Tu che servo di corte
ingannatrice
I giorni traggi dolorosi e foschi,
Vieni, amico mortal, fra questi boschi,
Vieni, e sarai felice.
Qui nè di spose nè di
madri il pianto
Nè di belliche trombe udrai lo squillo;
Ma sol dell'aure il mormorar tranquillo
E degli augelli il
canto.
Qui sol d'amor sovrana è
la ragione,
Senza rischio la vita e senza affanno:
Ned altro mal si teme, altro tiranno,
Che il verno e
l'aquilone.
Quando in volto ei mi
sbuffa e col rigore
De' suoi fiati mi morde, io rido e dico:
Non è certo costui nostro nemico
Nè vile adulatore.
Egli del fango prometéo
m'attesta
La corruttibil tempra, e di colei
Cui donaro il fatal vase gli dei
L'eredità funesta.
Ma dolce è il frutto di
memoria amara;
E meglio tra capanne e in umil sorte,
Che nel tumulto di ribalda corte,
Filosofia s'impara.
Quel fior che sul mattin
sì grato olezza
E smorto il capo su la sera abbassa,
Avvisa, in suo parlar, che presto passa
Ogni mortal vaghezza.
Quel rio che ratto
all'oceàn cammina,
Quel rio vuol dirmi che del par veloce
Nel mar d'eternità mette la foce
Mia vita peregrina.
Tutte dall'elce al
giunco han lor favella,
Tutte han senso le piante: anche la rude
Stupida pietra t'ammaestra, e chiude
Una vital fiammella.
Vieni dunque, infelice,
a queste selve:
Fuggi l'empie città, fuggi i lucenti
D'oro palagi, tane di serpenti
E di perfide belve.
Fuggi il pazzo furor,
fuggi il sospetto
De' sollevati; nel cui pugno il ferro
Già non piaga il terren, non l'olmo e il cerro,
Ma de' fratelli il
petto.
Ahi di Giapeto iniqua
stirpe! ahi diro
Secol di Pirra! Insanguinata e rea
Insanisce la terra, e torna Astrea
All'adirato empiro.
Quindi l'empia ragion
del più robusto,
Quindi falso l'onor, falsi gli amici,
Compre le leggi, i traditor felici,
E sventurato il giusto.
Quindi vedi calar
tremendi e fieri
De' Druidi i nipoti, e vïolenti
Scuotere i regni e sgomentar le genti
Con l'armi e co'
pensieri.
Enceladi novelli, anco
del cielo
Assalgono le torri: a Giove il trono
Tentano rovesciar, rapirgli il tuono
E il non trattabil telo.
Ma non dorme lassù la
sua vendetta:
Già monta su l'irate ali del vento:
Guizzar già veggo, mormorar già sento
Il lampo e la saetta.
|