15.
La
restaurazione del regno [584]. - Innalzarono,
restaurarono Autari figliuol di Clefi, fanciullo quando moriva il padre, or
adulto. «Diedergli la metá delle loro sostanze per gli usi regali, da nodrirsi
esso il re e coloro che aderivano a lui» (Paolo Diacono), cioè i suoi gasindi o
dipendenti immediati. Essi i duchi serbarono dunque l'altra metá, e cosí
rimaser probabilmente piú ricchi, piú potenti che non i soliti graf degli altri
regni barbarici. Cessò poi, a quel che pare, la spogliazione disordinata de'
miseri italiani; mansuefecesi la conquista. Come alcuni re visigoti, Autari e
alcuni altri re longobardi presero poi il nome romano di Flavio; perché questo,
piú che qualunque altro, non si scorge; forse perché ricordava Tito e
Vespasiano signori rimasti popolarmente famosi per bontá. E trovasi poi un
passo unico, il quale indicherebbe un addolcimento materiale negli ordini della
conquista, se non che ei si legge diversamente ne' codici: «Populi tamen
aggravati pro longobardis hospitia partiuntur», ovvero «per longobardos
hospites partiuntur», oltre altre lezioni ancora. Né ci possiam metter qui
tra le interminate dispute che se ne fanno. Dirò, in una parola, che io pendo
alla prima lezione, e cosí all'interpretazione la quale concorda con tutto
l'addolcimento della conquista narrata da Paolo: cioè che i longobardi oramai
stanziati si risolvessero al modo piú mite di prendere il terzo, non piú in
frutti, ma in terre; e che cosí rimanessero molti italiani territorialmente liberi.
Ad ogni modo, civilmente e politicamente essi rimaser certo servi molto piú che
non sotto a' goti. Di magistrati propri essi ebber tutto al piú alcuni giudici,
dati forse anche qui dai vescovi, e sofferti da' longobardi che non volean per
certo imparar le leggi romane; ma non piú conti propri pari a' grafioni, come
sotto ai goti, e men che mai ministri romani, come Cassiodoro, ed altri anche
in Francia e Spagna.
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