XII.
La spedizione di
Roma8
On. Victor Hugo: — (Profondo
silenzio:) Signori, io entro subito nella questione.
Una parola del ministro degli
affari esteri che, secondo il mio giudizio, interpretava male e al di fuori del
vero, il voto emesso dall'Assemblea costituente, m'impone il dovere, avendo
votato la spedizione romana, di ristabilire l'origine dei fatti.
Nessun dubbio, nessun'ombra deve
rimanere su quel voto che ha creato e che farà nascere ancora molti
avvenimenti.
In un affare così grave, io
penso come l'on. relatore, è assolutamente necessario di precisare il punto dal
quale noi siamo partiti perchè si giudichi meglio il punto a cui siamo arrivati.
Signori, dopo la battaglia di
Novara, il progetto della spedizione di Roma fu presentato alla defunta
Assemblea nazionale.
Il generale Lamoricière salì a
questa tribuna e ci disse:
— L'Italia ha perduto la sua
battaglia di Waterloo — io cito il sunto delle parole che voi potrete benissimo
riscontrare nel Monitore — l'Italia ha perduto la sua battaglia di
Waterloo; l'Austria è padrona dell'Italia, padrona della situazione; l'Austria
marcia su Roma come marciò su Milano, ed ella va a fare a Roma ciò che ha fatto
a Milano, ciò che ha fatto dappertutto; proscrivere, imprigionare, fucilare,
condannare. Volete che la
Francia assista con le braccia incrociate a questo
spettacolo? Se voi non lo volete, prevenite l'Austria e marciate su Roma.
L'on. presidente del consiglio
gridò: — La Francia
deve andare a Roma per salvaguardare la libertà e l'umanità! — Ma il generale
Lamoricière aggiunse:
— Se noi non potremo salvare la
repubblica, salviamo almeno la libertà! — La spedizione romana fu votata.
L'Assemblea costituente non
esitò punto, o signori. Ella votò la spedizione romana col fine della umanità e
della libertà indicate dallo stesso presidente del consiglio; ella votò la
spedizione romana col fine di contrappesare la battaglia di Novara; ella votò
la spedizione romana per mettere la spada della Francia dove stava per cadere
la spada dell'Austria (agitazione), votò la spedizione romana...... io
insisto su questo punto: non una parola di più fu detta, non una spiegazione di
più fu data se vi furono dei voti con una certa restrizione mentale, lo ignoro
(si ride)... — l'Assemblea costituente votò, noi votammo la spedizione
romana perchè non si dicesse che la
Francia era assente, quando da una parte, l'interesse
dell'umanità, dall'altra, l'interesse della sua grandezza, la chiamavano. La
chiamavano per tutelare contro l'Austria Roma e gli uomini impegnati nella
repubblica romana; contro l'Austria la quale, nella guerra che essa fa alle
rivoluzioni, ha l'abitudine di disonorare tutte le sue vittorie, se vittorie
possono chiamarsi quelle che ella macchia con inqualificabili indegnità! (Scoppio
fragoroso di applausi a sinistra. Violenti proteste a destra. — L'oratore si
volge da quella parte).
Voi gridate?... Questa
espressione così debole la trovate troppo forte?!... Ah! certe indignazioni
fanno allora scoppiare dal mio cuore la collera che contenevo! Come? la tribuna
inglese ha diffamato questi fatti fra gli applausi di tutti i partiti, e la
tribuna di Francia sarà meno libera della tribuna d'Inghilterra?! Ascoltate!...
(Ascoltate! Ascoltate!) Ebbene! io lo dichiaro; vorrei che in questo
momento, da questa tribuna echeggiasse una voce così robusta, che bollando le
tasse, le estorsioni di denaro, le spogliazioni, le fucilate, le esecuzioni in
massa, le bastonate date alle donne, bollando tutte queste infamie, mettesse il
governo austriaco alla gogna di tutta l'Europa! (Uragano d'applausi).
Per conto mio, intanto, soldato
oscuro, ma devoto all'ordine e alla civiltà, rigetto con tutta la forza del
cuore indignato, quei barbari che rispondono al nome di Radetzki e di Haynau (agitazione)
i quali pretendono anch'essi di servire la santa causa della civiltà facendole
l'abbominevole ingiuria di difenderla con la barbarie!... (Nuove
acclamazioni).
Io venni qui, o signori, —per
ricordarvi per quali ragioni la spedizione di Roma fu votata. Lo ripeto: volli
compiere un dovere. L'Assemblea costituente non esiste più, essa non è più al
suo posto per potersi difendere; il suo voto adesso si trova nelle vostre mani,
per così dire; è affidato alla vostra discrezione; a questo voto potrete unire
tutte le conseguenze che vi piaceranno. Ma se accadesse che queste conseguenze
fossero fatali all'onore del mio paese, io avrò per lo meno messa in luce e
ristabilita la intenzione puramente umana e liberale dell'Assemblea
costituente, e l'idea della spedizione protesterà contro il resultato della
spedizione stessa. (Bravo).
Intanto, come la spedizione
abbia deviato dal suo fine, voi tutti lo sapete; io non insisto, trascorro
rapidamente su dei fatti compiuti che deploro, e giungo alla situazione.
La situazione, eccola:
Il due giugno l'armata è entrata
in Roma. Il papa è stato restaurato puramente e semplicemente; bisogna bene che
io lo dica. (Agitazione). Il governo clericale, che io distinguo assai
dal governo pontificio come viene inteso dagli uomini eletti, e quale Pio IX,
in un certo momento sembrava lo avesse inteso, il governo clericale è
ristabilito a Roma. Un triumvirato è stato rimpiazzato da un altro. Gli atti di
questo governo clericale, gli atti di questi tre cardinali, voi li conoscete e
io non ho bisogno di dettagliarveli; mi sarebbe difficile enumerarli senza
classificarli, e io non voglio irritare questa discussione. (Risa ironiche a
destra).
Mi basterà dire che fin dai suoi
primi momenti l'autorità clericale, abbandonata alla reazione, e animata dallo
spirito più cieco e più funesto, ferì gli uomini i più generosi e i più saggi,
ed allarmò tutti gli amici intelligenti del pontefice e del papato. Fin qui, da
noi, l'opinione fu commossa. Ogni atto di questa autorità fanatica, violenta,
ostile a noi medesimi, sconcertò, in Roma l'armata, ed in Francia la nazione.
Si domandò allora se era per
questo che eravamo andati a Roma; e se la Francia faceva laggiù una parte degna di lei. Gli
sguardi inquieti dell'opinione cominciarono a volgersi verso il nostro governo.
(Sensazione).
È a questo punto che una lettera
apparve, lettera scritta dal presidente della repubblica ad uno dei suoi
ufficiali d'ordinanza inviato in missione a Roma.
On. Desmousseaux de Givrè: — Domando la parola. (Si ride).
Victor Hugo: — Sodisfo
subito l'on. Givrè. Signori, per dire tutto intero il mio pensiero, invece di
quella lettera, avrei preferito un atto del governo deliberato in Consiglio.
De Givrè: —Niente
affatto! Niente affatto!... Io non sono di cotesta opinione! (Risate
prolungate).
Victor Hugo: — Io dico il
mio, dei pensieri, e non il vostro! Io, dunque, avrei preferito a quella
lettera un atto del governo. Quanto alla lettera stessa, l'avrei voluta più
vagliata, più meditata; ogni sua parola doveva essere pesata; la più leggera
traccia di leggerezza in un atto grave crea degl'imbarazzi; ma, così m'è,
quella lettera, io lo constato, fu un fatto. Perchè?... Perchè essa non era
altro che una manifestazione dell'opinione, perchè dava sfogo al sentimento
nazionale, perchè rendeva a tutto il mondo il servizio di gridare molto alto
ciò che ognuno pensava; perchè, infine, quella lettera, anche nella sua forma
incompleta, conteneva tutta una politica. (Nuova agitazione).
Essa dava una base ai negoziati
in corso; dava alla santa sede, nel suo interesse, dei consigli utili e delle
indicazioni generose; domandava le riforme e l'amnistia; tracciava al papa, al
quale noi abbiamo reso il servizio, forse troppo grande, di restaurarlo senza
prima aspettare di sapere se il suo popolo lo reclamava... (sensazione
prolungata) tracciava al papa il programma serio di un governo della
libertà, e dico governo della libertà perchè non so chiamare in altro modo un governo
liberale... (Risa, approvazioni).
Qualche giorno dopo quella
lettera, il governo clericale, questo governo che noi abbiamo richiamato,
ristabilito, rialzato; che noi proteggemmo e che proteggiamo anche in questo
momento, e che deve a noi la sua attuale esistenza, il governo pubblicava la
sua risposta.
Questa risposta è il Motu
proprio, con l'amnistia per proscritto.
Vediamo adesso che cos'è questo Motu
proprio. (Profondo silenzio).
Signori, io non parlerò, in qualunque
caso, del capo della cristianità, altro che con un profondo rispetto; io non
dimentico di avere in un'altra sede, glorificato il suo avvento; io sono di
coloro che credettero vedere in lui, a quell'epoca, il più magnifico dono che
la provvidenza può fare alle nazioni, un grand'uomo in un papa. Aggiungo che
adesso, la pietà si è aggiunta al rispetto. Pio IX, oggi, è più disgraziato di
prima; io sono convinto ch'egli è restaurato, ma non è libero. Io non lo
incolpo dell'atto inqualificabile emanato dalla sua cancelleria, ed è questo
che mi da il coraggio di gridare da questa tribuna, sul Motu proprio,
tutta la mia opinione. Lo farò con due parole.
L'atto della cancelleria romana
ha due facce; il lato politico che regola le questioni di libertà, e quello che
io chiamerò il lato caritatevole, il lato cristiano, che regola le questioni di
clemenza.
In fatto di libertà politiche la
santa sede non accorda niente. In fatto di clemenza, ella accorda meno ancora;
accorda la proscrizione in massa. Soltanto ha la bontà di dare a questa
proscrizione il titolo d'amnistia. (Risa e lunghi applausi).
Ecco, o signori, la risposta
data dal governo clericale alla lettera del presidente della repubblica.
Un gran vescovo ha detto, in un
libro rimasto famoso, che il papa ha sempre ambo le mani aperte, e che dall'una
cade incessantemente sul mondo la libertà, dall'altra la misericordia. Voi lo
vedete: il pontefice ha chiuso le sue mani. (Sensazione).
Tale è, o signori, la
situazione. Essa è tutta intera in questi due fatti, la lettera del presidente
ed il Motu proprio, vale a dire la domanda della Francia e la risposta
della santa sede.
È su questi due fatti che voi
potete pronunziarvi. Per quanto si faccia, per quanto si dica per attenuare la
lettera del presidente, per allargare il Motu proprio, un gran vuoto li separa.
L'uno dice si, l'altro dice no. (Bravo! bravo! Si ride) È impossibile uscire
dal dilemma posto dalla forza degli avvenimenti; bisogna assolutamente dar
torto ad uno dei due. (È questo!)
Voi avete dinanzi, da una parte
il presidente della repubblica reclamante la libertà del popolo romano a nome
della grande nazione che da tre secoli spande a fasci la luce ed il pensiero
sul mondo civilizzato; e avete dall'altra, il cardinale Antonelli che rifiuta a
nome del governo clericale. Scegliete!
Secondo la scelta che voi
farete, io non esito a dirlo, l'opinione della Francia si separerà da voi o vi
seguirà. Quanto a me, io non posso credere che la vostra scelta sia dubbia.
Qualunque sia l'attitudine del
gabinetto, qualunque cosa, dica il rapporto della commissione, qualunque cosa
sembri pensare qualche membro influente della maggioranza, è bene tener
presente che il Motu proprio è sembrato poco liberale perfino al
gabinetto austriaco, e io spero che non ci mostreremo più sodisfatti del
principe di Schwartzenberg. (Lungo scoppio di risa).
Voi siete qui, o signori, per
riassumere e tradurre in atti ed in leggi l'alto buon senso della nazione; voi
non vorrete unire un brutto futuro a questa grave ed oscura questione d'Italia,
voi non vorrete che la spedizione di Roma sia, per il governo attuale, ciò che
fu la spedizione di Spagna per la restaurazione. (Sensazione).
Non lo dimentichiamo; di tutte
le umiliazioni, quelle che la
Francia subisce meno volentieri, sono le umiliazioni che le
giungono attraverso l'armata. (Viva emozione).
In qualunque caso io scongiuro
la maggioranza di riflettere; è un'occasione decisiva, per lei e per il paese,
ed ella assumerà con questo voto un'alta responsabilità politica.
Mi addentro ancora meglio nella
questione, o signori.
Riconciliare Roma col papato,
far tornare, con l'adesione popolare, il papato in Roma; rendere questa grande
anima a questo gran corpo; tale deve essere oramai, allo stato a cui i fatti
compiuti hanno condotto la questione, l'opera del nostro governo; opera
difficile, senza dubbio, a causa della irritazione e dei malintesi, ma
possibile ed utile alla pace del mondo.9
Ma per far questo è necessario
che il papato dal canto suo ci aiuti e si aiuti. Da troppo tempo egli rimane
lontano dallo spirito umano e da tutti i progressi del continente. Bisogna che
egli comprenda il suo popolo ed il secolo. (Esplosione di mormorii a destra.
Lunga e violenta interruzione).
Victor Hugo: — Voi
mormorate! voi m'interrompete...
A destra: — Sì! noi
neghiamo quello che voi dite!
Victor Hugo: — Ebbene,
allora io dirò quello che volevo tacere! Colpa vostra! (Fremito d'attenzione
nell'Assemblea). Ma come?!... In Roma, in quella Roma che ha per tanto
tempo guidato luminosamente i popoli, sapete voi, o signori, a qual punto si
trova la civilizzazione?... Niente legislazione, o, per meglio dire, per tutta
la legislazione non so qual caos di leggi feudali e monastiche le quali
producono fatalmente la barbarie nei giudizi criminali e la venalità nei giudizi
civili. Soltanto a Roma, quattordici tribunali eccezionali! (Applausi —
Parlate! Parlate!)
Dinanzi a questi tribunali,
nessuna garanzia, d'alcun genere, per chicchesia! Le sedute sono segrete, la
difesa orale è proibita. Dei giudici ecclesiastici giudicano le cause laiche e
le persone laiche! (Agitazione).
Io continuo!
L'odio al progresso in tutte le
cose. Pio VII aveva creato una commissione speciale per la vaccinazione. Leone
XII l'ha abolita! Che cosa posso dirvi? La confisca, legge di stato; il diritto
d'asilo in vigore, gli ebrei ammonticchiati e chiusi tutte le sere come nel
quindicesimo secolo; una confusione inaudita ed il clero mischiato dappertutto!
I curati scrivono i rapporti di polizia. I custodi della pubblica ricchezza,
del denaro pubblico, non debbono render conto al tesoro, ma a Dio solo.
(Lungo scoppio di risa).
Io continuo! (Parlate!
Parlate!)
Due censure pesano sul pensiero,
la censura politica e la censura clericale; l'una strangola l'opinione, l'altra
chiude le coscienze. (Profonda sensazione).
Si è ristabilita la
inquisizione... Io so bene che mi si dirà che la inquisizione non è più che un
nome; ma è un nome orribile ed io non mi fido, poichè all'ombra di un cattivo
nome non possono crescere che delle cattive cose! (Esplosione di applausi).
Ecco qual'è la situazione di
Roma. Tutto questo non è una condizione di cose mostruosa?!... (Sì! Sì! Sì!)
Signori, se voi volete che la
riconciliazione di Roma col papato si compia bisogna che questo stato di cose finisca!
Bisogna che il papato, lo ripeto, comprenda il suo popolo e comprenda il
secolo; bisogna che lo spirito del vangelo penetri e distrugga la morta gora di
tutte queste istituzioni divenute barbare. Bisogna che il papato spieghi questa
doppia bandiera cara all'Italia: secolarizzazione e nazionalità!
Bisogna che il papato, io non
voglio dire che prepari, ma, per lo meno, si comporti in modo da non respingere
gli alti destini che lo aspettano nel giorno, giorno inevitabile, della liberazione
e dell'unità d'Italia. (Esplosione di: Bravo!) Bisogna infine che egli
si guardi dal suo peggior nemico; ora, il peggior nemico suo, non è lo spirito
rivoluzionario; è lo spirito clericale. Lo spirito rivoluzionario non può che
rialzarlo; lo spirito clericale può ucciderlo! (Rumori a destra. — Bravo! a
sinistra).
Ecco, o signori, in qual senso
il governo francese dovrebbe influire sul governo romano. Ecco in qual senso io
vorrei una clamorosa manifestazione dell'Assemblea, la quale, respingendo il Motu
proprio e adottando la lettera del presidente, darebbe alla nostra
diplomazia un forte punto d'appoggio.
Dopo quello che la Francia ha fatto per la
santa sede, ella ha il diritto di far conoscere e d'inspirare le proprie idee.
Certo, si avrebbe anche quello d'imporle! (Proteste alla destra).
Voci diverse: — Imporre
le vostre idee?... Ah, ah! Provatevi!...
Victor Hugo: — Mi
s'interrompe ancora? ... Imporre le vostre idee, mi si dice; ma lo pensate
davvero?... Voi, dunque, volete contradire il papa?... Come farete per
contradire il pontefice?...
Signori, se noi volessimo
davvero contradire il papa, chiuderlo nel Castel S. Angelo, oppure condurlo a
Fontainebleau.... (Al ricordo dell'opera di Napoleone I, i napoleonidi del
«piccolo» balzano come offesi dalla vipera. Grida e proteste)...
l'obiezione sarebbe seria e la difficoltà molta.
Sì, ne convengo senza esitare,
il contrasto sarebbe malagevole viso a viso con un tale avversario; la forza
materiale si piega e si torce di fronte alla potenza spirituale. I battaglioni
non possono nulla contro i dogmi; io dico questo... per una parte
dell'Assemblea, e aggiungo, per l'altra parte, che non possono nulla nemmeno
contro le idée. (Sensazione).
Esistono due chimère ugualmente
assurde, e sono; l'oppressione di un papa e la compressione di un popolo! (Nuovo
mormorio).
Certo io non desidero che si
scelga la prima di queste chimère; ma manca forse la maniera di sconsigliare il
papa di tentare la seconda?...
Ma come! signori. Il papa
abbandona Roma al braccio secolare?... L'uomo che dispone dell'amore e della
fede ricorre alla forza brutale, come se egli non fosse altro che un
disgraziato principe temporale?... Lui, l'uomo della luce, vuol gettare il suo
popolo nella notte? Non potete avvertirlo? Il pontefice viene spinto in una
voragine fatale; lo si consiglia ciecamente a fare il male; non possiamo noi
consigliarlo a fare il bene?... (È vero!)
Vi sono dei momenti, e questo è
uno di quelli, nei quali un grande governo deve parlar chiaro e forte.
Seriamente, tuttociò, è contradire il papa? è violentarlo?... (No! no! a
sinistra. — Sì! Sì! a destra).
Ma voi stessi, voi che fate
delle obiezioni, non siete contenti che a metà, dopo tutto; il rapporto della
commissione ne conviene, voi avete ancora molte altre cose da chiedere al santo
padre. I più sodisfatti fra voi vogliono un'amnistia. Se egli rifiuta, come vi
comporterete? La esigerete questa amnistia? La imporrete?... si o no?... (Sensazione)
Una voce a destra: — No!
(Agitazione).
Victor Hugo: — No?!
Allora voi lascerete il patibolo inalzarsi a Roma?... presenti voi, all'ombra
della bandiera francese?... (Fremito su tutti i banchi. — Volto alla destra:)
Ebbene; io lo dico a onor vostro; voi non lo farete! Quella parola imprudente
io non l'accetto; non è uscita dai vostri cuori! (Violento tumulto a destra).
La stessa voce: —Il papa
farà ciò che vorrà; noi non lo contradiremo!
Victor Hugo: — Ebbene!
allora lo contradiremo noi! e se egli rifiuta l'amnistia, noi glie la
imporremo! (Lungo applauso a sinistra).
Permettete, o signori, che io
termini con una considerazione, che vi colpirà, lo spero, poichè essa è fatta
unicamente nell'interesse francese.
Indipendentemente dalla cura del
nostro onore, indipendentemente dal bene che noi vogliamo fare, secondo il
partito verso il quale incliniamo, sia per il popolo romano, sia per il papato,
noi abbiamo a Roma un interesse serio, pressante, sul quale saremo tutti
d'accordo; e tale interesse eccolo qua, è questo: bisogna venir via il più
presto possibile. (Denegazioni a destra).
Noi abbiamo interesse a che Roma
non diventi un'altra Algeria. (Agitazione. — A destra: Bah!) con tutti
gl'inconvenienti dell'Algeria stessa senza il compenso di essere una conquista
ed un nostro possedimento; una specie d'Algeria, dico, dove manderemo
all'infinito i nostri milioni e i nostri soldati, quei soldati che la frontiera
reclama e quei milioni de' quali le nostre miserie hanno tanto bisogno (Bravo!
a sinistra. — Mormorio a destra) e dove saremo costretti di bivaccare, fino
a quando?... Dio solo lo sa! sempre all'erta, sempre con gli occhi aperti,
paralizzati a metà in causa delle complicazioni europèe. Il nostro interesse,
io lo ripeto, non appena l'Austria avrà abbandonato Bologna, è di venir via da
Roma il più presto possibile! (È vero! È vero! a sinistra. Denegazioni a
destra).
Ebbene; per potere evacuare
Roma, qual'è la prima condizione? Essere sicuri che non ci lasciamo dietro una
rivoluzione. E che cosa occorre fare, per non lasciarci alle spalle una
rivoluzione?... Bisogna procurare di farla terminare mentre ci siamo. Ora, come
finisce una rivoluzione?... Io ve l'ho già detto una volta e torno a ripeterlo:
finisce accettandola in quello che ella ha di vero, sodisfacendola in quello
che ha di giusto! (Agitazione).
Il nostro governo lo ha già
pensato, e io lo lodo, ed è in questo senso che il suo giudizio deve pesare nel
governo del papa. Da questo la lettera del presidente. La santa sede pensa il
contrario; vuole, anche lei, terminare la rivoluzione, ma con un altro mezzo,
con la compressione, ed ha regalato il Motu proprio. Ora che cosa è
accaduto?.... Il Motu proprio e l'amnistia, questi calmanti così
efficaci, hanno sollevato la indignazione del popolo romano; nell'ora in cui
siamo, un'agitazione profonda turba Roma ed il ministro degli affari esteri non
mi smentirà. Domani, se noi abbandoniamo Roma, appena le porte saranno chiuse
dietro alle spalle dei nostri soldati, sapete voi che cosa accadrà? Scoppierà
una rivoluzione, più terribile della prima, e tutto sarà da ricominciare. (Sì!
Sì! a sinistra. — No! no! a destra).
Ecco, o signori, la situazione
che il governo clericale si è creata e ci ha creato!
Ma proprio?! voi non avete il
diritto d'intervenire, e d'intervenire energicamente dando un ultimo colpo, in
una situazione che dopo tutto è anche la vostra?.... Voi vedete che il sistema
adottato dalla santa sede per terminare le rivoluzioni è cattivo; ebbene,
sceglietene un altro, scegliete quello buono che io sto per accennarvi. Sta a
voi giudicare se vi sentite la forza di mantener sulle spalle uno stato
d'assedio fuori di casa vostra! Sta a voi giudicare se vi conviene che la Francia sia un Capitolo
per ricevere la consegna del partito nero.
Quanto a me io non lo voglio; io
non voglio nè umiliazioni per i nostri soldati, né questa rovina per le nostre finanze,
nè questo abbassamento morale per la nostra politica! (Sensazione).
Signori; due metodi sono
difronte: il metodo delle sagge concessioni che vi permette di abbandonare
Roma; il sistema della repressione che vi condanna a restare. Quale preferite voi?
Un'ultima parola, o signori.
Pensateci: la spedizione di Roma, irreprensibile al suo punto di partenza,
credo di averlo dimostrato, può diventare colpevole per il resultato. Voi non
avete che una sola maniera per provare che la costituzione non è stata violata,
ed è quella di mantenere la libertà del popolo romano! (Agitazione vivissima).
E, su questa parola libertà,
niente equivoci! Noi, ritirandoci dobbiamo lasciare in Roma, non la tale o
tal'altra franchigia municipale, vale a dire quello che press'a poco quasi
tutte le città italiane avevano nel medio evo, ma il vero e proprio progresso!
(Si ride. — Bravo!) la libertà vera, la libertà seria, la libertà
propria al diciannovesimo secolo, la sola che possa veramente essere garantita
da colui che si chiama popolo francese a colui che si chiama popolo romano,
quella libertà che illumina i popoli che nascono e rialza i popoli che cadono,
vale a dire la libertà politica. (Sensazione).
E non ci si venga a dire, con
delle circonlocuzioni e senza nulla provare, che queste transazioni liberali,
che questo sistema di concessioni sagge, che questa libertà funzionante alla
presenza del papato, sovrana nell'ordine spirituale, limitata nell'ordine
temporale, non è possibile!
Io, allora risponderò: signori,
ciò che non è possibile non è questo! Ciò che non è possibile ve lo dirò io.
Ciò che non è possibile si è che una spedizione intrapresa, così dicevano, con
un principio di umanità e di libertà, termini col ristabilire il santo ufficio!
Ciò che non è possibile si è che noi non si debba aver portato anche a Roma
quelle idee generose e liberali che la Francia porta seco dappertutto nelle pieghe della
sua bandiera! Ciò che non è possibile si è che dal nostro sangue versato non
esca nè un diritto nè un perdono! si è che la Francia sia andata a Roma
e che alla vista del patibolo sia passata oltre come l'Austria! Ciò che non è
possibile è l'accettazione del Motu proprio, è l'amnistia del
triunvirato dei cardinali! è di subire tanta ingratitudine, tanto smacco, tanto
affronto! è di lasciare schiaffeggiare la Francia dalla mano che dovrebbe benedirla! (Lunghi
applausi).
Ciò che non è possibile si è che
questa Francia abbia impegnato una delle cose le più grandi e le più sacre ch'esistano
al mondo, la sua bandiera; si è ch'ella vi abbia impegnato ciò che non è nè
meno grande nè meno sacro, la sua responsabilità morale di fronte alle nazioni,
si è che ella vi abbia prodigato il suo denaro, il denaro del popolo che
soffre; si è che ella vi abbia versato, io lo ripeto, il glorioso sangue dei
suoi soldati; si è che ella abbia fatto tutto questo per nulla!... (Sensazione
profonda). Sbaglio: che la
Francia lo abbia fatto per l'onta!
Ecco quello che non è possibile!
(Esplosione di bravo e di applausi. L'oratore scende dalla tribuna e riceve
i complimenti di una vera folla di rappresentanti, fra' quali si notano gli on.
Dupin, Cavaignac e La
Rochejaquelein. La seduta è sospesa per venti minuti).
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