1. Augusto [30 av. G. C.-14 dopo].
- Il
ritorno d'Augusto e i quarantaquattro anni che seguirono di tranquillitá e
d'ordine restituito, furono in Roma molto simili a quelli veduti a' nostri dí
in Francia sotto Napoleone consolo. A' piú terribili e piú colossali turbamenti
che sieno forse stati mai in niuna gran civiltá, succedevano clemenza, riposo,
riordinamento. Le lunghe guerre, le proscrizioni aveano spenti i piú
appassionati, rinnovata la generazione. Tutti erano stanchi, tutti capacitati
dell'impossibilitá d'una restaurazione repubblicana, tutti della necessitá del
principato. Cesare Ottaviano, tra breve per antonomasia, per adulazione
religiosa, detto Augusto, pareva nato a tale uffizio; scellerato repubblicano,
ottimo, modesto principe. Non ebbe corte all'orientale, alla moderna; bensí, ad
uso patrio, gran clientela, di quasi tutti i grandi scrittori che nominammo
testé, e di molti altri men nominati o innominati, che sogliono far volgo in
tutte le grandi etá letterarie, e poi degli artisti ed artefici che abbellivan
Roma a' cenni di lui, e principalmente di tutti i postulanti o possessori
d'impieghi e cariche, e magistrati della repubblica. Perciocché ei conservò di
questa il nome e tutti gli uffizi, contentandosi di usurpare e unire in sé i maggiori.
Prese, non ottenuta l'ultima vittoria, quello d'imperatore [31]; subito dopo,
la potestá tribunizia perpetua [30]; quindi il consolato dapprima annuo, poi
perpetuo [19], lasciandone gli onori senza potenza a due consoli supplementari
(suffecti); la censura, pur perpetua [id.]; e finalmente il pontificato
massimo [15]. - Al popolo lasciò i comizi, ma ridotti a poche elezioni. Le piú
furono date via via al senato fatto e rifatto da lui, tutto suo; e con questo
divise le province, commettendogli le piú tranquille, tenendo egli quelle di
frontiera. Alle senatorie furono eletti proconsuli, alle imperiali scelti
legati. - Ordinò gli eserciti in campi stanziali (stativa); una guardia
del principe (cohortes praetorianae), una urbana (cohortes urbanae)
presso la cittá; le legioni al Reno, al Danubio, all'Eufrate, al Nilo,
all'Atlante; due flotte di qua e di lá ai due mari d'Italia, a Miseno e a
Ravenna. - Ordinò le finanze: due casse distinte, il fiscum
dell'imperatore, l'aerarium dello Stato; il primo, maggiore e fornito
dalle terre dette perciò «confiscate», e da' tributi delle province imperiali;
il secondo, da quelli delle province senatorie. Le necessitá sorte a poco a
poco avevano stabilita quella varietá di tributi, che la scienza moderna
disapprovò giá, ma approva ora unanimemente; proprietá e mutazioni di proprietá
territoriali, commerci interni ed esterni, sostenevano il carico pubblico. - Né
trascurò, anzi compiè, le conquiste: e fermolle con ammirabile opportunitá. E
prima ridusse i salassi, ed altre genti galliche alpestri; fatto piccolo ma
notevole, perché solamente allora, e cosí dopo quattro secoli, si vede
terminata la gran guerra nazionale contro ai galli, e compiuta la conquista
della penisola, a cui intiera s'estese allora il nome d'Italia. Né è senza
onore al complesso di queste genti, che diremo «italiane» d'ora in poi, che la
conquista, l'unione di esse a Roma, abbia cosí costato altrettanto tempo,
quanto appunto ne costò tutto il resto del mondo romano, tutto il cerchio del
Mediterraneo. Attorno al quale poi e nell'interno del continente furono finiti
di ridurre i celtiberi dei Pirenei, gli armorici ed ultimi galli occidentali, i
reti, i vindelici, i norici, i pannoni, i mesii, tutti i germani e slavi di qua
del Danubio, e in Asia gli armeni. E furono tentati poi altri estendimenti;
minacciati i parti, ma non assaliti di fatto; tentati gli arabi e gli etiopi,
ma fino al deserto solamente, ed ivi lasciati; assaliti bensí piú volte e
fortemente i germani d'oltre Reno e Danubio, ma con successi vari dapprima, e
lasciandovi finalmente l'ossa delle legioni di Varo, distrutte da un duce a cui
ne rimase il nome generico di «guerriero», Heerman od Arminio [9]. Piansene
Augusto, ma non era un Giulio Cesare da andarvi e vincervi: mandovvi legati; e
quella guerra trasmessa dall'uno all'altro de' suoi successori, non proseguita
da niuno di essi, nemmeno forse da Traiano, coll'antica ostinatezza romana,
quella guerra germanica occupa tutta l'etá che incominciamo, non finisce se non
con lei, cioè coll'imperio occidentale.
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