19.
Ildebrando,
Rachi, Astolfo, Desiderio, ultimi re longobardi [744-774]. - Segue, sotto uomini tutti mutati, e,
salvo i franchi, tutti minori, la caduta dei longobardi. Regnava da parecchi
anni aggiunto a Liutprando il nipote di lui Ildebrando; or gli successe, ma per
sette mesi soli, cacciato che fu da Rachi duca del Friuli. - Regnò questi
serbando cinque anni una tregua di venti fatta giá da Liutprando col papa e le
cittá; ma rottala nel 749, stava a campo contro a Perugia, quando accorse a
rattenerlo papa Zaccaria, e il tenne e mutò cosí, che egli il re barbaro si fece
monaco. Era, è vero, una smania di quei tempi, in che si videro un re
anglo-sassone venire a Roma e morirvi vestito da pellegrino, e farsi monaci un
duca d'Aquitania, un d'Austrasia ed un del Friuli. - Succedette a Rachi Astolfo
fratello di lui, uno di quegli uomini che avventati alle cose facili, avviliti
nelle difficili, paion mandati apposta da Dio quando vuol perdere i regni. Fin
dal 751 o 752 riaprí la guerra, prese Ravenna, tutto l'Esarcato ed Istria, e in
somma tutta l'Italia greca, tranne le lagune di Venezia, Roma, Napoli, ed altre
cittá di quella marina, e Sicilia. Le quali sole rimasero d'allora in poi
all'imperio greco, perdute per sempre quelle prime. E proseguendo Astolfo in
tali conquiste, facili a farsi contro a nemici deboli, ma difficili a serbarsi
contro a vicini forti, assalí Roma; e allora papa Stefano II ricorse per aiuti
a Costantinopoli invano, a Francia efficacemente. - Ivi era succeduta intanto
una grandissima novitá; ché, deposto e ridotto a monaco Childerico l'ultimo re
merovingio, Pipino figliuolo di Carlo Martello s'era fatto gridar re in campo
di marzo a Soissons, in quel medesimo anno 752. E forse il vano Astolfo sperava
nelle difficoltá di quelle mutazioni. Ma invano; ché, andato Stefano II a
Francia nel 753 e 754, vi consagrava i nuovi re Pipino e i suoi due figliuoli
Carlo e Carlomanno, aggiungendo loro (con consenso o no dell'imperatore o de'
romani, non consta) il titolo di patrizi romani. Quindi, rendendo servigio per
servigio, scendea Pipino in persona per Moncenisio alle Chiuse di Susa, fatali
a' longobardi; e rottovi Astolfo e assediatolo in Pavia, n'ottenea promessa di
pace a Roma, e restituzione delle conquiste, e poi tornava a Francia. - Ma, non
corso un anno, Astolfo ricominciò la guerra, e tornò a campo a Roma, e ricominciarono
le doglienze, le lettere del papa a Pipino; il quale ricalcava sua via,
ribatteva i longobardi alle Chiuse, riassediava Astolfo in Pavia; e ridottolo,
prendeva il terzo del tesoro regio, gli imponeva un tributo annuo, e fattesi
ora restituire in effetto le conquiste, ne faceva egli poi donazione a San
Pietro, alla Chiesa romana ed ai papi, in perpetuo e per iscritto. Anastasio,
scrittor di due secoli appresso, dice aver veduto esso tuttavia lo scritto; e
compresevi Ravenna, Rimini, Pesaro, Fano, Cesena, Sinigaglia, Iesi,
Forlimpopoli, Forlí, Castel Sussubio, Montefeltro, Acerraggio, Monte Lucaro,
Serra, Castel San Mariano, Bobro, Urbino, Cagli, Luceolo, Gubbio, Comacchio e
Narni; non Roma, come si vede, la quale reggevasi di nome sotto l'imperador
tuttavia, di fatto da sé sotto al papa e sotto al re franco patrizio, ed
affettando il nome ambiguo di «repubblica romana». E morí poco appresso
Astolfo, perdute le conquiste, lasciato tributario, ma tuttavia intiero ne'
limiti antichi, il regno longobardo [756]. - Successe Desiderio, duca, come si
crede, di Brescia, che il dovea perdere intiero. E dapprima ebbe a contrastarlo
con Rachi, il re monaco; ma scartò questo in breve per intervenzione del papa,
a cui promise di«compiere le restituzioni». Comprendevansi elle in tal promessa
alcune cittá comprese giá nella donazione, ovvero altre? Non vengo a capo di
discernerlo. Ad ogni modo, qualunque fosse tal restituzione, diventò occasione
di nuove contese tra Desiderio e i papi, di nuove lettere papali a Pipino; il
quale tuttavia, o invecchiato od occupato in altro, non ritornò piú. - Ma morto
esso nel 768, e succedutigli dividendosi il regno que' due figliuoli suoi giá
re e patrizi, Carlo e Carlomanno, il primo che è Carlomagno sposò e fecesi
venir a Francia una figliuola di Desiderio; ma tenutala poco, o forse nulla, la
ripudiò e rimandò al padre l'anno 771. Poi, morto Carlomanno, Carlomagno
facevasi eleggere a succedergli nella parte ch'era stata di lui; e i figli
spogliati colla madre vedova rifuggirono a Desiderio. E rifuggivvi in quel
torno Unaldo, un antico duca d'Aquitania spogliato da que' Carolingi. E moriva
papa Stefano III, che s'era tenuto bene co' longobardi; e saliva a pontificare
Adriano I, un romano di gran conto e che pendeva a' franchi. Tutti i nembi
s'accumulavano contro a quella reggia di Pavia, fatta refugio de' nemici di
Carlomagno. S'aggiunse l'imprudenza, che sembra stoltezza, di Desiderio. Aprí
egli la guerra, prese o corse le cittá papaline, fin presso a Roma; poi,
dubitando o giá minacciato, indietreggiò a settentrione. Né Carlomagno si fece
aspettare. Tornato appena d'una prima di quelle imprese di Sassonia ch'ei
moltiplicò poi in quasi tutta sua vita, tenne l'anno 773 il campo di marzo in
Ginevra. E quindi, diviso l'esercito in due, e mandata per il Gran San Bernardo
l'una parte di che non si sa altro, egli stesso coll'esercito principale scese
per la via giá solita del Moncenisio e della Novalesa; e venne alle solite
Chiuse tra il monte Caprario e il Pircheriano, quello su cui torreggiò poi e
torreggia il monastero di San Michele detto appunto della Chiusa, allo sbocco
della Comba o valle di Susa ne' piani di Torino. Ivi erano, dietro le
fortificazioni innalzate a sbarra, il vecchio Desiderio e il giovane e prode
Adelchi figliuol suo, re egli pure associato al padre. Combattessi molte volte;
Adelchi a cavallo colla mazza d'armi facea prodezze, macello di franchi. Dicesi
Carlomagno trattasse giá d'accordi, od anche d'indietreggiare. Quando, fosse
per cenno d'un giullare, o d'un diacono di Ravenna mandatovi apposta, o per
tradimento d'alcuni infami longobardi, o meglio per perspicacia ed arte
militare, che certo non mancò in Carlomagno; ad ogni modo ei metteva una
schiera per le gole laterali e non guardate di Giaveno, intorno al Pircheriano,
e cosí prendeva a spalle i longobardi, che se ne spaventarono, e fuggirono
sbaragliati. Chiusersi i due re e i grandi in Pavia e Verona; e Carlomagno
assediò la prima fin dal giugno 773; e prese la seconda al fine di quell'anno.
Combattevasi tuttavia alla campagna; e dicesi si facesse un gran macello di
longobardi su un campo, dettone poscia Mortara. E resistente ancora Pavia,
Carlomagno s'avviava per la pasqua del 774 a Roma; dove intanto papa Adriano stava accettando dedizioni di cittá italiane, e di longobardi che correvano a
farsi tosare a modo romano, e perfino d'un duca di Spoleto che gli si faceva
vassallo. L'incontro fu qual di vittoriosi; feste, funzioni di chiesa,
giuramenti di guarentigie ed amicizie eterne, e soprattutto conferma delle donazioni
di Pipino, ed aggiunte fattevi probabilmente, benché non negli estesi limiti
riferiti da alcuni. E quindi tornò Carlomagno dinanzi a Pavia, e la prese
finalmente in maggio o giugno 774. Desiderio ed Ansa, re e regina spogliati,
furono mandati a Francia, dove vissero in pie opere e forse monaci; Adelchi o
Adelgiso rifuggí in Costantinopoli, presevi il nome greco di Teodoro, e tornato
da venturiero in Italia fu famoso nelle fiabe del medio evo, e fatto illustre
a' di nostri dal Manzoni. - E cosí cadde, con poca gloria, come avea
signoreggiata, la nazione longobarda. La quale tenutasi, finché signoreggiò,
piú che le altre barbare, diversa, divisa dagli italiani, si mescolò, si
confuse con essi poi nella comune servitú. Distrutta l'esistenza politica indipendente,
non distrutte né cacciate le schiatte di lei, molte leggi, molte usanze ne
rimasero per parecchi secoli; molto sangue nelle vene, molte parole nella
lingua e ne' dialetti di quasi tutta Italia fino ad oggi. E ne rimane il nome
ad una grande, bella, buona, ricca provincia italiana, or suddita imperiale e
reale austriaca.
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