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Vincenzo Monti Poesie IntraText CT - Lettura del testo |
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Invito d’un solitario ad un cittadino
Tu che servo di corte ingannatrice I giorni traggi dolorosi e foschi, Vieni, amico mortal, fra questi boschi, Vieni, e sarai felice. Qui nè di spose nè di madri il pianto Nè di belliche trombe udrai lo squillo; Ma sol dell'aure il mormorar tranquillo E degli augelli il canto. Qui sol d'amor sovrana è la ragione, Senza rischio la vita e senza affanno: Ned altro mal si teme, altro tiranno, Che il verno e l'aquilone. Quando in volto ei mi sbuffa e col rigore De' suoi fiati mi morde, io rido e dico: Non è certo costui nostro nemico Nè vile adulatore. Egli del fango prometéo m'attesta La corruttibil tempra, e di colei Cui donaro il fatal vase gli dei L'eredità funesta. Ma dolce è il frutto di memoria amara; E meglio tra capanne e in umil sorte, Che nel tumulto di ribalda corte, Filosofia s'impara. Quel fior che sul mattin sì grato olezza E smorto il capo su la sera abbassa, Avvisa, in suo parlar, che presto passa Ogni mortal vaghezza. Quel rio che ratto all'oceàn cammina, Quel rio vuol dirmi che del par veloce Nel mar d'eternità mette la foce Mia vita peregrina. Tutte dall'elce al giunco han lor favella, Tutte han senso le piante: anche la rude Stupida pietra t'ammaestra, e chiude Una vital fiammella. Vieni dunque, infelice, a queste selve: Fuggi l'empie città, fuggi i lucenti D'oro palagi, tane di serpenti E di perfide belve. Fuggi il pazzo furor, fuggi il sospetto De' sollevati; nel cui pugno il ferro Già non piaga il terren, non l'olmo e il cerro, Ma de' fratelli il petto. Ahi di Giapeto iniqua stirpe! ahi diro Secol di Pirra! Insanguinata e rea Insanisce la terra, e torna Astrea All'adirato empiro. Quindi l'empia ragion del più robusto, Quindi falso l'onor, falsi gli amici, Compre le leggi, i traditor felici, E sventurato il giusto. Quindi vedi calar tremendi e fieri De' Druidi i nipoti, e vïolenti Scuotere i regni e sgomentar le genti Con l'armi e co' pensieri. Enceladi novelli, anco del cielo Assalgono le torri: a Giove il trono Tentano rovesciar, rapirgli il tuono E il non trattabil telo. Ma non dorme lassù la sua vendetta: Già monta su l'irate ali del vento: Guizzar già veggo, mormorar già sento Il lampo e la saetta. |
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