo o ventesimo dalla partenza di Giuliano da
D....); nella bottega di Marocco, si faceva un gran dire della guerra
ricominciata. Era voce che il generale Alemanno avesse ricevuto ordine di
recarsi con tutta l'oste verso Nizza; perchè i Francesi venivano, cacciando di
là i Piemontesi, vinti a Dolceaqua, al colle delle Forche, a Raus, e si parlava
della rocca di Saorgio investita. I discorsi s'incrociavano come spade, e tutti
parevano là dentro sulle brage, pel gran desiderio di menar le mani. Un solo
non si mescolava in quei fervori; ed era quell'uffiziale, che si sentiva morire
di Bianca, e non vedeva l'ora di poterla sposare. Stava raccolto in un angolo,
gomitoni su d'un deschetto, che sebbene fosse sodo, pareva lì per isfasciarsi
sotto quel peso. Di tanto in tanto beveva un sorso d'acquavite ad un grosso
bicchiere che aveva innanzi; e chi avesse potuto vedere i sussulti del suo
cuore, di certo diceva che bevesse per darsi coraggio, a udire i compagni
parlare in quei modi di guerra e di morte. E sì che egli era prode e cimentoso;
nè si conosceva chi fosse più esperto di lui, a condurre partite notturne, a
farla da scorgitore, a caricare il nemico menandogli addosso una ruina di
cavalli: ma tant'è non poteva farsi vivo, e stava mesto in quella guisa; quando
capitò alla bottega un giovano trombetto, il quale, data un'occhiata intorno,
gli fu dinanzi, e fatto quella sorta di scambietto, che gli ussari costumano
nel salutare, recossi la mano alla visiera e gli disse: «signor uffiziale, il
generale la vuole.»
L'uffiziale accennò
d'aver capito, il trombetto ripartì ed egli gli tenne dietro, lontano pochi
passi.
Il generale era un
vecchio prode della guerra dei sette anni, ed abitava di faccia alla chiesa,
una delle migliori case del borgo. I signori che l'albergavano, s'erano ridotti
stretti da averne disagio; ma pur di piacere a quell'uomo rigido e sornione,
pur d'averne un sorriso benevolo, si sarebbero acconciati a star sui solai: e
nelle molte stanze occupate da lui, avevano accozzati quanti arredi e quadri
tenevano in casa, che pareva una dogana. Le volte che egli gli degnava, si
sbracciavano a mostrarsi più alemanni di lui: e rammentavano d'aver visti i
proprii padri e tutto il borgo, piangere nell'anno 1737, ch'essi chiamavano
sottovoce funesto, perchè le novanta terre delle Langhe erano state cedute in
quello, dall'Imperatore al Re di Sardegna. Narravano, con sazievole loquacità,
a tutta la canatteria di soldati scribi, ond'era ingombro il quartiere, come
avessero avuto uno zio, morto a Belgrado, capitano ai servigi dell'Impero; e ne
ponevano in mostra il ritratto, meravigliando che quei soldati non
s'inginocchiassero a salutarlo.
Quel giorno, in quella
casa, tutti s'erano accorti del tempo ch'era cattivo: e quando videro
l'uffiziale entrar dal generale, lo salutarono, gli fecero dietro gli occhi
grossi; e osarono compiangerlo, perchè certo andava a farsi scaricare addosso
qualche sfuriata.
Com'egli fu dentro; e
vide il generale imbroncito, fece come quei soldati, che, dovendo starsi colle
armi al piede, bersaglio d'un nemico cui non possono assalire, chinano il capo
rassegnati a qual sorta di grandine stia per cadere. Recò la destra alla
visiera, e rimase poco oltre la soglia, stecchito, gli occhi negli occhi del
generale: il petto sporto, e l'altra mano giù dall'anca, che pareva di legno
posticcia.
«Cinque passi in qua! -
disse asciutto asciutto il generale.., e l'altro avendo fatti i cinque passi
contati, senza scomporsi: - Signor uffiziale - continuò - ho qui per lei un
plico, che mi si raccomanda molto da Vienna; vi deve essere dentro la licenza
datale, di sposare una zitella di questa bicocca, e su questo non ho a ridire.
Ma ella mi ha taciuta la dimanda fatta di qua a sua Maestà; (qui salutò come se
l'Imperatore fosse stato là a udire) ella non s'è governata da quel soldato che
crede d'essere ed è. Sia grata, non a me, ma al rispetto che ho per la sua
promessa sposa, a me ignota, se mi accontento di consigliarla a non dimenticare
fra le gioie del matrimonio, che noi siamo qui per menar colpi di spada in
servizio dell'imperatore.»
E salutando una seconda
volta il nome dell'Imperatore, porse la carta all'uffiziale, che togliendola
colla sinistra, e udendosi dire: «vada», fece il suo scambietto, quasi
barcollando, poi diè di volta sui tacchi tutto d'un pezzo, lasciandone il segno
profondo e polveroso sull'ammattonato.
Sebbene le parole del
generale, gli fossero parute troppo acerbe, egli discese le scale speditamente,
come uomo lieto; corse difilato al suo quartiere, e dalla voglia spasimata di
leggere quelle carte, ogni passo gli si faceva un miglio. Appena potè alzare i
sigilli e aprire i fogli, brillò tutto nel volto e nella persona. Era proprio
la licenza, che i suoi, gente d'alto stato, gli avevano ottenuta
dall'Imperatore. Essi n'erano in collera; ma come lo sapevano uomo di forti
propositi, s'erano acconciati a quel fatto maldicendo la maliarda italiana, e
pregando per lettera il generale a vedere almeno che la sposa fosse zitella
dabbene.
Come ebbe letto,
l'uffiziale si fregò le mani, si rassettò addosso i panni, diè una scossa del
capo; e via di buona gamba a casa il signor Fedele.
Costui pareva fosse
all'uscio ad aspettarlo; perchè egli non aveva per anco stesa la mano al
cordoncino del campanello, e già l'imposta s'apriva, lasciando vedere la
persona dell'arzillo leguleio; il quale presolo per mano, lo trasse dentro con
paterna dimestichezza.
Messisi a sedere, là
proprio dove, giorni innanzi, la signora Maddalena e il signor Fedele avevano
avuto il colloquio che noi sappiamo; l'uffiziale fu primo a parlare della
faccenda, e dopo lungo discorso, porse le carte allo suocero, che gli pareva un
Dio.... Questi presele come roba che aveva in pratica, si pose a guardarle
ammirando l'aquile, le corone, i suggelli; tutte cose significanti la razza
gentilesca e il gran luogo ove il barone era nato. Non vi lesse dentro, perchè
non ci si sarebbe raccappezzato; ma assicurando l'uffiziale che non era
mestieri di tanto, ripose i fogli, gli strinse le mani, vezzeggiandogliele e
guardandolo in guisa, che il poveretto, a vederlo come si lasciava fare, aveva
l'aspetto d'un leone in balia d'una volpe spelacchiata.
«Ed ora se le par tempo
- disse alfine il barone dolcemente - vorrei vedere Bianca...»
Il signor Fedele balzò
ritto, come per rispondere al desiderio più ratto del desiderio stesso; e corse
per la fanciulla nell'altre stanze, lasciando lui colla mano sul cuore pieno di
un senso, che gli rammentava gli strani ribollimenti di sangue provati sul
cominciare delle battaglie. Il pover'uomo aveva più di trent'anni, e amava come
un giovinotto di qua dai venti.
Il padre di Bianca aveva
mandato innanzi il fatto sino a quel punto, che non bisognava altro che far gli
sponsali e andare in chiesa a dir sì; nè aveva chiesto mai alla fanciulla di qual
animo stesse verso l'Alemanno, e se fosse per acconciarsi a sposarlo. Perchè
non ne dubitava nemmen per ombra, e per lui la potestà paterna non aveva
confini o rispetti. La trovò soletta a cucire nella sua camera, dov'essa soleva
stare raccolta, come le aveva consigliato don Marco.
«Animo! Bianca, - le
disse - poni indosso il tuo più bell'abito, e vieni in sala a vedere lo sposo.
«Che sposo? - sclamò la
fanciulla colta all'improvviso, alzando i dolci occhi nel padre.
«Eh via! non farmi la bambina!
O che credevi che il barone venisse qua innamorato di me?
«Se avessi viva mia
madre, - rispose Bianca mestamente - mi consiglierebbe e risponderebbe per me:
ora, babbo, la prego di dire a quel gentiluomo ch'io lo ringrazio, e che se mi
lascerà stare pregherò sempre per lui.
Come! come! come! -
tempestò il signor Fedele, incrociando le braccia sul petto, e rimanendo a
fissarla un tantino; - moviti e non farmi rage, che qui non è caso di
ringraziamenti nè di preghiere! Ho fatto tutti i passi per amor tuo, e lo sposo
è là che muore dalla voglia di parlarti.
«Ebbene, gli chiegga
perdono in mio nome, ma io di là non vengo.»
A questa risposta calma
e risoluta, il Signor Fedele dirugginì i denti, come un beccaio arrota i suoi
coltellacci, ma si rattenne. E posta la mano sul capo della fanciulla, che
s'era di nuovo curvata al lavoro, diceva colla voce più dolce che gli riuscisse
fare:
«Tu.... tu.... vorresti
negare a tuo padre la gioia di vederti ricca; ossequiata da tutti questi
gentiluomini; invidiata da tutte le signore del borgo; sposa d'un uomo, il
quale, nonchè barone, deve essere un principe? Tu vuoi vederci morire lui e me?
«Fosse il figlio del Re,
piuttosto che sposarlo, morirei anch'io!»
Non aveva finito di
dire, che il Signor Fedele era lì per darle le mani nel viso: ma pensando a
quel che ne poteva seguire, si trasse indietro un passo, e guardandola con
occhio, che se fosse stato al buio, avrebbe mandato lampi, tese la mano verso
di lei, quella mano che le aveva posta sul capo amorevole; e uscì di quella
stanza. Fuori, stette un istante a ricomporre il volto, poi, colla maggior
calma che potè, cominciò a parlare come interrogasse e rispondesse a qualcuno.
«Torneranno? Stassera? Oh la testa vuota! Vecchi vecchi...!» E rivenuto dov'era
il barone:
«Vecchi! Vecchi! -
continuava - badi, badi a non invecchiare, perchè si perde il meglio, la testa
e la memoria.... Vede che mi accade? Stamane ho mandato le mie figliuole a
ricrearsi un tantino alla nostra villa vicina a quel convento, là, che si vede
stando sul ponte...., ebbene, vegga memoria! Andava a cercar di Bianca par la
casa. Rida, rida, ma perdoni; trovo qualcuno, e mando a dire che tornino
subito...»
Così dicendo faceva
segno di voler andare; ma il barone rattenendolo:
«No no... per quanto mi
spiaccia non poterla vedere, non voglio torre alle sue figliuole un'ora di
spasso.... A domani, a domani....»
Il loro colloquio durò
un'altra mezz'ora; durante la quale, il signor Fedele, pur avendo il capo ai
rifiuti di Bianca, seppe così bene non farsi scorgere, che parve tutto occupato
del suo interlocutore. Questi poi, prese commiato; rimanendo tra loro che
l'indomani si sarebbero riveduti per condurre a termine ogni cosa; ed essendo
già l'ora dell'abbassare del giorno, se n'andò tutto solo a passeggiare sotto gli
olmi, e a guardare la via, se vedesse Bianca tornare.
Aveva bell'aspettare; e
in verità, sarebbe stato meglio per la fanciulla essere su quella via, perchè
in casa aveva a passare un triste momento. Suo padre, vistosi solo, fece come
colui che giunge a strapparsi il bavaglio che l'affogava. Uscì in un largo
respiro, e a passi lenti, accigliato, con una mano tormentandosi la coda tirata
sul petto, coll'altra agitando la catenella d'uno dei due orologi che aveva
nelle saccoccie della sottoveste, fu dinanzi a Bianca; la quale non era più
sola, la zia e Margherita essendole venute in camera poco prima. Le fu dinanzi:
«E se - disse, quasi
continuando il discorso - se voi non lo sposerete, neanche se fosse il figlio
del Re; in coscienza il barone sposerà voi, dovessi strapparvi la lingua, per
farvi dir sì!» - E volto alle due con grand'ira: «E voi che fate? Levatevi di
tra piedi!
«O babbo, o cognato! -
sclamarono la cieca e Margherita: e questa gli abbracciava le ginocchia, quella
tendeva le mani come per cercare le sue. Ma egli respingendole e gridando che
non aveva nè cognata nè figlie, le mise fuori della camera, chiuse le finestre,
andando e tornando come forsennato; e fu di nuovo sopra Bianca, pallida,
silenziosa, seduta, colle mani abbandonate sulle ginocchia, come un'antica
vergine cristiana, che ne' sotteranei del circo stesse aspettando d'essere data
alle fiere.
«Orsù - ripigliò - a
qual giuoco si fa tra noi? Parliamoci corto: lo sposerete?»
E Bianca umile e
mansueta: «non posso.
«Non posso! - urlò il padre
- non voglio, dovete dire! Ed è una trista parola, per risponderla ad un padre
della mia sorta! Chi mi vi ha fuorviata a questo modo? Ho inteso dire che le
fanciulle osano talvolta innamorarsi!... impallidite? Ditemi la parola, che vi
veggo lì sulle labbra; ditela che me la possa appiccicare bene qui,
all'orecchio...! Dunque voi volete bene a qualcuno? Forse io so a chi...., ma
non voglio saperne il nome da voi...., no...., sarei viso da farlo
ammazzare...!»
Bianca diede un grido,
il padre incalzava ghignando.
«Se domani, udiste dire
da qualche feminetta di quelle che passano per la via: «hanno ammazzato il
tale.... Oh! no no..., non temete, per ora non lo farei....; ho bisogno di
tranquillità.... E la troveremo la tranquillità; stassera partiremo...., andiamo
alla villa; voi non ve ne accorgete, ma siete ammalata....; se foste sana
dovreste domani essere qui a parlare col barone, e sareste tale da guastarmi
ogni cosa....; alcuni giorni di malattia, e do' sesto al vostro cervello, e
all'altre faccende; e fra tre o quattro settimane si faranno le nozze. Vedete?
il sole va sotto...., fra un'ora s'andrà....»
Spinse l'uscio, e
vedendo damigella Maria e Margherita, che non s'erano potuto staccare di là
dalla tema che egli percotesse Bianca; «anche voi, - proseguì - anche voi
cognata, e tu pure pupattola mia, tutti alla villa, a godersi la primavera! Oh
le buone donne, che io ho in casa...! Vedete, Bianca? Pregano Dio che vi tocchi
il cuore, e vi renda il senno. Pregate, preghiamo....» E se n'andò.
La cieca e Margherita,
tremavano strette l'una all'altra come due pellegrine, colte tra via da
temporale furioso; nè osarono dirgli, parola. Ma come furono sole con Bianca,
la abbracciarono ambedue con gran passione; poi Maria con voce tremebonda come
chiedesse la carità le disse: «ed ora, che faremo?
«Anderemo alla villa»
rispose Bianca.
«Ma tu.... tu.... come
ti salverai? come faremo noi ad aiutarti? oh colui, quell'Alemanno chi l'ha
mandato per nostra sciagura?
«Oh! - sclamò la
fanciulla, con volto impresso di mestizia e di fede: - la Provvidenza - ha
salvato fanciulle smarrite in mezzo alle selve, e in mano ai masnadieri, e
abbandonerebbe me....?»
In pochi momenti, il
dolore le aveva fatto pigliare tanto vantaggio sugli animi di quelle due dolci
creature, che nel dire parve ad esse una santa. E l'ora passò sì presto, che
non avevano raccolto il po' di fardello che loro sarebbe bisognato in villa, e
il signor Fedele venne a pigliarle. Chiuse per bene le porte di casa, uscirono
fuori del borgo, per quel vicolo dov'era passata la signora Maddalena, nel suo
ritorno doloroso. Coperte di lunghe guarnacche nere, le due fanciulle reggevano
il passo della zia, tenendosi strette a lei, come usavano menandola a messa; e
il padre dietro, per un sentiero fuori mano, le fece scendere nel greto del
torrente. La povera cieca, inciampava ne' ciottoli o si pungeva tra le spine,
ma non fiatava; dolendosi solo di non aver potuto parlare a don Marco prima di
partire, chè di certo da lui avrebbe avuto qualche sano consiglio. A un certo
segno, il sentiero entrava sott'uno degli archi del ponte, che rimaneva a secco
per la povertà del torrente; e mentre esse passavano i pipistrelli spiccandosi
dalla volta, venivano spauriti a sbattere l'ala nelle loro persone; di che
tremavano poverette, quanto il signor Fedele d'incontrarsi coll'Alemanno, o in
chi potesse dar voce nel borgo di quell'andata notturna e misteriosa. E però
s'era messo per quel passo mal destro, come avesse gente insieme che andasse a
mal fare.
Ebbero a tribolare oltre
il ponte anche un poco, poi risalendo a mancina su per la ripa erbosa, furono
sulla via, grande, ma scura scura per i pioppi fitti che non vi lasciavano
raggiare la luna, levatasi pur allora. Di là per campi e per vigneti, giunsero
alla villa, dove la famiglia del colono era già a riposo. Solo vegliava il capo
di essa, uomo di buona età e vigoroso, il quale sedeva sulla soglia della casa,
e faceva guardia alla roba, per tema dei soldati Alemanni, che uscendo la notte
dai loro campi, andavano rubando, e ogni mattina s'udiva a parlare di pollai
vuotati, e sin di vitelli rapiti.
«Chi va di notte! -
chiese costui levandosi ritto, con un grosso bastone fra le mani, e venendo
oltre al rumore delle pedate.
«Siam noi, Lorenzo, -
rispose il signor Fedele.
«Come? il padrone a
quest'ora? che fatto è? perdoni, chiamo i figliuoli....
«No no..., sta cheto,
vogliamo far domani un po' d'allegria, e veniamo sin d'ora...; non abbiamo
mestieri di nulla, salvo d'un po' di lume, che tu m'aiuterai ad accendere, e
poi tornerai alla tua guardia.... Avanti figliuolo, che la guazza fa male...»
Entrati nella palazzina,
e acceso il lume, il colono se ne tornò a' fatti suoi, un po' maravigliato
dell'aspetto delle signore che parevano venute a un mortorio: e il signor
Fedele senza far ad esse parola, le mandò a dormire, Poi s'appartò taciturno,
s'allungò in sul letto, s'affagottò tra le lenzuola; e là si mise a pensare
come avrebbe trovato modo di indur Bianca alle buone, a quel matrimonio.
Interrogava per sè, e rispondeva per lei, da principio esortando, poi
minacciando. Essa sempre ferma; egli allora a fingersi ammalato dal dolore.
Invano. Bisognava rivolgersi ai castighi, e si pose a cercarne: e fu buona cosa
che presto s'addormentasse, perchè pensando, chi sa che inferno avrebbe immaginato
ai danni di quella infelice.
Non andò guari, che
mentre egli giaceva russando forte, e le tre donne vegliavano parlando basso
tra loro; un suono mestissimo di campana, venne per la solitudine dell'aria,
come voce che dicesse al cielo, o ai morti, o a non so che altro misterioso che
esiste: «qualcuno veglia a quest'ora sopra la terra!»
Era la campana del
convento dei Minori di San Francesco, che sorgeva poco discosto. A quei tocchi
Bianca alzò il capo, e porse ascolto con tanto desiderio, che più non avrebbe
fatto, se fossero state voci della madre sua, morta. E poi volgendosi alla zia,
nel buio della stanza: «Oh! - disse - e noi non ci avevamo pensato! Zia, se mi
facessi monaca?
«Preghiamo - rispose la
cieca - i frati s'alzano a quest'ora per discendere in chiesa a pregare....»
Margherita piangeva.
Tacquero, rimasero deste un altro momento; poi come l'ora e la stanchezza
poterono più del travaglio del cuore, s'addormentarono; e Bianca sognò tutta
notte, monache, chiese e canti devoti.
L'indomani il signor Fedele,
s'alzò prima dell'alba, e fattosi sulla soglia della loro camera, gettò dentro
queste parole: «nessuna di voi vada fuori, sino a che non sia tornato». E
disceso alla casa colonica, che era muro a muro colla palazzina, comandò al
cascinaio ed alla moglie di lui, che non parlassero ad anima viva nè della sua
venuta in villa, nè dell'ora, nè d'altro; e badassero bene a non farsi vedere
con damigella Maria e con Margherita, per non dar ombra a Bianca: alla quale,
gli fossero segreti, pareva stesse per dar volta il cervello, dalla gran paura
dei Francesi; e in tutto e tutti vedeva nemici e spie.
«Povera signorina! -
sclamava la cascinaia impietosita e sciugandosi gli occhi col grembiale, stette
a udire gli ordini che le dava il padrone, per la colazione delle signore;
uova, cacio, latte. Poi fece vedere una focaccia cavata allora di sotto la
cenere, avvolta in un mantile bianco come la neve, e cotta proprio per esse;
che venendo alla villa solevano chiederle sempre di quella sorta di pane. Il
signor Fedele contento della donnicciuola partì.
La curiosità è femmina e
sirocchia della ignoranza; onde non è a dire come pungesse l'animo della
cascinaia. Costei non attese d'essere chiamata, ma tolta quella roba che le
aveva detto il padrone, se la recò in un cesto, entrò nella palazzina, salì le
scale; e facendo a fidanza colla bontà delle signore, disse fra sè: «se mi
colgono dirò che veniva con questa grazia di Dio; se no voglio un po' vedere
che cosa è questo mistero....» Cattellon catelloni, s'appressò all'uscio della
camera ove esse erano, le vide attraverso la toppa; e si mise a origliare.
Altro che parere in
punto d'andarsi in volta col cervello! Bianca parlava di suo padre, che voleva
sacrificarla, calma, affettuosa, e diceva di volersi far monaca per togliersi
da questo mondo, che non le era parso mai bello. Le altre due le rispondevano,
ingegnandosi di consolarla; ma il discorso era così avanti, che la contadina
non ci si poteva raccapezzare. Quanto avrebbe dato, pur di sapere tutto quello
che avevano detto! Ad un tratto le parve che Margherita volesse muoversi; ed
essa togliendosi di là come un folletto, e chiamate di sulla scala le signore,
fece le viste d'essere venuta allora allora, portando la colazione.
Intanto il signor Fedele
era in via alla volta di C...., e vi giungeva che il sole non era peranche
levato. Molto stupì vedendo gli Alemanni sotto i filari d'olmi, e la squadra di
cavalli schierati e pronti; non come gli altri giorni per andare agli esercizi,
ma con quell'aspetto diverso, affaccendato, quasi zingaresco, che hanno le
milizie in punto di levare il campo. I signorelli del borgo si tenevano in
mezzo gli ufficiali, dando e pigliando fede d'amicizia, con grandi strette di
mano, con quella ciera tra sciocca e sbigottita dell'uomo che, rimanendo a
casa, conforta a starsi di buona voglia chi va agli sbaragli della guerra. I
preti v'erano tutti, salvo don Marco; ed avevano i volti compunti, e parlavano
del Dio di Sabaot, che guardava dal cielo le invitte spade dei loro amici. Gli
uffiziali ridevano e s'accarezzavano i mustacchi.
Come il signor Fedele fu
in parte da essere veduto, il barone che non aveva perso d'occhio un istante
quella via per cui veniva, gli corse incontro, chiedendo che fosse stato di lui
e della famiglia.
«Nulla! - rispondeva
quegli - non fu nulla; ma qui che è questo che veggo?
«Mi dica di Bianca,
Bianca....?
«Eh non mi faccia
piangere! Ieri sera venne il colono a dirmi che le aveva preso male, e ho
dovuto andare alla villa....
«Malata! - proruppe
l'Alemanno - ed ora....?
«Ora s'è messa al
meglio, e all'alba l'ho lasciata che dormiva chetamente. Ma qui, ripeto, che
c'è di nuovo?
«Andiamo alla volta
d'Oneglia - rispose l'Alemanno mestamente.
«Maledetti i Francesi! -
sclamò il signor Fedele; ma l'altro interrompendolo:
«No.... maledetti,
no....: il generale ricevette l'ordine d'andar là, stanotte....; torneremo....
ma...., Bianca.... se mai, le dica che io parto, lasciandomi il cuore addietro,
ma che appena potrò.... Chi sa....? su quei monti....» E si volse a guardare
dalla banda della marina.
Il sole illuminava le
vette di San Giacomo e del Settepani, i quali giganteggiavano lasciando che per
l'aria limpida del mattino, l'occhio penetrasse nelle loro selve, e scoprisse
le vie alpestri, che gli Alemanni avevano a salire.
Le parole del barone
erano state dette con tanta mestizia che facevano contrasto meraviglioso colla
sicurtà dell'ardire che gli si vedeva in tutta la persona. Ma il signor Fedele
volle confortarlo, e chi sa che sciocchezze stesse per dirgli; quando s'udì
venire una cavalleria, e le trombe suonarono, e gli uffiziali corsero ciascuno
alla sua schiera: sicchè il barone affrettatosi a dare l'ultima stretta di mano
al suocero futuro; fu al suo cavallo, raccolse le briglie, e montò in sella
leggiadro in vista, ma col lutto nel cuore.
Alla voci dei capitani,
rispose un moto e un rumore d'armi, poscia silenzio. Il generale veniva in
mezzo a parecchi cavalieri, e il popolo faceva largo dinanzi a lui. Fu cosa di
pochi momenti; un andare, un tornare, un parlarsi sommesso da questi a quello,
un gridar alto alla moltitudine d'armati; tutto con quell'aria di mistero che
usano le gerarchie sacerdotali e militari, quando parate fanno mostra di sè.
Indi a poco a poco si spiccò la squadra d'ulani condotta dal barone, e presero
la via verso mezzogiorno a mò di scorgitori; e dietro i fanti, e dopo questi le
artiglierie, portate a dorso di muli; da ultimo salmerie, monelli e cani, tutti
misurando l'andatura al suono guerriero di pifferi e di tamburi.
Di là a qualche ora
tutto nel borgo era quiete; e la sera s'incominciò in chiesa un triduo, per
invocare la vittoria dell'armi alemanne. Si pregava di cuore, ma gli animi
aspettavano paurosi le novelle del campo. Marocco era stato colto da uno
struggimento ch'egli solo sapeva quanto fosse grande, vedendosi ridotto a
quella compagnia d'avventori paesani, che l'avrebbero tenuto sobrio1.
Il signor Fedele si fregava le mani, parendogli che la partenza dell'alemanno,
gli fosse tant'oro, avendo mestieri di tempo per adoperare con Bianca il
braccio della ragione. Tuttavia pensava che il barone avrebbe potuto morire; e
allora si grattava la nuca plebeamente, stiracchiandosi la coda e meditando chi
sa.....; cosa che io non sono vago di cercare in quel suo cervellaccio.
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