CAPITOLO XXI.
Al primo rompere dell'alba,
Giuliano e don Marco, erano già sul ponte; non essendovi stato verso pel
giovane, di persuadere il prete a rimanersi dal seguire lui e i Francesi.
Quello era il primo
giorno d'autunno. Una nebbia densa occupava l'aria; e la Bormida faceva quei fumacchi,
che quando io era fanciullo, mi parevano d'acque scaldate di sotto dal demonio.
Pochi borghigiani usciti a pigliar lingua dei Francesi, andavano di su di giù;
ma niuno osava allontanarsi dal borgo due tratti di pietra. Vedendo i due
passar frettolosi, e don Marco ingegnarsi per istare a paro con Giuliano,
diedero loro di matti; perchè a mettersi giù di quella via con quel po' di
soldati innanzi, non vi si poteva rischiare se non chi cercasse pan migliore
che di frumento. Ma don Marco non udì, nè Giuliano era il caso di badare a quei
bisbigli, per la gran furia d'arrivare i Francesi. Dei quali discosti dal borgo
un trar di schioppo, cominciarono a trovarne alcuni riversi nei fossati; o
intenti a rialacciarsi le uose e le scarpe; o che pur reggendosi assai bene,
facevano le viste d'essere spedati, e d'avere addosso qualche malanno. «Avanti
cittadini - gridavano costoro, baldanzosi - diamo addosso al nemico,
avanti animo!» - «Non dia retta, maestro: - diceva Giuliano a don Marco, che
già era lì per rispondere a quei soldati: - costoro sono poltroni, primi sempre
ad annunciare le sconfitte, ultimi a sapere le vittorie: non combattono mai, e
frugano i morti.»
Don Marco non fiatò più;
e così tirarono oltre silenziosi sino a quella cappelletta, dove il signor
Fedele e il padre Anacleto, s'erano incontrati colla signora Maddalena il
giorno innanzi; non sognando che l'indomani fosse per passarvi tanta briga
d'armati. Là trovarono la gola, per cui varcava la via, assiepata di grossa
compagnia di Francesi, i quali davano loro le spalle; e viste biancheggiar
nella nebbia, le bandoliere delle daghe e delle patrone, che si incrociavano
sulle loro schiene, ponevano in cuore un po' di sgomento. Don Marco e Giuliano
si arrestarono a pochi passi da quella schiera, piantata là in silenzio
solenne: e spinsero lo sguardo, se nulla si potesse scoprire più oltre. Ma la
vista era impedita dalla nebbia che incominciava appena a risolversi; nè di
lontano nè da vicino veniva nessun rumore, salvo che quello dei goccioloni di
guazza, cadenti da foglia a foglia di sui castagni. Giuliano si sentì pungere
dal gran desiderio di andare innanzi; ma non gli reggendo il cuore di tirar
seco don Marco a chi sa quali sbarragli; voltosi a un tratto a lui, gli disse:
«Maestro, dia retta a
me....»
«Io faccio tutto quel
che ti pare.
«Si lasci accompagnare
indietro.
«Ora poi mi offendi -
disse dolcemente don Marco, ti ho detto sin da C..... l'animo mio; e se tu non
puoi stare con me, mi raccomanderò a quest'uffiziale che ci viene incontro.
«Allora tiriamo
innanzi.»
Con questo discorso
s'avvicinarono ai Francesi, e tra le faccie di quei soldati volte di sopra le
spalle a guardare chi venisse; il prete ne vide di così dolci, tranquille e
giovanili, che gli parve d'essere in mezzo alla sua scolaresca. Altre erano
fiere come di centauri; altre segnate di certi sberleffi, che egli non le
poteva guardare senza stupore.
«Oh! ancora qui, voi
signor chirurgo? - sclamava, con clamorosa piacevolezza, l'uffiziale visto da
don Marco venire incontro a lui a al suo scolaro: - ieri sera mi coglieste a
quel convento del diavolo, che non ho potuto bruciare del tutto; adesso mi
trovate qui alla retroguardia: pazienza! Costì il vostro compagno, che
all'abito mi pare un prete, m'insegna che gli ultimi saranno i primi, e i primi
gli ultimi, anco in paradiso.
«E che novità abbiamo? -
chiese Giuliano, per finirla colle freddure del Francese.
«Ve le saprò dire
stassera, se avrò ballato di gamba sana. Oh! a proposito, noi dobbiamo essere
poco discosti dal vostro paese?
«Men che tre miglia.
«Buona cosa a sapersi:
stassera vi invito a cenare in casa vostra, che? i suonatori accordano i
clarini....... signor chirurgo, buonaventura.» - E così dicendo il capitano
tornò al suo posto.
Appunto alcune
schiopettate, come d'una caccia mattutina, s'udirono in quell'istante, giù giù
nella valle; e il sole levandosi, illuminava le vette dell'ampio semicerchio
d'alture, che chiudono il pian di D... dalla parte di tramontana. Allora nei
vigneti e nelle macchie, si vide uno scintillar d'armi; e basso nei prati e nei
campi, diradata la nebbia, apparvero le colonne Francesi, intente ad attelarsi,
nel silenzio altissimo che regnava sulla campagna. Quel silenzio pareva stupore
degli uomini e della natura: e lo rompeva a tratti qualche squillo di tromba,
come voce mandata da qualche genio guerriero a significare al più destro dei
due capitani, quali fossero i luoghi più acconci all'offendere, alle difese, a
guadagnar la giornata.
«Era imminente una
battaglia, nella quale da una parte dovevano combattere un ardire inestimabile,
e l'incentivo di vittorie fresche: dall'altra una grande costanza, una
stabilità provata negli ordini, i luoghi forti ed affortificati, ed
un'artiglieria elettissima.» E per poco, questa battaglia io non la ricopio di
netto dalla storia del Botta; il quale ne parla come di cosa veduta, e il campo
descrive a puntino, come fosse stato un podere suo. Chi legge è messo da lui
così nella mischia, che gli pare d'assalire i colli, guadagnare le vette,
correre tutto un giorno il piano da un capo all'altro; a portare gli ordini dei
capitani, a raccogliere i feriti, a chiudere gli occhi ai morti; ognuno secondo
la propria natura. E chi parteggia pei Francesi, vede con dolore la vittoria
inclinare da principio sulle due ali, a favore degli imperiali; e il passo in
cui consiste l'importanza del fatto, assaltato e difeso con ammirabile
costanza. Torna umiliato colle fanterie, che non hanno potuto superare quel
passo, munito di due cannoni, tra il fumo dei quali una grossa squadra d'ulani
guata ghignando: ma finalmente gli si snoda il cuore, applaude alla cavalleria
Francese che si fa avanti, s'accende, spera; e si lancia con essa, contro la
cavalleria Alemanna, a investirla, a fugarla, a farla finita.
Fra i nostri personaggi,
quella che meglio degli altri vide le cose descritte dal Botta, e il gran cozzo
dei cavalieri, fu Bianca; la quale non aveva pensato a quella sorta di tornei,
quando il padre Anacleto, dirizzandola al matrimonio, le empieva la mente di
oblìo, di castelli e di fole. La povera donna, lasciata il giorno innanzi dal
babbo e dallo sposo, nel modo che il lettore ricorda; era caduta in tale
scoramento, che al vecchio servitore, e a donna Placidia corsa ad aiutarla, era
parso di poter far Gesù con tre mani, essendo in capo a parecchie ore riusciti
a tirarla un po' su, e a capacitarla, che colle querele non rimediava a nulla.
Poi il pievano l'aveva servita, scrivendo al nome di lei, la lettera portata da
Mattia al padre Anacleto; e siccome in quella essa aveva pregato il frate a far
sì che il babbo, la zia, Margherita, si rifugiassero a D..., per campare dai
giacobini; s'era rassegnata ad aspettare, e a dar retta alle consolazioni di
donna Placidia. Ma passato il giorno, passata la notte, aspetta e sospira,
Mattia non fu più visto tornare: spuntò il sole di quel mattino, e lo sposo
anch'esso non si facendo rivedere; Bianca si lanciò al balcone come per
buttarsi giù disperata; e vide i due eserciti occupar la campagna, ponendosi
lenti di fronte. Capì.... accusò il padre, il frate, sè stessa tutti, salvo che
l'Alemanno; e dal sentirsi sola, pigliò la forza di tenersi ritta, finchè la
sua sciagura fosse compiuta. Rimasta a quel balcone, non tolse più l'occhio
dalla cavalleria Alemanna, che tutto il giorno volteggiò di su di giù, di qua di
là, per i campi; e verso sera la vide salire un dolce pendìo, e porsi sul lembo
della pianura, che s'allargava dalla parte donde venivano i Francesi. Le
migliaia d'uomini azzuffatti in ogni parte, erano nulla per lei: sapeva che il
marito conduceva quella cavalleria, e non cercava che lui in mezzo a quel
nugolo di cavalli, avvolti a tratti nel fumo della battaglia, che il vento
soffiava loro addosso. I pennoncelli delle lance tremolavano come fossero
drappellati a festa sul capo dei cavalieri, e parevano esprimere i moti dei
loro cuori, spazientiti del troppo indugio a rompere nella mischia.
«Eccolo - pensava - egli
è laggiù.... e si direbbe che non aspetti altro che il segno, per correre a
farsi uccidere, come se io non fossi più viva.... Io...! ma che gli importa di
me? Non m'ha più cercata da ieri...! La gloria.... la gloria egli vuole; e che
io triboli pure!.... Ahimè!... padre Anacleto, dove m'ha condotta! E se
quell'altro fosse davvero nel campo di là...? se s'incontrassero? Oh venisse
notte; benedetto sole va sotto, va sotto...! ave Maria...!»
A un tratto, e mentre
appunto cadeva il sole, essa vide partirsi di lontano, e come turbine venir
cacciandosi innanzi la polvere, una squadra di cavalieri Francesi; e quelli
condotti da suo marito, calar le lance, curvarsi sul collo ai cavalli,
spiccarsi ad incontrarla; e urtarsi, confondersi, fare un viluppo, su cui si
levò un polverìo denso e diffuso. Allora parve alla povera Bianca d'essere
afferrata pei capelli, levata in alto, e precipitata di lassù; le mancò il
cuore, diede un grido, cadde riversa sul pavimento; e forse colla fantasia
delirante, continuò a vedere quello che avvenne nella zuffa tremenda.
Al primo urtarsi delle
due cavallerie, era stato un tempestar di spade; un rombar di lance rotate in
molinelli abbaglianti; un mescolarsi di valentuomini che mai il più fiero. E
ognuno dei cavalieri faceva per sè molto bene la bisogna di menare e parare
colpi terribili; ma tutti avevano visto alla sfuggita, i due comandanti
azzuffarsi tra loro, calar fendenti non più veduti, dacchè le armadure della
vecchia cavalleria erano state smesse; e vibrare di punta, proprio colla
voluttà feroce, ognuno di sparar l'avversario, e passarlo fuor fuori,
spingendogli fino all'elsa nel petto. I cavalli assentivano ai moti dei due
capitani, come avessero intelletto d'odio quanto essi; e inveleniti lavoravano
di morsi, e nitrivano selvaggiamente, quasi a spaurire i vicini che facessero
largo ai due prodi. Già le lame intaccate avevano mandato schegge e faville; e
molte lance spezzate cadevano di mano agli ulani; già tra le due parti si
scambiavano parole ingiuriose di resa, e molti erano caduti. Ma se fosse
bisognato una parola o una goccia di sangue dell'uno o dell'altro di quei due,
a cessare la zuffa; pareva che avrebbero potuto sterminarsi a loro agio tutti,
tanta era la loro maestria nel pararsi e lo sdegno del darsi vinti. Senonchè in
quel volteggiare l'Alemanno si trovò un istante colla fronte volta al borgo, e
un'occhiata al castello non potè non darla, forse a cercare se la sua sposa
sventolasse di lassù qualche segno di saluto o di plauso. Fu come se egli
avesse detto: «guai a me!» perchè appunto un fendente del Francese gli ruppe il
berrettone, gli spaccò il cranio, gli empiè gli occhi di sangue. Egli aperse le
braccia, diede del petto sul collo del cavallo, il quale alla corsa in cui
ruppe, parve lo volesse portare in salvo; ma non ebbe fatti due lanci che il
misero stramazzò di sella, piombando morto.... E gli passò sul petto la furia
dei suoi, fuggenti ai ripari del borgo; e l'onda dei Francesi fatti sì arditi
ad inseguirli, che la terra pareva già presa. Ma trentasei cannoni,
cominciarono a trarre da quella contro di loro, e a farne tale
strazio26 che furono costretti a tirarsi in parte, dove quelle
artiglierie non gli potessero arrivare.
In un momento fu notte,
e nella terricciuola di R.... sott'essi i porticati, dove i coloni sogliono
tenere i loro arnesi, nelle stalle, nella chiesa, per tutto: cessato il fragore
della battaglia, i guai, il pianto, le voci dolorose dei feriti, volte nel
delirio alle patrie, alle persone care e lontane; empievano a quell'ora l'aria
di malinconia. Don Marco e Giuliano nell'adoperarsi intorno a quella miseria,
s'erano scompagnati sin dal mattino: e verso la mezzanotte, insanguinato e
stanco, Giuliano finiva di fasciare un ultimo ferito, proprio alle più avanzate
guardie, là dove le due cavallerie s'erano azzuffate. Il suolo era ingombro di
morti; e forse i suoi piedi calpestarono le zolle, che avevano bevuto il sangue
dello sposo di Bianca; forse tra i cadaveri inciampò in quello ch'era stato il
suo rivale felice. Ma egli non vi pose mente, perchè l'anima gli si era
raccolta tutta negli occhi. Il borgo di D.... si vedeva lì rimpetto; veniva da
quello un rumore sordo di carra; forse erano le artiglierie che facevano
rimbombare gli archi del ponte, passandovi sopra; forse l'esercito Alemanno che
si moveva. Le scolte francesi stavano tutte orecchi; un gruppo d'ufficiali
avvolti nei mantelli e raccolti su d'un poggiuolo, parlavano basso tra loro;
alcuni cavalieri andando e tornando cauti, e traditi soltanto da qualche
nitrito, esploravano la campagna tra le scolte francesi e il borgo.
All'idea che in
sull'alba sarebbe ricominciata la zuffa, Giuliano si sentì al cuore uno
schianto. Si pose colla fantasia vicino a sua madre; e si vergognò d'aver tanto
aspettato, che altri gli aprisse le porte di casa sua. Risoluto si mise in un
ruscello coperto di grossi cespugli: camminò cauto in guisa, che potè cavarsi
dalla corona di sentinelle francesi; e dopo molto stentare, giunse a guadagnar
l'argine della gora, che sappiamo come lungh'esso il piè d'una roccia quasi
tagliata a filo, corresse ad un molino, così poco discosto dal suo piazzale,
che talora la spruzzaglia cacciata in aria dalle ruote andava a innaffiarlo. Là
poteva essere per lui il malpasso, però che gli Alemanni gli stessero sopra
poche braccia, sul ciglio di quella roccia; e ne udiva il gran darsi attorno,
il bisbigliare concitato, e le parole imperiose. Ma la casa materna non era più
che a quaranta passi, e nelle tenebre pareva pigliar forme vive e fargli cenni
per incuorarlo. Tirò innanzi colla buona ventura quegli altri passi rischiosi;
ma quando si sentì sotto i piedi il suolo del suo piazzale, e provò quel che
forse prova un naufrago uscito nuotando alla riva; il cuore gli batteva sì
forte; che gli bisognò fermarsi a ricogliere il fiato. E fu per lui gran
ventura, perchè se tirava innanzi, s'andava a porre da sè in mano di quegli
Alemanni, che un mese prima, l'avevano27 fatto cercare, come un
malfattore. Due, quattro, dieci, ne vide una processione venir fuori
dall'atrio, trascinando le sciabole; e a badare come camminavano, come
parlavano concitati, di certo frullava loro in capo qualcosa di grosso. Al
raggio di lume, che dalla porta della sala, li coglieva nelle schiene, man mano
che scantonavano dall'atrio in sul piazzale, Giuliano li conobbe per uffiziali;
e lesto si rannicchiò all'ombra del muricciuolo, dove stette finchè furono
tutti passati. Udiva il martellamento del proprio cuore: udiva i discorsi
concitati di quegli uffiziali; e da mano manca dove erano i suoi poderi, veniva
un rumore cupo di calpestìo. Pensò che l'esercito Alemanno, si apparecchiasse
ad un attacco notturno, ma di questo non si curò punto; e come potè farlo non
visto, si lanciò nell'atrio, e di qui nella sala, illuminata da quante lucerne
erano in casa. Sul tavolino, vide carta, penna e calamai alla rinfusa; capì che
i generali Alemanni vi si erano raccolti a consiglio; e la gatta balzata là
sopra pur allora, si stirava le membra, dimenando la coda e fiutando, come se
gli uomini usciti poco prima, vi avessero lasciato odore di sangue. Il giovane
stette ad ascoltare un istante: dalla cucina nulla, dalle altre stanze terrene
nulla, silenzio per tutto. «Saranno di sopra» disse tra sè, e non badando manco
a pigliarsi un lume, salì. Si fermò nel corridoio, dubbioso.... gli si affacciò
l'orribile idea che sua madre e Marta fossero state uccise.... ma subito vide
un barlume dall'uscio della camera materna, e udì la voce cara più d'ogni cosa
al mondo. Ma ohimè! come fioca, come ridotta ad un filo!
«Dunque - diceva quella
voce - Marta, il saio, il cordone, il crocefisso da pormi fra le mani, vi è
tutto?
«Che è questo! - sclamò
Giuliano, ad alta voce senza avvedersene; e l'affanno gli crebbe.
«Oh! non l'avete udito?
- seguitò al suo grido la voce di dentro: - Dio della misericordia, egli viene
il mio figlio, aprite; oh mio figlio!»
La signora Maddalena
ebbe appena parlato, che Giuliano era già nella camera, ginocchioni a piè del
letto: e tiratosi sul capo la mano di lei, la vi si teneva colla sua, come a
non lasciarsi sfuggire quella benedizione. Marta stretta da Giuliano contro
l'inginocchiatoio, stava là sbigottita; Tecla, all'apparire di lui fattasi come
una morta di tre dì, s'era ritratta sino alla tenda dell'alcova, e mezza
avvolta in quella, pareva una statua posta ivi per divozione.
Peritandosi a volgere la
parola a Giuliano, quasi temesse di rompere una visione; la signora guardava
Tecla e diceva:
«Proprio come te
nevvero? Tu pure, oggi hai tenuto qui il tuo capo, sotto la mia mano....
qui.... ma questo... oh! questo è il suo! Giuliano, Giuliano, se tu stavi
un'altr'ora28, io non poteva più aspettarti!»
Il giovane le copriva di
baci la mano; e al lume che di sull'inginocchiatoio le rischiarava di traverso
la faccia, la fissò avidamente. Essa mezzo seduta ed appoggiata ad un mucchio
di guanciali, gli sorrideva. Le guance smunte, le labbra aride, gli occhi
scintillanti, il collo oramai ridotto da non parere più che un viluppo di
nervi; non fecero sospettare a lui, quello che a segni men chiari avrebbe
indovinato in ogni altra persona: e Marta e Tecla, che stavano lì come a un
mortorio, gli parevano due disamorate che volessero fargli paura.
Certo la signora Maddalena
si avvide del pensiero del figlio; perchè dolcemente gli disse:
«Me ne voleva andare
davvero, sai. Tu sapessi che orribili cose abbiamo sentite oggi! I soldati
vennero sin quassù.... Tu non v'eri.... ma ora, ora non voglio più morire. O
Marta, datemi la mia veste.... voglio levarmi.... voglio partire.... Giuliano
andiamo.... la casetta è quella laggiù? Come è bella! Che fai? E perchè non mi
lasci andare?»
Vinta dall'affanno, la
povera donna cadde col capo rovesciato sul guanciale, in atto di così stanco
abbandono, che allora Giuliano capì a quale estremo si trovasse. Si chinò sopra
di lei per dirle qualcosa; ma la parola gli si annodò nella strozza: alzò le
mani come per chiedere aiuto a qualcuno di lassù; e toltosi dal letto andò di
qua di là per la camera, coll'animo d'uomo offeso da' suoi simili, dalla
natura, da Dio. Lo assalì, misero, la smania di rivolgersi contro sè stesso; e
si rampognò di non essersi dato in mano agli Alemanni, un momento prima, che
l'avrebbero fucilato sulla soglia di casa sua. Ma lo addolcì la vista di Tecla;
la quale fattasi a reggere il capo della signora, gli parve una cosa celeste.
Allora egli tornò al letto, e parendogli che sua madre, passato quello
smarrimento, mormorasse qualche parola: «o madre - diceva - madre, mi guardi: e
perchè non mi ha mandato a dire il suo stato? Che cosa dice, mamma; mi parli,
mi dica.
«Vorrei - bisbigliò essa
che appena potè udirsi - vorrei.... dormire un sonno.... dolce....; ma tu
veglia, e se mai....
«Che cosa? - chiese egli
con ansietà grande, vedendo che essa si peritava, a dire; ma non gli riuscì di
raccogliere altra parola.
Allora Marta fattasi
animo, gli si accostò, e asciugandosi gli occhi col dosso della mano, gli
disse:
«Giuliano, essa vuol
forse pensare alle cose della chiesa.»
Il giovane, scosso alle
parole della vecchia, le sbarrò gli occhi in viso; ondeggiò un istante; poi si
avvicinò all'orecchio della madre e sommessamente le disse29 «mamma, mi
dica, forse.... se fosse qui il signor pievano....»
Fu come se in quel punto
la signora avesse visto il più bel sole del mondo, innondare la camera di luce.
«E sì - disse, facendo segno di volersi rassettare sul guanciale: - il pievano,
il viatico, il Signore che ti benedica!»
Giuliano, manco pensando
che il pievano avrebbe ghignato, a vederlo capitare da lui; si mise giù pel
buio della scala, e fu nell'atrio in un lampo. Là si abbattè in don Marco, il
quale partitosi dalla terricciuola di R.... appena finita la battaglia; in
quattr'ore di cammino, per largo giro di monti, era riuscito alle spalle degli
Alemanni; e veniva a preparare il cuore della signora Maddalena, all'improvviso
ritorno del suo figliuolo.
«Come tu qui? -
diss'egli, fermando Giuliano - dunque tu sapevi che gli Alemanni se ne fuggono,
e che la guerra è finita?
«O maestro, mia madre
muore! vada... la assista.... io corro pel viatico....» E ripigliò la corsa.
«Don Apollinare, Dio
t'empia il cuore d'umiltà!» sclamò don Marco, dando a queste parole
l'espressione dolorosa dell'animo suo, colpito dalla triste nuova; ed entrando
in quella casa del lutto, trovò Marta discesa a torre i candelieri di sul
camino della sala, per portarli disopra e porvi i torcetti della Candelara.
La vecchia vedendo il
prete, fu lì per salutare in lui il pievano; ma ravvisato don Marco, fece le
maraviglie e il saluto, più cogli occhi che colle parole; e diè di volta coi
candelieri in mano, per portare alla padrona la consolazione di quella notizia.
«Dunque sta proprio
male? - chiedeva don Marco tenendole dietro.
«Oh! - rispondeva la vecchia
- tanto male! Si fermi qui un momento....»
Essa entrò, e aveva
appena detto alla signora il nome di lui, ch'egli s'accostò al letto, dolce
come venisse recando novelle dal paradiso.
«Sono venuto a pregare
con lei: - disse all'inferma, che gli parve qualcosa di santo, cui bisognasse
rivolgersi per averne la benedizione.
«Oh, don Marco -
sospirava la povera donna: - ella e mio figlio, in questa notte! Che due
consolazioni mi manda Iddio! Si avvicini, mi senta, io voglio confessarmi a
lei.
Don Marco sin dai primi
tempi del suo sacerdozio aveva smesso di confessare; ma al letto dei moribondi,
sapeva porgere ascolto ai racconti del peccatore che parte, coll'umiltà del
peccatore che rimane: e trovava parole, che davano al morente la certezza
dell'altra vita. Egli si inginocchiò, prese una mano della signora tra la sue,
e appoggiandovi sopra la fronte, disse con dolcezza: «parliamo dell'infinita
bontà di Dio!»
Tecla e Marta
s'allontanarono, e l'inferma cominciò a parlare del suo passato.
Frattanto Giuliano, giungeva
in castello. Aveva messo a salirvi assai più tempo che non bisognasse; essendo
il ponte e la via ingombri dell'ultime schiere di Alemanni; i quali premendosi
gli uni dopo gli altri, e volgendosi addietro come avessero i Francesi alle
reni, si arrampicavano anch'essi su pel colle. A lui poco importava a
quell'ora, l'aspetto confuso di quella moltitudine; e quando potè sboccare per
un rotto del muricciuolo, sul sagrato della chiesa, gli parve d'aver toccato il
cielo. Lassù era un formicare da non potersi descrivere. Gli Alemanni
sfilavano, tenuti un po' in ordine dalle piattonate degli uffiziali; e le
bestemmie dette tra i denti, rispondevano agli spintoni, che nelle strette si
davano gli uni cogli altri. Una donna ritta, sola, colle braccia spenzolate,
più lì per cadere di sfinimento che viva, stava a vedere quel passaggio.
Giuliano nello scantonare verso il presbiterio, quasi la toccò, senza badarle;
e fermandosi ansante in fondo alla scala di don Apollinare, gridò: «signor
pievano!»
«Chi lo vuole?» rispose
di dentro la voce dolce di donna Placidia.
«Mia madre! Lo mandi a
casa mia, mia madre muore.
«Chi siete, che madre
dite?
«La signora
Maddalena...! Lo mandi col viatico...! C'è laggiù don Marco....
«Oh che caso, Maria
Santissima, che caso! - esclamò donna Placidia; e si levò frettolosa dalla
finestra, mentre Giuliano senza attendere risposta, diede di volta correndo, a
rifare la sua via.
Di certo egli non intese
un altissimo grido, che in quel momento mandò la donna, vista e non ravvisata
da lui arrivando; perchè, anche occupato com'era di sua madre, per la pietà si
sarebbe fermato a offrire aiuto. E allora avrebbe trovato Bianca, la povera
Bianca, che finita la sfilata degli Alemanni, senza che suo marito comparisse;
appunto mentre Giuliano aveva detto a donna Placidia che la signora Maddalena
era morente; essa vedeva passare il cavallo del barone, menato a mano da uno
degli ultimi ulani, che chiudevano quella fuga notturna. Indovinò da sè che
l'Alemanno era morto; provò spavento di non sentirsi uccidere dal dolore; le
rimorse di provare un senso, come di chi apre la braccia alla libertà; le parve
di destarsi da un sogno, d'essere tornata la fanciulla di pochi mesi innanzi;
ma la chiamata di Giuliano a donna Placidia, fu come un urto ricevuto nel petto,
che la ricacciò nell'abisso, da cui le sembrava di uscire. Rifinita, strozzata
dall'angoscia, sola, si trascinò sotto il portico della chiesa, e là cadde,
gettando quel grido, da diacciare il sangue addosso a chi l'avesse udito.
Ma in castello non v'era
più anima viva, salvo che, donna Placidia; la quale non potè udire quel grido,
perchè alla chiamata di Giuliano, si era messa in volta pel presbiterio, come
persona che non sa dove dar del capo. Si sarebbe detto che cercasse il pievano,
ma non era vero; sapendo essa che dopo aver cantato tutto il giorno in coro il Te
Deum per le armi vincitrici; avuto sentore della ritirata degli Alemanni,
egli era montato sulla giumenta, e senza dire a lei nè ai nè bai, aveva preso
la via del Monferrato. Essa l'aveva visto andare, senza dolersi di essere
piantata a quel modo: e forse mentre Giuliano la chiamava, si preparava
pregando a ricevere la morte dai Francesi. Ma ora che sventura era la sua! La
signora Maddalena aveva bisogno di suo fratello, ed egli non v'era! Stata così
un tratto a pensare il da farsi, rammentò che il giovane le aveva detto, che a
casa sua v'era già don Marco; le parve d'uscir d'imbarazzo, e preso un lume,
discese in sagrestia. Là aperto un armadio, ne cavò il libro delle preghiere,
una stola, un amitto; s'avvolse con questo la destra, corse all'altare,
s'inginocchiò; e parlando proprio di sentimento al Cristo inalberato là sopra,
gli disse: «lo faccio a fin di bene.... laggiù vi è don Marco, e la povera
signora Maddalena vi aspetta.» Si segnò, aperse il ciborio, vi spinse la mano
avvolta nel pannolino.... tastò.... non v'era più nulla. «Oh Dio! - esclamò
essa - eppure soldati qui non ce ne sono venuti! Oh il Signore non vuole che io
commetta sacrilegio?» Spalancò gli occhi, un sudore freddo le lavò la faccia, e
avendo pronunziate ad alta voce le ultime parole, udì rispondere dalle volte
della chiesa: «sacrilegio.» Allora la sua mente fu per ismarrirsi; non vide più
che fuoco: il ciborio, l'altare, il Cristo, tutto fuoco, anche l'amitto da cui
le parve di sentirsi scottare; lo gettò, guardandosi attorno; e via, colla
stola e col libro delle preghiere, fuggì per la chiesa, paurosa del rimbombo
che i suoi passi facevano sulle sepolture... Non le parendo vero di toccar viva
la porta, agguantò la grossa chiave; il terrore le diede forza di girarla nella
serratura, e aperto un battente, si lanciò fuori come un fantasma.
Bianca che era là sotto
il portico, si levò ginocchioni a quella vista, e giungendo le mani: «o Madonna
- disse - vi ho tanto pregata!»
«O signora Bianca! -
gridò donna Placidia, riconoscendo la giovane alla voce; - taccia per carità,
che io non sono la Madonna! Sono io, e ho già troppo peccato.... m'aspetti qui
un tantino, vado dalla signora Maddalena.
«Lasci venire anche
me.... che io possa morire sulla sua porta...! - pregò Bianca, tendendo le mani
dietro a donna Placidia, passata oltre: e levatasi, la seguì come una
pazzarella, giù per la stessa china fatta da Giuliano.
Pareva che le due donne
s'affrettassero per raggiungere il giovane; ma egli rientrava in quel punto
nella camera della morente.
«Giuliano, - diceva don
Marco vedendolo tornare: - tua madre ha qualche cosa da dirti.
«Dica, dica, mamma! -
esclamò Giuliano; e correndo vicino al guanciale, si chinò quasi a toccar colla
sua, la testa della povera donna.
«Oh, figlio mio, -
diceva essa stentando; - non lasciarmi morire, senza avermi detto che cosa sarà
della povera Tecla. Tu glie lo darai un poderetto dei nostri? Tu ne piglierai
cura come fosse tua sorella?
«Sorella, figlia, donna;
Tecla sarà per me quello che lei, madre, vorrà!
«Donna....? Tu la
piglieresti per donna? Oh! ne sentirei la gioia fin nel sepolcro!»
Giuliano corse
all'uscio, chiamò Marta e Tecla, e tornò a inginocchiarsi al guanciale della
madre. Le due donne, che stavano nella stanza là presso, vennero e
s'inginocchiarono anch'esse a piè del letto. Tra la signora Maddalena e il suo
figliuolo, correvano occhiate lunghe; e in quel silenzio pareva che la madre
facesse ancora al figlio qualche secreta raccomandazione. Alfine essa
accennando alla fanciulla d'avvicinarsi, dalla banda del letto di contro a
Giuliano, pigliò la destra di lei e le disse:
«Tecla, se un giorno
sposerai un uomo di cui tu sei degna, ricordati delle cose che io diceva.... e
pensa che io sarò sempre con te.... sempre. Giuliano ti benedico.... Marta
amate, servite questa fanciulla: noi due saremo le prime a rivederci in cielo.
Ma e il pievano non viene?
«Si dia pace! - entrò a
rispondere, umile e quasi vergognosa donna Placidia, che arrivata in quel
punto, era venuta da sè nella camera, colla confidenza che usano i preti in
casa ai moribondi.
«O donna Placidia..., -
disse la morente - guardi mio figlio come si affligge...! Giuliano, non vedi i
nostri amici che vengono a trovarci?... E a momenti, sarà qui anche il pievano,
nevvero?
«Signora Maddalena, -
disse don Marco, che in quel mezzo aveva saputo da donna Placidia la fuga del
pievano: - pensi ai mille morti che giacciono per i campi in faccia a questa
casa: nessun prete gli ha visti, eppure essi sono già tutti nel seno di Dio!
«Oh sì! sì! li veggo! -
mormorò la signora, cui l'immagine di tanti morti fece uscire di conoscimento:
- quante palme, quante corone! Li veggo salire, salire, fin sopra le stelle; o
benedetti, attendetemi; siete morti per ricondurmi mio figlio! Tecla,
Giuliano.... li seguo.... li seguo! Oh...! che dolce morire!»
Cessò la voce, sorrise,
rimase cogli occhi fissi; e ai bagliori di essi, don Marco indovinava gli spazi
infiniti, in cui si sprofondavano quegli ultimi sguardi.
Allora donna Placidia
pose la stola sul petto della moribonda, e porse il libro delle preghiere a don
Marco, il quale dolcemente le accennò di star zitta.
La signora era entrata
nell'agonia. Essa che aveva pensato sempre, con mesta dolcezza, al giorno in
cui, udendo i rintocchi della sua agonia, tutta la gente del borgo, si sarebbe
inginocchiata a pregare per lei; e in quel pensiero aveva goduto di non avere
mai fatto male a nessuno: essa doveva partirsi dal mondo, mentre il villaggio
era deserto! Ebbe pochi istanti d'affanno, pochi sospiri: disse ancora alcune
parole rotte; poi le sue mani s'allentarono del tutto; la sua persona fece un
moto, come per adagiarsi meglio; e finì quasi addormentandosi in un sonno
tranquillo.
Don Marco s'avvide pel
primo che essa era morta. Allora andò alla finestra, la spalancò e guardando il
cielo, che già faceva l'aurora, disse: «o Maddalena, te beata, che ora almeno
tu sali!»
A quelle sue parole,
venne su dal piazzale un singhiozzo. Egli si curvò per vedere che fosse,
chiedendo: «chi piange costaggiù?»
«Dunque anch'essa è
morta?» rispose Bianca venuta dietro donna Placidia, e rimasta a piè dei
gradini dell'atrio, tremante come si sentisse rea di quella morte.
«Essa vive! - proruppe
don Marco, non riconoscendo quella voce: - ecco la sua glorificazione! Udite?»
Così dicendo, volse la faccia verso l'alcova, tenendo le braccia tese fuori
della finestra, la testa alta, la persona ritta che pareva ringiovanito. Un
suono di strumenti guerrieri, un concento di migliaia di voci che cantavano
l'inno dei Marsigliesi, si levava in quel punto dai campi Francesi così alto,
così di sentimento, che la valle n'era commossa, come da qualche cosa di
sovrumano.
Giuliano, caduto in tale
stupore che pareva coll'anima nell'eternità; udendo i canti e i suoni Francesi
avvicinarsi a invadere il borgo; provò uno spasimo grande, si levò ritto, baciò
in fronte la madre, e uscì di casa a furia. Marta, che appena spirata la
signora, presa da chi sa quale pensiero, era corsa mezzo soffocata dai
singhiozzi, a nascondere gli schioppi del giovane in cucina; incontrandolo
nella sala terrena così stravolto, ebbe nel suo dolore tanta forza di lodarsi
della sua pensata. E provandosi a rattenerlo, corse dietro lui sin nell'atrio;
ma là si fermò, per un'altra scena dolorosa, in cui a prima giunta non capì
nulla. Vide donna Placidia che s'affaticava a trascinar una giovane, lontano da
quella casa: e la giovane si difendeva, pregando per carità di essere lasciata
lì, che essa non faceva male a nessuno. Ma appena spuntò Giuliano dall'atrio,
parve che a colei fossero stati troncati i nervi; e cadde, poveretta, di
sfascio gridando:
«Giuliano, Giuliano, per
la morte di vostra madre, non mi maledite!»
Egli stette un istante,
come colto da vertigine; si cacciò le mani nei capelli; fu per prorompere in un
fiero lamento; ma fattosi forza, quasi avesse a rompere una catena che gli si
stringesse ai polsi, tirò diritto senza dire parola. Gli pareva d'aver uno alle
spalle, che gli gridasse: «cammina, va, piglia la via dei monti - le selve, le
solitudini, il cielo.... là troverai tua madre!» E così senza scegliere,
tirando innanzi come uno che si rimetta in una guida che non può fallire;
traversò il torrente, guadagnò una vetta dell'opposta sponda, poi un'altra ed
un'altra; salì, salì non sentendo fatica, non affanno di petto; e giunse in
cima al più erto dei gioghi di Montenotte. Oh se avesse potuto struggersi,
dileguarsi, svanire come ombra, lassù! Vi regnava una pace! Il mare splendeva
poco lontano, azzurro, liscio, solitario; e gli parve che nulla di più bello
dell'esser sepolto nel silenzio eterno di quei fondi. Ma spuntava
dall'orizzonte una vela bianca, sottile, che procedeva come cosa impavida; il
mare era bello, ma quella era la vita! Le foreste lì sotto a lui stormivano
incurvate dal vento, mandando suoni di voci misteriose. Quelle foreste
verdeggiavano, prosperavano da secoli, godevano forse; ma che lutto se pei loro
folti non si fossero intesi i colpi delle scuri, i canti dei boscaiuoli, i
tintinaboli delle mandre alla pastura! Giuliano ascoltava, contemplava sentiva
il pregio infinito del poter vivere per onorare in sè stesso la madre morta; e
nel cuore gli veniva la calma che i dolori dello spirito danno al sapiente.
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