CAPITOLO VI.
Tornato alla villa, il
signor Fedele cominciò dall'assalire Bianca coi ragionamenti, e trovandola
sempre uguale, la condannò a starsi tutto il giorno in una stanza appartata.
Guai alla zia e alla sorella, se avessero tentato parlarle. Per maggior
umiliazione la faceva venire a mensa all'ora dei pasti; ma la poneva a sedere
in un angolo del desco senza tovaglia, e le stoviglie in cui le dava a
mangiare, non erano quelle lucenti di stagno che usava per sè e per la famiglia,
bensì certo piatto di terra scura, da mangiarvi dentro l'elemosina, tolto a
prestito dalla cascinaia. E anche in quel tempo le avea vietato di aprir bocca.
Sui volti delle altre due, si fecero in breve profondi i segni dell'animo
afflitto; ma temendo di procacciare a Bianca maggiori mali, tacevano; ed essa
per certo raggio degli occhi nuovo e soave, mostrava di crescere in forza a
sopportare quei trattamenti, e si consolava pensando che per amor di Giuliano
avrebbe patito anche più, se più fosse bisognato.
Così entrava il maggio,
senza che la festevolezza della stagione, valesse a ricondurre in quella casa
la pace e la gioia. Damigella Maria e Margherita, libere di starsi o di uscire
a diporto, non movevano guari, per non godere quel che a Bianca era vietato;
avrebbero volentieri mutata sorte colle donne più tapine che fossero nella
valle: e udendo i campagnuoli cantare strambotti pei colli, in quelle notti
piene di misteriose melodie; i loro pensieri s'incontravano mestamente con
quelli dell'infelice.
«Oh! - diceva la cieca -
han bello dire, ma le contadine sono più felici di noi! Vengono su pascendo le
pecore e sarchiando il campo, durano stenti grandi, è vero; ma almeno quel po'
di pane che Dio manda lo mangiano in pace, senza tante ambizioni....! Noi....
noi.... invece....»
Margherita assorta nei
canti che s'udivano lontani, chiedeva che volessero significare a quell'ore
insolite, e pareva passionarsene: la zia sospirando rispondeva: «cantano la
primavera tornata; la tua bella età, che Dio protegga, sicchè tu sia più
fortunata di tua sorella!
«E Bianca? - ripigliava
la giovinetta - che farà di là? le piaceranno questi canti, a lei così
afflitta?»
Non era da dubitarne.
Bianca porgeva orecchio dalla sua finestra, e pensava ai mài, che i contadini
piantavano cantando dinanzi le porte delle foresi cui volevano bene. E
anch'essa cadeva in quell'idea, che nata villanella, sarebbe stata più lieta; e
che pur di potersi sposare all'uomo amato, la sferza del sole non la si doveva
sentire, e lavorare sul solco da un'avemaria all'altra, doveva parere un
trastullo. Ma per sè non poteva sperare che lo sterile rifugio d'un monastero;
e in quei giorni di silenzio e di solitudine, ne parlava seco stessa,
menzionando la pace, il sepolcro, mille malinconie; in guisa che se la zia
l'avesse intesa, si sarebbe alfine levata contro il cognato; e delle due l'una,
o egli smetteva dal tormentare Bianca, o essa se ne sarebbe andata a vivere da
sè.
«Ma! - diceva la povera
giovane, in certe ore che l'aspetto della vita le si faceva più lugubre: -
quando sarò nel monastero, e mi avranno tagliati i capegli, e la mia faccia si
sarà fatta smorta; se egli venisse a vedermi una volta, e mi ravvisasse, e mi
dicesse: «tale divenisti per amor mio!» oh! come sarei lieta di morire in quel
momento! Ho udito dire che le monache pregano nelle loro chiese dietro le
grate, non viste.... E se egli venisse in chiesa per vedermi...., se cantasse
per farsi conoscere da me...! Già, non intesi mai la sua voce, non ci siamo mai
parlati....! Eppure quanti discorsi abbiam fatti, egli dal terrazzino di don
Marco, io dalla nostra altana! Mai una parola.... mai un cenno....; ma fa
bisogno di dirsele certe cose? Chi sa dove sarà? A D...? Chi sa se mi
incontrerà mai più....? Oh! viva o morta lo sentirò venire e tremerò tutta!»
Di questo andare, s'era
accostumata a considerarsi già fatta monaca; e mai che le fosse venuto in
pensiero di ribellarsi del tutto, fuggire, e andar in cerca di Giuliano, o di
fargli sapere di sè per qualcuno di mezzo. Scrivergli non avrebbe osato; solo
il filo di speranza che attraversava le sue miserie, faceva capo a don Marco; e
qualche momento osava sperare ch'egli avrebbe rimediato a ogni cosa; ma quel
pensiero di lui su' Francesi che sarebbero venuti a liberarla, cominciava a
parerle una promessa mancata. Non venivano mai quei Francesi!
Non venivano? Avesse
potuto leggere nell'animo del proprio padre, l'avesse udito maledire tra sè i
repubblicani e la Francia; e avrebbe capito come i Francesi erano vicini! Egli
non andava neanche più al borgo, per non udirne parlare; perchè là si dicevano
cose da farlo basire. Oggi la rotta dei Piemontesi e degli Alemanni al ponte di
Nava; domani la presa d'Ormea, di Garessio, di Bagnasco, tutti luoghi che egli
sapeva alla grossa come fossero poco discosti; un'altra settimana, due forse, e
la guerra alpina sarebbe stata perduta pei regi e per gli imperiali; e i
repubblicani, eccoteli padroni di scendere a lor agio a divorarsi le Langhe.
S'aggiungeva a queste
cose, che sua Maestà Vittorio Amedeo, aveva di quei giorni mandato ai
magistrati, e ai parrochi di tutti i villaggi e borghi e città un bando, col
quale comandava a tutti d'ogni grado e stato, purchè atti alla guerra, si
provvedessero d'armi e di munizioni, quante bastassero per giorni quattro, e si
tenessero pronti a movere contro i Francesi al primo cenno. Il Re parlava di
premi e di pene; e il signor Fedele per parer di quelli non atti alla guerra,
oltre a non recarsi più al borgo, quasi non usciva più dalla palazzina.
«O Madonna! - gli era
venuto di sclamare una sera spogliandosi per andare a letto - se voi terrete i
Francesi lontani dalle mie campagne; se mi renderete sano e salvo il barone e
mi aiuterete a condur Bianca sulla buona via; vi edificherò una cappella
proprio nel mezzo dei miei vigneti, e vi farò celebrare ogni domenica una messa
da questi frati, santi servi vostri e del serafico San Francesco!»
Nei fondacci della sua
coscienza, non credeva nè alla Madonna nè a San Francesco, nè agli altri Santi
del Calendario: ma allevato a parlar ad essi colle mani giunte da bambino; a
metterli in disparte da giovinetto; e da uomo maturo, ad averli sempre in
bocca, e a giovarsene come di zucche legate ai fianchi per tenersi a galla sul
pelago della bassa gente, che in essi avea fede e in Dio: adesso, di faccia al
pericolo, si rivolgeva alla Madonna colla dimestichezza d'una femminetta,
avvezza a parlarle a tu per tu, tutta la vita.
Quella notte
s'addormentò con addosso l'indigestione delle brutte nuove avute dal cascinaio;
il quale le aveva raccolte un po' dai frati, un po' dai campagnuoli; e qualche
ora prima che fosse l'alba, si svegliò come persona cui venga fatta forza,
molle di sudore e tutto scompannato il letto, pel grande agitarsi fatto nel
sonno. Aveva sognato d'essere soldato del re, caduto in mano ai Francesi con
grossa compagnia. I barbari, trucidato e sparato il più grasso tra i
prigionieri, se lo mangiavano, e ne davano a mangiare anche a lui, che
provandosi con ogni sua forza a schermirsi, si trovava agguantato nella coda e
nel mento, e costretto a spalancare le fauci; mentre uno di quei ribaldi lo
imboccava di quelle carni spietatamente, spingendogliene in gola con una
baionetta lunga lunga, che ad ogni tratto si mutava in un serpente.
«Ahimè! - sclamò
tastando il letto, e guardando nel buio cogli occhi pieni di quelle immagini, e
colla gola arsa d'amarezza disgustosa: - ahimè! che spavento, Gesù Maria! Se
durava un altro poco io moriva!»
E diè volta sull'altro
fianco, studiandosi di non più addormentarsi, pauroso che il brutto sogno
ricominciasse. Stette così un tantino rannicchiato, poi riprese a parlare.
«O che è questo picchio
nell'orecchio? Che sia effetto del sangue?»
In quel dire alzava la
testa dal guanciale. Il picchio non pareva più un picchio, ma sì un martellare
di campane; al quale s'aggiunse un altro suono, noto, terribile, quello del
corno, sorta di nicchio marino onde di quei tempi, coma usa in Corsica, andava
ne' monti liguri provveduto ogni casale; sicchè di ladri, d'incendi, di lupi
calati l'inverno, si mandava di valle in valle, rapida e lontana la voce.
«Ohe! - gridò allora
sorgendo a mezzo, - la campana di C.... stormeggia, e questo è il corno!
Signore aiutatemi!»
E balzando dal letto,
senza stare a cercar co' piedi le pianelle, corse a spalancar la finestra; ma
di subito preso da più stretta paura, riaccostò le imposte e le tenne
socchiuse, quanto potesse guardar fuori con un solo occhio. In quella il
cascinaio, i figli, chi dalla porta, chi dai finestrelli, porgendo il capo, si
mostravano anch'essi.
«Dunque che cosa accade?
- chiese ansando il signor Fedele - ne sapete qualcosa voi?»
Per tutta risposta, uno
di quei villani, che s'era insino allora rattenuto per non destare il padrone,
e scoppiava dalla voglia, precipitò sull'aja si recò alla bocca il corno, e ne
trasse un muggito così pieno ed acuto, che al signor Fedele parve sentirsi
passato fuor fuori da una cannonata.
«Ti pigliasse il
canchero, te e il tuo toro! birbante! Tu mi vuoi far morire le donne? Butta al
diavolo codesto tuo arnese d'inferno!»
A queste parole il giovanotto
stette come allibito. Non aveva mai inteso il padrone porsi in bocca quelle
parolacce. Gettare all'inferno quell'arnese, che s'adoperava a chiamare in
chiesa i fedeli, gli ultimi giorni della settimana Santa, quando le campane
sono legate, e le tabelle suonano le ore! Non osò soffiarvi dentro una seconda
volta, ma l'avesse anche spezzato veniva a dir nulla, perchè per tutta la valle
qua e colà fu un muggire d'altri nicchi, un apparire di lumi sulle coste, un
chiamarsi da luogo a luogo, un interrogarsi, un rispondere di guerra, di
Francesi, di finimondo, tutto nel buio. La campana del convento vicino,
cominciò anch'essa a suonare a stormo; e quella d'un villaggio sulla montagna,
che chiudeva la vallicella, rispondeva a questa, o forse ad altre della vallata
sinistra della Bormida, mentre l'alba spuntava e pareva quella del Dies irae.
Damigella Maria e
Margherita, non è mestieri dirlo, s'erano levate sin dai primi rumori, e Bianca
dimenticato il divieto di venir fuori della sua stanza, correva ad esse
spaventata. Tutte e tre si facevano intorno al signor Fedele che s'era messo in
gamba le brache e in dosso un giubbarello; e appena mezze vestite,
scarmigliate, piangenti, lo supplicavano, lo rattenevano che non uscisse di
casa. Egli, standosi fra Bianca che colle mani giunte sulle spalle a lui, si
abbandonava in atto di grande dolore, e Margherita che l'abbracciava alle
ginocchia; non avendo forse avuto neanco in mente d'uscire, sclamava;
«Come? La terra del mio
re, sarà coperta di nemici, e si potrà dire che io non sono corso a far testa?
Via da me che non voglio perdere la grazia di Sua Maestà, per le vostre
lagrimette! Via da me, voi, ingrata figlia! che importa di me a voi, se in
dieci giorni mi avete fatto invecchiare di dieci anni?
«Pietà, pietà, babbo, -
dicevano le fanciulle - non vada, non vada o ci conduca....
«Voi.... io....
pietà.... - rispondeva il signor Fedele dibattendosi fra le donne: - ne avete
voi per me, quante siete? Pietà di me l'avranno i Francesi che toglieranno dal
mondo il più infelice dei padri...!»
Dicea così sperando di
dar a Bianca un gran colpo; ma vedendola niente disposta a dirgli, «padre farò
quel che vorrà...!» diede un squasso sì forte, che mandò questa a cadere, e
togliendosi Margherita di tra piedi, stette un momento che aveva l'aspetto d'un
vecchio re, forse di Priamo che si sgombra il passo tra le sue donne, per
andarsi a gettare coll'imbelle dardo, in mezzo ai nemici a morire.
Discese sull'aia, al colono
che gridava «i Francesi! i Francesi!» diè sulla bocca una gran palmata,
sclamando «bugiardo! Te n'andrai dal mio servizio!» Poi si rifece sopra sè
stesso, e crescendogli il cuore sino alla gola; comandò ad uno dei figli del
contadino, si mettesse la via tra piedi e corresse a C...., a vedervi un poco a
qual segno fossero le cose.
Ma non fu mestiere che
questi partisse, perchè essendosi messo un po' d'albore, si vide da ogni parte
gente discendere dai monti, gente uscir dai seni della vallata; drappelli di
qua, drappelli di là, venivano a farsi grossi sulla via maestra, traendo verso
il convento dei Minori Osservanti. L'affrettarsi, il tumulto, l'aspetto
terribile di quelle turbe, armate di roncole, di bidenti, di falci, e financo
di vecchi schioppi colti nelle guerre spagnuole di mezzo secolo prima; si
accordavano in guisa tempestosa alla furia di parecchie donne che aizzavano gli
uomini; e agli atti dei frati usciti dalle loro celle, agitando in aria i
crocifissi, gridando guerra e morte, da parer forsennati.
Man mano che la gente
arrivava, faceva sosta attorno ad uno rialto; e chi mandava baci alla campana
del convento, che dindonava rabbiosa anch'essa; chi spiegava al vicino la
faccenda com'era, chi più voglioso di andare cominciava a spazientarsi; quando
venne oltre sul rialto il guardiano, uomo venerabile per lunga barba, e per la
bella salute, che ad onta dei molti anni vissuti gli splendeva sulle guance.
Egli fece far silenzio
alla moltitudine, la quale fu così pronta a star zitta, che si sarebbe inteso
una mosca a volare. Allora trasse dalla manica un foglio, e vi lesse ad alta
voce come predicando. Era il bando del Re, quel bando che ho menzionato più su,
e che comandava ai sudditi di tenersi pronti al primo squillo di campana.
«Lo squillo di campana è
dato, - sclamò il guardiano quand'ebbe letto - è dato qui, a C...., a D....,
per tutto in questa valle e nell'altre! Armiamoci e andate, o popoli, che Dio
v'accompagni a sterminare quei giacobini maledetti, i quali vogliono discendere
fra voi, a vuotarsi i granai, a contaminarvi le donne, a porre le mani nel
sangue dei vostri sacerdoti! Volgetevi da quella banda: (tutti si volsero a
guardare i monti di San Giacomo e del Settapani, che si vedevano assai bene,
ammantati dal verde primaverile) vedete lassù? Ciò che ora è verde diverrà
rosso come sangue; e dove oggi nascono i fiori passeranno i demoni, e ne verrà
un odore d'inferno da rimanerne affogati....! popoli all'armi....! ecco lassù
il Signore che ci fa segno d'essere con noi!»
I poveracci non videro
il Signore, ma credettero nel frate che l'aveva visto per essi. E «andiamo,
andiamo! - cominciarono a urlare - Dio è con noi! Viva Dio! Morte ai Francesi!
Viva noi! Viva il Re! Il primo giacobino che mi dà tra' piedi lo strozzo, fosse
mio fratello! Lo mangio, fosse mio padre! Morte ai giacobini!....»
Fra questo tempestare di
viva e di morte, si fece udire una voce su tutte gridar chiaramente. «E chi ci
condurrà alla battaglia?»
E un'altra voce rispose:
«i nobili, i signori! Passeremo per C.... v'è il signor Francesco, il signor
Crispino il conte, don Luca, verranno con noi, anzi li troveremo belli e
pronti....
«E chi ricusa, a morte!»
In quella il signor
Fedele, voglioso di sapere e fidandosi troppo, giungeva ad una svolta della
via, vicino di là a un trar di pietra. Udire quelle grida, ed arrestarsi come
avesse dato del petto in una rupe, fu tutt'una cosa: porse orecchio un tantino,
e: «come? - disse tra sè - i signori v'hanno a condurre alla battaglia?
Acchiappami se puoi, chè io vengo.» E pensando di non essere stato veduto, diè
di volta correndo verso la palazzina; badando a dar nei fossati, curvo e
spedito a menar le gambe che meglio non avrebbe potuto fare uno scolaretto,
colto a scioperarsi dal pedagogo. E si teneva certo del fatto suo; ma il guaio
fu che qualcheduno, o donna, o uomo, l'aveva scoperto, e s'era messo a gridare:
«Si! sì! i signori,
eccone laggiù uno dei signori....
«Il signor Fedele,
l'avvocato! e' fugge.... dàgli dàgli... lo vogliamo con noi!
«È vecchio! - diceva un
frate.
«Ed io son giovane? -
rimbeccava un contadino.
«Ed io son più vecchio
di lui! - gridava un altro di quei furibondi - ho moglie e figli, e terre al
sole per me il Signore non ce n'ha messe....»
In mezzo a questo
vociare, una dozzina di villici, accesi in viso come al tempo delle svinature;
si lanciarono alla volta della palazzina, agitando le falci, i forcoli, il
diavolo che brandivano, e chiamando a nome il signor Fedele.
Questi toccata la
soglia, s'era volto addietro alle grida; e al luccicare di quelle armi,
credette di sentirsele cascare sul capo, entrare nelle reni fredde diaccie, si
vide fatto in pezzi a dirittura, e peggio che nel sogno della notte innanzi.
«Son morto!» sclamò, e
chiuso l'uscio a due mandate, tirò il catorcio, mise la stanga, non istette a
rispondere alle figlie, venute a lui piene di terrore: ma per un andito scuro
si cacciò in cantina, si buttò carponi; e squarciandosi i vestiti, e
insozzandosi le mani e il viso, spingi, ponza, e rispingi, potè rannicchiarsi
sotto un tino, donde mandò fuori rangoloso queste parole, alle figlie:
«Se non mi volete morto,
andate via di qua...! Via...!»
Subito un gran rumore di
colpi, menati contro la porta, fece ammutolire le poverette che lo pregavano a
uscir di là sotto, e più terribili dei colpi s'udirono queste grida furiose:
«Fuori il signor Fedele!
Aprite! Vogliamo lui! Siamo della valle! Veniamo a pigliarlo per capitano!
Vogliamo che ci meni ad ammazzar tutti i Francesi! daremo loro come ai cani
arrabbiati.... al lupo.... al diavolo in carne!»
Le voci diverse suonavano
d'ogni parte intorno alla palazzina, nè valeva il cascinaio a far che quei
bifolchi smettessero dal gridare selvaggio. Chè anzi alle due fanciulle da
dentro, pareva girassero cercando modo di salire sulle finestre, E stavano
strette l'una all'altra, aspettandosi ad ogni istante di vederli irrompere;
quando cessò il vociare, e porgendo orecchio udirono la parola soave della zia
Maria, che si volgeva alla fiera brigata da una finestra del primo piano.
Costoro vedendo quel viso di donna cieca, dipinto di sicurtà, d'innocenza e
quasi di fanciullezza; stavano a bocca aperta ascoltando: tornati in quel
rispetto che avevano sempre avuto per la famiglia del signor Fedele, e già
vergognavano d'aver osato tanto. E la cieca diceva:
«Buona gente, abbiate compassione
delle mie nipoti e di me; già mi pare alle voci di conoscervi tutti. State
quieti, voi cercate di mio cognato, ed egli non è qui...
«Come? Non l'abbiamo
visto coi nostri occhi? - diceva uno della brigata, quasi consigliandosi coi
compagni. E un altro:
«Ehm! pareva anche a me
che avessimo preso abbaglio.... Il signor Fedele sarà a C.... nevvero
signora damigella Maria?
«Sicuro è a C.... -
usciva a dire un terzo, togliendo alla cieca il pericolo di dire una bugia: -
passeremo là e lo cercheremo.... lei capisce signora, che se alla fine delle
fini non siamo guidati, noi ignoranti siamo buoni a nulla....!
«A rivederla, signora
Maria, stia di buona voglia, che i Francesi sin qua non verranno; e se qualcuno
volesse farle male, ci faccia chiamare anche a mezzanotte, che siamo cose
sue....»
Così diceva un quarto, e
con questa e con altre scuse e profferte, si allontanarono sberettandosi, come
se la cieca avesse potuto vedere quei loro atti rispettosi. E con essi volle
partire il cascinaio, conducendo seco il maggiore dei suoi figli, tra le strida
della moglie e delle figliuole, che fecero intorno alla casa un piagnisteo da
non potersi dire.
Tornati quei furiosi al
convento, la compagnia potè mettersi in cammino. Con alcuni dei frati in capo,
presero la via di C.... cantando a squarciagola, e levando un polverio che
pareva mosso da vento di tempesta. Di tanto in tanto qualcuno dava nel corno e
a quel suono rispondevano altri corni da altre vie, dove si vedevano altre
brigate, volte del paro verso C.... Questo era luogo di gran convegno, perchè
il parroco vi aveva dignità di vicario foraneo; vi sedeva il magistrato del Re
per la giustizia; il borgo era come la capitale delle Langhe, e giaceva in sito
da potervisi raccogliere gli stormi di tutta la vallata, per quindi moversi
alla grande ventura.
Tra questi stormi, uno
ne veniva numeroso per la via maestra, lungh'esso l'opposta riva della Bormida;
e se non fossero state le armi, che si vedevano luciccare, pareva una di quelle
processioni, le quali si solevano fare appunto in quella stagione, per
implorare dal cielo i buoni ricolti. Cantavano litanie e salmi a verso a verso,
e ogni poco prorompevano in urli feroci, come a tener deste le ire; e innanzi a
tutti cavalcava un prete.
«Quelli là hanno a
essere quei di D....; li conosco, conosco la giumenta del pievano....» -
dissero a un tempo due o tre della brigata venuta dal convento: - se da tutte
le pievi ne vengono tanti, ci troveremo a C... parecchie migliaia. Viva il
pievano di D...!
«Viva San Francesco!»
risposero quelli che erano proprio di D...., e il pievano levò in alto il
cappello, a salutare tre volte, con atto d'un generale.
Don Apollinare in quel
momento eroico della sua vita, si rifaceva gongolando delle cose patite
nell'ultime settimane. Le sue pene erano state tante, che dal giorno in cui gli
era capitata la lettera del rettore di Montefreddo, aveva perduta del tutto la
bella pace goduta tanti anni; e quando il padre Anacleto, dopo la domenica in
Albis, l'ebbe abbandonato per tornarsene al suo convento, si sentì cadere le
braccia. Il suo pasto si venne assottigliando; le notti si svegliava scosso da
visioni che avrebbero fatto incanutire un leone; il presbiterio gli pareva un
eculeo; Placidia, la mite Placidia, un ingombro fastidioso tra piedi; la calata
dei Francesi un'uggiosa minaccia che gli faceva sclamare: «o dentro o fuori una
buona volta!» Pur di finirla in qualche modo, accadesse quel che doveva
accadere, ma alla lesta: e stava pronto, la giumenta colla bardella addosso, e
la briglia lì appiccata al chiodo; sicchè il bando reale lo trovò, sto per
dire, coi lembi cinti e col bastone in mano. Lo lesse una, due, tre volte
sospirando; ma fattosi animo, si picchiò sul petto una palmata e proruppe:
«Oh! alla fin fine anche
questo è un rimedio! Avvenga che può; meglio morire d'una cannonata che a furia
di punture di spillo!»
Venuto l'ordine di far
la mossa, messosi d'accordo coi seniori del borgo, i quali pur non volendo,
mostravano i segni della mala voglia; mandò gente per la pieve a dare la posta
per l'indomani sul sagrato, che tutti gli uomini atti alla guerra vi venissero
con armi e munizioni. Il tramestio fu grande, e la notte egli potè vedere
dall'alto del castello, correre i lumi in ogni parte della campagna. Gli parve
d'avere sulle braccia un mondo, e fatto venire a sè il sagrestano gli disse:
«Mattia, domattina si
va.... Un'ora prima dell'alba darete dentro a suonar a stormo.... O perchè
ciondolate....? che avete paura?
«Paura io, che ho fatto
tremare mezze le Langhe?...» rispose Mattia trascinando le parole.
«Dunque siete briaco?
«Oh, signor pievano -
rimbeccò Mattia mostrandosi quasi offeso: e spingendo innanzi un piede, si
provò a reggersi ritto sull'altro; ma vacillò, vacillò sicchè per poco non andò
a cascargli addosso.
«Schifoso! - urlò il pievano
levandosi in piedi; - briaco la vigilia d'un giorno in cui potremmo morire!
Levatevi di qui..., e se domani non sarete a segno, mal per voi!»
Mattia partì; e
camminando tastoni per l'andito, passò dinanzi all'uscio della cucina. Placidia
che stava là dentro, sospirando l'ora di poter andare a letto, e dicendo il
rosario colla coroncina tra le mani sotto il grembiale; indovinò che Mattia era
in disgrazia, e gli disse dolcemente: «Tiratevi dietro la porta.» Egli obbedì,
e tirata l'imposta dell'uscio da via, misurò contro quella i pugni chiusi,
esclamando: «Non dà un Cristo a baciare in tutto l'anno; e se si beve, pare che
si beva del suo! Sta pure, che se andiamo alla guerra ti farò vedere il diavolo
nell'ampolla!»
Entrato nella sua
catapecchia destò la moglie, e le comandò (comandava anch'egli a qualcuno),
tenesse l'orecchio all'ore, e un tratto prima dell'alba lo destasse. Poi si
coricò vestito sul giaciglio, e colle tempia martellate dal vino, cominciò a
russare.
Don Apollinare messosi a
giacere per riposare quelle poche ore, le passò fantasticando; e stava per
addormentarsi, quando squillarono i tocchi della campana martellata, a stormo
da Mattia, il quale colla spranghetta al capo, aguzzava dal campanile gli occhi
nel crepuscolo mattutino. Tutta la campagna era un moto di villici; là come
nella valletta dove giaceva la villa del signor Fedele, come sarà stato in
tutte le pievi; era un accorrere, un gridare, un chiamarsi, un suon di corni
che non finiva. Il pievano balzò dal letto, e si diede attorno a vestirsi,
stupito di sè stesso, perchè gli pareva sentirsi dentro un cuore di guerriero,
nascosto, sino a quel giorno, a sua insaputa, sotto la zimarra del prete.
Placidia venutagli in camera a vedere se gli bisognasse nulla, maravigliava
anch'essa dell'aspetto sgherro di lui; ma come egli badava a vestirsi, si
ritrasse vergognosa in cucina ad ammanirgli il caffè, che poteva essere
l'ultimo.
«Placidia, io parto - le
diceva egli venendo sin sulla soglia della cucina e abbotonandosi la
sottoveste: - l'avvenire è nelle mani di Dio; voi rimarrete qui, rispettata da
tutti...; e ad ogni evento, nel mio inginocchiatoio, troverete di che
vivere...: ah! son pur venuti i giorni amari!»
La povera donna
imbambolò, più pel suono della voce insolito ed amorevole, che per le parole; e
intanto la campana continuava a suonare, e il sagrato a popolarsi, e il giorno
a farsi chiaro, e l'ora della partenza vicina. Allora il pievano mandò un
ragazzo a prendere il posto di Mattia sul campanile, e fece dire a costui che
scendesse ad arnesargli la giumenta, e al popolo che aspettando cantasse il Vexilla.
Un urlo che parve di
selvaggi tuonò sul piazzale, destando un'eco solenne dalla chiesa; poi s'intese
l'inno cantato da voci gravi, diverse; e ad ogni tratto nuova gente, signori e villani
alla rinfusa, si mettevano in coro. In mezzo alla folla si vedeva Mattia, che
teneva a mano la cavalcatura del padrone, tastando cinghie, rivedendo
ordiglioni, parlando sommesso alla bestia, quasi per darle ad intendere dove
l'avrebbe portato.
Alfine, avendo bevuto il
caffè, ed essendo l'ora di porsi in cammino, il pievano apparve sulla soglia
del presbiterio. Aveva indosso una giubba smessa, in gamba certe brache vellose
e rattoppate; e in un fagottino recava la talare, che poteva accadere d'averne
mestieri. Appena fu visto, scoppiò un gran battimani; ed egli ringraziata co'
cenni la folla, aiutato alla meglio montò a cavallo. Poi data un'occhiata a
Placidia, rimasta alla finestra, piangente e sbalordita; tese la mano e sclamò:
«Dio è con noi! Ci siamo tutti? Andiamo!»
Discesero di castello, e
trovarono al piano altra gente, con armi, e forcoli e falci, cento maniere
d'arnesi atti a far sangue. Le donne benedicevano dalle finestre e dalle porte;
i fanciulli si mettevano in brigata, le madri li tiravano fuori sculacciandoli;
e la signora Maddalena, guardando dal suo piazzale quel moto confuso,
ringraziava il cielo, che Giuliano fosse lungi da casa. Vedeva quella turba
irta d'armi, e quegli stendali delle confraternite drappellati come dalle
braccia di pazzi, e raccapricciava: Marta, standole vicina, si doleva di non
essere un uomo, per poter andare contro i Francesi; e la signora non fu quieta
che quando lo stormo le uscì di vista, e la campana cessò dal suonare.
Avesse suonato a lutto
tutto quel giorno, e sarebbe stata giustizia. Perchè la gente di D..., nel
passare per la terricciola di R..., fu come la maledizione di Dio. E sì che il
villaggio si poteva dire tutt'una cosa col loro borgo, tanto erano vicini; ma
da rozzi si fa presto a diventar malvagi; e trovate le case non difese, per
avere gli uomini di R.... fatta anch'essi la leva in massa verso C...;
cominciarono a pigliarsi brutti spassi, spaurire le donne, mandare a male il
vino nelle cantine, guastare alberi ed orti; e se don Apollinare non si fosse
adoperato a rabbonirli, certo sarebbe rimasto poco da fare a quei Francesi, dei
quali s'andava ad impedire la calata e se ne dicevano tante ribalderie.
Come piacque al diavolo,
ripresero la via verso C..., dove arrivarono, come abbiamo veduto, che il sole
era già alto. Il borgo pareva un formicaio. Vi si lavorava a più non posso a
far cartocci, ad affilare vecchie armi d'ogni generazione. Di qua gli uni si
facevano scrivere; di là gli altri davano carta o la pigliavano, di loro
negozi, dinanzi ai notai, stando per andare tra la vita e la morte; sotto i
filari d'olmi si davano le cariche ai maggiorenti, che pigliavano diletto ad
essere elevati su su, grado grado, ai più alti onori della milizia, generali,
colonnelli, capitani; guai al popolo se avesse dovuto provvederli tutti.
Tuttavia le cose correvano onestamente; ma fra la moltitudine s'aggiravano
certi ceffi, furfanti da bosco e da riviera, segnati nei libri della giustizia,
e vissuti da anni mogi mogi; che adesso ripigliavano ardimento e parevano i più
valorosi. Alcuni ribaldi affollavano la porta chiusa del caffè di Marocco. La
moglie di costui tribolava in mezzo ad essi lagrimosa, supplicando pel marito,
che poveretto stava morendo, e aveva in camera il prete che gli raccomandava
l'anima. Povero Marocco! Due giorni innanzi gli avevano dato schioppo e
cartocci, che stesse pronto a partire. Ma il meschino a vedere quell'arme,
s'era sentito giù per la schiena come un secchio d'acqua diaccia; e fattala
portar di sopra, stette un poco rannicchiato vicino al fuoco; poi levatosi in
piedi pallido come un morto di tre giorni, prese la moglie in disparte, e le
disse: «Tasta che cuore! Sono un uomo morto!» Postosi a letto, chiamato il
cerusico, nè questi seppe trovargli il male, nè egli volle dirne la cagione; non
tolse più gli occhi da quello schioppo, la baionetta del quale scintillava in
un angolo della camera e gli pareva l'occhio d'un assassino. Chi l'avrebbe mai
detto! Un uomo par suo, che aveva sempre avuti in casa soldati, s'era messo in
capo che quello schioppo l'avrebbe ucciso; e poveraccio moriva proprio in quel
punto, che un suon di tamburi, di corni, di trombe, un vociare di signori
ornati di grandi pennacchi, annunziava che lo stormo dei guerrieri della
religione e del trono, movevano a farla finita coi Francesi.
Movevano, ma fu gran
fatica pei condottieri, montati sull'asine e sulle giumente tutte nappe e
sonagliere, meglio che nella festa di Sant'Antonio. La moltitudine strepitava camminando
come gualdana infernale; miscuglio di entusiasmo, di vero valore, e di grosse
millanterie. Qua cantavano salmi o canzoni popolari: là procedeano silenziosi
ascoltando qualche vecchio novellatore; alcuni recitavano il rosario tenendo in
mano certe corone dai pippori così grossi, da poterne all'occorrenza far palle
da schioppo: e su tutte quelle teste si vedevano l'armi appuntate al cielo.
Erano più di due migliaia, e avevano un'aria terribile e selvaggia.
Su su a quel modo per
val di Bormida, si misero nelle strette, dove il torrente rovina con voci
strane, fra massi ispidi, smisurati, precipitati dall'alto a frenare la collera
dell'onda, che in tempo di piena non dirompa le ripe.
Il sole andava sotto,
quando i più volonterosi toccarono le vette del monte di San Giacomo, sopra il
Finale. Sul mare che si scopriva innanzi, biancheggiavano vele verso Provenza,
vele verso Portofino, vele per tutto il golfo; mirabile alla vista pei
mutamenti dei colori onde s'andava tingendo. Quelle erano vele inglesi, napoletane
e francesi, che si davano la caccia in alto; mentre molti legni sottili di
genovesi avidi ed audaci, navigando marina marina, recavano provvigioni verso
la Francia affamata.
Lassù i nostri
battaglioni, fecero la loro fermata in sul tramonto; quasi stupiti che il sole
osasse discendere come tutti gli altri giorni. Dalla vetta del San Giacomo a
quella del Settepani, non si vedeva che gente, stendardi e croci; non s'udivano
che grida; pareva la tregenda. Don Apollinare seppe del rettore di Montefreddo,
e d'altri preti, suoi amici, venuti lassù coi popoli delle due vallate della
Bormida, e ne provò consolazione. Ma quel che più gli piacque fu la notizia che
i francesi non erano molto vicini, e prima d'arrivare sino a lui avrebbero
avuto a sbrigarsela colle soldatesche piemontesi e alemanne. Gli parve di
potersi riposare tranquillo a piè d'una rupe trovatagli da Mattia. Tuttavia
l'ora della sera gli volgeva il desio; e la mente gli fuggiva al suo
presbiterio, al desco, a Placidia; persino a Placidia, per la quale sentiva in
quel punto un affetto mai più provato.
Mattia, intanto,
sbocconcellava un po' di focaccia, e aveva intorno un capannello di compaesani,
che si facevano narrare da lui le prodezze della sua vita; perchè egli era
stato da giovane bravazzo ai servigi dell'ultimo signorotto d'una terra vicina
a D..., e in opera di trovar costure aveva avuto gran nome. Dicevasi di lui che
la mira dell'archibugio l'avesse posta bene più d'una volta; ma le erano
memorie lontane più di quarant'anni; e di quelle sue ribalderie, egli ne dava
carico a personaggi di fantasia, o al suo padrone. Adesso raccontava di costui
la mala morte; e diceva ai villici, tutti orecchi ad ascoltarlo:
«Era un vecchio, ponete
come sono io, ma robusto e prepotente. Un giorno certo giovinotto tornava da
chiesa, dove s'era sposato alla più bella ragazza della terra. Il marchese si
fece sulla via incontro agli sposi e alla comitiva, chiedendo i suoi diritti, i
suoi diritti... «Che diritti? gridò il giovane stizzito; quelli forse d'andarti
all'inferno?» E lanciandosi contro il marchese coi pugni stretti, gli diede un
punzone così forte nel petto, che il povero diavolo andò ruzzoloni e precipitò
in un borro, tutto rovi e sassi, sfracellato morto, che non ebbe il tempo a
dire amen! Beh! mi par di vederlo!»
Qui Mattia faceva colle
labbra un versaccio, come avesse posti i denti in un frutto lazzo ed amaro.
«E voi? - gli chiedevano
gli uditori.
«Io? Io m'affacciai al
precipizio, guardai, inchinai gli sposi: poi feci nell'aria un gran crocione, e
addio vicini, mi tramutai. E venni nel vostro paese, dove mi acconciai col
pievano defunto, e vi ho seppelliti mezzi, e ho fatto gran bene all'anima mia.
Nevvero, signor pievano?
«Sta bene, sì, sì...» -
disse don Apollinare vergognoso di vedersi usare dal sagrestano tanta
dimestichezza. Ma avendo mestieri di tenerselo amico, trangugiò quel boccone.
A un tratto un gran
parapiglia, un vociare rabbioso, un suono di colpi menati, in luogo più basso
furiosamente, fece sorgere lui, e Mattia, e tutta quella gente che avevano
intorno; ma egli con diverso animo, perchè corso alla giumenta fece atto di
voler montare in sella, gridando: «I Francesi!»
«Stia, stia, - gli gridò
il sagrestano - sono quei di A... che si picchiano fra loro!
«Allora datemi l'orcio
dell'acquasanta, vado a chetarli!
«Che! - rispose Mattia -
vorrebbe scendere laggiù a buscarne? Faccia da qui che l'acqua santa va da sè:
Vede come si fa?»
E preso in mano
l'aspersorio, che per volere del pievano aveva recato dietro coll'orciolino e
con altre carabattole; lo agitò in aria due o tre volte, poi lo diede a lui che
benedicesse quei furibondi. I quali volendo accendere i fuochi, pel freddo che
faceva su quelle alture, avevano cominciato a contendere nel far legna e da
ultimo a menar le mani, a strapparsi code, a scaraventare cappellacci, sino a
che la pace potè tornare, che fu briga assai lunga.
Don Apollinare credette
d'aver fatto col suo aspersorio assai; e venuta la notte, s'avvolse per bene
nel ferraiuolo, non senza aver molto raccomandato a Mattia di vegliare. Questi
gli si sdraiò vicino, facendo conto di dormire con un occhio, e di contare le
stelle coll'altro: e noi lasciandogli a serenare, tirati dalla carità ci
rifaremo in fretta dal signor Fedele; che non avesse ad affogare sotto quel
tino, dovo l'abbiamo visto cacciarsi.
|