XXII
Il 22 Decembre
1851.
Un valoroso proscritto del
Dicembre, Ippolito Magen, ha pubblicato, durante il suo esilio a Londra, nel
1852, (presso Jeffs, Burlington Arcade), un notevole racconto dei fatti di cui
era stato testimone. Togliamo da quel racconto le pagine seguenti, sopprimendo
soltanto qualche elogio del Magen per Victor Hugo.
Il 2 decembre, alle 10 del
mattino, i rappresentanti del popolo erano riuniti in una casa della via
Bianca.
Due opinioni erano in contrasto.
La prima emersa e sostenuta da Victor Hugo, voleva che si facesse
immediatamente la chiamata alle armi, la popolazione era indecisa, occorreva,
per ottenere un impulso rivoluzionario, gettarla dalla parte dell'assemblea.
Eccitare lentamente le ire,
mantener viva ed a lungo tempo l'agitazione, tale era il metodo che Michel (di
Bourges) trovava migliore. Nel 1830 si era dapprima gridato, poi lanciato dei
sassi alle guardie reali, e finalmente si era cominciata la battaglia, quando
già le passioni erano in fermento; nel febbraio 1848 pure, l'agitazione nella
strada aveva preceduto il combattimento.
La situazione attuale non
offriva minore analogia con quelle due epoche.
Disgraziatamente il sistema di
temporeggiare la vinse; fu deciso che s'impiegherebbero i vecchi metodi, e che
intanto si farebbe appello alle legioni della guardia nazionale, sulle quali si
aveva il diritto di far conto. Victor Hugo, Charamaule e Forestier accettarono
la responsabilità di questi primi passi, e fu stabilito un appuntamento per le
due del pomeriggio, sul boulevard del Tempio, da Bouvalet, per l'esecuzione dei
provvedimenti presi.
Intanto che Charamaule e Victor
Hugo compivano il mandato affidato loro, un incidente provò che, seguendo
l'opinione respinta nella via Bianca, il popolo attendeva una spinta vigorosa e
rivoluzionaria. Vicino alla via Meslay, Charamaule si accorse che la folla
riconosceva Victor Hugo e si addensava intorno a loro: — «Vi hanno
riconosciuto, disse al suo collega.» — Nello stesso momento parecchi giovinotti
gridarono: Viva Victor Hugo!
Uno di essi domandò: «Cittadino,
che cosa dobbiamo fare?»
Victor Hugo risponde: Strappate
i proclami faziosi del colpo di stato, e gridate: «Viva la Costituzione!»
— E se si tira contro di noi?
domandò un giovane operaio.
— Allora correte alle armi,
replicò Victor Hugo.
Ed egli aggiunse: — Luigi
Bonaparte è un ribelle; egli si cuopre oggi d'ogni sorta di delitti. Noi, rappresentanti
del popolo, lo dichiariamo fuori della legge; ma anche senza la nostra
dichiarazione egli è fuori della legge per il fatto appunto del suo tradimento.
Cittadino, voi avete due mani; stringete in una il vostro diritto, nell'altra
il vostro fucile, e correte contro Bonaparte!
La folla lanciò un'acclamazione.
Un commerciante che chiudeva la
sua bottega disse all'oratore: — Parlate un po' più piano; se vi si sentisse
parlare a questo modo, sareste fucilato.
— Ebbene! rispose Victor Hugo,
voi portereste in giro il mio corpo, e la mia morte sarebbe una gran bella
cosa, se essa potesse risvegliare la giustizia di Dio!
Tutti gridarono: Viva Victor
Hugo! Gridate: Viva la
Costituzione! disse loro. Un grido formidabile di Viva
la Costituzione,
viva la Repubblica
eruppe da tutti i petti.
L'entusiasmo, l'indignazione, la
collera lampeggiavano negli occhi di tutti. Era forse, quello, un istante
supremo. Victor Hugo fu tentato di sollevare tutta quello massa e cominciare il
combattimento.
Charamaule lo trattenne e gli
disse piano: — Voi cagionereste un eccidio inutile: tutta questa gente è
senz'armi. L'infanteria è a due passi da noi, ed ecco l'artiglieria che giunge.
Ed infatti parecchi pezzi di
cannone, attaccati, sboccavano dalla via di Bondy, dietro al Chäteau d'Eau.
Cogliere quel momento poteva essere la vittoria, ma poteva pure essere un
massacro.
Il consiglio di attendere, dato
da un uomo intrepido come lo è stato Charamaule in quel tristi giorni, non
poteva essere sospetto; inoltre, Victor Hugo, qualunque fosse stato il suo
impulso intimo, si sentiva costretto dalla deliberazione della sinistra.
Egli esitò davanti alla
responsabilità nella quale sarebbe incorso; e dopo, lo abbiamo spesso udito
ripetere a se stesso
«Ho avuto ragione? ho avuto
torto?»
Una carrozza passava; Victor
Hugo e Charamaule vi salirono. La folla seguì per qualche tempo la carrozza
gridando: Viva la
Rebubblica! Viva Victor Hugo!
I due deputati si diressero
verso la via Bianca, dove resero conto del fatto accaduto al Chäteau d'Eau; tentarono
ancora di decidere i loro colleghi a un'azione rivoluzionaria, ma la decisione
della mattina venne mantenuta.
Allora Victor Hugo dettò al
coraggioso Baudin questo proclama:
«Luigi Napoleone è un traditore.
Egli ha violato la costituzione.
Si è messo fuori della legge.
I deputati repubblicani
rammentano al popolo ed all'armata l'art. 68 e l'art. 110 concepiti:
L'assemblea costituente confida la difesa della presente costituzione e dei
diritti che essa consacra, alla guardia ed al patriottismo di tutti i francesi.
Il popolo è padrone per sempre
del suffragio universale, non ha bisogno che nessun principe glielo venga a
togliere, e punirà il ribelle.
Il popolo faccia il suo dovere.
I rappresentanti repubblicani
saranno alla sua testa.
All'armi! Viva la repubblica!»
Michel (di Bourges), Schoelcher,
il generale Leydet, Ioigneupx, Giulio Favre, Deflotte, Eugenio Sue, Brives,
Chauffour, Madier di Moutjau, Cassal, Breymand, Lamarque, Baudin ed altri si
affrettarono a porre i loro nomi accanto a quello di Victor Hugo.
Alle sei della sera, i membri
dell'adunanza della via Bianca, costretti ad andarsene dalla via della
Cerisaie, dietro l'annunzio che la polizia era in moto ed alla loro ricerca, si
ritrovavano al quai di Jemmapes, in casa del rappresentante Lafon; a
loro si erano uniti dei giornalisti e parecchi cittadini devoti alla
repubblica.
In mezzo alla più viva
animazione, fu eletto un comitato; componeva dei cittadini:
Victor Hugo,
Carnot
Michél (di Bourges),
Madier di Montjau,
Giulio Favre,
Déflotte,
Faure (del Rodano).
Si attendevano con impazienza
tre proclami che Saverio Durrieu aveva rimesso ai compositori del suo giornale.
Uno di essi sarà raccolto dalla storia; esso emanò dall'anima di Victor Hugo.
Eccolo.
PROCLAMA
all'esercito!
Soldati!
Un uomo ha infranto la
costituzione, viola il giuramento prestato al popolo, sopprime la legge,
soffoca il diritto, insanguina Parigi, incatena la Francia, tradisce la Repubblica.
Soldati, quell'uomo vi conduce
al delitto.
Vi sono due cose sacre; la
bandiera che rappresenta l'onore militare, e la legge che rappresenta il
diritto nazionale. Soldati! Il più grande attentato è la bandiera levata contro
il diritto.
Non seguite più a lungo il
miserabile che vi fa smarrire la via. Per questa sorta di delitti, i soldati francesi
sono dei vendicatori, non dei complici.
Consegnate alla legge questo
delinquente. Soldati! Egli è un falso Napoleone. Un vero Napoleone vi farebbe
rinnovare Marengo; egli vi fa ricominciare Transnonain.
Volgete lo sguardo verso i veri
ideali dell'esercito francese. Proteggere la patria, propagare la rivoluzione,
liberare i popoli, sostenere le nazioni, dare l'indipendenza a tutto il
continente, spezzare ogni catena, proteggere ogni diritto, ecco la vostra meta
fra gli eserciti dell'Europa; voi siete degni dei grandi campi di battaglia.
Soldati! l'esercito francese è
l'avanguardia dell'umanità.
Rientrate in voi stessi,
riflettete, riconoscetevi, rialzatevi. Pensate al vostri generali arrestati,
presi per il petto da degli aguzzini e gettati, colle manette ai polsi, nella
cella dei ladri. Lo scellerato che è al palazzo dell'Eliseo crede che
l'esercito francese sia una banda del basso impero, e che basti pagarlo ed
ubriacarlo, perchè obbedisca. Egli vi fa fare un servizio infame; vi fa
sgozzare, in pieno secolo decimonono, in Parigi stessa, la libertà, il
progresso, la civiltà; fa distruggere, da voi, figli della Francia, ciò che la Francia ha così
gloriosamente e penosamente edificato in tre secoli di luce ed in sessant'anni
di rivoluzione! Soldati! se voi siete il grande esercito, rispettate la grande
nazione!
Noi, cittadini, noi
rappresentanti del popolo e rappresentanti vostri, — noi, amici e vostri
fratelli, noi che siamo la legge e il diritto, noi che ci drizziamo innanzi a
voi tendendovi le braccia, mentre voi ci colpite ciecamente colle vostre spade,
sapete perchè ci disperiamo? Non è perchè vediamo spargere il nostro sangue, è
nel vedere il vostro onore scomparire.
Soldati! Un passo di più verso
l'attentato, un giorno di più con Luigi Bonaparte, e voi siete perduti di
fronte alla coscienza universale. Gli uomini che vi comandano sono fuori della
legge; essi non sono dei generali, sono dei malfattori; la cosacca del galeotto
li attende; voi, soldati, siete ancora in tempo, tornate alla patria, tornate
alla repubblica. Se voi persisteste, sapete ciò che la storia direbbe di voi?
Essa direbbe: «Hanno calpestato sotto i loro cavalli e schiacciato sotto le
ruote dei loro cannoni tutte le leggi del loro paese; essi, soldati francesi,
hanno disonorato l'anniversario d'Austerlitz; e per colpa loro, per il loro
delitto, stilla oggi sulla Francia dal nome di Napoleone tanta vergogna quanta
gloria piovve altra volta.
Soldati francesi, cessate di
porgere aiuto al delitto!
Per i rappresentanti del
popolo restati liberi, il rappresentante membro del comitato di residenza.
Victor Hugo.
Questo proclama, nel quale
scintillano tutte le qualità del genio e del patriottismo fu, per mezzo di un
foglio azzurro che ne moltiplicava le copie, riprodotto cinquanta volte; il giorno
dopo era affisso nelle vie Charlot, dell'Homme Armè, Rambuteau e sul boulevard
del Tempio.
Intanto si è ancora avvertiti
che la polizia veglia; durante una notte scura, ci dirigiamo verso la via Pompcourt,
dove Federico Cournet ci offrirà un asilo sicuro.
I nostri amici riempiono la
sala, vasta e nuda dove sono solamente due sgabelli; Victor Hugo che deve
presiedere l'adunanza ne prende uno, — l'altro vien dato a Baudin, che funzionerà
da segretario. In questa assemblea si notavano: Guiter, Gindriez, Lamarque,
Charamuele, Sartin, Arnaud dell'Ariège, Schoelcher, Saverio Durrieu e Kesler
suo collaboratore, etc. etc.
Dopo un istante di confusione,
che in tal caso è facile comprendere, furono prese parecchie deliberazioni. Si
era visto arrivare l'un dopo l'altro Michel (di Bourges), Esquiros, Arbry (del
Nord), Bancel, Duptz Madier de Montjau e Matieu (de la Drôme); quest'ultimo
non fece che venire e andarsene.
Victor Hugo aveva preso la
parola, e riassumeva i pericoli della situazione, i mezzi di resistere e di
combattere.
Ad un tratto un uomo vestito da
operaio, si presenta trafelato.
« — Noi siamo perduti, egli
grida; dal luogo dove mi ero posto in osservazione, ho veduto dirigersi su noi
una numerosa truppa di soldati.
— E che cosa importa? rispose
Cournet, mostrando delle armi, — la porta della mia casa è stretta; nel
corridoio non passerebbero due uomini di fronte; e noi siamo qui sessanta,
decisi di morire; discutiamo pure tranquillamente.
Questo terribile episodio
suggerisce a Victor Hugo un atto sublime. Le parole di Victor Hugo sono state
stenografate, da uno degli assistenti all'assemblea, e posso renderle tali e
quali egli le pronunziò. Egli grida:
«Ascoltate, rendetevi conto di
ciò che voi fate!
Da una parte centomila uomini,
diciassette batterie a cavallo, seimila bocche da fuoco nei forti, magazzini,
arsenali, munizioni: tanto quanto basterebbe per fare la campagna di Russia; —
dall'altra centoventi rappresentanti, mille o milleduecento patriotti, seicento
fucili, due cartuccie per ciascuno, non un tamburo per battere la chiama,
non una campana per suonare a stormo, non una stamperia per stampare un
proclama; appena, qua o la, una pressa litografica, in una cantina dove si
stamperà, in fretta ed in furia un manifesto a mano; la pena di morte contro
chi rimoverà una pietra, la pena di morte contro chi farà parte degli
assembramenti, la pena di morte contro chi sarà trovato in conciliabolo
segreto, la pena di morte contro chi attaccherà ai muri una chiamata alle armi;
se voi siete presi durante il combattimento la morte, se voi siete presi dopo,
la deportazione, l'esilio. Da una parte, un esercito e il delitto; —
dall'altra, un pugno di uomini e il diritto. Tale la lotta: l'accettate?»
Fu un momento meraviglioso;
quelle parole energiche e possenti avevano fatto vibrare tutte le fibre del
patriottismo; un grido spontaneo, unanime, rispose: «Sì sì, noi
l'accettiamo!»
E la discussione ricominciò
grave e solenne.32
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