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Victor Hugo
Lotte sociali

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  • XVIII.   La libertà di Stampa
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XVIII.

 

La libertà di Stampa15

 

9 giugno 1850.

 

Signori, nonostante che le verità fondamentali, le quali sono la base di ogni democrazia, e particolarmente della grande democrazia francese, abbiamo ricevuto il 31 maggio un grave colpo, e siccome l'avvenire non è mai stabilito, siamo sempre a tempo per ricordarle ad un'assemblea legislativa.

Secondo me, queste verità, eccole quà:

La sovranità del popolo, il suffragio universale, la libertà della stampa sono tre cose identiche, o, per meglio dire sono la stessa cosa sotto tre nomi differenti.

Tutt'e tre costituiscono il nostro diritto pubblico tutto intero; la prima ne è il principio, la seconda il modo, la terza ne è il verbo.

La sovranità del popolo è astrattamente la nazione, l'anima del paese.

Ella si manifesta sotto due forme; con una mano scrive, ed è la libertà della stampa; con l'altra vota, ed è il suffragio universale.

Queste tre cose, questi tre fatti, questi tre principii, legati con una solidità essenziale, compiendo ciascuno la propria funzione, la sovranità del popolo vivificando, il suffragio universale governando, la stampa rischiarando, si confondono in una indissolubile unità, e questa unità si chiama repubblica.

E, guardate come tutte le verità si ritrovano e s'incontrano, perchè avendo lo stesso punto di partenza hanno naturalmente lo stesso punto d'arrivo.

La sovranità del popolo crea la libertà; il suffragio universale crea l'uguaglianza; la stampa, che fa la luce negli spiriti, crea la fraternità!

Ovunque questi tre principi esistono sovranità del popolo, suffragio universale, libertà di stampa, ovunque essi esistono nella loro potenza e nella loro pienezza, la repubblica esiste, sia pure con la parola monarchia.

La dove questi tre principi sono trattenuti nel loro sviluppo, oppressi nella loro azione, sconosciuti nella loro solidarietà, contestati nella loro maestà, v'è monarchia vera, e oligarchia, sia pure con la parola repubblica.

Ed è allora, siccome più nulla resta nell'orbita dell'ordine, è allora che si può osservare il fenomeno mostruoso di un governo rinnegato dai suoi propri funzionari.

Ora, dall'esser rinnegati all'esser traditi, non corre che un passo.

Ed è allora che i cuori più tranquilli e più sicuri cominciano a dubitare delle rivoluzioni, di questi grandi avvenimenti che fanno uscire dall'ombra, nello stesso tempo, delle grandi idee e degli uomini piccini! (applausi:) delle rivoluzioni, che noi proclamiamo giuste e ben fatte quando ne scorgiamo i principii, ma che poi si possono dire catastrofi quando ci appaiono i loro ministri! (Acclamazione).

Ma io torno, o signori, a quello che dicevo.

Guardiamo bene, e non li dimentichiamo mai, noi legislatori, questi tre principi, popolo sovrano, suffragio universale, stampa libera, viventi tutti di una vita comune.

Guardate come ciascuno di essi si difende reciprocamente! Se la libertà di stampa corre qualche pericolo il suffragio universale si leva e la protegge. È minacciato il suffragio universale, la stampa accorre e la difende.

Signori, ogni attentato alla libertà di stampa, ogni attentato al suffragio universale è un attentato contro la sovranità nazionale. La libertà mutilata è la sovranità paralizzata.

La sovranità del popolo non esiste quando essa non può agire parlare.

Ora, ristringere il suffragio universale è togliergli la sua azione regolare; ridurre la libertà di stampa è toglierle la parola.

Ebbene, o signori; la prima parte di questo compito sbagliato è stata fatta il 31 maggio passato. È il processo alla sovranità del popolo che qui s'istruisce, che qui s'inquisisce e che si vuol condurre a termine. (Sì! Sì! è questo). Mi è impossibile, per parte mia, non avvertire di questo fatto l'assemblea.

Signori, io credetti per un momento che l'attuale gabinetto avrebbe rinunciato a questa legge.

A me, pareva, in effetto, che la libertà della stampa fosse già interamente abbandonata al governo. Con l'aiuto di tutta una giurisprudenza, si aveva un arsenale d'armi perfettamente incostituzionali, è vero, ma esattamente legali. Che cosa si poteva desiderare di più e di meglio?

La libertà della stampa non era essa presa per il colletto dagli agenti della pubblica forza? condannata all'ammenda nella persona dell'affiggittore? perseguitata nella persona del libraio? imprigionata nella persona del gerente?

Non le mancava che una sola cosa...

Voci: — Quale?

Hugo:Sventuratamente il nostro secolo incredulo si rifiuta a questo genere di spettacoli molto utili; questa cosa era quella d'esser bruciata viva sulla piazza pubblica, sopra ad un bel rogo ortodosso, nella persona dello scrittore. (Agitazione).

Ma tutto ciò poteva benissimo esser fatto. (Risa d'approvazione a sinistra).

Ecco, o signori, a qual punto eravamo e come ci eravamo ben preparati!

Della legge dei brevetti di stamperia, onestamente compresa, se ne faceva una muraglia tra lo scrittore ed il tipografo.

Scrivete pure il vostro giornale; non lo sì stamperà. Scrivete pure il vostro giornale; non lo si distribuirà.

Si diceva alla stampa: tu sei libera! (Risata.) E tutto questo non serviva ad altro che ad aggiungere alle soddisfazioni dell'arbitrio le gioie dell'ironia. (Nuove risate).

Quale ammirevole legge era quella del diritto di stampa. Gli uomini più seri vogliono assolutamente che le costituzioni abbiano un senso, ch'esse diano dei frutti, e che contengano una, logica.

Ora, questi uomini, s'immaginavano che la legge del 1814, fosse virtualmente abolita dall'articolo 8 della costituzione il quale proclama od ha l'aria di proclamare la libertà della stampa.

Essi dicevano, con Beniamino Costant, con Eusebio Salverte, con Firmino Didot, con l'onorevole de Tracy, che questa legge dei brevetti era oramai un controsenso; che la libertà di scrivere o era la libertà di stampare o non significava niente; che affrancando il pensiero, lo spirito del progresso aveva necessariamente affrancato nello stesso tempo e d'un sol colpo tutti i processi materiali dei quali egli si serve, l'inchiostro nello studio dello scrittore, la meccanica nel laboratorio del tipografo; che senza tutto questo, il preteso affrancamento del pensiero sarebbe una derisione.

Essi dicevano che qualunque maniera di mettere l'inchiostro a contatto della carta appartiene alla libertà; che tanto la scrivania come la macchina sono la stessa cosa; che la macchina o la stampa non sono che la scrivania elevata alla più alta potenza; dicevano che il pensiero è stato creato da Dio per uscire e per volare libero dal cervello dell'uomo, e che le macchine tipografiche non fanno altro che dargli i milioni d'ali delle quali parla la scrittura. Dio l'ha fatta aquila, e Guttemberg legione! (Applausi)

Se tutto questo è un male, bisogna rassegnarsi; poichè, in questo secolo, per la umanità non v'è altra aria respirabile che quella della libertà.

Gli uomini che io ho ricordato dicevano finalmente, ostinandosi, che, in un'epoca la quale dovrà essere un'epoca d'insegnamento universale, e che per il cittadino d'un paese veramente libero — alla sola condizione di mettere nell'opera sua la marca d'origine — avere un'idea nel proprio cervello, avere un calamaio sul proprio tavolo, avere una macchina tipografica in casa propria, saranno tre diritti identici; che negare l'uno sarebbe stato come negare gli altri; che senza dubbio tutti i diritti si esercitano con la riserva di uniformarsi alle leggi, ma che le leggi debbono essere le tutrici e non le strangolatrici della libertà! (Vive approvazioni a sinistra).

Ecco quello che hanno detto degli uomini i quali hanno la disgrazia di stare attaccati al principii, esigendo che le istituzioni di un paese siano logiche e vere.

Ma, se io debbo credere alla legge che state per votare, ho paura che la verità sia demagoga, e che la logica, per tutti voi sia troppo rossa; ed ho paura anche che i criteri degli uomini da me ricordati siano per voi medesimi, criteri anarchici e faziosi. Osservate un poco il sistema vostro, il sistema opposto a quello del quale io vi ho parlato.

Come tutto, in esso, s'incatena e si lega! Oh, che bella legge, io v'insisto, che bella legge è quella dei vostri brevetti per aprire una stamperia, intesa come voi la intendete ed attuata come voi volete!

Che dolce cosa proclamare nel tempo stesso la libertà dell'operaio e la schiavitù dell'arnese! (Bene).

Che dolce cosa dire: La penna è libera, è dello scrittore, ma la scrivania o il calamaio rimangono nelle mani della polizia (Benissimo).

La stampa è libera ma la stamperia è schiava! (Applausi).

E nell'applicazione, che bel resultato! quale fenomeno d'equità!

Giudicatene; ecco qua un esempio:

Or fa un anno, il 13 giugno, una stamperia è saccheggiata. (Movimento d'attenzione).

Da chi?... In questo momento io non lo voglio sapere; io cerco piuttosto di attenuare il fatto, anzichè aggravarlo; vi sono due stamperie gettate all'aria in questo modo; ma per il momento, io mi volgo verso una sola.

Una stamperia, dunque, è messa a sacco, devastata, gettata all'aria da cima a fondo.

Una commissione, nominata dal governo, commissione della quale l'uomo che vi parla faceva parte, verifica i fatti, intende i rapporti, dichiara ch'è il caso di una indennità, e propone, io non sbaglio, propone per questa stamperia in special modo, una cifra di 75,000 franchi.

La decisione riparatrice si fa aspettare, Alla fine di un anno, lo stampatore vittima del disastro riceve finalmente una lettera del ministro. Che cosa gli porta questa lettera? La fissazione della sua indennità? No, il ritiro del suo brevetto di stampatore. (Sensazione).

Ammirate tutto questo, o signori! Alcuni furiosi, alcuni pazzi, devastano una tipografia. Come compenso e come rimedio il governo rovina lo stampatore! (Agitazione).

(In questo momento l'oratore s'interrompe. Egli è pallidissimo e sembra sofferente. Da tutte le parti gli si grida: — Riposatevi! —L'on. de Larochejaquelin gli porge una bottiglietta. Egli l'aspira e prosegue).

Tutto quello che io vi ho narrato non è forse meraviglioso?

Signori, io lo ripeto; mi è assolutamente impossibile parlare col necessario sangue freddo, e con la calma dovuta, del vostro progetto di legge.

Io non sono altro che un uomo abituato, dal giorno ch'ella esiste, a dovere tutto alla santa e benefica libertà di pensiero, e, quando leggo questo inqualificabile progetto di legge, mi sembra di veder colpire mia madre! (Impressione).

Tuttavia voglio provarmi ad analizzare freddamente questa legge.

Questo progetto, o signori, cerca di ostacolare da tutte le parti il pensiero; tale è il suo carattere principale.

Egli fa pesare sulla stampa politica, oltre alla cauzione ordinaria, una cauzione di nuovo genere, la cauzione eventuale, la cauzione a discrezione, la cauzione a piacere, la quale, secondo la fantasia del ministro, potrà bruscamente elevarsi a delle somme mostruose, esigibili in tre giorni.

Rinnegando tutte le regole del diritto criminale, che presume sempre l'innocenza, questo progetto presume invece la colpabilità, e condanna il giornale quando ancora non è stato giudicato!

Signori! questo progetto, quale onta! pone il sigillo del fisco sulla letteratura! sui libri più belli! sui capi d'opera!

Ah! questi libri il secolo passato li bruciava, ma almeno non li conciava! Non li riduceva che in cenere, ma questa cenere immortale, il vento andava a cercarla sul palazzo di giustizia, e la trasportava, e la gettava in tutte le anime come una semenza di vita e di libertà!

Ora, dunque, i libri non saranno più bruciati, ma bollati! Ma andiamo avanti.

Questo progetto, tutto colmo di vecchi rancori, bollerà anche tutte le commedie del teatro, Corneille come Moliere!

Sicuro, rimarcatelo bene; egli non è meno ostile alla produzione letteraria che alla polemica politica, ed è questo che gli tutto il colore d'una legge clericale. Egli perseguita il teatro come il giornale e vorrebbe infrangere nelle mani di Beaumarchais lo specchio nel quale Don Basilio si è riconosciuto. (Bravo!)

Continuo.

Egli non è meno cattivo che imperfetto.

Egli sopprime d'un colpo, nella sola Parigi, circa trecento pubblicazioni speciali, inoffensive ed utili le quali spingono gli spiriti verso gli studi calmi e sereni. (È vero! È vero!)

Finalmente, per completare e coronare tutti questi atti di lesa civilizzazione, egli rende impossibile la stampa popolare dei piccoli libri, che è il pane a buon mercato delle intelligenze.

A sinistra: Bravo

A destra: — Non più piccoli libri? Tanto meglio, tanto meglio!

Hugo: — Ma al contrario, la vostra legge, crea un privilegio di circolazione di quella miserabile combriccola ultramontana alla quale è abbandonata oramai la pubblica istruzione. (Sì! Si!)

Montesquieu sarà sotterrato, ma il padre Lorivet rimarrà libero!

Signori, l'odio contro la intelligenza è il fondo di questo progetto! (Grida, proteste).

Sì; si cerca di graffiare, come la mano di un fanciullo, che cosa? il pensiero del pubblicista, il pensiero del filosofo, il pensiero del poeta, il genio dell'umanità! (Bravo! Bravo!)

Cosicchè, con la stampa oppressa in tutte le forme, noi avremo: il giornale taglieggiato, il libro perseguitato, il teatro sospetto, la letteratura sospetta, il talento sospetto, la penna infranta fra le dita dello scrittore, la libreria uccisa, dieci o dodici grandi industrie nazionali distrutte, la Francia sacrificata allo straniero, la contraffazione belga protetta, il pane strappato agli operai, il libro tolto alle intelligenze, il privilegio di leggere venduto ai ricchi e ritirato ai poveri, (rumori) lo spegnitoio posato su tutte le fiammelle del popolo, le moltitudini arrestate, cosa empia! nella loro ascensione verso la luce, ogni giustizia violata, il giurì destituito e rimpiazzato dalle camere d'accusa, la confisca ristabilita col nome d'ammenda, la condanna e l'esecuzione prima del giudizio, ecco il progetto! (Lunga acclamazione)

Io non lo qualifico, lo descrivo: se dovessi caratterizzarlo lo farei con una sola parola: È il rogo possibile a' nostri giorni. (Rumori, e proteste a destra).

Signori, in tempi come quelli attuali, guardatevi, guardatevi bene dai passi indietro.

Vi si parla spesso dell'abisso, dell'abisso che è , aperto, terribile, dell'abisso nel quale la società può cadere.

Di fatti, o signori, esiste un abisso; soltanto, non è davanti a voi, è dietro!

Voi non camminate; voi rinculate!

Uomini che ci governate, ministri, sapete voi dove ci conducete? Sapete dove andate? Lo sapete voi? No!

Voglio dirvelo.

Le leggi che voi ci chiedete, queste leggi che voi strappate alla maggioranza da quasi tre mesi, sono inefficaci. Ma che cosa dico inefficaci? Esse aggravano la situazione!

La prima elezione che voi tenterete, la prima prova che farete del vostro suffragio rimaneggiato, servirà, e vi si può predire, a confondere e svergognare anche meglio la reazione.

Quanto alla stampa, i giornali rovinati o morti, arricchiranno con le loro spoglie quelli che sopravviveranno.

Voi trovate che i giornali sono troppo focosi, troppo forti? Oh, ammirabile effetto della vostra legge: tempo tre mesi voi avrete raddoppiato le loro forze. Vero è che nello stesso tempo avrete raddoppiata anche la loro collera. (Si! Si! — Profonda sensazione). Oh! uomini di stato!

Questo per i giornali.

Quanto al diritto di riunione, tanto meglio! Le assemblee popolari saranno assorbite dalle società segrete. Voi farete rientrare dalla finestra ciò che crederete di cacciare dall'uscio!

In tal modo voi sarete colpiti dalle vostre stesse leggi; voi sarete feriti dalle vostre stesse armi!...

I principii sacrosanti si drizzeranno da tutte le parti, in un modo o nell'altro, ma sempre contro di voi, perseguitati, il che li renderà più forti, indignati, il chè li renderà più terribili!

E allora voi direte: Il pericolo aumenta!

Direte: noi abbiamo colpito il suffragio universale e non abbiamo ottenuto nulla. Abbiamo colpito il diritto di riunione, e sempre niente. Abbiamo colpito la libertà di stampa, lo stesso effetto. Bisogna dunque estirpare il male nella radice.

Allora, spinti irresistibilmente dalla più implacabile di tutte le logiche, la logica degli errori commessi, (Bravo!) sotto la pressione di questa voce fatale che vi griderà: Camminate! camminate! camminate! — che cosa farete voi?

Io mi fermo. Io sono colui che avverte ma che s'impone il silenzio quando l'avvertimento può sembrare un'ingiuria. Io non voglio scrutare un avvenire che forse è meno lontano di quel che si crede. (Sensazione).

Vi sono delle verità che in certi momenti basta rilevare: nel momento che noi attraversiamo basta dire che i veri anarchici sono gli assolutisti; i veri rivoluzionari sono i reazionari (A sinistra: Si! Si!) (Una grande agitazione scoppia in tutta l'assemblea).

Quanto ai nostri avversari gesuiti, quanto a questi zelanti della inquisizione, quanto a questi terroristi della chiesa, (applausi) che hanno per solo argomento d'obiettare il 1793 agli uomini d'oggi, ecco quello che ho da dire a loro:

Finite di gettarci sulla testa il terrore e quei tempi nel quali si diceva: — Divino cuore e Marat! — divino cuore di Gesù. — Non confondiamo la Libertà col Terrore, più di quello che non confondete il cristianesimo con la società di Loyola; la croce col Dio agnello, la sinistra bandiera di S. Domenico col divino supplizio del Golgota; i carnefici delle Cèvennes, e della notte di S. Bartolommeo o quelli dell'Ungheria, della Sicilia e della Lombardia, con la religione di pace e d'amore; non confondiamo tanta gloria con quell'abominevole setta, ovunque sparsa e dappertutto nascosta, la quale, dopo aver preparato la morte dei re, prepara l'oppressione delle nazioni (Bravo! Bravo!); la quale, adattando le sue infamie all'epoca ch'ella attraversa, fa oggi con la calunnia quello che non può più fare col rogo, assassinando i nomi ch'ella non può più bruciare con gli uomini, diffamando il secolo perchè ella non può più decimare il popolo, odiosa scuola di dispotismo, di sacrilegio e d'ipocrisia, che dice beatamente delle cose orribili, che mescola delle massime di morte al vangelo, e che avvelena l'aspersorio! (Rumori vivissimi).

Una voce a destra:Mandate l'oratore fra i pazzi, a Bicétre!

Hugo: — Oh, signori, riflettete, riflettete nel vostro patriottismo, riflettete con tutta la forza della vostra ragione.

In questo momento io mi rivolgo a quella maggioranza vera che più di una volta ha fatto la luce; a quella maggioranza che non ha voluto la cittadella la retroattività della legge sulla deportazione. È questa maggioranza che può salvare il paese.

È a voi legislatori usciti dal vero suffragio universale che io faccio appello. Io sono certo che malgrado la funesta legge votata recentemente, voi sentite la maestà della vostra origine, ed è per questo che io vi scongiuro di riconoscere con un voto solenne la potenza e la santità del pensiero!

In questo tentativo contro il pensiero il pericolo massimo,è per la società. (Sì! Sì!).

Ma quale colpo si crede di dare alle idee con questa legge?

Si crede forse di comprimerle? — Esse non si comprimono! — Si crede di circoscriverle? — Esse sono infinite! — Si crede di soffocarle? — Sono immortali! (Sensazione).

Sì! le idee sono immortali! Un oratore di quella parte un giorno lo ha negato, ve ne ricorderete, lo ha negato in un discorso col quale mi rispondeva; egli gridò che non le idee sono immortali, ma i dogmi, perchè le idee sono umane, diceva egli, e i dogmi divini! Ah! ma anche le idee sono divine! e, non dispiaccia all'oratore clericale... (Violenta interruzione. Grande tumulto. — L'on. Montalembert si agita.)

A destra.Richiamatelo all'ordine!

Altri: — È una cosa intollerabile!

Il presidente: — Forse pretendete far credere che l'on. Montalembert non è che un rappresentante come noi?

Voci: — No! no! Sì!... Sì!

Il Presidente: — Le personalità sono proibite....

A sinistra: — L'on. Presidente si è destato ora!

Charras: — Egli dorme soltanto quando si attacca la rivoluzione!

Altri: — Voi lasciate insultare la repubblica!

Il presidente: — La repubblica non soffre e non si rammarica!

Hugo: — Io non ho supposto, nemmeno per un istante, o signori, che la qualifica da me pronunciata potesse suonare un ingiuria all'onorevole oratore al quale io alludevo. Se a lui sembra tale, sono pronto a ritirarla.

Il Presidente: — Mi è sembrata inopportuna.

(Montalembert si alza per rispondere).

A destra:Parlate! Parlate!

A sinistra: — No! non vi fate interrompere, on. Victor Hugo!

Il Presidente:On. Montalembert, lasciate terminare il discorso...

Voci: — Sì! Sì! No!... No!

Il Presidente: — Non interrompete; parlerete dopo!

A destra:Parlate! Parlate!

A sinistra: — No! No!

Il Presidente:a Victor Hugo: — Consentite a lasciar parlare l'on. Montalembert?

Hugo:Acconsento.

Il presidente: — L'on. Victor Hugo, acconsente.

Charras, ed altri dell'estrema: — Alla tribuna!

Il presidente: — Egli è di faccia a voi!

Montalembert (dal suo posto):Accetto per me, onorevole signor presidente, quello che poco fa voi avete detto per la repubblica. Traverso tutto questo discorso, diretto nella massima parte contro di me, io non ho a dolermi di nulla e non mi rammarico di niente.

(Approvazioni a destra. — Rumori a sinistra).

Hugo: — L'on. Montalembert sbaglia, quando egli suppone che il mio discorso è diretto a lui. Non è a lui personalmente che io mi rivolgo; ma, non esito a dirlo, è al suo partito, e, quanto al suo partito, poichè lui stesso mi provoca a questa spiegazione, è necessario che io gli dica... (Risa ironiche a destra).

On. Piscatory: — Egli non ha provocato!

Il presidente: — Non ha provocato niente affatto.

Hugo: — Voi dunque non volete che io risponda?

A sinistra: — No! non vogliono! Questa è la loro tattica.

Hugo: — E allora, quanti pesi e quante misure avete voi?.. Volete o no che io risponda?

Voci:Parlate! Parlate!

Hugo: — Ebbene, allora, ascoltate.

A destra: — Non vi è stato detto niente, e non vogliamo che voi diciate che siete stato provocato.

A sinistra: — Sì! Sì! parlate, Victor Hugo!

Hugo: — Io non vedo l'on. Montalembert alla testa dei danni del mio paese; scorgo tutt'al più il suo partito; e quanto al suo partito, poichè mi si il diritto di dirlo, è necessario ch'egli sappia... (Interruzioni a destra).

A destra: — Nessuno ve lo ha domandato!

Hugo:Poichè egli vuole che io lo dica, è necessario che egli sappia... (Nuova interruzione).

Il presidente: — L'on. Montalembert non ha chiesto nulla, per cui non avete niente da rispondere!

A sinistra: — Ecco che adesso retrocedono!

Altri: — Hanno paura che voi rispondiate! Parlate.

Hugo: — Ma come! Io acconsento ad essere interrotto nel mio discorso e voi non permettete che adesso risponda?... Tuttociò non è altro che un abuso della maggioranza.

Che cosa mi ha detto l'on. Montalembert? Che io parlavo contro di lui... (Interruzioni a destra).

Ebbene; io gli rispondo! ho il diritto di rispondergli e voi avete il dovere di ascoltarmi!

A destra:Sentiamo, dunque!

Hugo:Sicuro, e senza alcun dubbio, poichè questo, ripeto, è il vostro dovere! (Segni d'approvazione su tutti i banchi).

Ho il diritto di rispondergli che non è a lui che io m'indirizzavo, ma al suo partito; e, quanto al suo partito, è bene ch'egli lo sappia, il tempo nel quale poteva essere un malanno pubblico è passato.

Voce a destra: — E allora... lasciatelo tranquillo.

Il presidente all'oratore: — Voi siete fuori d'argomento, siete fuori della legge che si discute...

Un membro della sinistra: — Il presidente turba l'oratore!

Il presidente: — Il presidente fa quello che egli deve fare per ricondurre l'oratore alla questione. (Proteste a sinistra).

Hugo: — È un'oppressione! La maggioranza mi ha invitato a parlare; vuole essa che io risponda, si o no? (Parlate dunque!) Lo avrei già fatto! Mi è impossibile d'accettare la questione messa in questi termini. Che io abbia fatto un discorso contro l'on. Montalembert, no! Io voglio e debbo spiegare che non è contro l'on. Montalembert che ho parlato, ma contro il suo partito.

Adesso debbo dire, poichè sono provocato...

A destra: — No! no!

A sinistra: — Sì! sì!

Hugo: — Io debbo dire, poichè sono provocato..

A destra: — No! no!

A sinistra: — Sì! sì!

Il presidente: — (volgendosi alla destra:) Ma non finirà mai! È evidente che in questo momento gl'indisciplinati dell'assemblea siete voi. Siete intollerabili.

A destra: — No! no!

Hugo: — (indirizzandosi alla destra:) Esigete, si o no, che io resti sotto l'accusa dell'on. Montalembert?

A destra: — Egli non ha detto nulla.

Hugo: — Io ripeto, per la terza volta, per la quarta volta, che non intendo di accettare la situazione che l'on. Montalembert mi ha creato! Se con la forza, se con la violenza, voi intendete d'impedirmi di rispondere, subirò la violenza e scenderò da questa tribuna altrimenti dovete lasciare che io mi spieghi, poichè quello che interessa non è un minuto di più o di meno!

Ebbene; io ho detto che non era all'on. Montalembert che m'indirizzavo, ma al suo partito. Quanto a questo partito... (nuova interruzione a destra). Quando starete zitti?..

(Il silenzio si ristabilisce. L'oratore riprende).

Quanto a questo partito gesuita, poichè io sono provocato a spiegarmi sul suo conto (rumori a destra); quanto a questo partito il quale è oggi l'anima della reazione; agli occhi del quale il pensiero è una contravvenzione, la lettura un delitto, la scrittura un crimine, la stampa un attentato! (rumori) quanto a questo partito che non capisce nulla di questo secolo, nel quale non vive; che invoca oggi la fiscalità sulla stampa, la censura sui teatri, l'anatema sul libri, la riprovazione sulle idee, la repressione sul progresso, e che, in altri tempi, avrebbe invocata la proscrizione sulle nostre teste, (Bravo!) a questo partito d'assolutismo, d'immobilità, d'imbecillità, di silenzio, di tenebre, d'abbrutimento monacale; a questo partito che sogna per la Francia, non l'avvenire della Francia, ma il passato della Spagna; egli ha un bel rimettere a nuovo le sue vecchie dottrine macchiate di sangue umano; egli ha un bel mostrarsi istruito di tutti i termini della giustizia e del diritto; egli ha un bell'essere il partito che ha sempre fatta le necessità tenebrose e sotterranee e che ha sempre accettato in tutti i tempi e con tutti i patiboli le funzioni di carnefice mascherato; egli ha un bello sguisciare silenziosamente nel nostro governo, nella nostra diplomazia, nelle nostre scuole, nelle nostre urne elettorali, nelle nostre leggi, in tutte le nostre leggi, ma particolarmente in quella che oggi c'interessa; egli ha un bell'essere tutto questo e fare tutto questo, ch'egli lo sappia bene, e io mi stupisco di aver potuto, io stesso, credere il contrario; sì, che egli lo sappia bene; i tempi nei quali poteva essere un malanno pubblico sono passati! (Sì! Sì!)

Si! snervato come egli è; ridotto a ricorrere a degli uomini minuscoli, ed a dei mezzi che sono una miseria; obbligato per attaccare questa nostra libertà, a fare uso della stessa stampa ch'egli vorrebbe distruggere, e che invece lo uccide (Applausi)! cretino egli stesso nei mezzi che adopra, condannato nella politica ad appoggiarsi a dei volterriani che poi gli ciurlano nel manico, e nella banca degli ebrei che egli bramerebbe tanto volentieri vedere arrostiti (Grande risata)! balbettando nel diciannovesimo secolo un infame elogio della inquisizione, in mezzo alle risa e alle spallate, il partito gesuita non può essere per noi che un oggetto di meraviglia, un accidente, un fenomeno, una curiosità (risa), un miracolo, se questa è la parola che gli piace (risata generale), qualche cosa di strano e di ibrido, come un nottolone che vola in pieno mezzogiorno (impressione), nulla più.

Egli fa orrore, sta bene; ma non fa più paura! Che egli sappia tutto questo, e sia... più modesto!

No! egli non fa più paura! No, noi non gli crediamo! No, il partito gesuita non strangolerà la libertà; c'è troppa luce oggi per far questo! (Acclamazione entusiastica).

Quello che ci turba, quello che ci fa tremare, quello che ci fa paura, è il cattivo giuoco del governo, il quale non ha gli interessi di questo partito e lo serve; e impiega contro le tendenze della società tutte le forze della società!

Signori, nel momento di votare su questo progetto insensato, considerate tutto ciò.

Tutto, oggi, le arti, le scienze, le lettere, la filosofia, la politica, i reami che diventano repubblica, le reazioni che tendono a cambiarsi in famiglie, gli uomini d'istinto, gli uomini di fede, gli uomini di genio, le masse, tutto oggi cammina nello stesso senso, con lo stesso fine, sulla stessa strada, con una sveltezza senza riposo, con una sorte d'armonia terribile che rivela l'impulso diretto di Dio! (Sensazione).

Il movimento, in questo secolo, non è soltanto movimento di tutti i popoli. La Francia va avanti, e le nazioni la seguono. La provvidenza ci ha detto: Camminate! ed essa sa dove noi andiamo.

Noi passiamo dal vecchio mondo al mondo nuovo.

Ah! i nostri governanti! Ah, coloro che sognano di fermare l'umanità nella sua marcia e di sbarrare il cammino alla civilizzazione hanno riflettuto bene a quello che essi fanno? Si sono resi conto della catastrofe che possono creare, quando, nel mezzo del più grandioso movimento d'idee che abbia finora trasportato il genere umano, nel momento in cui il maestoso convoglio passa a tutto vapore, essi arrivano furtivamente, silenziosamente, celatamente, miserabilmente per mettere delle biette, per mettere tali leggi sotto le ruote che volano della stampa, sotto le ruote di questa formidabile locomotiva che si chiama il pensiero universale! (Profonda emozione).

Signori, credete a me; non date lo spettacolo della lotta delle leggi contro le idee.

A Sinistra:Bravo!

Una voce a destra: — E questo discorso costerà 25 franchi alla Francia!

Hugo: — E, a questo proposito, com'è necessario che voi conosciate pienamente qual'è la forza alla quale si attacca e contro la quale urta questo progetto di legge, è necessario altresì che giudichiate delle disillusioni che può avere, in una tale intrapresa contro la libertà, il partito della paura, — poichè in Francia ed in Europa esiste un partito della paura, (Sensazione), ed è lui che ispira la politica di compressione, e, quanto a me, non domando altro che di non confonderlo col partito dell'ordine — è necessario dunque che voi sappiate dove vi si conduce, e quale impossibile duello vi si prepara, e contro quale avversario.

Signori; nella crisi che noi attraversiamo, (crisi salutare, dopo tutto, e che produrrà il bene), da tutte le parti si grida: — Il disordine morale è immenso; il pericolo sociale imminente.

Ci cerca dintorno a se con ansietà; si guarda e si domanda:

Chi è che fa tanto danno? Chi è che fa tutto il male? chi è il colpevole? chi bisogna punire? chi bisogna colpire?

Il partito della paura, in Europa dice: — È la Francia. — In Francia si dice: — È Parigi. — A Parigi si dice: — È la stampa. — L'uomo freddo che osserva e che pensa dice: — Il colpevole non è la stampa, non è Parigi, non è la Francia; il colpevole è lo spirito umano! (Rumori).

Sì, è lo spirito umano! Lo spirito umano che ha fatto le nazioni com'esse sono; che, dopo l'origine delle cose scruta, esamina, discute, dibatte, dubita, contradice, approfondisce, afferma e rincorre senza possa la soluzione del problema eterno posto alla creatura dal creatore. È lo spirito umano che, senza causa, combattuto, compresso, ricacciato, non sparisce che per ricomparire, e, passando da un bisogno all'altro, prende di secolo in secolo la figura di tutti i grandi agitatori! È lo spirito umano che si è chiamato Giovanni Huss e che non è morto sul rogo di Costanza (Bravo), che si chiama Lutero, e che ha stracciato l'ortodossia; che si chiama Voltaire e ha stracciato la fede; che si chiama Mirabeau e ha stracciato la regalità!

È lo spirito umano, il quale, dal giorno ch'esiste la storia, ha trasformato le società e i governi secondo una legge sempre più accettabile dalla ragione, che è stato la teocrazia, l'aristocrazia, la monarchia, e che oggi è la democrazia. (Applausi).

È lo spirito umano ch'è stato Babilonia, Gerusalemme, Atene, Roma, e che oggi è Parigi; che volta a volta, e qualche volta insieme, è stato, errore, illusione, eresia, scisma, protesta, verità; è lo spirito umano ch'è il grande pastore delle generazioni, e che, in somma, ha camminato sempre verso il giusto, il bello, e il vero, rischiarando le moltitudini, allargando le anime, indirizzando sempre più la testa dei popoli verso il diritto, e quella degli uomini verso Dio! (Acclamazione).

Ebbene, io mi rivolgo al partito della paura, non solo in questa Camera, ma ovunque egli si trova, e gli dico: — Guarda bene a quello che tu vuoi fare. Rifletti all'opera che vuoi compiere, e, prima di tentarla, misurala. Io suppongo che tu riesca. Quando tu avrai distrutta la stampa, rimarrà qualche altra cosa da distruggere, Parigi. Quando avrai distrutto Parigi resterà qualche altra cosa da distruggere, la Francia. Quando avrai distrutto la Francia, rimarrà lo spirito umano!

Sì, io lo ripeto; che il grande partito della paura europea misuri l'immensità del compito che, nel suo eroismo, egli vuol compiere. (Risa, e: Bravo!) Egli avrà distrutto la stampa sino all'ultimo giornale, Parigi sino all'ultima pietra, la Francia sino all'ultimo rifugio, e non avrà fatto nulla. Gli rimarrà ancora da distruggere qualche cosa che rimane sempre in cima, al di sopra di tutte le generazioni e forse fra Dio e l'uomo; qualcosa che ha scritto tutti i libri, inventato tutte le arti, scoperto tutti i mondi, fondato tutte le civilizzazioni, qualche cosa che riafferra tutti i giorni con la forma della rivoluzione quanto gli si rifiuta con la forma del progresso; qualche cosa ch'è inafferrabile come la luce ed inaccessibile come il sole, e che si chiama lo spirito della umanità! (Acclamazione prolungata).

(Gran numero di membri della sinistra lasciano i loro posti. e vengono a felicitarsi con l'oratore. La seduta è sospesa).

 





15 Dopo il 24 febbraio 1848 i giornali erano stati esentati dalla imposta del bollo.

Nella speranza di uccidere, con una legge sul bollo, la stampa repubblicana, Luigi Bonaparte fece presentare all'assemblea una legge fiscale che ristabiliva il bollo sui fogli periodici.

Una intesa sorda, ma cordiale, consacrata dalla legge del 31 maggio, regnava allora fra il presidente della repubblica e la maggioranza della legislativa.

La commissione nominata dalla destra dette l'intero assento alla legge proposta.

Con l'apparenza di una semplice disposizione fiscale il progetto sollevava la grande questione della libertà di stampa.

È questa l'epoca nella quale l'on. Rouher diceva: — La catastrofe di febbraio, — alludendo alla passata rivoluzione. Egli la chiamava una catastrofe! Il secondo impero andava preparando ogni giorno più gli artigli per compiere il colpo di stato. (N. D. T.)





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