9.
Il terzo
secolo dell'imperio giá decadente [193-285]. - Quindi, per quasi un secolo, nuove contese
di successione, ed imperatori cosí moltiplici che appena si possono numerare. -
Pertinace innalzato dagli uccisori di Commodo per tre mesi, e poi ucciso [193];
Didio Giuliano, che comprò l'imperio all'incanto dai pretoriani; Pescennio
acclamato dalle legioni di Siria, Albino dalle britanniche, Settimio Severo
dall'illiriche. Vinse l'ultimo; fu buon soldato, sconfisse i parti, regnò
diciassette anni [193-211], e lasciò l'imperio ai due figliuoli suoi Caracalla
e Geta. - I quali regnarono per poco insieme, odiandosi. Caracalla uccise il
fratello in grembo alla madre; e, come era conseguente, tiranneggiò poi.
Guerreggiò con gli alemanni, una nuova lega (come suona il nome) di germani
diversi raccogliticci che si vede sottentrar ora a quella che sparisce de'
marcomanni. Caracalla fu quegli che estese il diritto di cittadinanza
dall'Italia a tutte le province. Dicesi il facesse per accrescer l'entrate,
estendendo i carichi pubblici; ed è strano veder quindi che questi avesser
pesato piú su coloro i quali aveano diritto e nome di cittadini, che non sui
provinciali. Ad ogni modo, cosí cessò il nome stesso di quel primato
conquistato giá con tanto sangue dagli italiani, sancito in essi da Augusto.
Mentre Caracalla guerreggiava co' parti, fu ucciso dal prefetto del pretorio [211-217].
- Questi, Macrino, comprata la pace da que' barbari, era tuttavia in Asia,
quando le legioni innalzarono Eliogabalo, un giovine sacerdote del Sole, che
Soemi sua madre proclamò figliuolo di Caracalla. Battutisi i due, rimase
vincitore e imperatore il giovine sacerdote [217-218]. Il quale portò sul trono
di Roma, pur giá tanto macchiato, nuove infamie, nuove superstizioni; e fu
trucidato in men di quattro anni dalle guardie [218-222]. - Alessandro Severo
cugino di lui, e adolescente egli pure, fu tuttavia diversissimo. Costumato,
belligero, restaurator di discipline, guerreggiò co' persiani, i quali avean
testé distrutta la potenza de' parti non saputa distruggere mai da' romani, ed
avean cosí fondato un nuovo imperio, anche piú pericoloso. E guerreggiando co'
germani fu trucidato da' soldati impazienti della rinnovata disciplina
[222-235]. - Massimino, un soldato trace semibarbaro e feroce, mal innalzato
cosí, guerreggiò tuttavia felicemente contra i germani, i pannoni e i sarmati
stessi piú lontani; ma intanto furono gridati in Roma, prima due Gordiani padre
e figlio; poi, morti questi, un Papieno, un Balbino. Contra i quali scendendo
Massimino dal Sirmio, furono uccisi tutti e tre, ciascuno da' propri soldati, e
rimase solo un terzo Gordiano, figlio e nipote de' due altri [237-238]. - Il
quale, quasi fanciullo, regnò prima sotto la tutela d'un prefetto del pretorio,
e fu sei anni appresso ucciso da un altro [238-244]. - Costui, un arabo,
chiamato Filippo, tenne cinque anni l'imperio, disputatogli in varie province,
toltogli colla vita da Decio suo capitano, ch'egli avea mandato a combattere
competitori in Pannonia [244-249]. - Decio guerreggiò contro a' goti invadenti
per la prima volta l'imperio di qua dal Danubio, e morí col figlio, sconfitto
da essi [249-251]. - L'esercito acclamò Gallo, l'uccise tra pochi mesi; acclamò
Emiliano e pur l'uccise, acclamando Valeriano [251-253]. - Valeriano ebbe a
difendere i limiti giá intaccati in tutto il giro dagli alemanni sul Reno e
l'alto Danubio, da' goti sul basso, dai persiani sull'Eufrate. E li difese
contro a' primi e a' secondi, ma succombette e fu preso da' terzi [253-259]. -
Succedettegli Gallieno figliuol suo, giá associato all'imperio; e quindi
vidersi due imperatori romani, padre e figlio, languire e perir l'uno ne' ferri
barbarici, seder l'altro sul maggior trono del mondo; e sorger quindi tanti
altri imperatori in ogni provincia, che chi ne conta diciannove, chi trenta,
detti nella storia i trenta tiranni. Allora ebbero grand'agio i barbari ad
ordinarsi, ad assalire su tutti i limiti. E tre grandi leghe di genti
germaniche ne sorsero o crebbero dalle bocche del Reno alle bocche del Danubio:
quelle de' franchi, degli alemanni e dei goti, che furon poi le principali
distruggitrici dell'imperio [259-268]. - Morto Gallieno, successegli, chiamato
da lui, miglior di lui, Aurelio Claudio che vinse prima uno de' competitori,
gli alemanni, poi i goti, ma morí in breve di peste a Sirmio. Il senato
gl'innalzò poi meritamente una grande statua d'oro in Campidoglio [268-270]. -
Furono acclamati dal senato Quintilio fratello di Claudio, e dall'esercito,
Aureliano; e uccisosi il primo, dopo pochi giorni di porpora, rimase solo il
secondo e regnò gloriosamente cinque anni. Respinse gli alemanni e i goti, non
piú invasori solamente de' limiti, ma d'Italia, dell'Umbria! E vinse e prese
Zenobia, la famosa regina di Palmira, invaditrice d'Asia minore, Siria ed
Egitto. E vinti i rimanenti tiranni in Gallia, Spagna e Britannia, ed
abbandonata la Dacia e cosí ridotti i limiti di Traiano, ma restituiti
tutt'intorno quelli d'Augusto, poté apparir vincitore, restauratore
dell'imperio. Ma fu per poco: dopo cinque anni gloriosissimi, fu ucciso come
uno de' volgari imperatori, e ricadde l'imperio nello strazio consueto
[270-275]. - Seguí anzi, strazio nuovo, un interregno di sei mesi; senato ed
esercito si rimbalzavan la scelta; non che conteso, l'imperio non era piú
desiderato. Finalmente fu eletto dal senato Tacito, un vecchio di
settantacinque anni, che morí guerreggiando contro ai goti dopo altri sei mesi
[275-276]. - Successero Floriano, fratello di Tacito, per elezione del senato,
e Probo, gridato dall'esercito di Siria. Ed ucciso in breve il primo dai propri
soldati, rimase solo il secondo. Imperiò e guerreggiò sei anni sul Reno e il
Danubio, tra' quali innalzò un gran muro, vana difesa; fu ucciso al solito dai
soldati, i quali tolleravano anche meno i forti imperatori che non i dappoco
[276-282]. - Innalzarono Caro prefetto del pretorio che guerreggiò felicemente
contro ai goti, ed avviatosi contro ai persiani, morí, dicesi, di fulmine
[282-284]. - E successero insieme i due figliuoli di lui Carino e Numeriano. Ma
in breve, ucciso Numeriano dal suo prefetto del pretorio, e innalzato a luogo
di lui Diocleziano, e ucciso pur Carino da un tribuno a cui egli avea tolta la
moglie, rimase solo Diocleziano [284-285]. Tristo secolo, deplorabile imperio,
noiosa storia!
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