10.
Continua. - Vitige
disapparecchiato lasciò Roma, e Belisario v'entrò [dicembre 536]. Ma non forte
abbastanza per ispingere i goti, vi si chiuse e fortificò con cinque o sei mila
uomini, e tra breve Vitige venne ad assediarlo, dicesi, con centocinquantamila.
Fu famosa fazione: durò un anno [marzo 537-marzo 538]. Ma Belisario aiutato dai
romani, e ricevuti rinforzi, sconfisse piú volte i goti, e finalmente li
respinse ed inseguí. Prese Ancona, Milano, Fiesole; corse mezza Italia, corsa
intanto da un nembo di borgognoni e franchi, predoni terzi sopravvenuti tra i
contendenti. Finalmente Belisario assediò Ravenna, giá capitale de' goti, ora
lor rifugio; e presela con Vitige e il nerbo de' goti ch'ei trasse poi seco
prigioni a Costantinopoli [fine 539]. - Rimanevano quindi i greci mal
capitanati da parecchi duchi, i quali dividevansi le cittá, le governavano
militarmente, sovranamente, serbando sí i governi municipali ma ponendovisi
essi a capo, successori insieme de' grafioni goti e dei conti romani, e
taglieggiandovi probabilmente ognun per due. Allora a rivolgersi gl'italiani, a
desiderar di nuovo i goti; e questi a raccogliersi, a rinnovar la guerra.
Rimanevano loro Verona, Pavia, e forse tutta l'Italia occidentale allor detta
Liguria. - Gridan re, prima Ildibaldo un nobile e forte guerriero, in breve
ucciso per vendetta privata; poi si dividono tra Eurarico e Baduilla, ed ucciso
quello, resta solo questo, chiamato poi Totila o «il vittorioso». Quindi
incomincia un'ultima guerra di riscossa, che è la piú nobil parte della storia
de' goti in Italia. Sorge Totila [541] da Verona con cinquemila uomini, batte e
disperde i duchi greci a Faenza, s'allarga prendendo cittá in Emilia, in
Toscana; poi gira intorno a Roma e Napoli, corre tutto il mezzodí; torna su
Napoli, la piglia [543] e non la saccheggia. Chiaro è: i goti rinnovati dalla
sventura, erano ridiventati non solo forti, ma piú miti e migliori in tutto che
i greci. Allora, perduta oramai, fuor di Roma e Ravenna, quasi tutta Italia, la
corte donnaiola di Costantinopoli rimandava il conquistator Belisario; ma tra'
molti intrighi, e con poco esercito, pochi danari, poco favore. Scese a
Ravenna: ma rinchiusovisi, seguí una guerra sminuzzata; finché Totila
vittorioso pose finalmente assedio a Roma, e la prese in faccia a Belisario
accorso ad aiuto [dicembre 546]; e allora, inasprita oramai la guerra contro
alle popolazioni italiane, saccheggiò, disertò la cittá, n'atterrò le mura e
lasciolla. Fu rioccupata da Belisario, riassalita da Totila; combattevvisi
intorno tre dí, e fu vinto Totila; ma con poco frutto: ché dopo poco di guerra
spicciolata fu in breve, per nuovi intrighi di corte, richiamato Belisario, il
quale avea cosí guastata la gloria di sua prima impresa d'Italia. Allora (tra
una nuova invasione di franchi ed una prima e breve di longobardi) Totila
riprese Roma e restaurolla, passò in Sicilia e presela pur quasi tutta. -
Finalmente, dopo parecchi altri capitani greci tutti cattivi, venne uno che
pareva dover essere il pessimo: Narsete, un eunuco del gineceo imperiale, vecchio
di presso a ottant'anni, e che nella prima guerra di Belisario era stato sotto
lui uno dei duchi piú indisciplinati. E tuttavia, costui vinse e finí la lunga
guerra. Forte in corte, e cosí ben proveduto di danari e di uomini (fra cui un
duemila longobardi), venne [552] per l'Illirio e la Venezia a Ravenna: e quindi
uscito in breve, marciò contro a Totila che s'avanzava da mezzodí.
Incontraronsi presso a Gubbio; e fu una gran rotta di goti: Totila che avea
combattuto de' primi e degli ultimi, da re, morí ferito nella fuga. - Fu in
Pavia gridato a degno successore di lui Teia, uno de' capitani principali. Il
quale in pochi mesi raccogliendo le forze restanti a' suoi nazionali, scese giú
per la penisola contro a Narsete, che dopo aver ripresa Roma (quinto eccidio di
essa in quella guerra), assediava ora il castello di Cuma, ov'eran serbate le
insegne regie e il tesoro de' goti. Combattessi una seconda gran battaglia alle
falde del Vesuvio; e vi pugnò Teia come Totila nella prima: piú felice di lui,
morendo sul campo, e, dicesi, dopo aver cambiati parecchi scudi, carichi, l'un
dopo l'altro, di aste nemiche. Allora si arresero tutti i goti lá restanti
[553]; e chi li dice poi cacciati fuor d'Italia, chi sparsi in essa. Certo,
molti rimaneano ancora. Forse essi furono che chiamarono una grande invasione
d'alemanni; i quali sotto Leutari e Buccellino corsero e predarono la penisola
uno o due anni, finché furono vinti essi pure da Narsete. Vedonsi, ad ogni
modo, continuare sollevazioni e piccole guerre di barbari qua e lá, e non
conquistata tutta la penisola se non al fine de' dodici anni che durò la
signoria greca. E cosí, con difesa perdurante fino all'ultimo, veggonsi finire
a poco a poco que' goti, il cui nome non ritrovasi piú nelle storie; le cui
reliquie durano forse qua e lá tra le terre e i monti d'Italia. Nobile e forte
schiatta, per vero dire, e piú che niun'altra barbara mansueta ai vinti, in
Italia come in Ispagna! Ondeché non merita il mal nome che le restò nella
storia nostra, mal fatta e rifatta per lo piú co' pregiudizi romani, imperiali.
Se non era de' quali, chi sa? sarebber rimasti e durati questi goti tra noi,
come lor fratelli in Ispagna e i franchi in Francia; e misti noi con essi, non
avremmo mutate tante signorie, né avuta a soffrire la divisione d'Italia; di
che siamo per vedere i princípi.
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