XVIII.
La libertà di
Stampa15
9 giugno 1850.
Signori, nonostante che le
verità fondamentali, le quali sono la base di ogni democrazia, e
particolarmente della grande democrazia francese, abbiamo ricevuto il 31 maggio
un grave colpo, e siccome l'avvenire non è mai stabilito, siamo sempre a tempo
per ricordarle ad un'assemblea legislativa.
Secondo me, queste verità,
eccole quà:
La sovranità del popolo, il
suffragio universale, la libertà della stampa sono tre cose identiche, o, per
meglio dire sono la stessa cosa sotto tre nomi differenti.
Tutt'e tre costituiscono il
nostro diritto pubblico tutto intero; la prima ne è il principio, la seconda il
modo, la terza ne è il verbo.
La sovranità del popolo è
astrattamente la nazione, l'anima del paese.
Ella si manifesta sotto due
forme; con una mano scrive, ed è la libertà della stampa; con l'altra vota, ed
è il suffragio universale.
Queste tre cose, questi tre
fatti, questi tre principii, legati con una solidità essenziale, compiendo
ciascuno la propria funzione, la sovranità del popolo vivificando, il suffragio
universale governando, la stampa rischiarando, si confondono in una
indissolubile unità, e questa unità si chiama repubblica.
E, guardate come tutte le verità
si ritrovano e s'incontrano, perchè avendo lo stesso punto di partenza hanno
naturalmente lo stesso punto d'arrivo.
La sovranità del popolo crea la
libertà; il suffragio universale crea l'uguaglianza; la stampa, che fa la luce
negli spiriti, crea la fraternità!
Ovunque questi tre principi
esistono sovranità del popolo, suffragio universale, libertà di stampa, ovunque
essi esistono nella loro potenza e nella loro pienezza, la repubblica esiste,
sia pure con la parola monarchia.
La dove questi tre principi sono
trattenuti nel loro sviluppo, oppressi nella loro azione, sconosciuti nella
loro solidarietà, contestati nella loro maestà, v'è monarchia vera, e oligarchia,
sia pure con la parola repubblica.
Ed è allora, siccome più nulla
resta nell'orbita dell'ordine, è allora che si può osservare il fenomeno
mostruoso di un governo rinnegato dai suoi propri funzionari.
Ora, dall'esser rinnegati
all'esser traditi, non corre che un passo.
Ed è allora che i cuori più
tranquilli e più sicuri cominciano a dubitare delle rivoluzioni, di questi
grandi avvenimenti che fanno uscire dall'ombra, nello stesso tempo, delle
grandi idee e degli uomini piccini! (applausi:) delle rivoluzioni, che
noi proclamiamo giuste e ben fatte quando ne scorgiamo i principii, ma che poi
si possono dire catastrofi quando ci appaiono i loro ministri! (Acclamazione).
Ma io torno, o signori, a quello
che dicevo.
Guardiamo bene, e non li
dimentichiamo mai, noi legislatori, questi tre principi, popolo sovrano,
suffragio universale, stampa libera, viventi tutti di una vita comune.
Guardate come ciascuno di essi
si difende reciprocamente! Se la libertà di stampa corre qualche pericolo il
suffragio universale si leva e la protegge. È minacciato il suffragio
universale, la stampa accorre e la difende.
Signori, ogni attentato alla
libertà di stampa, ogni attentato al suffragio universale è un attentato contro
la sovranità nazionale. La libertà mutilata è la sovranità paralizzata.
La sovranità del popolo non
esiste quando essa non può nè agire nè parlare.
Ora, ristringere il suffragio
universale è togliergli la sua azione regolare; ridurre la libertà di stampa è
toglierle la parola.
Ebbene, o signori; la prima
parte di questo compito sbagliato è stata fatta il 31 maggio passato. È il
processo alla sovranità del popolo che qui s'istruisce, che qui s'inquisisce e
che si vuol condurre a termine. (Sì! Sì! è questo). Mi è impossibile, per parte
mia, non avvertire di questo fatto l'assemblea.
Signori, io credetti per un
momento che l'attuale gabinetto avrebbe rinunciato a questa legge.
A me, pareva, in effetto, che la
libertà della stampa fosse già interamente abbandonata al governo. Con l'aiuto
di tutta una giurisprudenza, si aveva un arsenale d'armi perfettamente
incostituzionali, è vero, ma esattamente legali. Che cosa si poteva desiderare
di più e di meglio?
La libertà della stampa non era
essa presa per il colletto dagli agenti della pubblica forza? condannata all'ammenda
nella persona dell'affiggittore? perseguitata nella persona del libraio?
imprigionata nella persona del gerente?
Non le mancava che una sola
cosa...
Voci: — Quale?
Hugo: — Sventuratamente
il nostro secolo incredulo si rifiuta a questo genere di spettacoli molto
utili; questa cosa era quella d'esser bruciata viva sulla piazza pubblica,
sopra ad un bel rogo ortodosso, nella persona dello scrittore. (Agitazione).
Ma tutto ciò poteva benissimo
esser fatto. (Risa d'approvazione a sinistra).
Ecco, o signori, a qual punto
eravamo e come ci eravamo ben preparati!
Della legge dei brevetti di
stamperia, onestamente compresa, se ne faceva una muraglia tra lo scrittore ed
il tipografo.
Scrivete pure il vostro
giornale; non lo sì stamperà. Scrivete pure il vostro giornale; non lo si
distribuirà.
Si diceva alla stampa: tu sei
libera! (Risata.) E tutto questo non serviva ad altro che ad aggiungere
alle soddisfazioni dell'arbitrio le gioie dell'ironia. (Nuove risate).
Quale ammirevole legge era
quella del diritto di stampa. Gli uomini più seri vogliono assolutamente che le
costituzioni abbiano un senso, ch'esse diano dei frutti, e che contengano una,
logica.
Ora, questi uomini,
s'immaginavano che la legge del 1814, fosse virtualmente abolita dall'articolo
8 della costituzione il quale proclama od ha l'aria di proclamare la libertà
della stampa.
Essi dicevano, con Beniamino
Costant, con Eusebio Salverte, con Firmino Didot, con l'onorevole de Tracy, che
questa legge dei brevetti era oramai un controsenso; che la libertà di scrivere
o era la libertà di stampare o non significava niente; che affrancando il
pensiero, lo spirito del progresso aveva necessariamente affrancato nello
stesso tempo e d'un sol colpo tutti i processi materiali dei quali egli si
serve, l'inchiostro nello studio dello scrittore, la meccanica nel laboratorio
del tipografo; che senza tutto questo, il preteso affrancamento del pensiero
sarebbe una derisione.
Essi dicevano che qualunque
maniera di mettere l'inchiostro a contatto della carta appartiene alla libertà;
che tanto la scrivania come la macchina sono la stessa cosa; che la macchina o
la stampa non sono che la scrivania elevata alla più alta potenza; dicevano che
il pensiero è stato creato da Dio per uscire e per volare libero dal cervello
dell'uomo, e che le macchine tipografiche non fanno altro che dargli i milioni
d'ali delle quali parla la scrittura. Dio l'ha fatta aquila, e Guttemberg
legione! (Applausi)
Se tutto questo è un male,
bisogna rassegnarsi; poichè, in questo secolo, per la umanità non v'è altra
aria respirabile che quella della libertà.
Gli uomini che io ho ricordato
dicevano finalmente, ostinandosi, che, in un'epoca la quale dovrà essere
un'epoca d'insegnamento universale, e che per il cittadino d'un paese veramente
libero — alla sola condizione di mettere nell'opera sua la marca d'origine —
avere un'idea nel proprio cervello, avere un calamaio sul proprio tavolo, avere
una macchina tipografica in casa propria, saranno tre diritti identici; che
negare l'uno sarebbe stato come negare gli altri; che senza dubbio tutti i
diritti si esercitano con la riserva di uniformarsi alle leggi, ma che le leggi
debbono essere le tutrici e non le strangolatrici della libertà! (Vive
approvazioni a sinistra).
Ecco quello che hanno detto
degli uomini i quali hanno la disgrazia di stare attaccati al principii,
esigendo che le istituzioni di un paese siano logiche e vere.
Ma, se io debbo credere alla
legge che state per votare, ho paura che la verità sia demagoga, e che la logica,
per tutti voi sia troppo rossa; ed ho paura anche che i criteri degli uomini da
me ricordati siano per voi medesimi, criteri anarchici e faziosi. Osservate un
poco il sistema vostro, il sistema opposto a quello del quale io vi ho parlato.
Come tutto, in esso, s'incatena
e si lega! Oh, che bella legge, io v'insisto, che bella legge è quella dei
vostri brevetti per aprire una stamperia, intesa come voi la intendete ed
attuata come voi volete!
Che dolce cosa proclamare nel
tempo stesso la libertà dell'operaio e la schiavitù dell'arnese! (Bene).
Che dolce cosa dire: La penna è
libera, è dello scrittore, ma la scrivania o il calamaio rimangono nelle mani
della polizia (Benissimo).
La stampa è libera ma la
stamperia è schiava! (Applausi).
E nell'applicazione, che bel
resultato! quale fenomeno d'equità!
Giudicatene; ecco qua un
esempio:
Or fa un anno, il 13 giugno, una
stamperia è saccheggiata. (Movimento d'attenzione).
Da chi?... In questo momento io
non lo voglio sapere; io cerco piuttosto di attenuare il fatto, anzichè
aggravarlo; vi sono due stamperie gettate all'aria in questo modo; ma per il
momento, io mi volgo verso una sola.
Una stamperia, dunque, è messa a
sacco, devastata, gettata all'aria da cima a fondo.
Una commissione, nominata dal
governo, commissione della quale l'uomo che vi parla faceva parte, verifica i
fatti, intende i rapporti, dichiara ch'è il caso di una indennità, e propone,
io non sbaglio, propone per questa stamperia in special modo, una cifra di
75,000 franchi.
La decisione riparatrice si fa
aspettare, Alla fine di un anno, lo stampatore vittima del disastro riceve
finalmente una lettera del ministro. Che cosa gli porta questa lettera? La
fissazione della sua indennità? No, il ritiro del suo brevetto di stampatore. (Sensazione).
Ammirate tutto questo, o
signori! Alcuni furiosi, alcuni pazzi, devastano una tipografia. Come compenso
e come rimedio il governo rovina lo stampatore! (Agitazione).
(In questo momento l'oratore
s'interrompe. Egli è pallidissimo e sembra sofferente. Da tutte le parti gli si
grida: — Riposatevi! —L'on. de Larochejaquelin gli porge una bottiglietta. Egli
l'aspira e prosegue).
Tutto quello che io vi ho
narrato non è forse meraviglioso?
Signori, io lo ripeto; mi è
assolutamente impossibile parlare col necessario sangue freddo, e con la calma
dovuta, del vostro progetto di legge.
Io non sono altro che un uomo
abituato, dal giorno ch'ella esiste, a dovere tutto alla santa e benefica
libertà di pensiero, e, quando leggo questo inqualificabile progetto di legge,
mi sembra di veder colpire mia madre! (Impressione).
Tuttavia voglio provarmi ad
analizzare freddamente questa legge.
Questo progetto, o signori,
cerca di ostacolare da tutte le parti il pensiero; tale è il suo carattere
principale.
Egli fa pesare sulla stampa politica,
oltre alla cauzione ordinaria, una cauzione di nuovo genere, la cauzione
eventuale, la cauzione a discrezione, la cauzione a piacere, la quale, secondo
la fantasia del ministro, potrà bruscamente elevarsi a delle somme mostruose,
esigibili in tre giorni.
Rinnegando tutte le regole del
diritto criminale, che presume sempre l'innocenza, questo progetto presume
invece la colpabilità, e condanna il giornale quando ancora non è stato
giudicato!
Signori! questo progetto, quale
onta! pone il sigillo del fisco sulla letteratura! sui libri più belli! sui
capi d'opera!
Ah! questi libri il secolo
passato li bruciava, ma almeno non li conciava! Non li riduceva che in cenere,
ma questa cenere immortale, il vento andava a cercarla sul palazzo di
giustizia, e la trasportava, e la gettava in tutte le anime come una semenza di
vita e di libertà!
Ora, dunque, i libri non saranno
più bruciati, ma bollati! Ma andiamo avanti.
Questo progetto, tutto colmo di
vecchi rancori, bollerà anche tutte le commedie del teatro, Corneille come
Moliere!
Sicuro, rimarcatelo bene; egli
non è meno ostile alla produzione letteraria che alla polemica politica, ed è
questo che gli dà tutto il colore d'una legge clericale. Egli perseguita il
teatro come il giornale e vorrebbe infrangere nelle mani di Beaumarchais
lo specchio nel quale Don Basilio si è riconosciuto. (Bravo!)
Continuo.
Egli non è meno cattivo che
imperfetto.
Egli sopprime d'un colpo, nella
sola Parigi, circa trecento pubblicazioni speciali, inoffensive ed utili le
quali spingono gli spiriti verso gli studi calmi e sereni. (È vero! È vero!)
Finalmente, per completare e
coronare tutti questi atti di lesa civilizzazione, egli rende impossibile la
stampa popolare dei piccoli libri, che è il pane a buon mercato delle
intelligenze.
A sinistra: Bravo
A destra: — Non più
piccoli libri? Tanto meglio, tanto meglio!
Hugo: — Ma al contrario,
la vostra legge, crea un privilegio di circolazione di quella miserabile
combriccola ultramontana alla quale è abbandonata oramai la pubblica istruzione.
(Sì! Si!)
Montesquieu sarà sotterrato, ma
il padre Lorivet rimarrà libero!
Signori, l'odio contro la
intelligenza è il fondo di questo progetto! (Grida, proteste).
Sì; si cerca di graffiare, come
la mano di un fanciullo, che cosa? il pensiero del pubblicista, il pensiero del
filosofo, il pensiero del poeta, il genio dell'umanità! (Bravo! Bravo!)
Cosicchè, con la stampa oppressa
in tutte le forme, noi avremo: il giornale taglieggiato, il libro perseguitato,
il teatro sospetto, la letteratura sospetta, il talento sospetto, la penna
infranta fra le dita dello scrittore, la libreria uccisa, dieci o dodici grandi
industrie nazionali distrutte, la
Francia sacrificata allo straniero, la contraffazione belga
protetta, il pane strappato agli operai, il libro tolto alle intelligenze, il
privilegio di leggere venduto ai ricchi e ritirato ai poveri, (rumori)
lo spegnitoio posato su tutte le fiammelle del popolo, le moltitudini
arrestate, cosa empia! nella loro ascensione verso la luce, ogni giustizia
violata, il giurì destituito e rimpiazzato dalle camere d'accusa, la confisca
ristabilita col nome d'ammenda, la condanna e l'esecuzione prima del giudizio,
ecco il progetto! (Lunga acclamazione)
Io non lo qualifico, lo
descrivo: se dovessi caratterizzarlo lo farei con una sola parola: È il rogo
possibile a' nostri giorni. (Rumori, e proteste a destra).
Signori, in tempi come quelli
attuali, guardatevi, guardatevi bene dai passi indietro.
Vi si parla spesso dell'abisso,
dell'abisso che è là, aperto, terribile, dell'abisso nel quale la società può
cadere.
Di fatti, o signori, esiste un
abisso; soltanto, non è davanti a voi, è dietro!
Voi non camminate; voi
rinculate!
Uomini che ci governate,
ministri, sapete voi dove ci conducete? Sapete dove andate? Lo sapete voi? No!
Voglio dirvelo.
Le leggi che voi ci chiedete,
queste leggi che voi strappate alla maggioranza da quasi tre mesi, sono
inefficaci. Ma che cosa dico inefficaci? Esse aggravano la situazione!
La prima elezione che voi
tenterete, la prima prova che farete del vostro suffragio rimaneggiato,
servirà, e vi si può predire, a confondere e svergognare anche meglio la
reazione.
Quanto alla stampa, i giornali
rovinati o morti, arricchiranno con le loro spoglie quelli che sopravviveranno.
Voi trovate che i giornali sono
troppo focosi, troppo forti? Oh, ammirabile effetto della vostra legge: tempo
tre mesi voi avrete raddoppiato le loro forze. Vero è che nello stesso tempo
avrete raddoppiata anche la loro collera. (Si! Si! — Profonda sensazione).
Oh! uomini di stato!
Questo per i giornali.
Quanto al diritto di riunione,
tanto meglio! Le assemblee popolari saranno assorbite dalle società segrete.
Voi farete rientrare dalla finestra ciò che crederete di cacciare dall'uscio!
In tal modo voi sarete colpiti
dalle vostre stesse leggi; voi sarete feriti dalle vostre stesse armi!...
I principii sacrosanti si
drizzeranno da tutte le parti, in un modo o nell'altro, ma sempre contro di
voi, perseguitati, il che li renderà più forti, indignati, il chè li renderà
più terribili!
E allora voi direte: Il pericolo
aumenta!
Direte: noi abbiamo colpito il
suffragio universale e non abbiamo ottenuto nulla. Abbiamo colpito il diritto
di riunione, e sempre niente. Abbiamo colpito la libertà di stampa, lo stesso
effetto. Bisogna dunque estirpare il male nella radice.
Allora, spinti irresistibilmente
dalla più implacabile di tutte le logiche, la logica degli errori commessi, (Bravo!)
sotto la pressione di questa voce fatale che vi griderà: Camminate! camminate!
camminate! — che cosa farete voi?
Io mi fermo. Io sono colui che
avverte ma che s'impone il silenzio quando l'avvertimento può sembrare
un'ingiuria. Io non voglio scrutare un avvenire che forse è meno lontano di
quel che si crede. (Sensazione).
Vi sono delle verità che in
certi momenti basta rilevare: nel momento che noi attraversiamo basta dire che
i veri anarchici sono gli assolutisti; i veri rivoluzionari sono i reazionari (A
sinistra: Si! Si!) (Una grande agitazione scoppia in tutta l'assemblea).
Quanto ai nostri avversari gesuiti,
quanto a questi zelanti della inquisizione, quanto a questi terroristi della
chiesa, (applausi) che hanno per solo argomento d'obiettare il 1793 agli
uomini d'oggi, ecco quello che ho da dire a loro:
Finite di gettarci sulla testa il
terrore e quei tempi nel quali si diceva: — Divino cuore e Marat! — divino
cuore di Gesù. — Non confondiamo la Libertà col Terrore, più di quello che non
confondete il cristianesimo con la società di Loyola; la croce col Dio agnello,
la sinistra bandiera di S. Domenico col divino supplizio del Golgota; i
carnefici delle Cèvennes, e della notte di S. Bartolommeo o quelli
dell'Ungheria, della Sicilia e della Lombardia, con la religione di pace e
d'amore; non confondiamo tanta gloria con quell'abominevole setta, ovunque
sparsa e dappertutto nascosta, la quale, dopo aver preparato la morte dei re,
prepara l'oppressione delle nazioni (Bravo! Bravo!); la quale, adattando
le sue infamie all'epoca ch'ella attraversa, fa oggi con la calunnia quello che
non può più fare col rogo, assassinando i nomi ch'ella non può più bruciare con
gli uomini, diffamando il secolo perchè ella non può più decimare il popolo,
odiosa scuola di dispotismo, di sacrilegio e d'ipocrisia, che dice beatamente
delle cose orribili, che mescola delle massime di morte al vangelo, e che
avvelena l'aspersorio! (Rumori vivissimi).
Una voce a destra: —
Mandate l'oratore fra i pazzi, a Bicétre!
Hugo: — Oh, signori,
riflettete, riflettete nel vostro patriottismo, riflettete con tutta la forza
della vostra ragione.
In questo momento io mi rivolgo
a quella maggioranza vera che più di una volta ha fatto la luce; a quella
maggioranza che non ha voluto nè la cittadella nè la retroattività della legge
sulla deportazione. È questa maggioranza che può salvare il paese.
È a voi legislatori usciti dal
vero suffragio universale che io faccio appello. Io sono certo che malgrado la
funesta legge votata recentemente, voi sentite la maestà della vostra origine,
ed è per questo che io vi scongiuro di riconoscere con un voto solenne la
potenza e la santità del pensiero!
In questo tentativo contro il
pensiero il pericolo massimo,è per la società. (Sì! Sì!).
Ma quale colpo si crede di dare
alle idee con questa legge?
Si crede forse di comprimerle? —
Esse non si comprimono! — Si crede di circoscriverle? — Esse sono infinite! —
Si crede di soffocarle? — Sono immortali! (Sensazione).
Sì! le idee sono immortali! Un
oratore di quella parte un giorno lo ha negato, ve ne ricorderete, lo ha negato
in un discorso col quale mi rispondeva; egli gridò che non le idee sono
immortali, ma i dogmi, perchè le idee sono umane, diceva egli, e i dogmi
divini! Ah! ma anche le idee sono divine! e, non dispiaccia all'oratore
clericale... (Violenta interruzione. Grande tumulto. — L'on.
Montalembert si agita.)
A destra. — Richiamatelo
all'ordine!
Altri: — È una cosa
intollerabile!
Il presidente: — Forse
pretendete far credere che l'on. Montalembert non è che un rappresentante come
noi?
Voci: — No! no! Sì!...
Sì!
Il Presidente: — Le
personalità sono proibite....
A sinistra: — L'on.
Presidente si è destato ora!
Charras: — Egli dorme
soltanto quando si attacca la rivoluzione!
Altri: — Voi lasciate
insultare la repubblica!
Il presidente: — La
repubblica non soffre e non si rammarica!
Hugo: — Io non ho supposto,
nemmeno per un istante, o signori, che la qualifica da me pronunciata potesse
suonare un ingiuria all'onorevole oratore al quale io alludevo. Se a lui sembra
tale, sono pronto a ritirarla.
Il Presidente: — Mi è
sembrata inopportuna.
(Montalembert si alza per
rispondere).
A destra: — Parlate!
Parlate!
A sinistra: — No! non vi
fate interrompere, on. Victor
Hugo!
Il Presidente: — On. Montalembert, lasciate terminare
il discorso...
Voci: — Sì! Sì! No!...
No!
Il Presidente: — Non
interrompete; parlerete dopo!
A destra: — Parlate!
Parlate!
A sinistra: — No! No!
Il Presidente: — a
Victor Hugo: — Consentite a lasciar parlare l'on. Montalembert?
Hugo: — Acconsento.
Il presidente: — L'on.
Victor Hugo, acconsente.
Charras, ed altri
dell'estrema: — Alla tribuna!
Il presidente: — Egli è
di faccia a voi!
Montalembert (dal suo posto):
— Accetto per me, onorevole signor presidente, quello che poco fa voi avete
detto per la repubblica. Traverso tutto questo discorso, diretto nella massima
parte contro di me, io non ho a dolermi di nulla e non mi rammarico di niente.
(Approvazioni a destra. —
Rumori a sinistra).
Hugo: — L'on.
Montalembert sbaglia, quando egli suppone che il mio discorso è diretto a lui.
Non è a lui personalmente che io mi rivolgo; ma, non esito a dirlo, è al suo
partito, e, quanto al suo partito, poichè lui stesso mi provoca a questa
spiegazione, è necessario che io gli dica... (Risa ironiche a destra).
On. Piscatory: — Egli non
ha provocato!
Il presidente: — Non ha
provocato niente affatto.
Hugo: — Voi dunque non
volete che io risponda?
A sinistra: — No! non
vogliono! Questa è la loro tattica.
Hugo: — E allora, quanti
pesi e quante misure avete voi?.. Volete o no che io risponda?
Voci: — Parlate! Parlate!
Hugo: — Ebbene, allora,
ascoltate.
A destra: — Non vi è
stato detto niente, e non vogliamo che voi diciate che siete stato provocato.
A sinistra: — Sì! Sì!
parlate, Victor Hugo!
Hugo: — Io non vedo l'on.
Montalembert alla testa dei danni del mio paese; scorgo tutt'al più il suo
partito; e quanto al suo partito, poichè mi si dà il diritto di dirlo, è
necessario ch'egli sappia... (Interruzioni a destra).
A destra: — Nessuno ve lo
ha domandato!
Hugo: — Poichè egli vuole
che io lo dica, è necessario che egli sappia... (Nuova interruzione).
Il presidente: — L'on.
Montalembert non ha chiesto nulla, per cui non avete niente da rispondere!
A sinistra: — Ecco che
adesso retrocedono!
Altri: — Hanno paura che
voi rispondiate! Parlate.
Hugo: — Ma come! Io
acconsento ad essere interrotto nel mio discorso e voi non permettete che
adesso risponda?... Tuttociò non è altro che un abuso della maggioranza.
Che cosa mi ha detto l'on.
Montalembert? Che io parlavo contro di lui... (Interruzioni a destra).
Ebbene; io gli rispondo! ho il
diritto di rispondergli e voi avete il dovere di ascoltarmi!
A destra: — Sentiamo,
dunque!
Hugo: — Sicuro, e senza
alcun dubbio, poichè questo, ripeto, è il vostro dovere! (Segni
d'approvazione su tutti i banchi).
Ho il diritto di rispondergli
che non è a lui che io m'indirizzavo, ma al suo partito; e, quanto al suo
partito, è bene ch'egli lo sappia, il tempo nel quale poteva essere un malanno
pubblico è passato.
Voce a destra: — E
allora... lasciatelo tranquillo.
Il presidente all'oratore:
— Voi siete fuori d'argomento, siete fuori della legge che si discute...
Un membro della sinistra:
— Il presidente turba l'oratore!
Il presidente: — Il
presidente fa quello che egli deve fare per ricondurre l'oratore alla
questione. (Proteste a sinistra).
Hugo: — È un'oppressione!
La maggioranza mi ha invitato a parlare; vuole essa che io risponda, si o no? (Parlate
dunque!) Lo avrei già fatto! Mi è impossibile d'accettare la questione
messa in questi termini. Che io abbia fatto un discorso contro l'on. Montalembert,
no! Io voglio e debbo spiegare che non è contro l'on. Montalembert che ho
parlato, ma contro il suo partito.
Adesso debbo dire, poichè sono
provocato...
A destra: — No! no!
A sinistra: — Sì! sì!
Hugo: — Io debbo dire,
poichè sono provocato..
A destra: — No! no!
A sinistra: — Sì! sì!
Il presidente: — (volgendosi
alla destra:) Ma non finirà mai! È evidente che in questo momento
gl'indisciplinati dell'assemblea siete voi. Siete intollerabili.
A destra: — No! no!
Hugo: — (indirizzandosi
alla destra:) Esigete, si o no, che io resti sotto l'accusa dell'on.
Montalembert?
A destra: — Egli non ha
detto nulla.
Hugo: — Io ripeto, per la
terza volta, per la quarta volta, che non intendo di accettare la situazione
che l'on. Montalembert mi ha creato! Se con la forza, se con la violenza, voi
intendete d'impedirmi di rispondere, subirò la violenza e scenderò da questa
tribuna altrimenti dovete lasciare che io mi spieghi, poichè quello che
interessa non è un minuto di più o di meno!
Ebbene; io ho detto che non era
all'on. Montalembert che m'indirizzavo, ma al suo partito. Quanto a questo
partito... (nuova interruzione a destra). Quando starete zitti?..
(Il silenzio si ristabilisce.
L'oratore riprende).
Quanto a questo partito gesuita,
poichè io sono provocato a spiegarmi sul suo conto (rumori a destra);
quanto a questo partito il quale è oggi l'anima della reazione; agli occhi del
quale il pensiero è una contravvenzione, la lettura un delitto, la scrittura un
crimine, la stampa un attentato! (rumori) quanto a questo partito che
non capisce nulla di questo secolo, nel quale non vive; che invoca oggi la
fiscalità sulla stampa, la censura sui teatri, l'anatema sul libri, la
riprovazione sulle idee, la repressione sul progresso, e che, in altri tempi,
avrebbe invocata la proscrizione sulle nostre teste, (Bravo!) a questo
partito d'assolutismo, d'immobilità, d'imbecillità, di silenzio, di tenebre,
d'abbrutimento monacale; a questo partito che sogna per la Francia, non l'avvenire
della Francia, ma il passato della Spagna; egli ha un bel rimettere a nuovo le
sue vecchie dottrine macchiate di sangue umano; egli ha un bel mostrarsi
istruito di tutti i termini della giustizia e del diritto; egli ha un
bell'essere il partito che ha sempre fatta le necessità tenebrose e sotterranee
e che ha sempre accettato in tutti i tempi e con tutti i patiboli le funzioni
di carnefice mascherato; egli ha un bello sguisciare silenziosamente nel nostro
governo, nella nostra diplomazia, nelle nostre scuole, nelle nostre urne
elettorali, nelle nostre leggi, in tutte le nostre leggi, ma particolarmente in
quella che oggi c'interessa; egli ha un bell'essere tutto questo e fare tutto
questo, ch'egli lo sappia bene, e io mi stupisco di aver potuto, io stesso,
credere il contrario; sì, che egli lo sappia bene; i tempi nei quali poteva
essere un malanno pubblico sono passati! (Sì! Sì!)
Si! snervato come egli è;
ridotto a ricorrere a degli uomini minuscoli, ed a dei mezzi che sono una
miseria; obbligato per attaccare questa nostra libertà, a fare uso della stessa
stampa ch'egli vorrebbe distruggere, e che invece lo uccide (Applausi)!
cretino egli stesso nei mezzi che adopra, condannato nella politica ad
appoggiarsi a dei volterriani che poi gli ciurlano nel manico, e nella banca
degli ebrei che egli bramerebbe tanto volentieri vedere arrostiti (Grande
risata)! balbettando nel diciannovesimo secolo un infame elogio della
inquisizione, in mezzo alle risa e alle spallate, il partito gesuita non può
essere per noi che un oggetto di meraviglia, un accidente, un fenomeno, una
curiosità (risa), un miracolo, se questa è la parola che gli piace (risata
generale), qualche cosa di strano e di ibrido, come un nottolone che vola
in pieno mezzogiorno (impressione), nulla più.
Egli fa orrore, sta bene; ma non
fa più paura! Che egli sappia tutto questo, e sia... più modesto!
No! egli non fa più paura! No,
noi non gli crediamo! No, il partito gesuita non strangolerà la libertà; c'è
troppa luce oggi per far questo! (Acclamazione entusiastica).
Quello che ci turba, quello che
ci fa tremare, quello che ci fa paura, è il cattivo giuoco del governo, il
quale non ha gli interessi di questo partito e lo serve; e impiega contro le
tendenze della società tutte le forze della società!
Signori, nel momento di votare
su questo progetto insensato, considerate tutto ciò.
Tutto, oggi, le arti, le
scienze, le lettere, la filosofia, la politica, i reami che diventano
repubblica, le reazioni che tendono a cambiarsi in famiglie, gli uomini
d'istinto, gli uomini di fede, gli uomini di genio, le masse, tutto oggi
cammina nello stesso senso, con lo stesso fine, sulla stessa strada, con una
sveltezza senza riposo, con una sorte d'armonia terribile che rivela l'impulso
diretto di Dio! (Sensazione).
Il movimento, in questo secolo,
non è soltanto movimento di tutti i popoli. La Francia va avanti, e le
nazioni la seguono. La provvidenza ci ha detto: Camminate! ed essa sa dove noi
andiamo.
Noi passiamo dal vecchio mondo
al mondo nuovo.
Ah! i nostri governanti! Ah,
coloro che sognano di fermare l'umanità nella sua marcia e di sbarrare il
cammino alla civilizzazione hanno riflettuto bene a quello che essi fanno? Si
sono resi conto della catastrofe che possono creare, quando, nel mezzo del più
grandioso movimento d'idee che abbia finora trasportato il genere umano, nel
momento in cui il maestoso convoglio passa a tutto vapore, essi arrivano
furtivamente, silenziosamente, celatamente, miserabilmente per mettere delle
biette, per mettere tali leggi sotto le ruote che volano della stampa, sotto le
ruote di questa formidabile locomotiva che si chiama il pensiero universale! (Profonda
emozione).
Signori, credete a me; non date
lo spettacolo della lotta delle leggi contro le idee.
A Sinistra: — Bravo!
Una voce a destra: — E
questo discorso costerà 25 franchi alla Francia!
Hugo: — E, a questo
proposito, com'è necessario che voi conosciate pienamente qual'è la forza alla
quale si attacca e contro la quale urta questo progetto di legge, è necessario
altresì che giudichiate delle disillusioni che può avere, in una tale intrapresa
contro la libertà, il partito della paura, — poichè in Francia ed in Europa
esiste un partito della paura, (Sensazione), ed è lui che ispira la
politica di compressione, e, quanto a me, non domando altro che di non
confonderlo col partito dell'ordine — è necessario dunque che voi sappiate dove
vi si conduce, e quale impossibile duello vi si prepara, e contro quale
avversario.
Signori; nella crisi che noi
attraversiamo, (crisi salutare, dopo tutto, e che produrrà il bene), da tutte
le parti si grida: — Il disordine morale è immenso; il pericolo sociale
imminente.
Ci cerca dintorno a se con
ansietà; si guarda e si domanda:
Chi è che fa tanto danno? Chi è
che fa tutto il male? chi è il colpevole? chi bisogna punire? chi bisogna
colpire?
Il partito della paura, in
Europa dice: — È la Francia.
— In Francia si dice: — È Parigi. — A Parigi si dice: — È la stampa. — L'uomo
freddo che osserva e che pensa dice: — Il colpevole non è la stampa, non è
Parigi, non è la Francia;
il colpevole è lo spirito umano! (Rumori).
Sì, è lo spirito umano! Lo
spirito umano che ha fatto le nazioni com'esse sono; che, dopo l'origine delle
cose scruta, esamina, discute, dibatte, dubita, contradice, approfondisce,
afferma e rincorre senza possa la soluzione del problema eterno posto alla
creatura dal creatore. È lo spirito umano che, senza causa, combattuto,
compresso, ricacciato, non sparisce che per ricomparire, e, passando da un
bisogno all'altro, prende di secolo in secolo la figura di tutti i grandi
agitatori! È lo spirito umano che si è chiamato Giovanni Huss e che non è morto
sul rogo di Costanza (Bravo), che si chiama Lutero, e che ha stracciato
l'ortodossia; che si chiama Voltaire e ha stracciato la fede; che si chiama
Mirabeau e ha stracciato la regalità!
È lo spirito umano, il quale,
dal giorno ch'esiste la storia, ha trasformato le società e i governi secondo
una legge sempre più accettabile dalla ragione, che è stato la teocrazia,
l'aristocrazia, la monarchia, e che oggi è la democrazia. (Applausi).
È lo spirito umano ch'è stato
Babilonia, Gerusalemme, Atene, Roma, e che oggi è Parigi; che volta a volta, e
qualche volta insieme, è stato, errore, illusione, eresia, scisma, protesta,
verità; è lo spirito umano ch'è il grande pastore delle generazioni, e che, in
somma, ha camminato sempre verso il giusto, il bello, e il vero, rischiarando
le moltitudini, allargando le anime, indirizzando sempre più la testa dei
popoli verso il diritto, e quella degli uomini verso Dio! (Acclamazione).
Ebbene, io mi rivolgo al partito
della paura, non solo in questa Camera, ma ovunque egli si trova, e gli dico: —
Guarda bene a quello che tu vuoi fare. Rifletti all'opera che vuoi compiere, e,
prima di tentarla, misurala. Io suppongo che tu riesca. Quando tu avrai
distrutta la stampa, rimarrà qualche altra cosa da distruggere, Parigi. Quando
avrai distrutto Parigi resterà qualche altra cosa da distruggere, la Francia. Quando
avrai distrutto la Francia,
rimarrà lo spirito umano!
Sì, io lo ripeto; che il grande
partito della paura europea misuri l'immensità del compito che, nel suo
eroismo, egli vuol compiere. (Risa, e: Bravo!) Egli avrà distrutto la
stampa sino all'ultimo giornale, Parigi sino all'ultima pietra, la Francia sino all'ultimo
rifugio, e non avrà fatto nulla. Gli rimarrà ancora da distruggere qualche cosa
che rimane sempre in cima, al di sopra di tutte le generazioni e forse fra Dio
e l'uomo; qualcosa che ha scritto tutti i libri, inventato tutte le arti,
scoperto tutti i mondi, fondato tutte le civilizzazioni, qualche cosa che
riafferra tutti i giorni con la forma della rivoluzione quanto gli si rifiuta
con la forma del progresso; qualche cosa ch'è inafferrabile come la luce ed
inaccessibile come il sole, e che si chiama lo spirito della umanità! (Acclamazione
prolungata).
(Gran numero di membri della
sinistra lasciano i loro posti. e vengono a felicitarsi con l'oratore. La
seduta è sospesa).
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