II.
Dicembre 1848.
La proclamazione di Luigi
Bonaparte come presidente della Repubblica fu fatta il 20 dicembre.
Il tempo, splendido fino a quel
giorno e che sembrava indicasse il ritorno della primavera piuttosto che quello
dell'inverno, si era bruscamente cambiato.
Fu quello il primo giorno freddo
dell'anno.
La superstizione del popolo
parve sussurrare che il sole d'Austerlítz si oscurava.
Questa proclamazione fu fatta in
una maniera molto singolare. Essa ebbe luogo tutto in un tratto il mercoledì.
Verso le tre le adiacenze
dell'Assemblea si coprirono di truppe. Un reggimento di fanteria venne ad
agglomerarsi sul di dietro del palazzo d'Orsaye un reggimento di dragoni si
scaglionò lungo la strada. I cavalieri tremavano e sembravano tristi. La
popolazione accorreva inquieta, non sapendo che cosa significava tutto ciò.
Da qualche giorno si parlava
vagamente di un movimento bonapartista. I sobborghi, si diceva, dovevano andare
all'Assemblea e dovevano gridare: — Viva l'imperatore! —
La vigilia i valori erano scesi
di tre franchi. Napoleone Bonaparte, il figlio di Girolamo, era corso a
trovarmi allarmatissimo.
L'Assemblea somigliava ad una
piazza. Erano piuttosto dei capannelli anzichè un parlamento.
Si discuteva alla tribuna, senza
che nessuno ascoltasse, una proposta molto utile in quel momento, per regolare
la pubblicità delle sedute e sostituire la tipografia dello Stato, l'antica
tipografia imperiale, alla tipografia del Monitore. Bureau de Puzy questore
aveva la parola.
Tutto ad un tratto l'Assemblea
si scuote ed un gruppo di rappresentanti, entrando dalla porta a sinistra, la
invade. L'oratore s'interrompe.
Era la commissione incaricata
dello spoglio dei voti, che entrava e veniva per proclamare il nuovo
presidente.
Erano le quattro; le lampade
erano già accese; alle tribune una folla immensa, il banco dei ministri al
completo.
Cavaignac, calmo, vestito di un
soprabito nero, senza decorazioni, era al suo posto. Egli aveva cacciato la sua
mano fra i bottoni del suo soprabito e non badava a rispondere a Bastide che
ogni tanto si chinava al suo orecchio.
Fayet, vescovo d'Orleans, si era
seduto sopra ad una sedia sotto al generale, ciò che fece dire al vescovo di
Langres, l'abate Parisis:
— Quello è il posto di un
cagnolino, non di un vescovo. Lamartine era assente.
Il relatore, Waldeck-Rousseau,
lesse un discorso freddo, freddamente ascoltato. Quando egli giunse alla
lettura dei voti ricevuti da ciascun candidato e ch'egli lesse quelli avuti da
Lamartine, la destra scoppiò in una risata. Brutta vendetta, sarcasmo infelice,
della impopolarità del domani.
Cavaignac si congedò con poche e
brevi parole, alle quali tutta l'Assemblea battè le mani. Egli annunziò che il
ministero si dimetteva in massa e che egli, Cavaignac, deponeva il potere.
Alcuni rappresentanti piangevano.
Quindi, il presidente Marrast,
proclamò «il cittadino Luigi Bonaparte» presidente della Repubblica.
Alcuni rappresentanti seduti nei
vari posti vicini a quello dove aveva seduto Luigi Bonaparte, applaudirono.
Tutto il rimanente dell'Assemblea conservò un silenzio glaciale. Si abbandonava
l'amante per prender marito.
Armand Marrast chiamò l'eletto
dal paese a prestare il giuramento. Avvenne un gran movimento.
*
* *
Luigi Bonaparte, strettamente vestito
di nero, con la decorazione di rappresentante del popolo e la croce della
Legion d'onore sul petto, apparve dalla porta a destra, salì alla tribuna, e
pronunciò con voce calma il giuramento di cui il presidente Marrast suggeriva
le parole.
Egli prese Dio e gli uomini a
testimoni, quindi lesse, con un accento straniero che dispiaceva, un discorso
interrotto da qualche raro mormorio di approvazione. Egli fece l'elogio di
Cavaignac; e questo fu rimarcato e applaudito.
Dopo qualche minuto scese dalla
tribuna, coperto, non, come Cavaignac, dalle acclamazioni della Camera, ma da
un immenso grido di:
— Viva la Repubblica!
Una voce gridò:
— Viva la Costituzione!
Prima di uscire, Luigi Bonaparte
andò a serrar la destra del suo antico precettore, Vieillard, seduto all'ultimo
settore a sinistra. Poi, il presidente dell'Assemblea, invitò gli ufficiali
della Camera ad accompagnare il presidente della Repubblica ed a fargli
rendere, sino al suo palazzo, gli onori dovuti al suo rango.
La frase fece mormorare la Montagna.
Io gridai dal mio banco
— Dovuti alle sue funzioni!
*
* *
Il presidente dell'Assemblea
annunziò che il presidente della Repubblica, aveva incaricato Odilon Barrot di
comporre il ministero e che l'Assemblea sarebbe stata informata del come si sarebbe
composto il nuovo gabinetto, da un messaggio; e che, del resto, quella sera
stessa, si sarebbe distribuito ai rappresentanti un supplemento del Monitore.
Fu rimarcato (poichè si guardava
a tutto in quel giorno nella quale cominciava una nuova fase decisiva) che il
presidente Marrast chiamava Luigi Bonaparte cittadino, e Odilon Barrot, signore.
Intanto, gli uscieri, con alla
testa il loro capo Duponceau, gli ufficiali della Camera, i questori, e fra
loro il generale Lebreton in grande uniforme, si erano raggruppati ai piedi
della tribuna, e molti rappresentanti si erano aggiunti a loro; si fece largo;
Luigi Bonaparte usciva.
Qualche deputato volle alzarsi.
Si gridò:
— A sedere! A sedere!
Luigi Bonaparte uscì. I
malcontenti, per far risaltare la loro indifferenza, vollero continuare la
discussione sulla proposta della stamperia. Ma l'Assemblea era troppo agitata
per poter restare ai suoi banchi. Ci si alzò rumorosamente e la sala si vuotò.
Era durato una mezz'ora.
Quando uscii dall'Assemblea,
solo, e sfuggito come un uomo che ha mancato ed ha sdegnato d'afferrare
l'occasione per esser ministro, incontrai nell'avansala, in fondo allo scalone,
un gruppo nel quale notai Montalembert, e che conteneva anche Changarnier in
uniforme di luogotenente-generale della guardia nazionale.
Changarnier tornava dall'avere
accompagnato Luigi Bonaparte all'Eliseo. Io lo sentii dire:
— È andato benissimo tutto.
Allorchè mi ritrovai solo sulla
piazza della Rivoluzione, non v'erano più nè le truppe, nè la folla; tutto era
scomparso.
Qualche passante veniva dai
Campi Elisi.
La notte era nera e fredda; un
vento ghiaccio soffiava dalla marina, e, nello stesso tempo, un grosso uragano,
lampeggiando all'occidente, copriva l'orizzonte di bagliori silenziosi.
Il vento di decembre, mescolato
ai lampi d'agosto, tali furono i presagi di quella giornata.
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