Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Victor Hugo
Lotte sociali

IntraText CT - Lettura del testo

  • VII.   Discussione sulle giornate di giugno
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

VII.

 

Discussione sulle giornate di giugno

 

A L'ASSEMBLEA NAZIONALE

 

Seduta del 25 Novembre 1848.

 

Si trattava di stabilire, di fronte all'Assemblea ed al paese, la responsabilità delle dolorose giornate del Giugno.

La Commissione esecutiva, in quei giorni, aveva tutti i poteri; non poteva ella prevenire l'insurrezione?

Il generale Cavaignac, ministro della guerra, ed investito per di piú dall'Assemblea Nazionale di un'autorità dittatoriale, era il solo che aveva dato gli ordini: li aveva dati a tempo?... E non si sarebbe potuto soffocare la sommossa fin dalla prima ora invece di lasciarla crescere, di lasciarla estendere e diventare vera e propria insurrezione?

E, finalmente, la repressione dopo la vittoria, non era stata ben sanguinosa e inumana?...

A misura che il giorno del terribile rendimento di conti si avvicinava, Cavaignac diventava pensieroso e d'umore cupo, anche alla Camera.

Un giorno, Cremieux andò a sedersi al banco dei ministri. Da quel posto egli gettò all'oratore ch'era salito alla tribuna qualche: benissimo! — Era precisamente un oratore dell'opposizione.

— Signor Cremieux, gli disse Cavaignac, seduto allo stesso banco, vicino a lui; voi fate troppo chiasso!

— E che cosa v'importa?... Vi dò forse noia?... rispose Cremieux.

— Mi da.... che voi siete quì, al banco dei ministri!

— Volete che me ne vada?

— Ma!...

Cremieux si alza e abbandona quel banco, dicendo:

— Generale, voi mi fate andar via, mentre io vi fece entrare.

Di fatti, Cremieux, essendo stato del Governo Provvisorio, era stato quello che aveva fatto nominare Cavaignac ministro della guerra.

La Camera cominciò ad essere agitata tre giorni prima che principiasse la discussione, la quale era fissata per il sabato 25. Gli amici di Cavaignac tremavano di nascosto e cercavano di far tremare. Essi dicevano:

— Si vedrà! Si vedrà!

Affettavano d'esser tranquilli, quasi sicuri. Giulio Favre, avendo accennato dalla tribuna alla grande e solenne discussione che si preparava, scoppiarono in una grande risata.

Coquerel, pastore protestante, avendo incontrato Cavaignac nell'anticamera, gli aveva detto:

— Tenetevi saldo, generale!

— Dite a me? aveva risposto Cavaignac, schizzando fuoco dagli occhi. In un quarto d'ora avrò rovesciato quei miserabili!

I miserabili erano: Lamartine, Garnier-Pages, Ledru-Rollin e Arago. In quel momento, però, si dubitava di Arago. — Egli, dicevano, si è riavvicinato a Cavaignac.

In quei giorni Cavaignac dava la legione d'onore al vescovo di Quimper, l'abate Legraverand, il quale l'accettava.

— Una croce per un voto! si sussurrava nell'Assemblea. E si rideva di quella parte alla rovescia: era un generale che posava la croce sopra ad un vescovo.

 

*

*   *

 

In fondo a tutto questo... siamo in piena lotta per le presidenza della repubblica. I candidati si mostrano il pugno. L'Assemblea urla, suda, grida, soffoca l'uno, applaude l'altro.

Questa povera Assemblea è proprio la figlia di un reggimento innamorata di un militare. Per ora è Cavaignac.

Chi sarà domani?....3

 

*

*   *

 

Il generale Cavaignac fu abile e qualche volta anche eloquente. Egli si difese attaccando. A me parve spesso sincero perchè.... lo sapevo orbo da molto tempo.

L'Assemblea lo ascoltò circa tre ore, con un'attenzione profonda, dalla quale appariva molto spesso la simpatia, quasi sempre la fiducia, qualche volta anche l'amore.

Cavaignac, con la sua figura alta e slanciata, il suo piccolo soprabito nero, il colletto militare, i suoi mustacchi; i sopraccigli aggrottati, la sua parola breve, brusca, tagliente, il suo gesto rude, apparve nel primo momento feroce come un soldato e terribile come un tribuno.

Giunto a metà divenne avvocato, e, per me, guastò l'uomo; la difesa non era per quell'oratore. Ma alla fine si rialzò con una specie d'indignazione vera, dette col pugno sulla tribuna e rovesciò il bicchier d'acqua, spaventando gli usceri. Poi terminò dicendo:

— Ho parlato non so quanto tempo, e parlerò ancora tutto stasera, tutto stanotte, tutto domattina, tutto domani domenica, se occorre; ma non sarà più l'avvocato, sarà il soldato, e voi lo sentirete!

Tutta l'Assemblea scoppiò in una immensa acclamazione.

 

*

*   *

 

Barthélemy Saint-Hilaire, che attaccò Cavaignac, era un oratore freddo, crudo, incapace alla lotta, collerico senza entusiasmi rabbioso senza passione.

Egli cominciò leggendo; ciò che annoia sempre le assemblee. L'adunanza mal disposta e furiosa, avrebbe voluto soffocarlo. Ella non chiedeva che dei pretesti, ed egli le dette un motivo.

La sua orazione aveva questa colpa molto grave: fermarsi sui fatterelli di un'accusa seria. Ciò fece cadere tutto il suo sistema.

Quell'omino leggero, che ad ogni momento gettava indietro la sua gamba e si spenzolava puntando le sue mani sull'orlo della tribuna, come sul margine di un pozzo, faceva ridere anche coloro che non urlavano.

Sul più alto dei clamori dell'assemblea egli affettava di scrivere sui fogli dello scartafaccio; poi rasciugava l'inchiostro col polverino, e rigettava quella sabbia nel barattolo che la conteneva, trovando così con quella sua calma, la maniera di aumentare il tumulto.

Quando Barthelemy Saint-Hilaire scese dalla tribuna, Cavaignac non era stato ancora attaccato; ma era già assolto.

 

*

*   *

 

Garnier-Pagès, repubblicano provato e uomo onesto, ma dal fondo vanitoso e dalla forma enfatica, successe a Barthelemy Saint-Hilaire.

L'Assemblea tentò di soffocare anche lui, ma egli si drizzò sopra a tutti i rumori.

Invocò il suo passato; rievocò i ricordi della sala Voissin; paragonò le azioni di Cavaignac a quelle di Guizot, mostrò il suo petto «che aveva affrontato i pugnali della Repubblica rossa» e finì per attaccare risolutamente il generale, con pochi fatti e con troppe parole, ma di fronte, come le Bibbia ordina che si attacchi il toro: per le corna.

Garnier-Pages rialzò l'accusa quasi distrutta. Però mescolò troppo spesso il suo io alla discussione; ed ebbe torto, poichè qualunque personalità doveva sparire di fronte alla gravità della discussione ed all'attesa del paese.

Egli si volse da tutte le parti con una specie di furioso dolore: invitò Arago ad intervenire, scongiurò Ledru-Rollin a parlare, Lamartine a spiegarsi.

Tutti e tre mantennero il più assoluto silenzio mancando alla fede del dovere ed a quella del destino.

Intanto l'Assemblea perseguitava Gernier-Pages colle sue grida, e quando egli disse a Cavaignac: — Voi avete voluto gettarci giù! si scoppiò dal ridere, per la frase infelice e per il modo di esprimerla.

Garnier-Pages guardò ridere con aria disperata.

Da tutte le parti si gridava:

— La chiusura!

L'Assemblea non voleva più nè ascoltare nè aspettare.

 

*

*   *

 

Ledru-Rollin apparve alla tribuna. Da tutti i banchi si alzò questo grido:

— Ah, finalmente!

Si fece silenzio.

La frase di Ledru-Rollin produceva un affetto fisico; rozzo, ma potente.

Garnier-Pages aveva fatto cenno alle colpe politiche del generale; Ledru-Rollin segnalò le sue colpe militari.

Egli univa a tutta l'abilità dell'avvocato la veemenza del tribuno. Terminò domandando un voto di pietà. Così scalcinò Cavaignac.

Quando tornò a sedere al suo banco accanto a Pietro Leroux ed a Lamennais, un uomo alto, dalla capigliatura cresputa, col gilet bianco, traversò l'Assemblea e andò a serrargli la destra.

Era Lagrange.

 

*

*   *

 

Cavaignac salì per la quarta volta alla tribuna. Erano le dieci e mezzo di sera. Si udivano i rumori della folla e le cariche della cavalleria sulla piazza della Concordia.

L'aspetto dell'Assemblea diventava sinistro.

Cavaignac, sudato e stanco, decise di essere altiero.

Si rivolse alla Montagna e la sfidò, fra le acclamazioni della maggioranza e dei reazionari, dicendo che avrebbe preferito, sempre, i loro insulti alle loro lodi.

Tuttociò parve violento ed era abile. Cavaignac perdette la via Taitbout, che rappresentava i socialisti, ma guadagnò la via Poitiers che rappresentavi i conservatori.

Dopo questa apostrofe si fermò e rimase qualche momento immobile, portando la mano sulla fronte. L'Assemmblea gli gridò:

— Basta! Basta!..,

Egli si volse verso Ledru-Rollin e gli gettò queste parole:

— Voi avete detto che vi allontanate da me. Sono io che mi allontano da voi! Voi avete detto: per un pezzo. Io dico: per sempre!

Era finito. L'Assemblea voleva chiudere la discussione.

 

*

*   *

 

Lagrange apparve alla tribuna e gesticolò in mezzo agli urli. Lagrange era una specie di declamatore all'uso popolare e cavalleresco ed esprimeva dei sentimenti veri con un tono falso.

— Rappresentanti! disse. Tutto ciò vi diverte, non è vero?... Ebbene; a me non fa punto piacere!

L'assemblea scoppiò dal ridere, e la risata sguaiata continuò per tutto il discorso. Quando invece di dire: il signor Landrin, disse: il signor Flandrin, l'ilarità divenne follia.

Io ero di coloro ai quali quell'allegria serrava il cuore poichè, attraverso quelle sghignazzate, mi sembrava di udire i singhiozzi del popolo.

 

*

*   *

 

Durante tutto questo chiasso si faceva circolare per i banchi una lista che si copriva di firme e che portava un ordine del giorno motivato proposto da Dupont de l'Eure.

Dupont de l'Eure venne alla tribuna per leggere da se stesso con l'autorità dei suoi ottant'anni il proprio ordine del giorno, in mezzo ad un silenzio profondo, interrotto poi dalle acclamazioni.

Cinquecentotre voti, contro trentaquattro accolsero quella dichiarazione che rinnovava puramente e semplicemente l'altra del 28 giugno: il generale Cavaignac ha ben meritato della patria.

 

*

*   *

 

Io fui il trentaquattresimo.

Mentre si faceva lo scrutinio, Napoleone Bonaparte, figlio di Girolamo, mi si avvicinò e mi chiese

— Vi siete astenuto?....

Io risposi:

— Dal parlare, si; dal votare, no.

— Ah! riprese egli. Noi ci siamo astenuti; e lo stesso ha fatto la via Poitier.

Lo presi per la mano e gli dissi:

— Padronissimo. Io non mi astengo mai. Giudico Cavaignac e il paese mi giudica. Io voglio la luce del sole sulle mie azioni, e i miei voti sono delle azioni.

 





3 Fu, pur troppo, Napoleone il piccolo, come si vedrà nel seguito.





Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License